Omelia – I domenica di Avvento

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Omelia – I domenica di Avvento

S. Messa della I domenica di Avvento
Tortona, Cattedrale.

Iniziamo, oggi, il cammino dell’Avvento, quel tempo particolarmente gioioso e – potremmo dire – anche dolce che, un poco alla volta, ci conduce al Natale del Signore. È un tempo nel quale risuonano tre verbi, o meglio, un solo verbo, declinato secondo tre tempi diversi. Il verbo è “venire”: noi attendiamo il Signore che viene. Questo verbo “venire” lo decliniamo al passato, anzitutto, perché Egli, il Signore, venne; lo decliniamo al presente perché Egli, il Signore, viene; e lo decliniamo anche al futuro, perché Egli, il Signore, verrà.

Egli, il Signore, venne: è venuto ad abitare in mezzo a noi, si è fatto uomo, si è fatto bambino, ha calpestato questa nostra terra, è entrato dentro la nostra storia. Il Signore venne. Ma questo stesso Signore viene adesso, perché viene adesso a visitarci, entra ora nella nostra vita. Egli, che è risorto e vivo, non smette di visitarci e di bussare alle porte del nostro cuore. Egli viene, il Signore viene. Il Signore anche verrà. Perché noi attendiamo la sua venuta ultima, quella definitiva, quando Egli tornerà nella gloria, a portarci per sempre con sé nell’eternità felice e beata.

L’atto di fede nella triplice venuta del Signore, lo rinnoviamo quando professiamo il Credo. Anche oggi dicendo il Credo ritorneremo su questi tre tempi di un unico verbo. Ricorderemo, infatti, che il Verbo si è fatto carne e che, quindi, Egli è venuto in mezzo a noi; ricorderemo che Egli è risorto e vivo e che, dunque, Egli viene adesso, in mezzo a noi; e ricorderemo che Egli ritornerà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, perché Egli verrà, di nuovo, nello splendore della sua signoria sul tempo e sulla storia.

È tanto bello fare memoria di questa triplice venuta, perché significa fare memoria di una verità straordinariamente consolante: il passato, il presente e il futuro sono abitati dal Signore, da Colui che è il nostro Salvatore e il nostro Redentore. Non abbiamo più alle spalle un passato vuoto e scuro, che non ha un senso; non viviamo più un presente che non capiamo e nel quale siamo come dentro un labirinto senza sbocco; non aspettiamo un domani e un futuro incerto e tenebroso, di cui non sappiamo nulla. No! Non è più così per noi! Perché il Signore è venuto, e ha riempito di senso e di luce il passato. Il Signore viene, e riempie di senso l’oggi, il nostro presente. Il Signore verrà, e riempie di senso e di significato il domani che ci attende.

È per questo che l’Avvento è un tempo tanto bello e dolcissimo al cuore; ed è per questo che l’Avvento è un tempo di gioia serena, ma anche esultante, perché la vita tutta – quella della storia e la nostra, quella che è stata, che è e che sarà – è dentro l’abbraccio della presenza del Signore che ci ama, che è per noi e che ci salva.

Non dimentichiamoli questi tre tempi dell’unico verbo! Essi riguardano Lui, il Signore ma, di conseguenza, riguardano anche noi. Egli venne, e il passato è salvato e amato; Egli viene, e il presente è salvato e amato; Egli verrà, e il domani è salvato e amato. Non ce ne dimentichiamo! Venne, viene, verrà Lui, il Signore della vita e della storia, il Signore che è appassionato della nostra salvezza e della nostra redenzione, della pienezza della nostra vita.

In questa cornice così bella, oggi, prima domenica di Avvento, risuonano altre due parole. Cominciano anch’esse con la “V”, e fanno parte di un dialogo che nella parola di Dio abbiamo in qualche modo ascoltato. E qual è questo dialogo? Da una parte ci siamo noi, che supplichiamo e invochiamo, guardando verso il Cielo, verso il Signore, dicendo: “Vieni!”. Di questo ci ha parlato la lettura del profeta; un profeta che non è soltanto voce di sé stesso, ma anche del suo popolo e di ogni popolo; che non è soltanto voce del suo tempo, ma di ogni tempo; che non è solo voce del suo cuore, ma di ogni cuore. Perché la supplica che il profeta rivolge verso l’alto dei Cieli è la supplica che è presente nel cuore di tutti noi, di ogni uomo e in ogni tempo della storia: “Vieni! Vieni, perché abbiamo bisogno di te!”.

Ieri sera sono andato verso Stradella e, nella grande rotonda che introduce nella città, vi erano delle luci natalizie molto belle Tra di esse spiccavano alcune luci rosse, che disegnavano dei cuori. Questo addobbo natalizio mi ha colpito. Non so il significato che ha avuto nella mente di chi lo ha realizzato; ma per me è stato il segno di qualcosa di molto bello, che nessuno dovrebbe mai dimenticare. Tutti abbiamo bisogno che venga un cuore che batta per noi; ma non un cuore umano perché è troppo poco. Abbiamo bisogno del cuore di Dio e che questo cuore scenda in mezzo a noi, palpiti per noi, che lo sentiamo innamorato della nostra vita, appassionato alla nostra salvezza. Ecco perché diciamo: “Vieni! Abbiamo bisogno di essere amati da te e di avvertire che il tuo cuore è tutto per noi! Vieni!”.

Procedendo ancora per le vie di Stradella, vedevo delle belle luci che addobbavano le vie della città, e allora pensavo: per me, per noi, queste luci nel tempo di Avvento e del Natale sono il segno di Colui che è la Luce e viene a rischiarare le tenebre e le oscurità della vita e del cuore. Ed è per questo che diciamo: “Vieni. Vieni, perché abbiamo bisogno della tua luce. Vieni, perché nelle oscurità e nelle tenebre del nostro cuore, del nostro cammino, del nostro male abbiamo bisogno che tu venga, come luce che rischiara, che scalda, che indica la strada da percorrere. Vieni!”.

Poi, sempre inoltrandomi con la macchina nel centro di Stradella, si vedevano i primi alberelli decorati e luminosi. Che cosa sono questi alberi che a Natale adorniamo di luci, se non il segno della nostra vita che, sfiorita e spenta a motivo del peccato, rimanendo illuminata dalla presenza del Signore si rinnova, fiorisce, ritrova la propria bellezza? E, allora, in questo tempo, abbiamo bisogno di dire: “Vieni! Vieni in mezzo a noi, perché l’albero della vita che, forse, sta appassendo, ha bisogno di te per ritrovare vigore, bellezza, fioritura, luminosità. Vieni! Vieni per salvare questa mia vita. Vieni!”.

Ecco la prima parte del dialogo che accompagna e accompagnerà il tempo dell’Avvento. È la nostra parola, la nostra invocazione, la nostra richiesta accorata: “Vieni! Vieni, perché abbiamo bisogno del tuo cuore innamorato di noi. Vieni, perché abbiamo bisogno della tua luce che risplenda per noi. Vieni, perché abbiamo bisogno che, con la tua presenza d’amore, la nostra vita rifiorisca in tutta la sua bellezza e pienezza!”.

Ma nel dialogo si è in due a parlare, e la pagina del Vangelo ci ha suggerito la parola che il Signore ci rivolge, oggi e in ogni giorno dell’Avvento, rispondendo alla nostra. L’abbiamo ascoltata: “Vegliate, per non addormentarvi!”. Vegliate è un’altra parola che inizia con la “V”. Sarà facile, quindi, per noi ricordare le due parole del dialogo: “Vieni”, “Vegliate per non addormentarvi”.

Sappiamo bene che non c’è soltanto un dormire del corpo, ma anche un dormire del cuore, un dormire dello spirito. E questo dormire che cosa significa, in concreto, per noi? Perché il Signore ci esorta a vegliare per non addormentarci? Il dormire è il segno di qualcosa di molto triste, di una possibilità dolorosa della nostra vita; è il segno del peccato che addormenta il cuore, che addormenta l’anima, che addormenta lo spirito. Perché? Perché il peccato ci rende divisi interiormente, facendoci perdere di vista la meta e il perché del cammino. Il peccato ci rende schiavi delle nostre stesse azioni e del male che compiamo, togliendoci la vera libertà. Il peccato ci rende affannati e impauriti, ripiegati su noi stessi.

Quando si attende qualcuno – lo sappiamo per esperienza – qualcuno che è desiderato, guardiamo l’orizzonte desiderosi di vedere che l’atteso appaia; e il nostro cuore si rallegra e gioisce nel momento in cui lo vediamo apparire all’orizzonte. Ma quando si è addormentati, quando gli occhi sono annebbiati, quando una coltre di caligine scende su di noi, allora non vediamo più l’orizzonte, non ci accorgiamo più di colui che viene. Ecco perché il Signore dice, oggi, a noi: “Vegliate, per non dormire. È per il sonno del cuore che non vi accorgete che io sto venendo e non vi accorgete della mia presenza. Il peccato vi addormenta il cuore e di rende incapaci di vedere. Vegliate!”.

Capiamo, allora, che all’inizio di questo tempo e durante questo tempo, un atto davvero importante e decisivo, perché non ci accompagni il sonno del cuore e dell’anima, è quello di confessare i nostri peccati, le nostre colpe, ricevendo il perdono e la misericordia del Signore. Questo dono ricevuto nel sacramento della riconciliazione ci renderà svegli, ci farà vegliare e renderà possibile l’accorgerci, nella gioia, che il Signore viene a visitarci e a salvarci.

 

Lo abbiamo capito! Ci sono cinque “V” per vivere bene il tempo dell’Avvento: Venne il Signore, Viene il Signore, Verrà il Signore; e poi, il dialogo fatto dalla nostra supplica: “Vieni, perché abbiamo bisogno di te”, e dalla parola che il Signore ci suggerisce: “Vegliate per non dormire. Vegliate chiedendo perdono dei vostri peccati. Vegliate perché il cuore e l’anima siano liberi e limpidi per vedere che vengo a visitarvi!”.

Non dimentichiamoci questi cinque tempi di un unico verbo; e siano questi ad accompagnare il nostro cammino di Avvento. Alla Madonna Immacolata, della quale stiamo vivendo la Novena, ci raccomandiamo e ci rivolgiamo, perché ci aiuti a vivere con frutto questo tempo che ci prepara al santo Natale.

Trascrizione da registrazione audio