Omelia – Santa Messa nella V Domenica del Tempo Ordinario

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Omelia – Santa Messa nella V Domenica del Tempo Ordinario

Giornata per la Vita

Più volte è risuonata oggi una parola che ci attrae, è la parola “luce”. È risuonata nella pagina del profeta, è risuonata nella pagina del Vangelo. Possiamo dire che questa parola, risuonata tante volte, la ritroviamo condensata nel ritornello del Salmo responsoriale che abbiamo cantato: “Il giusto risplende come luce”. Il ritornello del Salmo è un’affermazione – “Il giusto risplende come luce”– che oggi, sulle nostre la labbra, si trasforma in preghiera e in supplica, diventando una richiesta che presentiamo al Signore: “Fa’ che la nostra vita, la mia vita, risplenda come luce”. Sia questa oggi la nostra preghiera. Sarebbe così bello, infatti, se la vita di tutti noi, insieme, e di ciascuno, potesse davvero risplendere come la luce.

In realtà, nel giorno in cui abbiamo ricevuto il Battesimo, noi siamo stati resi luce. Anticamente, il rito del Battesimo veniva chiamato il rito della illuminazione. Perché? Perché la luce di Cristo, la luce che è Cristo, prende possesso, lì, in quel momento, della nostra vita, rendendola illuminata e, di conseguenza, luminosa. Siamo chiamati, oggi, a ritornare a quel giorno di grazia, in cui la luce di Cristo, la luce che è Cristo, ha preso possesso di noi, rendendoci illuminati e luminosi; illuminati dal Signore e, dunque, capaci di fare luce attorno a noi. La preghiera, dunque, che oggi rivolgiamo al Signore – “Fa’ in modo che possiamo risplendere come luce” – non è altro che una preghiera, una supplica che con la quale chiediamo al Signore di rendere operante, vivo il nostro Battesimo, quel dono che, un giorno, tutti quanti noi abbiamo ricevuto.

Sono risuonate altre parole in contrasto con la parola “luce”: parole come tenebra e oscurità. Non sono risuonate a caso: perché la vita degli uomini e delle donne, senza la luce che è Gesù, è nella tenebra e nell’oscurità; perché la vita delle nostre città, dei nostri paesi, delle nostre terre, senza la luce che è Gesù, è nella tenebra e nell’oscurità; perché la vita di tante famiglie, senza la luce che è Gesù, è nella tenebra e nell’oscurità; perché la storia e il mondo, in cui non si rende presente la luce che è Gesù, conosce la tenebra e l’oscurità. E in questa tenebra e in quest’oscurità noi siamo inviati per essere testimoni, annunciatori e portatori della luce.

Spesso capita che la tenebra e l’oscurità, che vediamo attorno a noi, ci rendano un po’ arrabbiati; e condanniamo questa tenebra e quest’oscurità che avvolge tante cose e, a volte, anche noi. Ci arrabbiamo e condanniamo. Eppure c’è qualcosa che deve venire prima e deve venire di più: il desiderio, la passione del cuore, perché la nostra vita, luminosa e illuminata dal Signore, possa portare luce dove c’è tenebra e dove c’è oscurità. È un tale desiderio che deve avere il primato: la passione del cuore per questo mondo, per questa storia, per queste città, per queste terre, per queste famiglie, per queste vite nelle quale non c’è la luce, perché possano conoscerla, sperimentarla, rallegrarsene, esserne salvarti anche a motivo della nostra luminosità, del nostro essere portatori di luce, del nostro essere annunciatori della luce.

La nostra preghiera, allora, sale, oggi, al Signore per chiedere: “Fa’ in modo che io risplenda come luce, ma non soltanto per me. Fa’ in modo che io risplenda come luce perché ogni oscurità e ogni tenebra che incontro possa rimanere illuminata da questa luce che non è mia, è tua e che, per grazia, porto con me, nella mia vita”. Preghiamo davvero così, con tutto il cuore, per essere davvero illuminati dalla luce che è il Signore Gesù, per essere sempre di più luminosi a motivo di questa luce che abbiamo ricevuto in dono e che doniamo a nostra volta, a tutti e sempre.

Ci domandiamo, però: come accrescere in noi questa luce? Come rendere più luminosa la nostra vita? Come portare nell’oscurità e nelle tenebre una tale luce che illumina e che salva? La parola del Signore che abbiamo ascoltato, ci aiuta a rispondere a queste domande.

Nella pagina del Vangelo Gesù si rivolge agli apostoli, ai discepoli e dice: «Voi siete sale della terra, voi siete luce del mondo» Ma chi è davvero il sale della terra? Chi è davvero la luce del mondo? È Lui, il Signore che parla così di noi. E parla così di noi, perché noi possiamo essere sale della terra, luce del mondo, nella misura in cui Egli è con noi, Egli è in noi, Egli è vita della nostra vita, cresce la comunione, la familiarità, l’intimità tra Lui e noi. Allora come essere luce, oggi, in mezzo alle oscurità e alle tenebre? Come? Rendendo sempre più vera, sempre più intima, sempre più profonda la nostra amicizia con il Signore Gesù, perché da questa amicizia e da questa comunione ne derivi che la luce che è Lui possa realmente essere presente in noi e risplendere attraverso di noi.

Partecipare all’Eucaristia significa fare esperienza di luce, nutrirsi del corpo e del sangue del Signore significa entrare in contatto con la luce, accedere al sacramento della Confessione significa ricevere il dono della luce, ascoltare la parola di Dio è fare esperienza di luce, fermarsi qualche momento chiesa, in adorazione, è incontrarsi con la luce vera, pregare ogni giorno è entrare nella bellezza della luce. Se questo lo curiamo, lo coltiviamo, se diventa un modo quotidiano di vivere il nostro rapporto con il Signore, la nostra amicizia con Lui si rende più forte, più profonda, più vera; e la luce che è Lui diventa anche nostra, la luce che è Lui risplende nelle nostre vite, la luce che è Lui si rende presente nei nostri occhi, sul nostro volto, nei nostri gesti, nel nostro stile di vita. E, allora, diventiamo luminosi nell’oscurità e nelle tenebre che stanno attorno a noi. Ecco un primo “come” essere luce: a partire dalla nostra amicizia bella, dalla nostra comunione di amore, ravvivata continuamente, con Lui, con il Signore Gesù.

L’apostolo Paolo, nel brano della Lettera ai Corinzi che abbiamo ascoltato, ci rivela una cosa importante: egli annuncia Gesù, il suo nome, il suo amore di crocifisso e risorto. Poco tempo prima, ad Atene, non aveva annunciato questo. Aveva parlato della salvezza, servendosi della sapienza e della filosofia greca, e la sua predicazione era stata un insuccesso completo. Da allora Paolo, che poteva farlo, non si è più servito di una sapienza umana, della sua cultura, delle conoscenze che aveva del mondo greco e romano. No! Da allora si è affidato solo alla potenza del nome di Gesù e alla potenza del suo amore, annunciato attraverso il mistero della croce, morte e risurrezione.

Come diventiamo luce nelle tenebre e nell’oscurità? Ecco il secondo “come”: portando il nome di Gesù, credendo alla potenza che scaturisce da questo nome, credendo alla potenza che tocca il cuore degli uomini, quando parliamo del suo amore crocifisso e risorto e non di altre cose. Ricordiamo la potenza del nome di Gesù e la potenza del suo amore di crocifisso, morto e risorto per noi.

Oggi dobbiamo chiederci: nel nostro parlare quotidiano, quante volte risuona il nome di Gesù? Quante volte? Quante volte risuona sulle nostre labbra? Quante volte risuona nelle nostre famiglie? Quante volte risuona nei dialoghi che abbiamo? Quante volte risuona nell’ambiente di lavoro? Quante volte risuona nell’ambiente del nostro impegno e del nostro studio? Quante volte risuona nel nostro tempo libero? Il nome di Gesù: pronunciarlo, annunciarlo, testimoniarlo significa essere luce e portare luce nell’oscurità e nella tenebra del mondo.

Infine, il profeta Isaia ci ricorda un terzo “come”, perché entra nel dettaglio dell’amore e della carità. E afferma che colui che vive donando sé stesso, vivendo la carità nella quotidianità della propria vita, prendendosi a cuore ogni situazione di difficoltà, di disagio, di bisogno, di richiesta di aiuto, diviene una luce che sorge come l’aurora. Come è bello pensare che la nostra carità, il nostro donarci incondizionato, il nostro sì alla vita in ogni situazione, la nostra cura dell’uomo, il nostro accogliere chi ha davvero bisogno, chi è nella fatica, chi è nel dolore, chi è nella malattia, chi è nel disagio spirituale e morale, ci fa diventare luce che sorge come l’aurora. Ecco, dunque, il terzo “come”: la nostra carità, il nostro amore, vissuto nella concretezza dell’esperienza quotidiana, nella quotidianità dei nostri incontri, nel nostro vivere semplice di ogni giorno.

 

Se, dunque, cresce la nostra amicizia con il Signore Gesù, se parliamo di Gesù, se viviamo la quotidianità della carità, davvero siamo luce che risplende perché portiamo, annunciamo e testimoniamo la luce che è Gesù Cristo; e l’oscurità sarà meno oscurità, la tenebra sarà meno tenebra.

Quando oggi usciremo da questa chiesa cattedrale, non dimentichiamoci la preghiera che abbiamo fatto e rinnoviamola: “Signore che io possa risplendere come la luce”. E avvertiamo il mandato che il Signore ci consegna: “Sii luce, perché io ti ho reso luce. Sei luce, ma diventa sempre di più luce”.

Questo mandato custodiamolo nel cuore, portiamolo con noi e chiediamo la grazia che, uscendo da questa chiesa, ciascuno di noi, e tutti insieme, possiamo essere come un filo luminoso che entra nella città, che entra nelle case, che attraversa le strade e tutto illumina, con questa splendida luce che è la luce di Gesù Cristo, che è la luce che è Gesù Cristo.

Trascrizione da registrazione audio