Lectio Divina sul libro dell’Apocalisse (7)

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Lectio Divina sul libro dell’Apocalisse (7)

“Gesù Risorto, voglio servirti con la letizia nel cuore e il sorriso sul volto”

 

Lectio divina
Apocalisse 6, 12 – 7, 17

12E vidi, quando l’Agnello aprì il sesto sigillo, e vi fu un violento terremoto. Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, 13le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi. 14Il cielo si ritirò come un rotolo che si avvolge, e tutti i monti e le isole furono smossi dal loro posto. 15Allora i re della terra e i grandi, i comandanti, i ricchi e i potenti, e infine ogni uomo, schiavo o libero, si nascosero tutti nelle caverne e fra le rupi dei monti; 16e dicevano ai monti e alle rupi: «Cadete sopra di noi e nascondeteci dalla faccia di Colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, 17perché è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?».

1Dopo questo vidi quattro angeli, che stavano ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti, perché non soffiasse vento sulla terra, né sul mare, né su alcuna pianta.
2E vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: 3«Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».

4E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele:

5dalla tribù di Giuda, dodicimila segnati con il sigillo;
dalla tribù di Ruben, dodicimila;
dalla tribù di Gad, dodicimila;
6dalla tribù di Aser, dodicimila;
dalla tribù di Nèftali, dodicimila;
dalla tribù di Manasse, dodicimila;
7dalla tribù di Simeone, dodicimila;
dalla tribù di Levi, dodicimila;
dalla tribù di Ìssacar, dodicimila;
8dalla tribù di Zàbulon, dodicimila;
dalla tribù di Giuseppe, dodicimila;
dalla tribù di Beniamino, dodicimila segnati con il sigillo.

9Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. 10E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».

11E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: 12«Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
13Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». 14Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello. 15Per questo stanno davanti al trono di Dio e gli prestano servizio giorno e notte nel suo tempio; e Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro.

16Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, 17perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.

E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi».

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Da un punto di vista letterario, il sesto sigillo si presenta come una grandiosa antitesi (è un procedimento espressivo che l’Apocalisse usa sovente), mentre da un punto di vista teologico è una riflessione sul tema del giudizio.
Prima, però, di soffermarci su questi due aspetti, entriamo del testo per analizzarlo almeno in alcune parti.

Analisi del testo
Con l’apertura del sesto sigillo, la visione di Giovanni assume una dimensione cosmica. Nella catastrofe, infatti, sono coinvolti il sole e la luna, le stelle e il cielo, i monti e le isole: “Il sole divenne nero come un sacco di crine, la luna diventò tutta simile a sangue, le stelle del cielo si abbatterono sopra la terra, come un albero di fichi, sbattuto dalla bufera, lascia cadere i frutti non ancora maturi” (6, 12-13). Questo sconvolgimento generale non va inteso in senso letterale, ma va considerato come la forma espressiva tipica del genere letterario detto “apocalittico”. In altri termini, è da prendere come una sorta di coreografia tipica che accompagna la venuta del Signore.

Nel nostro testo appare chiaro che lo sconvolgimento del cosmo non è il tema principale del racconto, ma solo la sua cornice. Il suo scopo è quello di rendere drammatico e pauroso il giudizio che si sta per compiere: “…è venuto il grande giorno della loro ira, e chi può resistervi?” (6, 17). Tutti gli uomini, senza alcuna eccezione, sono colpiti dal giudizio di Dio e tutti sono sopraffatti dalla paura e dall’angoscia.

Noi, che leggiamo e ascoltiamo, immaginiamo che il giudizio di Dio sia ora finalmente descritto e che l’Apocalisse sveli il suo segreto, più volte enunciato. Ma così non è. Tutto rimane come sospeso e la conclusione è rimandata. Un angelo, infatti, ordina: “Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio” (7, 3). In tal modo sarà visibile l’appartenenza al Signore e l’angelo sterminatore potrà distinguere e risparmiare. In questo sigillo leggiamo il richiamo al battesimo. Più avanti nel testo, al capitolo 13, si dirà che anche il mondo vuole distinguere quelli che gli appartengono, al fine di favorire questi e perseguitare gli altri: “Essa [la bestia] fa sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi, ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte” (13, 6).

La folla di coloro che sono eletti è incalcolabile. In un primo momento sembra che provengano solo dalle tribù di Israele, ma poi si precisa che essi vengono da “ogni nazione, tribù, popolo e lingua” (7, 9). Giovanni, pertanto, non pensa solo all’antico Israele, ma anche al nuovo Israele, che non è più determinato dai confini della razza ma dalla fede.

La visione della folla dei salvati, che stanno “in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello” (7, 9) e gridano a gran voce l’inno della lode e del ringraziamento, è talmente importante che Giovanni avverte il bisogno di fornire una sua interpretazione esplicita. Un’altra simile interpretazione la troveremo al cap. 13, a proposito del mistero della donna e della bestia con le sette teste e le dieci corna (cf 13, 7- 18). I salvati, afferma Giovanni, sono coloro che “vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello” (7, 14). La grande tribolazione può fare riferimento alla persecuzione scatenata contro i cristiani da Diocleziano. Potrebbe, però, anche alludere alla grande tribolazione che, in tutti i testi apocalittici, precede il giudizio finale. Potrebbe, anche, riferirsi a tutte le lotte e a tutte le persecuzioni che sono presenti in ogni tempo della storia.

La descrizione del premio riservato agli eletti è fatta in termini tradizionali: la comunione con Dio – “Colui che siede sul trono stenderà la sua tenda sopra di loro” (7, 15) -, la fine di ogni afflizione – “Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna” (7, 16) -, la protezione e la guida del pastore – “l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore” (7, 17).

 

La tradizione profetica
Nella descrizione del sesto sigillo ritornano alcuni procedimenti narrativi che abbiamo già incontrato. Si pensi al “rallentamento del racconto”, con il quale lo stesso racconto viene lasciato in sospeso nel suo momento più drammatico (nel nostro caso il giudizio). Si pensi, anche, alla “anticipazione della gloria dei credenti”, con la quale si invita a ritenere già certa la vittoria di Dio, nonostante le attuali tribolazioni storiche (nel nostro caso l’inno di lode, che sentiremo di nuovo dopo la sconfitta del drago e la caduta di Babilonia).

Ora, però, ci soffermiamo su un’altra caratteristica della visione di Giovanni: essa è costruita con materiale proveniente dall’Antico Testamento, in particolare dalla tradizione profetica. I riferimenti, in questo senso sono molto numerosi. Consideriamone alcuni.

  • I flagelli cosmici ripetono le immagini di Geremia, Ezechiele, Isaia e Zaccaria, che annunciano la persecuzione per l’Israele infedele e la salvezza per il “piccolo resto” rimasto fedele a Dio. Si pensi, ad esempio a Isaia ai capitoli 34-35.
  • La scena dell’angelo che imprime sulla fronte degli eletti il sigillo di Dio ci riporta al profeta Ezechiele: “Il Signore gli disse: «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono» (9, 4).
  • Le immagini con cui viene descritta la pace degli eletti. Si pensi a Isaia: “Non avranno né fame né sete e non li colpirà né l’arsura né il sole, perché colui che ha misericordia di loro li guiderà, li condurrà alle sorgenti d’acqua” (49, 10); “Eliminerà la morte per sempre.
    Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato (25, 8). Si pensi anche a Ezechiele: “Susciterò per loro un pastore che le pascerà, il mio servo Davide. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore” (34, 23)

 

Il giudizio di Dio
Abbiamo già detto a proposito del procedimento letterario della cosiddetta “antitesi”: a un quadro fosco si contrappone, anticipando i tempi, un quadro sereno. Non si tratta di una finzione, quanto di una vera e propria visione della realtà più profonda. Il bianco e il nero sono per Giovanni – e per tutta la tradizione biblica a cui egli si riferisce – le due facce della storia (il bene e il male, i buoni e i cattivi) e del giudizio divino (condanna e salvezza).

Nella visione biblica, gli avvenimenti della storia sono la risposta dell’uomo alla proposta di Dio (accettazione o rifiuto) e, allo stesso tempo, la risposta di Dio all’uomo (giudizio).
L’Apocalisse parla di catastrofi, guerre, crolli di istituzioni e di ideologie e di idolatrie. Tutto questo è un giudizio, nel senso di punizione: gli uomini, rifiutando Dio, hanno messo nella storia elementi disgregatori e ne raccolgono i frutti malefici.

Ma tutto questo è anche giudizio nel senso di salvezza. Quelle stesse catastrofi e guerre, quegli stessi crolli non impediscono al disegno di Dio di realizzarsi. Dio spezza il tentativo degli uomini di sbarrare la strada al suo piano di provvidenza. In tal modo, il giudizio è insieme punizione e salvezza, un distruggere e un ricominciare.

Nell’Apocalisse l’insistenza sul tema del giudizio ha lo scopo duplice di consolare e di avvertire.
La consolazione è duplice. I buoni trionferanno; le crisi e le catastrofi che attraversano la storia non sono la fine del disegno di Dio, ma la condizione perché tale disegno possa realizzarsi.

Anche l’avvertimento è duplice.
Il giudizio sarà severo ed è imminente. Ciascuno, pertanto, vi si prepari.

Osservando certi fatti clamorosi della storia e certi suoi orgogliosi protagonisti, colui che ha fede non deve lasciarsi ingannare: sono idoli vuoti, false potenze di argilla che, alla fine, risultano sconfitti e non vincitori. Non bisogna cercare la sicurezza nella loro potenza, né lasciarsi prendere dal panico per la loro minaccia. Il profeta, colui che guarda in avanti con lo sguardo penetrante e ha la capacità di scorgere la realtà dietro le apparenze, sa riprendere con forza e coraggio gli idoli di turno. E lo fa con una certa ironia perché non si lascia ingannare o turbare.

L’Apocalisse non ci ha ancora indicato la ragione del giudizio. Al momento si è accontentata di proclamare che è imminente. Anche sotto questo punto di vista san Giovanni non ha ancora svelato la parte più importante del suo segreto.

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A sintesi di quanto approfondito, si possono fare tre osservazioni, a partire dalle quali tradurre in termini di vita spirituale la Parola di Dio a noi donata.

  1. Alla luce del testo biblico, siamo invitati a guardare in modo nuovo le vicende che caratterizzano la vita della Chiesa nella storia e la nostra esperienza nel mondo. Anzitutto, non dimenticando che la storia e il mondo sono il teatro del grande combattimento tra il bene e il male. Per questo motivo è impensabile che questo combattimento possa conoscere la fine nel tempo presente. Solo il ritorno del Signore nella gloria segnerà la Sua vittoria definitiva. Non dobbiamo illuderci né illudere che un mondo nuovo possa realizzarsi nel tempo della storia. Il mondo potrà solo e sempre essere profezia dell’unico mondo veramente nuovo che sarà quello futuro, quello dell’eternità, quando Dio sarà tutto in tutti. In secondo luogo, custodendo nel cuore la certezza di fede che il combattimento è già vinto in Cristo Signore, morto e risorto per la nostra salvezza, che abbiamo la grazia di vivere in comunione con Dio. In questo senso la vittoria del male è sempre e solo apparente e lo sguardo della fede è proprio quello di colui che vede tutto in Cristo e, pertanto, sa mettere a nudo le idolatrie stolte, le mode passeggere, le ideologie destinate al fallimento, la falsa potenza di ciò che appartiene a questo mondo.
  2. Lo sguardo di fede diventa pertanto un giudizio sul bene e sul male, su ciò che è da Dio e ciò che è dal mondo. In questo giudizio in cui si rende presente l’opera fedele di Dio e del Suo amore, il cristiano non può più avere paura. Pur nelle contraddizioni dell’ora presente, egli sa che Dio c’è, che Dio porta avanti il Suo piano di salvezza, che Dio orienta ogni cosa alla vittoria finale e definitiva. I Padri antichi insistono molto sul fatto che la paura è proporzionata alla mancanza di fede nella presenza di Dio, come mette in luce il seguente apoftegma: “Chiesero a un anziano: Perché ho paura camminando nel deserto? Egli disse: Perché tu credi di essere solo, e non vedi che c’è Dio con te”. Se l’uomo non avverte la presenza di Dio e fa di tutto per allontanarlo da sé, allora la paura prende piede e dilaga nella sua vita.
  3. L’Apocalisse ci ricorda che il Signore Gesù è il Buon Pastore e che Lui è al centro della storia come anche della vita della Chiesa. Tutto inizia con Lui e tutto è in vista di Lui. Il nostro mondo è pensato in Cristo e avrà la sua conclusione in Cristo. Cristo, pertanto, è il cuore della vita della Chiesa e della nostra vita. Siamo cristiani non soltanto per quello che facciamo, ma prima e soprattutto perché siamo di Cristo, abitati dalla Sua stessa vita. Scrive, al riguardo, con stile un po’ tagliente, un mistico del nostro tempo: “Non saprei che farmene di una Chiesa che rompesse con il suo passato, che ritenesse che lo Spirito Santo è diventato improvvisamente intelligente solo negli ultimi tre decenni. Come ho detto a un convegno su La Pira: bisognerebbe inzuppare di benzina tutti i vescovi del mondo e dargli fuoco, se per assurdo la Chiesa non mi assicurasse più Cristo. E quindi l’eternità” (Divo Barsotti).

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Trasformiamo ora in preghiera, con il Salmo 36, quanto abbiamo letto e meditato, e affidiamo al Signore il nostro desiderio di vivere nella fedeltà e nella generosità la Sua Parola.

Non irritarti a causa dei malvagi, non invidiare i malfattori.
Come l’erba presto appassiranno; come il verde del prato avvizziranno.
Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra e vi pascolerai con sicurezza.
Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore.
Affida al Signore la tua via, confida in lui ed egli agirà: farà brillare come luce la tua giustizia, il tuo diritto come il mezzogiorno.
Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; non irritarti per chi ha successo, per l’uomo che trama insidie.
Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, non irritarti: non ne verrebbe che male; perché i malvagi saranno eliminati, ma chi spera nel Signore avrà in eredità la terra.
Ancora un poco e il malvagio scompare: cerchi il suo posto, ma lui non c’è più.
I poveri invece avranno in eredità la terra e godranno di una grande pace.
Il malvagio trama contro il giusto, contro di lui digrigna i denti.
Ma il Signore ride di lui, perché vede arrivare il suo giorno.
I malvagi sfoderano la spada e tendono l’arco per abbattere il povero e il misero, per uccidere chi cammina onestamente.
Ma la loro spada penetrerà nel loro cuore e i loro archi saranno spezzati.
È meglio il poco del giusto che la grande abbondanza dei malvagi; le braccia dei malvagi saranno spezzate, ma il Signore è il sostegno dei giusti.
Il Signore conosce i giorni degli uomini integri: la loro eredità durerà per sempre.
Non si vergogneranno nel tempo della sventura e nei giorni di carestia saranno saziati.
I malvagi infatti periranno, i nemici del Signore svaniranno; come lo splendore dei prati, in fumo svaniranno.
Il malvagio prende in prestito e non restituisce, ma il giusto ha compassione e dà in dono.
Quelli che sono benedetti dal Signore avranno in eredità la terra, ma quelli che sono da lui maledetti saranno eliminati.
Il Signore rende sicuri i passi dell’uomo e si compiace della sua via.
Se egli cade, non rimane a terra, perché il Signore sostiene la sua mano.
Sono stato fanciullo e ora sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane; ogni giorno egli ha compassione e dà in prestito, e la sua stirpe sarà benedetta.
Sta’ lontano dal male e fa’ il bene e avrai sempre una casa. Perché il Signore ama il diritto e non abbandona i suoi fedeli.
Gli ingiusti saranno distrutti per sempre e la stirpe dei malvagi sarà eliminata.
I giusti avranno in eredità la terra e vi abiteranno per sempre.
La bocca del giusto medita la sapienza e la sua lingua esprime il diritto; la legge del suo Dio è nel suo cuore: i suoi passi non vacilleranno.
Il malvagio spia il giusto e cerca di farlo morire. Ma il Signore non lo abbandona alla sua mano, nel giudizio non lo lascia condannare.
Spera nel Signore e custodisci la sua via: egli t’innalzerà perché tu erediti la terra; tu vedrai eliminati i malvagi.
Ho visto un malvagio trionfante, gagliardo come cedro verdeggiante; sono ripassato ed ecco non c’era più, l’ho cercato e non si è più trovato.
Osserva l’integro, guarda l’uomo retto: perché avrà una discendenza l’uomo di pace.
Ma i peccatori tutti insieme saranno eliminati, la discendenza dei malvagi sarà sterminata.
La salvezza dei giusti viene dal Signore: nel tempo dell’angoscia è loro fortezza.
Il Signore li aiuta e li libera, li libera dai malvagi e li salva, perché in lui si sono rifugiati.