Omelia – Santa Messa Crismale

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Omelia – Santa Messa Crismale

Santa Messa Crismale

Tortona. Cattedrale

 

Mentre processionalmente il libro dei Vangeli veniva portato all’ambone, in ciascuno di noi si sarà fatta strada un’invocazione: “Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”. Parla, perché abbiamo bisogno della tua parola di vita; parla, perché tu che sei risorto e vivo in mezzo a noi hai una parola decisiva da dirci, perché ne siamo illuminati, perché ne siamo riscaldati, perché ne siamo consolati. Parla, Signore, perché noi tuoi servi desideriamo ascoltarti; vogliamo ascoltarti, vogliamo fare spazio nel nostro cuore a te e alla tua parola di vita. In quale modo il Signore risponde a questo nostro desiderio e a questa nostra invocazione? In quale modo risponde? Ecco la sua risposta.

Insieme abbiamo cantato: “Canterò in eterno l’amore del Signore”. È una parola che il Signore ha fatto risuonare sulle nostre labbra, consegnandocela ancora una volta. Perché? Perché Egli desidera che, sulle nostre labbra e nella nostra voce, cantare il Suo amore non venga mai meno. In tutti, certamente; ma oggi in un modo particolare in noi, presbiteri e diaconi. Che non venga mai meno la gioia, la gratitudine, la meraviglia per l’amore che il Signore ha avuto e ha per noi! Per l’amore che il Signore ha avuto e ha per la nostra vita personale, per l’amore che il Signore ha avuto e ha per il nostro ministero! Perché Egli, senza nessun nostro merito, ha voluto chiamarci, ha sussurrato al nostro cuore facendosi sentire, ci ha chiesto di stare con Lui, donandoci tutto questo amore. E poi ci ha domandato di andare ad annunciare Lui, a testimoniarlo e a proclamarlo Salvatore del mondo, della storia, degli uomini.

Come non cantare per sempre l’amore del Signore? Certo, lo facciamo; ma forse dobbiamo dircelo: sarebbe bello farlo di più, sarebbe bello che il canto dell’amore del Signore si sprigionasse con più continuità, con più fedeltà, con più entusiasmo nella nostra vita e nel nostro ministero. Chi ci vede e ci ascolta, chi ci avvicina, possa essere contagiato dal canto all’amore del Signore che sgorga dal nostro cuore e dalla nostra vita!

Il Signore oggi ci dona questa parola sussurrando con tenerezza infinita: «Sii contento dell’amore che ho avuto e che ho per te! Sii contento di quello che ho fatto e che faccio per te! Sii contento della missione che ti ho affidato e che ti sto affidando ancora oggi! Sii contento, e che si veda! Sii contento, e che si veda: nella tua comunità, là dove vivi, in questa terra. Si veda che tu sei contento di avermi incontrato, che sei contento di avermi accolto, che sei contento di ripresentare me nel presente della nostra storia, in mezzo al mio popolo».

“Canterò per sempre l’amore del Signore!”. Di fronte all’invito che il Signore oggi ci comunica, rispondiamo: «Sì, lo voglio! Voglio essere contento, voglio esserlo ancora di più, voglio che questo si veda. Sì, lo voglio, Signore! E tu aiutami tutte le volte in cui dovessi cadere nella tentazione di essere amareggiato, di essere triste, di essere deluso. Aiutami a ritrovare la contentezza e la gioia di Te, di ciò che hai fatto e fai per me; aiutami a cantare sempre il tuo amore, Signore!».

Ci è stata donata anche una seconda parola: “Lo Spirito del Signore è sopra di me: per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annunzio… e proclamare l’anno di grazia del Signore”. Questa parola, oggi, il Signore ce la ridona, è Sua. Questa parola ci è data oggi, ci è consegnata, perché non dimentichiamo che il nostro ministero, con la parola che lo contraddistingue e con la testimonianza che lo contraddistingue, è un annuncio di gioia, è una grazia, è un dono che deve rallegrare il mondo; una grazia che deve far gioire il nostro popolo, che deve far intravvedere una bellezza di vita che non vi può essere altrimenti. Lo sappiamo, e lo viviamo; siamo, però, anche consapevoli che a volte può accadere che la nostra parola e la nostra testimonianza trasmettano un qualcosa di moralistico, faticoso, pesante: come se la vita della fede non liberasse il cuore e l’anima, ma la rendesse prigioniera; come se non fosse un “sì” straordinario alla vita, ma un “no”; come se non fosse l’annuncio di ciò che di più bello si può immaginare, e che va oltre l’immaginabile, diventando, invece, qualcosa di scontato, di annebbiato, di annacquato, che non sorprende più e non entusiasma più.

E, allora, mentre il Signore ci consegna questa parola, noi gli chiediamo aiuto perché non la perdiamo di vista; perché rimanga in noi come una forza a motivo della quale il nostro ministero sprigiona vita, luce, gioia, bellezza, pienezza di vita, la vita nuova che è il Signore Gesù e che attraverso di noi arriva nel mondo e alla nostra gente. Chiediamo al Signore che ci aiuti tutte le volte che, per tanti motivi, rendiamo l’annuncio della fede qualcosa che pesa, qualcosa che non rischiara, qualcosa che non libera, qualcosa che non comunica gioia, qualcosa che non fa mettere le ali all’esistenza. Chiediamo al Signore che ci aiuti. Egli, che ci consegna la sua parola, ha fiducia in noi. Noi, però, conosciamo la nostra debolezza e lo supplichiamo perché quella “unzione”, che è annuncio di gioia e che è proclamazione di grazia, risplenda sempre nella nostra vita e nel nostro ministero. E diciamo: «Signore, tu mi doni la tua parola di grazia e mi chiedi di proclamarla. Sì, lo voglio! Io voglio che il mio presbiterato, il mio diaconato, il mio ministero possano essere contagiosi della tua gioia, della vita nuova che è in Te, e che doni a noi, della bellezza di averti nel cuore, nella mente, in tutto. Signore, sì, lo voglio!».

Infine ci è stata data un’altra parola: “Io sono l’alfa e l’omega, Colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente!”. Il Signore ce la dona perché non perdiamo di vista chi è Lui il principio e la fine, l’Onnipotente.

Iniziando l’anno pastorale, abbiamo fatto riferimento a una parola di Gesù: “Senza di me non potete fare nulla”. È chiarissima; ed è talmente chiara che talvolta rischiamo di non soffermarci su di essa con la dovuta serietà. Oggi questa parola ritorna: “Io sono l’alfa e l’omega, colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente!”. Senza di Lui non possiamo nulla. Ma con Lui possiamo tutto! Perché è l’Onnipotente. Noi siamo dei poveretti, ma con lui possiamo tutto. E se a volte ci troviamo con le mani vuote, se a volte ci pare di battere l’aria, se a volte i frutti del ministero sembrano non venire, ciò accade perché non crediamo abbastanza nella sua onnipotenza, e non gli permettiamo di essere così presente nella nostra vita, quanto Lui vorrebbe. Quanto lui vuole! Siamo così stolti! E immaginiamo che i frutti possano essere opera nostra o che i risultati possano essere il frutto della nostra intelligenza o del nostro darci da fare. No! No! In realtà tutto questo lo sappiamo e cerchiamo anche di viverlo. Ma oggi questa parola, che il Signore ancora una volta ci dona, ci scuote, ci risveglia, e ci ricolloca in quella condizione del cuore per cui diciamo: “Tu sei l’Onnipotente. Io ho bisogno di te!”. Abbiamo bisogno di Lui.

Ci domandiamo, e oggi è proprio il giorno in cui farlo: vivo la dipendenza dall’amore di Dio e dalla onnipotenza di Dio? Tanti sono i modi in cui siamo chiamati a viverla. Uno dei modi, e davvero qualificante, è certamente quello della preghiera. E, allora, poniamoci qualche domanda. Quale posto ha la celebrazione eucaristica nella mia giornata? E come la vivo? Quale posto ha la confessione nella mia vita? E come la vivo? Quale posto ha la celebrazione della Liturgia delle ore nella mia giornata? E come la vivo? Quale posto ha l’ascolto della parola di Dio nella mia giornata’ E come lo vivo? Quale posto ha il mio rimanere davanti al Signore, lungamente, durante la mia giornata? E come la vivo questa sosta orante?

Sono interrogativi che non possiamo non porre a noi stessi oggi, perché se il nostro ministero non è fecondo come dovrebbe essere, non sarà forse perché questi aspetti della vita, che qualificano la nostra preghiera e la nostra vita di grazia, non sono sufficientemente presenti? Se la nostra comunione non è bella come potrebbe essere, non è forse perché questi aspetti non sono sufficientemente presenti? Se il cammino sinodale che stiamo vivendo non è sufficientemente incisivo nella nostra Diocesi, non è forse perché questi aspetti non sono presenti in modo sufficiente? Se le vocazioni non fioriscono ancora come sarebbe nel nostro desiderio, non sarà perché questi aspetti nella nostra vita non sono presenti in modo sufficiente? Interroghiamoci. Certo, siamo uomini di preghiera, ma possiamo esserlo di più, nella misura in cui ritornano nella nostra mente e nel nostro cuore queste parole: “Io sono l’alfa e l’omega, colui che era, che è e che viene, l’Onnipotente!” Se queste parole si incidono davvero nel cuore e nella vita, allora capiamo che la nostra forza, l’unica nostra vera forza, è la dipendenza d’amore da Lui.

Il Signore ci dona anche questa parola, e noi stiamo di fronte a Lui dicendo: «Sì, lo voglio; ma a volte sono povero, a volte mi distraggo, a volte ho la presunzione di fare da solo, di essere io a ottenere i frutti, i risultati. Aiutami, Signore. Aiutami!». E ripetiamo ancora una volta: «Sì, Signore, lo voglio; voglio davvero considerarti la mia forza, l’onnipotenza d’amore da cui dipendere con fiducia e confidenza».

Queste parole, carissimi confratelli presbiteri e diaconi, che di nuovo abbraccio – permettetemi – con amore, sono rivolte anzitutto a noi. Però fratelli e sorelle, queste parole riguardano tutti. Ci riguardano sia perché hanno molto da dire alla vita di tutti, sia perché oggi noi vi supplichiamo: «Fate in modo che entrino in voi, come motivo di preghiera per noi. Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno della vostra presenza, del vostro sostegno, del vostro conforto, della vostra collaborazione, della vostra corresponsabilità, del vostro affetto. E abbiamo soprattutto bisogno della vostra preghiera. Non fatecela mancare. Noi preghiamo per voi, tutti i giorni, perché siete la ragione del nostro vivere. E voi pregate per noi tutti i giorni, perché possiamo essere in mezzo a voi come il Signore ci vuole; e perché queste parole che Egli di nuovo ci ha donato possano diventare carne della nostra carne, vita della nostra vita».

E ora continuiamo la celebrazione della Messa crismale, nella gioia e nella gratitudine di essere qui ancora una volta, di esserci insieme, di esserci in un clima di comunione e di rendimento di grazie. Grazie, Signore, anche di questo dono: il dono di questa Messa crismale, celebrata da questa tua famiglia che è la Chiesa che vive a Tortona

Trascrizione da registrazione audio