Lectio Divina – Marco 9, 14-29 (traccia)

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Lectio Divina – Marco 9, 14-29 (traccia)

Lectio Divina – Marco 9, 14-29 (traccia)

Fede e incredulità
Istituto Ravasco

Meditazione 

Prima di entrare nel racconto
Nella seconda parte del suo Vangelo, Marco racconta come i discepoli siano arrivati a cogliere il mistero profondo della persona di Gesù.

Prima premessa
Breve schema di composizione
Come la prima parte, anche la seconda parte è organizzata in tre momenti:

  • il cammino verso Gerusalemme (cap. 8-9-10)
  • il ministero di Gesù in Gerusalemme (cap. 11-12-13)
  • i racconti della passione e della risurrezione cap. 14-15-16)

Il primo momento della seconda parte è a sua volta organizzato in tre parti, scandite dai tre annunci della passione. Per tre volte, dunque, mentre lascia la Galilea e si avvia verso Gerusalemme, Gesù annuncia il proprio destino di morte (8, 31; 9, 31; 10, 32).
Una volta per capitolo, pertanto, Gesù riprende lo stesso discorso. A ogni annuncio fa seguito un gesto di incomprensione dei discepoli. Dopo il primo, Pietro lo rimprovera; dopo il secondo, i discepoli litigano sul primato; dopo il terzo, Giacomo e Giovanni chiedono i primi posti.
In tutte e tre le volte, il Signore offre una catechesi con cui presenta le condizioni per essere discepoli.
Quindi: annuncio, incomprensione, istruzione.

Prendere la propria croce
Ci soffermiamo sul primo momento. Convocata tutta la folla insieme con i discepoli, Gesù offre una catechesi importantissima: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (v.34).

  • “rinneghi se stesso”
    Dire di no a se stessi, rinnegare il proprio istinto, il proprio carattere, il proprio modo di vedere. Dire di no a se stessi non significa automaticamente danneggiarsi, andare a cercare qualcosa di negativo per sé; significa non assecondare il proprio modo di vedere. Pietro pensava secondo gli uomini.
  • “prenda la sua croce”

Per noi croce significa problema, difficoltà. Al tempo di Gesù aveva un significato particolare: la croce era un patibolo, uno strumento di condanna a morte, un modo atroce con cui le persone vengono uccise. Portare la croce, secondo il nostro linguaggio, sarebbe: affrontare il plotone di esecuzione, rischiare la sedia elettrica, finire sulla ghigliottina.
Il significato della parola di Gesù, dunque, è essere disposti a lasciarci la pelle.

* Se uno è disposto a dire di no a se stesso e a rimetterci tutto può andare dietro a Gesù, essere discepolo. L’unico modo per salvare la propria vita è la disponibilità a perderla.

Seconda premessa.
La Trasfigurazione
Sei giorni dopo Gesù porta tre discepoli sul monte e mostra loro la sua gloria divina.

*Due sole volte in tutto il racconto evangelico Dio parla:

  • al Giordano, al momento dell’inizio della presa di consapevolezza della missione (la voce è per Gesù)
  • sul mote, al momento dell’inizio della decisione di seguire Gesù (la voce è per i discepoli).

Al Giordano Gesù deve decidere come fare il Messia; sul monte i discepoli devono decidere come seguirlo, se sono disposti a seguire un Messia che appare un fallito. La voce dall’alto si rivolge ai discepoli dando loro coraggio, semplicemente affermando: “Questi è il Figlio mio prediletto; ascoltatelo!”. Ascoltatelo, fidatevi di lui.
*I discepoli erano in crisi, erano preoccupati, dubitavano. Pietro rimprovera Gesù perché è il più coraggioso, ma tutti sono dello stesso avviso: non è quella la strada, bisogna spiegargli come si fa.

Oppure si sono lasciati abbattere. E’ un momento di stanchezza, di depressione, sono tentati di lascare perdere tutto.
La Trasfigurazione è l’offerta del coraggio, di una luce che non toglie i problemi, ma dice: Gesù ha ragione, fidatevi di Lui!

La guarigione di un ragazzo indemoniato
Al versetto 14 del capitolo 9 troviamo il racconto che conclude il primo momento. Infatti alla fine di questo racconto (9, 31) ha inizio il secondo annuncio della passione.
E’ un episodio vivace che mette in scena il caso di una persona indemoniata e guarita da Gesù. Il protagonista è il padre del giovane.
La vivacità del racconto è data dal fatto che il padre non ha trovato Gesù e si è rivolto ai discepoli, i quali non sono riusciti a fare nulla. Eppure Gesù aveva dato loro il potere di scacciare gli spiriti immondi. Gesù è assente con gli altri tre. Gli altri discepoli sono agitati, la gente accorre, il padre non è soddisfatto.

Gesù insofferente davanti all’incredulità

  • “O generazione incredula! Fino a quando dovrò sopportarvi?”
    Ci troviamo davanti a un’esclamazione con la quale Gesù mostra insofferenza per l’incredulità di quella gente. Ma di chi sta parlando? Della folla o dei discepoli? Pare proprio che stia parlando dei discepoli.
  • “Da quanto tempo gli accade questo?”
    E’ una domanda umanissima. E’ come un medico che sta facendo l’anamnesi del paziente, sta cercando di capire la situazione. Gesù chiede, si interessa, vuole sapere.
  • “se tu puoi”
    Gesù scatta davanti alla parola dell’uomo. “Se tu puoi?” Tutto è possibile a chi crede. Gesù non è calmo, sereno. In quel giorno ha parlato della croce, della sua fine imminente. E ora quel “se puoi” appare come una critica velata.

La potenza della fede
“Credo, aiutami nella mia incredulità”
La parola di Gesù sortisce effetto. L’uomo formula una delle preghiere più belle.
Crede o non crede? Tutt’e due. Crede e si fida di Gesù, però sente di mancare di fede, avverte la necessità di essere aiutato nella sua poca fede.
La situazione di quell’uomo è anche la nostra. La mancanza di fede piena ci impedisce di donarci senza condizioni. Pensate a Pietro: prima crede che Gesù sia il Cristo, poi non crede a quello che Gesù gli dice e diventa Satana. Saggiamente, l’uomo riconosce di credere e non credere. In questa condizione, però, c’è l’atto della fiducia che chiede aiuto.

  • “Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi”
    I due verbi sollevare e alzare sono propri della risurrezione. Il giovane vive una sorta di risurrezione. Gesù compie il gesto umani di prendere per mano, avendo avuto misericordia di quel padre. Al versetto 22: “Abbi pietà di noi”: è la misericordia viscerale tipicamente femminile.
  • “Entrò poi in casa”
  • Marco insiste sulla catechesi privata ai discepoli. Il Maestro continua a insegnare. La necessità della meditazione, della preghiera, dell’ascolto del Maestro e della Sua parola.
  • -“Perché non abbiamo potuto?”

I discepoli sono ancora fermi al posso o non posso, riuscire o non riuscire. Gesù sposta la questione sul piano della fede.

Il senso vero della preghiera
La risposta è nella preghiera, intesa come comunione di vita. Per poter scacciare i demoni è necessario essere in intima comunione con il Signore. Ecco che cosa significa credere: parlare a Dio e lasciare che Dio agisca nella mia vita. Io prego non quando dico ma quando permetto a Dio di dire. La preghiera vera è quella nella quale lasciamo che il Signore agisca in noi, non quella nella quale io dico al Signore quello che deve fare e non fare.

Contemplazione e azione

  1. Quando la preghiera è questo, è veramente un credere allora diventa possibile tutto. Allora tutto quello che è buono e che appartiene al progetto di Dio si può realizzare: la liberazione dal male, il cambiamento del carattere, la correzione dei difetti, il superamento delle difficoltà, dei rancori e delle inimicizie. Tutto è possibile superare per chi prega, per chi crede. Credere non è stringere i denti, sforzarsi. E’ abbandono, fiducia, lasciarsi andare.
  2. Questo è l’atteggiamento del vero discepolo: rinuncia a se stesso e a fare quello che vuole, accetta di perdere la propria vita…e tutto diventa possibile.
    Superare la testardaggine, il cuore indurito, la pretesa di essere noi a fare da Dio, a insegnare a Dio.
    Anche a Natale , davanti alla grotta di Betlemme.
  3. “Io credo, aiutami nella mia incredulità!”. Deve essere la nostra preghiera, anche davanti alla grotta di Betlemme. E’ un cammino lungo, come quello dei discepoli. Ma in questo cammino il Signore è con noi. L’augurio del Natale è di poterci rialzare dalla grotta di Betlemme potendo dire: sono pronto a rinnegare me stesso, a prendere la mia croce; sono pronto a seguirti, a starti dietro.