Parola della Domenica: “la sua gloria sfolgorante”

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Parola della Domenica: “la sua gloria sfolgorante”

Parola della Domenica: “la sua gloria sfolgorante”

II Domenica Quaresima anno A

Nella seconda Domenica di Quaresima rimaniamo in ascolto di una pagina nota del Vangelo di san Matteo: quello della Trasfigurazione. Gesù, mentre è in cammino con i suoi discepoli verso Gerusalemme, sale su un alto monte prendendo con sé Pietro, Giacomo e Giovanni.

E lì si trasfigura, mostrando la sua gloria sfolgorante. Qual è il significato complessivo del testo? Gesù, prima di affrontare i giorni della Passione e Morte, rivela agli apostoli la propria gloria altrimenti nascosta. Quella visione luminosa, conservata nella memoria del cuore, sarà di loro aiuto quando si troveranno immersi nell’oscurità della visione del Crocifisso sfigurato e morente.

Fermiamoci, ora, su due particolari del racconto.

– Pietro, in preda allo stupore, per quanto sta osservando, esclama: “Signore, è bello per noi essere qui!”. In tal modo l’apostolo ci ricorda la bellezza di essere alla presenza di Dio. E noi ci ritroviamo alla presenza di Dio ogniqualvolta viviamo l’esperienza della preghiera, soprattutto davanti all’Eucaristia. Non dimentichiamolo: pregare significa essere sull’alto monte, pregare vuol dire entrare nella gioia della presenza del Signore.

– All’improvviso risuona una voce, quella del Padre e dice: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. L’ultima parola esorta gli apostoli a ritrovare, ancora una volta, la loro identità: quella di discepoli che ascoltano e seguono. In questa identità siamo chiamati a ritrovarci sempre tutti. Nell’ascoltare e nel seguire consiste la nostra salvezza, perché la salvezza è nella parola del Signore e nella via che Egli percorre davanti a noi, con noi e per noi.

Una pagina dalla Lettera d’oro di Guglielmo di Saint Thierry ci aiuta a prolungare la meditazione.
“A colui che è eletto e amato da Dio, di quando in quando,
si mostra un certo quale bagliore del volto di Dio,
come un lume racchiuso fra le mani
che appare e scompare secondo il volere di chi lo regge.
Così, attraverso quanto gli è concesso vedere come di passaggio e a sprazzi,
l’animo si infiammerà d’ardore per il pieno possesso della luce eterna
e per l’eredità della piena visione di Dio.
E affinché in qualche misura sia consapevole di ciò che gli manca,
non è raro che la grazia come di striscio abbagli il senso di colui che ama,
lo strappi a se stesso, lo rapisca nel giorno eterno,
dal tumulto delle cose alle gioie del silenzio.
Là, per un momento, per un breve istante, l’Essere sussistente,
in tutta la sua misura, si scopre a lui così come è;
talvolta anche lo trasforma a sua immagine,
affinché anch’egli sia, nella misura che può, ciò che lui è.
Quando poi l’eletto di Dio abbia imparato la distanza che separa il puro dall’impuro,
viene restituito a se stesso e rinviato a purificare il cuore per la visione,
a preparare l’animo alla somiglianza con Dio.
Così, se gli capiterà di essere nuovamente ammesso a simile grazia,
sia più puro per vedere e più stabile per godere.
Non si coglie mai la misura dell’imperfezione umana
come nella luce del volto di Dio, nello specchio della visione divina.”