Conferenza – L’Assunta – 60° anniversario del dogma

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Conferenza – L’Assunta – 60° anniversario del dogma

Conferenza – L’Assunta – 60° anniversario del dogma

Celebrazioni per il sessantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

Roma, Sala dei Cardinali

Se è vero, come è vero, che esiste nella Chiesa un rapporto intrinseco e vitale tra la “lex credendi” e la “lex orandi”, anche per la grande solennità dell’Assunta non si può fare a meno di radicare l’espressione liturgica sul dato fondante della fede.

Per questo motivo è quanto mai importante riascoltare le parole con le quali il Venerabile Pio XII, il 1° novembre del 1950, definì solennemente il dogma dell’Assunzione di Maria: «In tal modo – afferma il Papa – l’augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione, Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli» (Cost. ap. Munificentissimus Deus, AAS 42 (1950), 768-769).

Con tale definizione Pio XII dava forza dogmatica a quanto il popolo cristiano fin da subito aveva affermato di credere, anche per il tramite della preghiera e della liturgia. In effetti, già nel V secolo è attestata a Gerusalemme, nel calendario Gerosolimitano, la memoria di una festa mariana il 15 agosto. Sarà proprio questa ricorrenza liturgica che si trasformerà, ben presto, da memoria generica della Madre di Dio a celebrazione della sua Assunzione.

Ma non è mio compito, in questa sede, né approfondire il dato di fede da un punto di vista teologico, né considerare il percorso storico della festività mariana lungo i secoli. Mi è richiesto, piuttosto, di addentrarmi nell’espressione liturgica di questa grande solennità mariana, senza dimenticare l’orizzonte di fede da cui essa promana.

 

  1. L’immagine del cielo

Al riguardo mi servo di un’immagine molto bella e suggestiva che, in modo ricorrente, il Santo Padre Benedetto XVI usa per illustrare il significato profondo della liturgia della Chiesa. Mi riferisco all’immagine del cielo che si affaccia sulla terra e della terra che viene come rapita verso il cielo. L’immagine citata, nella sua duplice direzione, appare quanto mai appropriata e vera proprio per la ricorrenza liturgica dell’Assunta. I brani della Scrittura che la Chiesa offre al nostro ascolto il 15 agosto, come anche l’eucologia, ovvero l’insieme delle preghiere che danno forma e accompagnano la celebrazione, sono la testimonianza più eloquente di quanto si va affermando. E, d’altra parte, non adombra forse proprio questa immagine dell’attuale Pontefice la definizione di Pio XII, che proclama Maria Santissima “innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo”?

Vale la pena ricordare che con il termine “cielo” non si vuole certo fare riferimento a un qualche luogo dell’universo geograficamente posto sopra di noi. Ci riferiamo a una realtà molto più bella e più grande: a Dio che, nel suo infinito amore per noi, a noi si è fatto vicino a tal punto da non abbandonarci neppure dopo la morte. Così quando diciamo “cielo” diciamo il mondo di Dio e della sua eternità, il mistero della morte e risurrezione del Signore nel quale, per grazia, siamo introdotti tutti noi. “Fratelli, Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti”, ci ricorda San Paolo nel brano della Prima Lettera ai Corinzi, proprio il 15 agosto. Come affermava il Venerabile Giovanni Paolo II, “col mistero dell’assunzione al Cielo, si sono definitivamente attuati in Maria tutti gli effetti dell’unica mediazione di Cristo Redentore del mondo e Signore risorto” (Lettera Enciclica Redemptoris Mater, 41).

Tuttavia questo non basta ancora a illustrare il significato del termine “cielo”. Infatti, è proprio del “cielo” della nostra fede accogliere per intero la nostra vita. Affermava Benedetto XVI nell’omelia per la solennità dell’Assunta di quest’anno: “Esistiamo nei pensieri e nell’amore di Dio. Esistiamo in tutta la nostra realtà, non solo nella nostra «ombra». La nostra serenità, la nostra speranza, la nostra pace si fondano proprio su questo: in Dio, nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto un’«ombra» di noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere nell’eternità. E’ il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo amore che chiamiamo «cielo»: Dio è così grande da avere posto anche per noi. E l’uomo Gesù, che è al tempo stesso Dio, è per noi la garanzia che essere-uomo ed essere-Dio possono esistere e vivere eternamente l’uno nell’altro. Questo vuol dire che di ciascuno di noi non continuerà ad esistere solo una parte che ci viene, per così dire, strappata, mentre altre vanno in rovina; vuol dire piuttosto che Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo. E Dio accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di sofferenza e amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e diviene. Tutto l’uomo, tutta la sua vita viene presa da Dio ed in Lui purificata riceve l’eternità. Cari Amici! Io penso che questa sia una verità che ci deve riempire di gioia profonda. Il Cristianesimo non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio”.

  1. Il cielo che si affaccia sulla terra e la terra che viene rapita verso il cielo

Alla luce di quanto fin qui detto, si possono considerare tre immagini bibliche, offerte a noi dalla liturgia, per capire di più perché nella celebrazione dell’Assunta il cielo si affaccia sulla terra e la terra viene rapita verso il cielo.

“La donna vestita di sole”

La prima lettura della Messa del giorno, tratta dal libro dell’Apocalisse, si offre a noi così:  “Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza. Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (11, 19 – 12, 1).

La donna vestita di sole è Colei che è stata assunta in cielo in anima e corpo, definitivamente vittoriosa sul peccato e sulla morte. Con lei davvero il cielo si affaccia sulla terra e la liturgia risplende ancora di più per questa sua dimensione essenziale e costitutiva. Nella Messa vespertina nella vigilia della solennità la Chiesa ci fa riascoltare le parole dell’apostolo Paolo: “La morte è stata inghiottita nella vittoria: Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?”. Queste parole, espressione di una sfida che è ormai vinta, riecheggiano nell’immagine dell’Assunta, per la quale oramai il male non ha più alcuna possibilità di vittoria e la morte non ha più alcun pungiglione. “L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte” (I Cor 15, 26): ciò che è il “non” ancora” per noi è il “già” di Maria. E’ il suo cielo che si affaccia sul pellegrinaggio della nostra vita. E la nostra vita ritrova la gioia dell’orientamento verso il suo cielo, lo slancio per la lotta al peccato e a ogni forma di male, il desiderio dello splendore della grazia.

“La nuova Eva”

La Chiesa, nei Primi Vespri della solennità liturgica, canta: “Una donna ha chiuso la porta del cielo, una donna l’apre per noi. Maria, madre del Signore”.

In tal modo il cielo che si affaccia sulla terra dona ali d’aquila alla speranza della Chiesa, che prega così nella colletta della Messa vespertina nella vigilia della solennità: “O Dio, che volgendo lo sguardo all’umiltà della Vergine Maria l’hai innalzata alla sublime dignità di madre del tuo unico Figlio fatto uomo e oggi l’hai coronata di gloria incomparabile, fa’ che, inseriti nel mistero di salvezza, anche noi possiamo per sua intercessione giungere fino a te nella gloria del cielo”. E’ la stessa Chiesa che nel prefazio della Messa del giorno ancora canta: “Oggi la Vergine Maria, madre di Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, è stata assunta nella gloria del cielo. In lei, primizia e immagine della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero della salvezza e hai fatto risplendere per il tuo popolo, pellegrino sulla terra, un segno di consolazione e di sicura speranza”.

In Maria, la nuova Eva, primizia e immagine dell’umanità rinnovata dalla salvezza, il cielo viene a noi, come anticipazione di ciò che tutti desideriamo e speriamo, pregustazione di quella bellezza perduta e sempre ricercata che è la santità.

Il testo eucologico citato, facendo riferimento a Maria coronata, intende rinviare all’altra festa mariana del mese di agosto, quella della Beata Maria Vergine Regina, oggi collocata nel calendario liturgico sette giorni dopo la solennità dell’Assunta. In tal modo siamo indotti a ricordare che, in cielo, Maria è Regina degli Angeli e dei Santi e che, in virtù di tale posizione unica, del tutto singolare è pure la sua forza di intercessione presso Dio a nostro favore. Anche per questo guardare all’Assunta significa perciò stesso ritrovare e accrescere la speranza.

“La benedetta fra le donne”

Quali sono le radici della vittoria sulla morte anticipata in Maria? Non è un caso che la pagina del vangelo di Luca proclamata nel giorno dell’Assunta, in entrambe le forme del Rito Romano, sia quella nella quale la SS. Vergine è dichiarata beata a motivo della sua fede. “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”, esclama a gran voce Elisabetta all’indirizzo della più giovane cugina.

Le radici di quella prodigiosa vittoria stanno proprio nella fede della Vergine di Nazareth. Una fede che è obbedienza alla Parola di Dio e abbandono totale all’iniziativa e all’azione divina. Così l’assunzione della Madonna è il coronamento della sua fede, di quel cammino di fede che Ella indica alla Chiesa e a ciascuno di noi, di quel cammino che introduce già ora spazi di cielo su questa nostra terra, perché rende la dimora degli uomini un po’ più simile alla dimora eterna di Dio verso la quale siamo incamminati.

Recitando la preghiera del “Padre nostro”, ogni volta ripetiamo la grande invocazione: “…venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”. Il regno di Dio viene a noi, uno spazio di cielo si apre alla nostra contemplazione nella misura in cui in terra si compie la volontà di Dio, si vive nella fede l’obbedienza filiale alla volontà del Signore. Maria, in virtù della sua fede esemplare apre le porte del cielo e noi avvertiamo il desiderio di percorrere il suo stesso cammino di fede perché la terra della nostra vita possa essere già una pregustazione del cielo.

 

  1. Le espressioni della pietà popolare

Ad arricchimento di quanto affermato, mi pare a questo punto significativo ricordare alcune manifestazioni della pietà popolare sorte nel tempo attorno alla solennità liturgica dell’Assunta. Ritengo importante questo arricchimento conclusivo, considerando il modo in cui si esprime il Direttorio su Pietà popolare e Liturgia: “Nell’affermare il primato della Liturgia, «culmine a cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Sacrosanctum Concilium, 10), il Concilio Ecumenico Vaticano II  ricorda tuttavia che «la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia» (12). A conferma di ciò, in questo contesto è certamente significativo ricordare l’insegnamento sempre valido del Venerabile Pio XII nella Lettera enciclica sulla Liturgia Mediator Dei, il 20 novembre 1947: “Senza dubbio la preghiera liturgica, essendo pubblica supplica dell’inclita Sposa di Gesù Cristo, ha una dignità maggiore di quella delle preghiere private; ma questa superiorità non vuol dire che fra questi due generi di preghiera ci sia contrasto od opposizione. Tutti e due si fondano e si armonizzano perché animate da un unico spirito… e tendono allo stesso scopo” (n. 31). 

Non si dimentichi, infine, quanto Benedetto XVI ha scritto di recente riguardo alla pietà popolare, rivolgendosi ai Seminaristi di tutto il mondo: “Attraverso di essa, la fede è entrata nel cuore degli uomini, è diventata parte dei loro sentimenti, delle loro abitudini, del loro comune sentire e vivere. Perciò la pietà popolare è un grande patrimonio della Chiesa. La fede si è fatta carne e sangue. Certamente la pietà popolare deve essere sempre purificata, riferita al centro, ma merita il nostro amore, ed essa rende noi stessi in modo pienamente reale «Popolo di Dio»” (Lettera ai Seminaristi, 18 ottobre 2010).

Vengo così a ricordare due manifestazioni della pietà popolare che, in definitiva, se vissute correttamente, scaturiscono dalla liturgia dell’Assunta e a essa riconducono.

– Storicamente, a dare un particolare rilievo alla festività dell’Assunta contribuì certamente “la processione ordinata da Papa Sergio, che a Roma si svolgeva con una solennità e uno splendore incomparabili – come ricorda il Righetti, nella sua “Storia liturgica” – e nella quale la famosa immagine acheropita del Salvatore veniva portata dal Laterano alla basilica di Santa Maria Maggiore”. La processione, a motivo di vari abusi che si erano verificati nel corso del tempo, venne abolita al tempo di Pio V. Tuttavia essa è rimasta in molti luoghi dell’Italia, specialmente del Lazio, che l’avevano imitata da Roma. La sera della vigilia si formano due processioni, una con l’immagine del Salvatore, l’altra con quella della Santa Vergine, che muovono una incontro all’altra. Quando i due cortei si incontrano, i portatori delle due immagini si scambiano il segno della pace, il celebrante offre l’incenso alle sante immagini, il Cristo prende la destra, la Vergine la sinistra. E così, in processione, si va alla chiesa intitolata alla Madonna, dove il rito termina con una solenne benedizione.

Non è difficile scorgere in questa duplice processione che si compie nell’incontro delle due sacre immagini, l’espressione popolare della verità circa il radicamento nel mistero di Cristo dell’Assunzione di Maria al cielo in anima e corpo. E, d’altra parte, l’ingresso congiunto delle due immagini nella chiesa richiama l’ingresso in Paradiso della SS. Vergine, in definitiva, lo spalancarsi del cielo sulla terra.

– L’altra manifestazione della pietà popolare degna di nota è quella delle benedizioni, ad esempio, dei fiori e delle erbe medicinali che, fin dal secolo X, almeno nelle regioni del nord Europa, era abituale compiere il giorno della solennità dell’Assunta. Nelle Alpi francesi e austriache, invece, il 15 agosto o uno dei giorni seguenti, i sacerdoti andavano a cavallo per benedire i pascoli e il bestiame raccolto attorno a una croce decorata di fiori. Sulle coste del Mediterraneo e dell’Atlantico, infine, si procede alla benedizione del mare e dei pescherecci. Sono questi tanti e diversi modi di invocare la protezione di Maria sulla vita quotidiana e sul lavoro dell’uomo e di ricordare, in modo molto semplice, che là dove l’Assunta si rende presente il cielo si affaccia sulla terra e la terra viene rapita verso il cielo.

Vale la pena, forse, tenendo presenti queste manifestazioni della pietà popolare, ricordare quanto afferma il Concilio Vaticano II, a proposito della SS. Vergine: “Assunta in cielo ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna” (Lumen Gentium, 62).

 

Conclusione

In tal modo ciò che la preghiera della Chiesa esprime nella celebrazione liturgica della solennità dell’Assunta si ritrova, in forma molto semplice, nelle diverse manifestazioni della pietà popolare che hanno preso forma lungo i secoli. Come affermava Papa Paolo VI nella Marialis cultus: “La solennità del 15 agosto è la festa del suo destino di pienezza e di beatitudine, della glorificazione della sua anima immacolata e del suo corpo Verginale, della sua perfetta configurazione a Cristo Risorto; una festa che propone alla Chiesa e all’umanità l’immagine e il consolante documento dell’avverarsi della speranza finale: che tale piena glorificazione è il destino di quanti Cristo ha fatto fratelli” (n. 6). Tutto converge nell’immagine del “cielo” al quale l’Assunzione di Maria in anima e corpo ci rimanda. Un cielo che si affaccia sulla terra per essere contemplato nel gaudio della fede, un cielo che diventa richiamo a ciascuno di noi perché affrettiamo il cammino che lì ci conduce.

Può essere suggestiva sintesi conclusiva della ricchezza liturgica dell’Assunzione di Maria, la bellissima preghiera che San Germano, vescovo di Costantinopoli nel secolo VIII, rivolgeva alla Madonna in un discorso tenuto per la festa dell’Assunta: “Tu sei Colei, che per mezzo della tua carne immacolata ricongiungesti a Cristo il popolo cristiano… Come ogni assetato corre alla fonte, così ogni anima corre a Te, fonte di amore, e come ogni uomo aspira a vivere, a vedere la luce che non tramonta, così ogni cristiano sospira ad entrare nella luce della Santissima Trinità, dove Tu sei già entrata”.