Santa Messa nella III Domenica del Tempo Ordinario
Domenica della Parola di Dio
Tortona, Cattedrale.
Nelle letture che abbiamo ascoltato, sono risuonati alcuni verbi che oggi ci vengono in aiuto, nel desiderio che abbiamo di ritrovare la nostra relazione bella e profonda con la Parola del Signore.
Nel brano del libro del profeta Giona abbiamo ascoltato: “Fu rivolta a Giona questa parola del Signore”. Nella pagina del Vangelo abbiamo ascoltato: “Gesù…diceva”. Nei due brani citati vengono usati tempi verbali che riguardano cose passate. Nella Prima Lettera di Paolo ai Corinzi, invece, abbiamo ascoltato: “Questo vi dico, fratelli”: qui il tempo verbale usato è il presente.
Dio parla e la parola che Dio rivolge all’uomo è sia al passato sia al presente. Perché? Perché la Parola di Dio è parola antica, ma allo stesso tempo parola sempre attuale; perché la Parola di Dio non invecchia mai e risuona oggi, adesso, nella sua Chiesa, per noi. Non leggiamo un libro del passato, non ascoltiamo parole che appartengono a una storia che non è più. Noi ascoltiamo ciò che, oggi, il Signore dice a noi, la Parola che Egli, oggi, rivolge alla nostra vita. È per questo che, in un documento importante del Concilio Vaticano II, si legge così: “È Lui, il Signore, che parla quando nella Chiesa leggiamo la Sacra Scrittura” (Sacrosanctum Concilium 7). È Lui, il Signore, il Vivente che parla a noi ogni qualvolta leggiamo e ci mettiamo in ascolto delle sante Scritture. È bello questo! È bello perché capiamo che la nostra relazione con la Parola di Dio è una relazione viva, dove noi non leggiamo un testo, ma ascoltiamo una voce, non apriamo un libro, ma ci mettiamo in ascolto di un cuore che palpita. Oggi, il Signore, parla alla nostra vita.
Forse, alla luce di quanto detto, capiamo anche meglio alcuni gesti e alcuni segni che nelle celebrazioni liturgiche compiamo e che a volte non ci parlano più. È bello riscoprirli.
Quando il ministro introduce il Vangelo si rivolge all’assemblea così: “Il Signore sia con voi”: come a dire che attraverso la parola che, poco dopo, verrà proclamata, il Signore verrà a visitare, busserà alle porte del cuore, desiderando essere con noi che lo ascoltiamo. Ecco la relazione viva che si stabilisce con il Signore, attraverso la sua parola.
E quando si conclude la lettura, noi diciamo: “Rendiamo grazie a Dio”, oppure “Lode a te o Cristo”. Ci rivolgiamo così a Lui, che è vivo e ci ha parlato, dicendogli “grazie” perché ci ha rivolto la sua parola, lodandolo perché ci ha toccato il cuore con la sua voce.
E quando il lettore – il lettore formato bene – proclama la parola di Dio, mentre legge non alza gli occhi per guardare coloro che sono presenti nell’assemblea. No! I suoi occhi sono posati sul testo, perché in quel momento egli quasi scompare, in modo tale che venga in evidenza e risulti protagonista la voce di Dio, che risuona attraverso la sua voce. E noi siamo in ascolto di Lui che parla attraverso la voce di colui che legge.
E noi che ascoltiamo – quando siamo formati bene – non seguiamo la lettura leggendo su un foglietto, su un messalino, perché in quel momento stiamo ascoltando Lui che ci parla, che è vivo in mezzo a noi, vivendo una relazione viva. Non leggiamo un libro, ascoltiamo la parola di un Vivente.
E quando accompagniamo il libro del Vangelo all’ambone, prima che sia proclamato, lo circondiamo di particolare venerazione: la solenne processione, le candele e l’incenso. Perché riconosciamo che lì è presente Lui e, con Lui, siamo in relazione viva.
Ritrovare il significato dei gesti e dei segni ci aiuta, oggi, a recuperare il cuore della nostra relazione con la Parola di Dio, che – lo ripetiamo – non è un libro, non è una parola antica. È invece Lui, il Signore vivente che, attraverso la sua parola, raggiunge noi. È Lui, il Vivente che, oggi, entra in relazione con la nostra vita e parla al nostro cuore.
Ci chiediamo, pertanto: come, da parte nostra, possiamo vivere bene la relazione con il Signore che ci parla? Come, da parte nostra, possiamo vivere con profondità, consapevolezza, intensità la relazione con la parola che Dio ci dona?
Anzitutto, con l’ascolto. Siamo chiamati ad ascoltare, e ad ascoltare tenendo presente una bellissima espressione che troviamo nel “Cantico dei Cantici”, quando si dice – a proposito del rapporto dell’amato con l’amata – che l’amato supplica: “Avete visto l’amato del mio cuore?”. Ecco, ascoltare significa desiderare. Desiderare di capire che cosa il Signore ci sta dicendo. Desiderare di poter scoprire il suo volto. Desiderare di poter sentire il suo cuore che batte. Desiderare che, attraverso la parola proclamata, possa stabilirsi tra noi e il Signore una relazione vera, profonda, viva.
Ascoltare è possibile nella misura in cui il nostro cuore è puro. Non dimentichiamo la parola evangelica: “I puri di cuore vedranno Dio”, cioè soltanto i puri di cuore potranno capirlo, riconoscerlo, mentre Egli parla; toccarlo, mentre Egli è presente.
L’ascolto, dunque, si realizza in verità quando desideriamo incontrare Colui che ci parla; ed è un ascolto fecondo quando il cuore è purificato: purificato dal peccato, dall’impurità, dal male.
L’ascolto, inoltre, è un ascolto vero quando non dimentichiamo che, nella Sua parola, il Signore parla a noi e parla di noi. Parla di noi, perché ci fa scoprire il mistero della vita, la nostra vera identità, la nostra chiamata.
Oltre che ad ascoltare siamo chiamati ad assimilare. San Simeone il teologo si esprime così: “Ora che hai letto, getta via il libro! Quello che hai ascoltato devi essere tu”. Ecco che cosa significa assimilare: fare in modo che la Parola di Dio divenga vita della nostra vita. “Ciò che hai ascoltato devi essere tu, lo devi diventare tu. Quella parola vuole diventare carne della tua carne”.
San Bonaventura scrive: “Il discepolo di Cristo deve studiare le Sacre Scritture come i bambini che apprendono a, b, c, e dopo cominciano a sillabare, e poi a leggere, e più avanti a connettere il senso delle frasi”. Quando ascoltiamo la parola di Dio, siamo chiamati a essere come bambini, che imparano un po’ alla volta, attraverso l’alfabeto, il linguaggio del Signore.
Assimilare la Parola di Dio ascoltata significa far diventare nostra la lingua di Dio, rendere nostro il linguaggio del Signore, fare in modo che ogni nostra parola sia ispirata dalla parola che abbiamo ascoltato e, dunque, rendere tutta la nostra vita un riflesso della voce di Dio.
Siamo chiamati anche ad annunciare. San Basilio paragona colui che annuncia la Scrittura alle labbra di Cristo. Come è bello questo paragone! Perché quando annunciamo la parola che abbiamo ascoltato, è il Signore Gesù che in noi annuncia la Sua parola. In qualche modo, permettiamo al Signore di essere presente oggi, in mezzo alla sua gente, per annunciare ancora la parola della salvezza, il vangelo che dona la vita. Così, davvero, ogni volta che diventiamo annunciatori della Parola di Dio, le nostre labbra diventano le labbra del Signore Gesù che, grazie a noi, oggi, ancora parla ai nostri fratelli e alle nostre sorelle.
Siamo chiamati, infine, ad amare. Origene afferma: “Le parole del Cristo incarnato sono dei baci di Cristo”. Capite, allora, perché, quando termina la proclamazione del vangelo, il ministro bacia il libro delle Scritture? Perché egli è stato riempito di baci e non può fare a meno di rispondere ai baci con il bacio. Dovremmo farlo anche tutti noi, quando apriamo il libro della Scrittura e ci mettiamo in ascolto: pensare che siamo raggiunti dal bacio del Signore e, pertanto, concludere la lettura e l’ascolto baciando quel libro. Il nostro non sarà un bacio dato a un libro, ma un bacio dato al Signore. E sarà come un incontro di baci: quelli che ci dà il Signore con la sua parola e quello che gli diamo noi, dopo averlo ascoltato.
Non dimentichiamo queste quattro A: Ascoltare, Assimilare, Annunciare, Amare. Sono quattro parole che ci aiutano a vivere in pienezza la nostra relazione con la Parola del Signore e che ci ricordano quanto questa parola sia Lui, Gesù Cristo, il Vivente che ci dona sé stesso.
Tutti noi, molte volte in questi anni, abbiamo sentito parlare delle cosiddette agenzie di rating, quelle agenzie che valutano la solidità e l’affidabilità degli Stati dal punto di vista finanziario. Gli Stati vengono classificati con delle sigle. Quelli maggiormente affidabili sono classificati con una triplice “A”. Lasciamoci aiutare da questo riferimento all’attualità, pensando che la solidità e l’affidabilità della nostra fede, del nostro modo di ascoltare il Signore, passa attraverso le quattro “A”: Ascoltare, Assimilare, Annunciare e Amare. Monitoriamo queste quattro A nella nostra vita quotidiana, monitoriamole! Nella misura in cui tutte e quattro saranno presenti, avremo la conferma che la nostra vita di fede, la nostra relazione con la parola del Signore sono affidabili e solide. Preghiamo, dunque, perché queste quattro “A” siano sempre più presenti nella nostra vita cristiana.
Trascrizione da registrazione audio