Lectio Divina – Colossesi 1, 9-23 (traccia)

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Lectio Divina – Colossesi 1, 9-23 (traccia)

Lectio Divina – Colossesi 1, 9-23 (traccia)

Inno a Cristo

Colossesi 1, 9-23
Istituto Ravasco, 26 febbraio 2018

Introduzione alla Lettura

Le lettere dalla prigionia
Nel corpo paolino abbiamo 4 lettere che hanno una caratteristica comune, tanto da essere chiamate “lettere dalla prigionia”. Si tratta di 3 brevi scritti (Filippesi, Colossesi, Efesini) e di un biglietto indirizzato a Filemone. Paolo esprime il proprio insegnamento dal carcere in cui si trova.
La prima lettera di Clemente, uno scritto dei primi decenni del cristianesimo, dice che Paolo fu rinchiuso sette volte in carcere. D’altra parte le numerose sofferenze che Paolo dovette affrontare nell’annuncio della fede solo da lui stesso descritte nella II lettera ai Corinzi. Lì parla anche della prigionia (2 Cor 11, 23).
Queste lettera parlano soprattutto della sua condizione di prigioniero. Paolo ne fa una dei tratti caratteristici della sua condizione di apostolo dei pagani (prigioniero per Cristo). Paolo fa sorgere uno dei suoi paradossi: le catene che sembrano a occhi umani danneggiare la diffusione del Vangelo in verità la rafforzano: attraverso la croce patita, Paolo partecipa della croce del Signore per una misteriosa fecondità apostolica.

La lettera ai Colossesi
Nella valle del fiume Lico, in Turchia, a circa 200 km a est di Efeso, dopo Laodicea e Gerapoli, si trova la città di Colossi, la meno nota tra le tre città, centro tessile che produceva manufatti in lana purpurea. Le città erano abitate da una popolazione di origine frigia e greca, ma anche da ebrei. I circa 10.000 abitanti della città erano tutti ellenizzati.
Lo stretto legame tra questi centri e le loro Chiese viene fatto risalire al rapporto della Chiesa di Colossi con il suo fondatore, Epafra (cf. 1, 7), che si impegna anche a Laodicea e Gerapoli. Egli appartiene a quella rete di collaboratori di Paolo nell’evangelizzazione della regione, che probabilmente si sono mossi in stresso contatto con l’apostolo, durante la sua permanenza a Efeso.
Siamo in presenza di una lettera e non di un breve trattato teologico. Anche se la lettera è arricchita dal celebre inno (lo recitiamo spesso nei Vespri) che celebra il primato di Cristo nella creazione: è in lui che abita la pienezza della divinità. Su questo sfondo è affermato il ruolo di Paolo, ministro del Vangelo, il disegno di salvezza in Cristo, presso i pagani.

Lectio divina

Lettura del testo e silenzio

La preghiera dell’apostolo (1, 9-13)

  • Paolo, che non ha rapporti diretti con la Chiesa di Colossi, ha ricevuto notizie da parte di Epafra. Le notizie sono buone. Per questo Paolo rende grazie a Dio.
  • Nello stesso tempo sa che ogni Chiesa ha bisogno della preghiera dei propri pastori per rimanere salda. Da questa preghiera nasce una vera comunione. Paolo prega e domanda, a significare l’intensità del ricordo.
  • La preghiera di Paolo chiede conoscenza e azione: l’unità tra teoria e pratica costituisce il contrassegno della genuinità della fede. “Non chi dice: Signore, Signore…”.
  • La conoscenza è fatta di sapienza e intelligenza spirituale. Si forma nell’ascolto della Parola di Dio e della voce dello Spirito Santo nel nostro cuore. E’ la conoscenza d’amore che conduce all’azione secondo il Vangelo. Per ottenere questo occorre pregare molto. In sintesi: una conoscenza d’amore.
  • La prospettiva è la totalità della vita: “in maniera degna del Signore”, “piacergli in tutto”: la vita stessa di Gesù, sempre.
  • La conseguenza è “il frutto” e la crescita nella “conoscenza”. L’amore è sempre fecondo e fa crescere nella conoscenza. Il “frutto” non inteso alla maniera pagana, ma alla maniera dello Spirito di Cristo: la fioritura della vita. Altrove Paolo dirà: “amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal 5, 22).
  • Invito al rendimento di grazie per l’opera della salvezza di cui si è divenuti partecipi. Tre brevi proposizioni per dire come si è manifestata la bontà redentrice di Dio:
    * la sorte dei santi nella luce: vinto il destino di morte
    * liberati dal potere delle tenebre: vinto il peccato
    * nel regno del suo Figlio: essere in Cristo

L’inno a Cristo (1, 14-20)
L’inno celebra la centralità di Gesù nel disegno di Dio, sia per quanto riguarda la creazione, sia per quanto riguarda la redenzione. E’ l’intero universo che trova intelligibilità in Cristo Salvatore. Per questo diciamo che Gesù è il Re dell’universo.

– Tra i Colossesi, evidentemente, c’era la tendenza a non considerare bene la supremazia di Cristo sull’intera creazione: Vi erano alcune potenze considerate al di fuori di una tale signoria. Pensiamo oggi alla profondità degli spazi o alle profondità dell’anima.
– Tra i Colossesi, probabilmente, si cercava salvezza anche altrove, presso altre divinità, o potenze celesti, quasi a salvarsi da un Dio nemico dell’uomo.

In Cristo, invece, ogni cosa è riconciliata e la verità di ogni cosa è espressa nell’alleanza di amore tra Dio e l’umanità, di cui la Chiesa è segno, sacramento.
In questo inno siamo chiamati a distinguere due strofe. Una prima (15-17) e una seconda (18-20). Ciò che in queste due strofe è decisivo è il succedersi del tutto uguale di tre preposizioni: in lui, per mezzo di lui, in vista di lui.

Vediamole più in particolare.

  1. In lui (en) – causalità esemplare
    Quanto esiste, prima di esistere, ha un’esistenza ideale racchiusa dentro il mare sconfinato delle perfezioni del Figlio di Dio. Egli è la somma di tutte le perfezioni e di tutti i valori che sono concretamente previsti e voluti nel progetto che di fatto è stato attuato.
    Per questo si dice che Gesù è la verità, la bellezza, la giustizia. E ogni scintilla di queste perfezioni prima di essere nelle cose sussistono in lui.
    In pienezza, in purezza, in unità sono in lui tutte le positività che nel mondo vagano imperfette, frammentarie e disperse. Di conseguenza possiamo dire che tutto l’esistente è in qualche modo adorabile, non solo perché espressione della volontà creatrice di Dio, ma anche perché esuberanza del Signore Gesù, una frangia del suo mantello.
  2. In vista di lui (eis) – causalità finale
    Con questo si vuol dire che tutte le realtà esistenti sono già in qualche modo cristiane.
    Ma tendono e attendono che la loro immagine venga restaurata e rifinita. Il compimento di tutte le cose è in Cristo.
  3. Per mezzo di lui (ek) – causalità efficiente
    L’azione creatrice di Dio passa attraverso il Figlio di Dio glorificato, al quale tutte le cose si appoggiano per non cadere nel nulla. L’azione divina dà l’esistenza all’umanità di Gesù e, in lui e per mezzo di lui, all’intero universo.

Conclusione
L’accenno al passato e, dunque, alla novità del presente legata al Battesimo ricevuto.
L’invito alla fede e alla speranza.
La missione dell’apostolo, che non è padrone ma servitore del vangelo.

Attualizzazione

  1. Nulla è al di fuori di Cristo, unico Salvatore del mondo. Non è più spazio per la paura.
  2. La liturgia della Chiesa esprime questa ricapitolazione di tutta la realtà esistente in Cristo. La sua dimensione cosmica.
  3. Dove vi è il bene, lì vi è la presenza e l’opera di Cristo, anche se non riconosciuta. C’è una realtà cristiana inconsapevole. In questa prospettiva si fonda la speranza di una recuperabilità di tutti alla salvezza. Nessuno perde mai del tutto l’originaria conformità a Cristo.
    Da qui la possibilità di dialogare con tutti e la premessa di una coraggiosa evangelizzazione.
  4. Il ringraziamento per i doni di Dio.
  5. Essere servi del Vangelo e non padroni.