Omelia della Santa Messa per l’ingresso in Diocesi

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Omelia della Santa Messa per l’ingresso in Diocesi

Carissimi amici nel Signore, fratelli e figli già da me tanto amati,
oggi, ancora una volta, disponendoci all’ascolto del santo Vangelo, abbiamo tracciato su di noi un piccolo e triplice segno di croce. Lo abbiamo tracciato sulla fronte, sulle labbra e sul cuore. Il significato di questo semplice e bellissimo gesto lo conosciamo: esprime il desiderio che la Parola di Dio ascoltata possa divenire la radice viva del nostro modo di pensare, del nostro modo di parlare, del nostro modo di vivere e amare.

In altre parole, con quel piccolo e triplice segno di croce abbiamo affermato la nostra volontà di adesione, convinta e gioiosa, al Signore Gesù, Vita della nostra vita, Pastore buono delle nostre anime, nostro Salvatore e Redentore, nostro Tutto.

Gesù nostro Tutto. La lettera agli Ebrei ci ha ricordato questa splendida verità che sta al centro della nostra fede. Abbiamo, infatti, ascoltato: “Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di sé stesso” (9, 26). In Cristo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo per noi, morto e risorto, siamo salvati una volta per sempre. Il peccato è vinto, la morte annientata, la nostra umanità è resa partecipe della vita stessa di Dio. In Gesù, che è la Via, la Verità e la Vita ci è stato detto tutto, ci è stato dato tutto. In Lui è la “pienezza dei tempi”, in Lui il tempo si è compiuto. Nulla è oltre Cristo. Nulla ormai abbiamo da attendere, da cercare, da sperare, se non un nostro progressivo inserimento nel Suo mistero di amore, in virtù dell’opera instancabile, dolce e forte, dello Spirito Santo.

Ecco perché, insieme a sant’Ambrogio, possiamo, dobbiamo e vogliamo dire: “Tutto abbiamo in Cristo, tutto è Cristo per noi” (De Virginitate 16, 99). Ecco perché, facendo nostre le parole di sant’Ignazio di Antiochia, è dolcissimo affermare: “Nulla è meglio di Gesù Cristo” (Lettera ai cristiani di Magnesia VII, 1). Ecco perché, con sant’Agostino, viene spontaneo proclamare: “Ogni nostra speranza è posta in Cristo. È Lui tutta la nostra salvezza e la vera gloria” (Discorso 46, 1). La Chiesa non ha mai altro da dire o da dare se non Lui, il Signore del tempo e della storia, Luce che illumina le oscurità del mondo, Acqua che irriga le arsure della terra degli uomini, Pane che sazia la fame di significato e di pienezza, che è come un grido che sale al Cielo dalle pieghe più segrete e più vere di ogni cuore.

Come ho avuto modo di scrivere nel primo Messaggio alla Diocesi, insieme a san Luigi Orione desidero ripetere con voi e per voi: “Con Cristo tutto si eleva, tutto si nobilita: famiglia, amore di patria, ingegno, arti, scienze, industrie, progresso, organizzazione sociale. Senza Cristo tutto si abbassa, tutto si offusca, tutto si spezza: il lavoro, la civiltà, la libertà, la grandezza, la gloria del passato, tutto va distrutto, tutto muore” (Scritti 53, 6).

Chiesa che vivi in Tortona, non dimenticare mai le parole di questo santo, figlio illustre della tua, della nostra splendida terra! Chiesa che vivi in Tortona, sia sempre e solo Gesù Cristo la tua gioia inebriante e la tua sicura speranza, il tuo amore infuocato e la tua passione infaticabile, il tuo annuncio audace e la tua testimonianza fedele!

Gesù Cristo! Sia questo il solo Nome, quello che è al di sopra di ogni altro nome e davanti al quale ogni ginocchio si piega in cielo e sulla terra (cf Fil 2, 9-10), da avere sempre nel pensiero, sempre sulle labbra, sempre nel cuore. Sia Lui la nostra nuova ed eterna Vita!

Nella misura in cui questo accade, diventiamo trasparenza di Cristo. Ed è proprio a questo che siamo chiamati, è questo che dobbiamo chiedere come grazia con tutte le fibre del nostro cuore. Questa è la nostra magnifica ed esaltante vocazione. Guai se coltivassimo la pretesa di essere noi gli artefici della nostra santità. Guai se ci lasciassimo vincere dalla tentazione di avere noi in mano le sorti della Chiesa e del mondo. Guai se cadessimo nell’inganno di pensare che l’evangelizzazione è opera delle nostre mani. Guai se immaginassimo di poter operare noi al posto del Signore, senza di Lui o meglio di Lui.

Lasciamo, invece, che Egli possa risplendere in noi con tutta la Sua bellezza che attrae, facciamo spazio perché Egli possa operare con tutta la potenza del Suo amore che affascina, mettiamoci da parte perché Egli possa essere il protagonista vero in ogni passo del nostro cammino. Allora, e solo allora, avremo la gioia di poter toccare con mano, nella meraviglia del cuore, la fecondità della nostra collaborazione al Suo disegno di provvidenza e di amore, che comprende tutto e tutti, che abbraccia ogni tempo e ogni spazio.

Non temiamo la nostra povertà! Non è questa un ostacolo all’azione dello Spirito di Cristo. Che cosa aveva da dare la vedova di Sarèpta di Sidone al profeta Elia? “…nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ di olio nell’orcio” (I Re 17, 12). Eppure, con quel poco, lei e il profeta Elia poterono mangiare per diversi giorni e sopravvivere nel tempo della carestia.

Che cosa aveva da dare la povera vedova al tesoro del tempio di Gerusalemme? “…due monetine che fanno un soldo” (Mc 12, 42). Eppure ella meritò l’elogio di Gesù più di tutti coloro che, nel tesoro del Tempio, avevano gettato ingenti ricchezze.

Non è mai la piccolezza che impedisce l’agire dello Spirito Santo, dono del Risorto. Non è la povertà che vanifica la Sua opera. Non è l’assenza di risorse umane e mondane che pone un freno al Suo amore. Anzi, proprio nella misura in cui siamo piccoli, poveri, deboli secondo il mondo, è allora che siamo grandi per la grandezza dello Spirito in noi, ricchi per la ricchezza dello Spirito in noi, forti per la forza dello Spirito in noi.

Chiesa che vivi in Tortona, vivi nella gioia della tua piccolezza e della tua debolezza, resta serena come bambina che si abbandona fiduciosa nelle braccia del Padre, custodisci con cura il primato di Dio con la preghiera intensa e continua, con l’adorazione ininterrotta e fedele! Chiesa che vivi in Tortona, non smettere un solo istante di invocare: “Manda il tuo Spirito, sono creati, e rinnova la faccia della terra” (cf Salmo 104). Chiesa che vivi in Tortona, rimani perseverante nel Signore e nel Suo amore! Allora potrai andare per le vie del mondo donando il fascino irresistibile di Gesù, del Suo volto e del Suo Cuore, della Sua infinita carità!

“Loda il Signore anima mia”. Questa invocazione l’abbiamo ripetuta, cantando, con il salmo responsoriale. È un’invocazione che, in questo momento, riesce a esprimere con singolare profondità i miei pensieri, i sentimenti e le emozioni, i miei desideri.

L’anima mia, in effetti, davvero loda il Signore. Lo loda perché Egli è, ed è la mia e la vostra Vita. Lo loda perché, oggi, Egli mi dona questa Chiesa e mi dona a questa Chiesa, che è la Sua sposa e la mia Sposa. Lo loda perché Tortona, da questa sera, è il regalo stupendo che Egli, il Buon Pastore fa a me, chiamato a essere Sua presenza in mezzo a voi. Lo loda guardando i vostri volti e i volti di tutto coloro che qui rappresentate. Lo loda nella gioia di abbracciarvi tutti e ciascuno con l’amore del Cuore di Gesù.

Lo loda mentre risuonano in me le parole che, un giorno, un grande Vescovo, san Giovanni Crisostomo, rivolse in un’omelia alla sua gente: “Dove sono io, là ci siete anche voi. Dove siete voi, ci sono anch’io. Noi siamo un solo corpo e non si separa il capo dal corpo, né il corpo dal capo. Anche se siamo distanti, siamo uniti dalla carità; anzi neppure la morte ci può separare. Il corpo morrà, l’anima tuttavia vivrà e si ricorderà del popolo. Voi siete i miei concittadini, i miei genitori, i miei fratelli, i miei figli, le mie membra, il mio corpo, la mia luce, più amabile della luce del giorno. Il raggio solare può recarmi qualcosa di più giocondo della vostra carità? Il raggio mi è utile nella vita presente, ma la vostra carità mi intreccia la corona per la vita futura” (Dalle Omelie prima dell’esilio, nn. 1-3).

“La vita futura”. Non dimentichiamolo mai! Il nostro cammino in questo mondo è un pellegrinaggio verso la vita futura. La vera patria non è qui, è altrove. La Città della nostra vera felicità, la Casa della nostra beata speranza è lassù, in Dio e nel Suo mistero trinitario che è infinito Amore. Lassù, dove potremo tutti insieme udire con stupore senza fine: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21, 3-4).

La beata Vergine Maria, venerata in questa cattedrale con il titolo di Assunta, Stella del mare che con cura premurosa accompagna la nostra traversata nelle acque del mondo, è per noi Madre e Regina. Mentre chiediamo l’intercessione dei nostri Santi, in particolare di san Marziano, san Luigi Orione e san Luigi Versiglia, a Lei ci affidiamo con fiducia, a Lei consacriamo la nostra vita e il cammino che ci attende.