Conferenza – I carismi: nella Chiesa, nella Congregazione, personali – 2 (traccia)

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Conferenza – I carismi: nella Chiesa, nella Congregazione, personali – 2 (traccia)

Corso di aggiornamento per le Suore Ravasco

Roma, Istituto Ravasco

IL CARISMA DELLA CONGREGAZIONE
IN QUANTO VITA CONSACRATA

Il carisma proprio della vita consacrata

  • Atanasio chiama Antonio “uomo di Dio”
    E’ il capostipite della vita monastica e religiosa. Si coglie nella definizione l’idea della radicalità, radicalizzazione della vita battesimale, richiamo esemplare per tutti i cristiani.
  • La vita religiosa appartiene alla vita e alla santità della Chiesa, nella misura in cui rimane in questa “misura alta”. Ma se non è più una voce che grida?
    “Ricordatevi bene che tutto passa e che dobbiamo ripetere con energia: non vorrei, ma voglio farmi santa”. “Fa’ quanto puoi per farti santa” (Eugenia Ravasco).
    In questo sta la sua perenne attualità, da comporre con l’inevitabile trasformazione. Adattamento ai tempi? O non piuttosto adattamento alla voce dello Spirito che indica ciò che è più urgente per il tempo presente in ordine a Dio?
  • Nicola Cabasilas, autore bizantino del XIV secolo, indicando come fosse un uso antico quello di raccontare le cose esortando per mezzo di gesti, racconta l’apoftegma di un anziano al quale era stato chiesto che cosa fosse un monaco. L’anziano non rispose niente, ma si spogliò del suo mantello e si mise a calpestarlo (Commento alla divina liturgia, VI, 3-6). Il religioso è questo simbolo, chiamato a ricordare a tutti la radicalità della vita cristiana.

Siamo chiamati a ritornare su alcuni aspetti sempre attuali del carisma della vita religiosa, iscritti nel suo DNA dai tempi antichi.
Si tratta di partire da qui per mettere a fuoco il carisma tipico della propria congregazione e, quindi, anche il proprio personale carisma.

1. Dal martirio alla vita religiosa
“Rallegrati se senti il peso della croce: è giusto che qualche schianto al cuore si offra al Signore”. “Mio Dio fa’ che io vinca l’uomo vecchio che è in me” (Eugenia Ravasco).
– Agli inizi della vita cristiana la forma più alta di carità è il martirio. Sant’Ignazio di Antiochia: solo il martirio potrà trasformarlo in autentico discepolo di Gesù.
Sant’Antonio si era già ritirato in solitudine quando scoppia la persecuzione di Massimino. Decide: “Andiamo anche noi a combattere, se vi siamo chiamati, o a contemplare coloro che combattono”. Torna nel deserto sostituendo al martirio di sangue il martirio della coscienza.
La vita religiosa sostituisce il martirio: questo non potrà mai venire meno, siamo alle origini, al senso proprio.
Come il martire è testimone di Cristo e della forza del suo Spirito di fronte alla morte, così il religioso è testimone di Cristo e della forza dello Spirito nella loro vota. San Giovanni Climaco dice che la castità perfetta è argomento per provare la presenza della grazia di Dio nel cuore umano.
Il religioso è un MARTIRE.

2. Il mondo
“Prima morire che dividere il nostro cuore con il mondo, con le creature” (Eugenia Ravasco).
– Agli inizi si vive la “fuga dal mondo”, conseguenza dell’amore di Dio. Eppure il mondo è sentito anche come realtà buona creata da Dio. Dice San Basilio: “Il mondo è scuola delle anime”, mezzo per arrivare alla contemplazione spirituale.
Esistono due significati del termine mondo: quello amato da Dio e quello che è sotto il potere del Maligno.
Il mondo come dimenticanza di Dio.
E’ quello che ci fa dimenticare Dio e perciò ci trascina nel peccato. Una scelta personale e secondo le circostanze: evitare ciò che allontana da Dio e avvicinare ciò che favorisce l’unione di amore a Lui.
Il religioso ha ritrovato il giusto RAPPORTO CON IL MONDO e lo insegna e lo ricorda a tutti.

Si pensi alle tappe di Antonio:

  • a 18 anni voleva liberarsi dalle tentazioni della carne; si ritirò presso gli asceti del suo villaggio e venne liberato dalle passioni carnali
  • a 35 anni si allontanò dalle abitazioni umane per combattere i demoni che invadevano il suo pensiero; ed ebbe in ricompensa la preghiera continua
  • poi si ritirò nel deserto più profondo per combattere con lo stesso Avversario; ed ebbe il dono della paternità spirituale
  • l’ultima tentazione fu la vanagloria; si allontanò da tutti e ebbe come ricompensa di sapere l’ora della sua morte
    Il filo conduttore: la rinuncia per amore di Dio è largamente ricompensata.

3. I sensi
“Dio solo nel nostro cuore, ora e sempre, e a qualunque costo. Coraggio e avanti!” (Eugenia Ravasco)
Scrive san Gregorio di Nissa: “…ciò che cade sotto i sensi è estraneo a Dio”. Da ciò segue la necessità di chiudere la porta ai sensi.
Che cosa si intende con il termine senso? Rovesciando la frase di potrebbe dire che “ciò che è contrario a Dio si chiama senso”.
I sensi sono detti “finestre dell’anima. Per uno che studia la finestra è importate per avere la luce, ma nuoce se serve da distrazione. Di qui la necessità della custodia dei sensi.
Distinzione tra sensi interni e sensi esterni. Quelli interni si dicono anche “fantasia” per la quale si rende necessaria la “custodia del cuore”.
Il religioso è colui che CUSTODISCE SENSI E CUORE per rimanere in Dio.

4. La penitenza
“La vita religiosa è vita di sacrificio e di abnegazione…e non essere una postulante di pasta frolla per poi diventare una religiosa di carta velina che appena toccata si straccia” (Eugenia Ravasco).
E’ considerata un nuovo battesimo, un “battesimo di lacrime”. Si legge: “La penitenza rinnova il battesimo, la penitenza è il patto nuovo con Dio per cominciare una vita nuova”.
Penitenza non significa tristezza, ma “conversione e pianto”, ricordando i peccati propri e del mondo.
Conversione: “Lui cerca di uccidere me, ma io uccido lui” (San Doroteo). Il corpo e la carne sono le tentazioni che appaiono nella parte materiale della nostra persona a causa del peccato. E’ contro queste che ci si dirige.
Il pianto non è tristezza, ma gioia al pensiero che Dio ama a tal punto da perdonare ogni peccato dell’uomo. “Un volto lavato da tali lacrime è di bellezza imperitura” (Sant’Efrem).
Di Antonio si dice che il suo volto aveva acquistato una grazia sorprendente, a motivo delle lacrime e della penitenza.

5. La solitudine
“In Gesù e per Gesù: sì, solo unicamente per lui”. “Beati coloro a cui Dio solo basta”. “Solo Dio prima di tutte le cose” (Eugenia Ravasco)
Non per il desiderio di essere soli, ma per il desiderio di essere soli con Dio: “soli col Solo”.
Ciò che più importa è la solitudine del cuore, l’arte di saper evitare discorsi interiori, pensieri cattivi e inutili che turbano la mente.

6. Il silenzio
“Tenete duro: preghiera, silenzio e sorveglianza” (Eugenia Ravasco)
Per purificare la lingua e valorizzare le parole umane in modo che siano riflesso della parola divina nella carità.
Il silenzio anche in vista della vera comunicazione con Dio: necessità del silenzio interiore ed esteriore.
“Se le parole improvvisamente si fermano sulla tua bocca, se il silenzio si impone alla tua anima, e se questo fenomeno si ripete spesso, renditi conto che stai entrando nella pace e questo è l’inizio di un processo che continuerà”. Da qui il “salmeggio in segreto all’Uno invisibile”.

7. Il primato della preghiera
“Io non ho le parole se non per dirvi di pregare assai”. “La preghiera è la chiave dei celesti tesori, custodite nel vostro cuore questa chiave e fate che diventi d’oro”. “Nulla si raggiunge senza preghiera” (Eugenia Ravasco)
San Giovanni Climaco: “Nulla vale quanto la preghiera: essa rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile. E’ impossibile che l’uomo che prega possa peccare”.
Teofanie il Recluso: “La preghiera è tutto, riassume tutto: la fede, la vita secondo la fede, la salvezza…Essa è l’espressione della vita dello Spirito Santo in noi, il respiro dello Spirito, il barometro della vita spirituale. La Chiesa respira con la preghiera e i religiosi pregando offrono al mondo un soccorso pieno di amore”.
Gli antichi si soffermavano spesso sul monito paolino: “pregate incessantemente”. Pensare alla Filocalia.
La soluzione di Origene: “Prega senza posa colui che unisce la preghiera alle opere necessarie e le opere alla preghiera”.
Ma il rapporto opere – preghiera? Le 7 ore del giorno.
Lo stato di preghiera. San Francesco: non pregava, era divenuto preghiera.