Conferenza – I carismi: nella Chiesa, nella Congregazione, personali – 3 (traccia)

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Conferenza – I carismi: nella Chiesa, nella Congregazione, personali – 3 (traccia)

Corso di aggiornamento per le Suore Ravasco

Roma, Istituto Ravasco

CASTITÁ

1. Per il Regno dei Cieli

Premessa
Matteo 19, 10-12
“Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini; e vi sono alcuni che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire capisca”
La parola eunuco suona dura i nostri orecchi come ai tempi di Gesù. Era una parola molto offensiva: sposarsi, nella mentalità ebraica era un dovere morale.
Dice un certo Rabbì Eleazar: “un uomo che non ha la sua donna non è neppure un uomo”.

Gesù rivela un’eunuchia del tutto speciale e nuova.
Per il regno dei cieli: si tratta di un’eunuchia non fisica ma morale.
L0indicazione del regno dei cieli introduce una nota di mistero.
Nasce un nuovo stato di vita nel mondo di cui la pagina del vangelo è come la “magna charta”. Gli Esseni conoscevano il celibato, ma come forma ascetica di rinuncia e purità: non vi era la motivazione della venuta del regno, semmai la sua attesa

Dimensione profetica
Per capire la nuova forma di vita bisogna partire dal “regno dei cieli”. Quel regno che in parte è “già”.
Dato che il regno dei cieli è già venuto, è possibile che alcuni vivano già adesso come si vive nella condizione finale. E come si vive nella condizione finale? Lo dice Gesù steso: “I figli di questo mondo prendono moglie e marito, ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito; e nemmeno possono morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio” (Lc 20, 34-36)
Ecco la dimensione profetica della verginità: mostrare quale sarà la condizione finale dell’uomo.
Si tratta di uno stato più perfetto? O escatologicamente più avanzato? “Voi avete cominciato a essere ciò che noi saremo”, scrive San Cirpiano alle prime vergini cristiane.

A beneficio del matrimonio
La verginità ricorda che il matrimonio non è tutto e, quindi, il primato dello spirito e di Dio. Il matrimonio non può essere un assoluto cui sacrificare tutto, un idolo.
Di queste indebite attese sarebbe il matrimonio per primo a soffrirne: perché quelle attese non verrebbero mai soddisfatte.
In questo senso la verginità preserva il matrimonio dalla disperazione, aprendo anche l’orizzonte di una comunione di amore che va al di là della morte.

Per la piena realizzazione della persona
A un amico che era convinto che scegliere la castità fosse un tagliarsi fuori dalla corrente della vita, Paul Claudel rispose così: “Noi viviamo ancora nel vecchio pregiudizio romantico che la felicità suprema, il grande interesse, l’unico romanzo dell’esistenza, consistono nei nostri rapporti con la donna e nelle soddisfazioni dei sensi che ne ricaviamo. Si dimentica solo una cosa: che l’anima e lo spirito sono realtà altrettanto forti, altrettanto esigenti che la carne – lo sono ben di più – e che, se accordiamo a quest’ultima tutto ciò che essa chiede, è a detrimento di altre gioie, di altre regioni meravigliose, che ci resteranno precluse per sempre. Svuotiamo un bicchiere di cattivo vino in una bettola o in un salotto e ci dimentichiamo di questo mare verginale che altri contemplano al levarsi del sole”.
L’uomo non è solo natura, ma è anche vocazione. L’uomo perfetto è il secondo uomo” Gesù risorto, “l’Adamo ultimo”. Più ci si avvicina a questo modello di uomo più si ci avvicina alla perfezione umana. Si può dire che lo stato natura dell’uomo è proprio la verginità.
Dimensione missionaria
Il regno dei cieli è anche un “non ancora”. Deve venire in intensità all’interno della Chiesa e dei cuori, deve venire in estensione.
Poiché non è ancora venuto occorrono uomini e donne che a tempo pieno e con cuore indiviso si dedichino alle venuta del Regno

Verginità non si abbina a sterilità ma a fecondità: su un piano spirituale e non fisico.
La prima volta che la verginità compare nella storia della salvezza è associata alla nascita di un bambino: “Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio” (Is 7, 14).
La tradizione cristiana ha sempre unito “vergine e madre”. Pensiamo a Maria, vergine e madre, e alla Chiesa.
Ogni anima può essere vergine e madre: “Ogni anima credente, sposa del Verbo di Dio, madre, figlia e sorella di Cristo, viene ritenuta, a suo modo, vergine feconda” (Isacco della Stella)

La regola delle Romite (sec. XIII): “In certe ore del giorno e della notte, abbiate nel vostro cuore tutti i malati e gli afflitti che soffrono per il dolore o per la povertà, e pensate ai tormenti che patiscono coloro che si trovano in prigione in pesanti ceppi di ferro…Pensate, con il cuore pieno di compassione, a quelli che si trovano in gravissime tentazioni. Conservate nel vostro cuore i dolori di tutta questa gente e chiedete con sospiri a nostro Signore che abbia pietà di loro e rivolga a loro il suo sguardo di misericordia”.
La fecondità della verginità è sponsale: se generano figli perché ci si unisce a uno sposo.

2. “Si preoccupa delle cose del Signore”

I Cor 7, 31-35
“Passa la scena di questo mondo! Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie e si trova diviso!…”.
Vi è la stessa motivazione del vangelo di Matteo: il regno dei cieli è il Signore risorto (siamo dopo la Pasqua)
E poi si ritorna sul concetto che il tempo è compiuto: “passa la scena di questo mondo”.
C’è però una differenza: non ci si sposa per una causa (il regno),ma per una persona (il Signore).
Senza preoccupazioni? Una vita tranquilla?
Preoccuparsi delle cose del Signore: vivere senza preoccupazioni mondane per avere tutto il tempo e l’agio di preoccuparsi delle cose del Signore.
Il vergine esiste perché ci sia qualcuno al mondo che si occupa solo degli interessi di Dio.
Come viviamo questa realtà?
Queste persone si sposano. E’ inesatto dire che non si sposano: non si sposano con una creatura. Non è rinuncia a un amore concreto per un amore astratto, una persona reale per una immaginaria. E’ rinuncia a un amore concreto per un altro concreto, a una persona reale per una ancor più reale. In un caso unisce la carne, nell’altro lo Spirito. Sant’Agnese. “Sono già sposata…Mi ha legato a sé con l’anello il mio Signore Gesù”.
Come vivo per dare espressione a questa realtà? La sposa deve piacere al marito. Anche la vergine deve piacere allo sposo. La tensione che deve caratterizzare la vergine (comprendiamo l’eroicità della santità verginale nella storia della Chiesa)

Un cuore indiviso
La verginità permette di rimanere “uniti al Signore senza distrazioni”.
Qui vi troviamo anche una valorizzazione della persona. una valenza soggettiva ed esistenziale. Si tratta di passare da essere “una persona a essere una “persona una”.
Siamo tanti quanti sono i nostri desideri, progetti, rimpianti: ci distraggono. Dalla dispersione all’unità.
Sant’Agostino: “La continenza in verità ci raccoglie e riconduce a quell’unità, che abbiamo lasciato, disperdendoci nel molteplice. Ti ama meno (sta parlano a Dio) che ama altre cose con te, senza amarle per causa tua”.
Arrivare a dire: “Fuori di te nulla bramo sulla terra” (Sal 73); “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco” (Sal 27).

3. ALCUNI MEZZI

Abbiamo un tesoro in vasi di creta da custodire con serenità e con determinazione.

Mortificazione
Necessaria per imparare la lingua dell’amato.
“Considera una situazione puramente umana. Se un amante non può parlare la lingua dell’amata, allora lui o lei, deve imparare la lingua dell’altro per difficile che sia; poiché altrimenti il loro rapporto non potrebbe diventare un rapporto felice, essi non potrebbero mai convivere insieme. E così anche con il mortificarsi per poter amare Dio. Dio è spirito: solo chi è mortificato può in qualche modo parlare il suo linguaggio. Se non ti vuoi mortificare, allora non puoi neppure amare Dio; tu parli infatti di altre cose da Lui” (S. Kierkegaard)..
Gli occhi: “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre” (Mt 6, 2).
La concupiscenza degli occhi tra le fondamentali concupiscenze (cfr. 1 Gv 2, 16).
Le cose visibili esercitano un grande potere di seduzione, facendoci dimenticare che esse sono di un momento.
Fissare lo sguardo significa già aver riportato una sconfitta: voglio, infatti, solo essere guardate.
“Distogli i miei occhi dalle cose vane” (Sal 119).
Sant’Agostino: “Ecco tu eri dentro di me e io stavo fuori e ti cercavo, gettandomi deforme, sopra queste forme di bellezza che sono creature tue. Tu eri con me e io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature che, se non avessero la loro esistenza in te, neppure esisterebbero…Resisto alle seduzioni degli occhi, affinché i miei piedi non trovino inciampo…Purtroppo anch’io che parlo così e discerno, incespico in queste cose belle. Mi lascio prendere miserevolmente e tu mi tiri fuori misericordiosamente”.
La vita comune
“Sì. o carissime, unitevi in santa amicizia e andate a gara nel servire e amare il Cuore di Gesù e di Maria” . “Se uno vuole essere felice ami”. “Tutta la nostra vita sia amore” (Eugenia Ravasco).
Le relazioni sane e gratuite di amicizia vera

POVERTA’
1. NON POTETE SERVIRE A DIO E A MAMMONA

Premessa
Parliamo allora di una povertà spirituale da combattere e di una povertà spirituale da abbracciare. Per la prima intendiamo la povertà “di spirito”, con la seconda la povertà “in spirito”
“Sei povero!”
“Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero” (Ap 3, 17 – Laodicea).
L’esatto contrario di Smirne: “Conosco la tua tribolazione e la tua povertà… Tuttavia sei ricco” (Ap 2, 9)
C’è una ricchezza umana che è spaventosa povertà davanti a Dio e c’è una povertà umana che è grande ricchezza davanti a Dio. Dice Sant’Agostino: “Che cosa ha il ricco, se non ha Dio? E che cosa non ha il povero, se ha Dio?”

E’ giusto osservare che nel Vangelo non è la ricchezza in quanto tale a essere condannata, ma l’attaccamento al denaro e ai beni, il riporre in essi la propria fiducia, il far dipendere da essi la propria vita.

Le motivazioni di questa denuncia sono due.
-sapienziale
“Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita”
è una motivazione tradizionale all’A.T.
-escatologica
è una motivazione del tutto nuova
ha a che fare con il Regno e la possibilità di entrarvi
è difficile entrarvi essendo ricchi, “è più facile per un
cammello passare per la cruna dell’ago”

La povertà da abbracciare non è tanto una virtù quanto una persona. Si vuole essere poveri per essere come Gesù, il Povero. Essere poveri fa parte del programma di “avere in sé i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù” (Fil 2, 5).
“Abbiamo trovato il vero povero”, esclama Sant’Agostino. Esso è colui che sarà trovato membro di questo Povero”.
E San Bernardo: “Si vergogni ogni membro di far sfoggio di ricercatezza sotto un capo coronato di spine. Comprenda che le sue eleganze non gli fanno onore, ma lo espongono al ridicolo”.
“Seguire nudi il Cristo nudo”, dice l’Imitazione di Cristo.
“Il Verbo si è fatto carne”, Dio si è fatto povero.

Ognuno è chiamato a vivere la povertà a suo modo: con l’aiuto delle regole, del direttore spirituale, dell’ispirazione dello Spirito vagliata.
La sobrietà, il pericolo di concederci facilmente tante cose delle quali la maggioranza delle persone si privano. Privarci di qualcosa per i nostri figli!

L’idolatria del denaro
La parola di Dio dice che l’attaccamento smodato alle ricchezze è idolatria: “Quell’avarizia insaziabile che è idolatria” (Col 3, 5; Ef 5, 5). Il denaro non è uno dei tanti idoli, è l’idolo per antonomasia.
“Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6, 24).
Mammona è l’anti-dio perché crea una specie di mondo alternativo dove si attua una sinistra inversione di tutti i valori.
Ecco perché, ad esempio, San Francesco “detestava il denaro e raccomandava di sfuggirlo come il diavolo in persona e di farne lo stesso conto che dello sterco. Ai suoi vietava persino di toccarlo”.
Nell’antichità, nei monasteri cenobitici, le ragioni della povertà furono quelle indicate da San Basilio: liberare l’anima dalle preoccupazioni terrene per mantenere viva la memoria di Dio e mostrare al mondo che i veri bisogni materiali della vita sono modesti.
L’altro motivo, che prevalse negli ordini mendicanti, è il seguente: i religiosi rinunciano a ogni assicurazione stabile per mettere tutta la loro fiducia nella Provvidenza. Si leggono, al riguardo, esempi edificanti: San Teodoro di Kiev non permetteva di conservare neanche il pane per il giorno successivo e la sera regalava tutto ciò che rimaneva ai poveri.
“Fuori di te nulla bramo sulla terra”

Come accogliere la pagina del vangelo?
Viverla e annunciarla. Lasciarci interpellare e giudicare da essa in ogni aspetto della vita.
Ricordando quanto diceva San Giovanni Crisostomo: “Il lussurioso ama i corpi e l’avaro ama la ricchezza; ma questi è peggiore, perché è minore la forza che lo trascina”.

2. BEATI I POVERI IN SPIRITO PERCHE’ DI ESSI E’ IL REGNO DEI CIELI

Quello che è l’anima rispetto al corpo questo è la povertà spirituale rispetto a quella materiale. Il corpo senza l’anima è morto, così la povertà materiale senza quella spirituale. Tuttavia come l’anima non può vivere senza il corpo, così la povertà spirituale senza la materiale. Le due cose non sono da separare né da contrapporre.
L’ideale biblico della povertà in spirito

Gli elementi essenziali che vi troviamo sono due, uno negativo e uno positivo, e si trovano riassunti nell’oracolo del profeta Sofonia: “Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero; confiderà nel Signore il resto d’Israele” (3, 12).
-Elemento negativo: autosufficienza, orgoglio sia personale che nazionale (espresso con umiltà, povertà), riconoscimento del proprio peccato e del bisogno di salvezza.
Si tratta di un modo nuovo di porsi di fronte a Dio: l’uomo non si percepisce più solo un suddito o un alleato che vanta credito per il culto e l’osservanza della legge, ma si percepisce come dipendente, creatura davanti al Creatore.
-Elemento positivo: la fiducia incondizionata in Dio, l’abbandono confidente.
I cosiddetti salmi dei poveri: “Questo povero grida e il Signore lo ascolta” (34, 7); “Io sono povero e infelice, di me ha cura il Signore” (40, 18).

Umiltà e fiducia sono i due elementi essenziali della povertà spirituale, riuniti nel salmo 131: “Signore non si inorgoglisce il mio cuore…Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come bimbo svezzato è l’anima mia. Speri Israele nel Signore, ora e sempre”.

Gli esempi dell’affanno e dell’inquietudine per il domani. “La perfezione è conoscere il pericolo, vederlo coi propri occhi, stare bene svegli, essere capaci di sperimentare la preoccupazione materiale, superando tuttavia la paura con la fede e la fiducia, in modo da essere veramente liberi dagli affannosi pensieri nella spensieratezza della fede” (Kierkegaard).
Povertà e ritorno all’unità

Il comandamento dell’amore di Dio.
San Giovanni della Croce: “Amare Dio significa spogliarsi per il Signore di tutto ciò che non è lui”.
Maestro Eckhart, in una predica famosa sulla beatitudine della povertà, dice che povero in spirito è colui che “non vuole nulla e non sa nulla e non ha nulla”.
Quanto al non volere è “così spoglio della sua volontà creta, com’era quando non esisteva ancora”.
Quanto al non sapere è “non sapere nulla, né di Dio, né della creatura, né di se stesso”; non pretendere neppure di sapere se e come Dio agisce; rinunciare a ogni attività dell’intelligenza, della memoria, dell’immaginazione.
Quanto al non avere è “non avere neppure un luogo proprio in cui Dio possa operare”.
San Giovanni della Croce dice che il vero povero è colui che ha “riposto il tutto nel niente”
Vi sono nell’uomo due movimenti: uno verso l’interno, che passa attraverso la cessazione di ogni attività e volere; e uno verso l’esterno e verso l’azione. Il primo è un irrompere o invadere, un ritorno all’unità; il secondo è un erompere, un evadere, un’andata verso il molteplice. Dio si trova al termine del primo movimento.
“Ogni facoltà che si riversa al di fuori è imperfetta… Se il tuo occhio vuol vedere tutte le cose, il tuo orecchio ascoltarle tutte, il tuo cuore averle tutte presenti, è inevitabile che la tua anima sia frantumata e dispersa in tutte quelle cose” (Eckhart)
Sant’Agostino: Non uscire fuori, ritorna in te stesso; nell’uomo interiore abita la verità, abita Cristo”.
San Francesco d’Assisi: Povero in spirito è “chi non si inorgoglisce per il bene che il Signore dice e opera per mezzo di lui, più che per il bene che dice e opera per mezzo di un altro”.
La beata Angela da Foligno dice che la povertà in spirito fa sì che l’anima “operi senza secondi fini e senza pretesa di merito alcuno”. La lotta contro i secondi fini.