Lectio Divina sul libro dell’Apocalisse (3)

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Lectio Divina sul libro dell’Apocalisse (3)

“Gesù Risorto, voglio servirti con la letizia nel cuore e il sorriso sul volto”

 

Lectio divina
Apocalisse 2, 1-7

1All’angelo della Chiesa che è a Èfeso scrivi: “Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. 2Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza, per cui non puoi sopportare i cattivi. Hai messo alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. 3Sei perseverante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. 4Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore. 5Ricorda dunque da dove sei caduto, convertiti e compi le opere di prima. Se invece non ti convertirai, verrò da te e toglierò il tuo candelabro dal suo posto. 6Tuttavia hai questo di buono: tu detesti le opere dei nicolaiti, che anch’io detesto. 7Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”.

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Uno sguardo più ampio alle sette lettere (Ap 2, 1 – 3, 22)
Nel cap. 1 abbiamo incontrato la grande visione introduttiva. Nel giorno del Signore, mentre è in corso la celebrazione eucaristica, Giovanni “vede”. Egli vede il Signore vivente, morto e risorto: è Lui che opera nella storia mediante la Chiesa. Durante la Messa, Giovanni condivide la propria visione con l’intera comunità cristiana.

Nei capp. 2 e 3 troviamo il testo delle sette lettere inviate alle Chiese. Giovanni svolge l’incarico che gli è stato affidato: “Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese…”. Egli scrive alla sette Chiese, che vengono interpellate. Sono le sette Chiese citate: “a Èfeso, a Smirne, a Pèrgamo, a Tiàtira, a Sardi, a Filadèlfia e a Laodicèa”; ma rappresentano anche l’intera Chiesa, di ieri e di ogni tempo della storia.

Dal momento che il contesto dell’Apocalisse è un contesto liturgico, non è difficile individuare nelle lettere alla Chiesa una sorta di esame di coscienza, che rimanda alla celebrazione eucaristica nel momento in cui ci si rivolge a Dio, riconoscendo le proprie colpe e dicendo l’atto penitenziale.

Da questo punto di vista, le lettere alla Chiese possono costituire un ricco schema di esame di coscienza, sia a livello personale sia a livello comunitario

Le sette lettere alle sette Chiese fanno da introduzione al vero e proprio discorso di rivelazione. Ci aiutano a conoscere, inoltre, le tensioni e i problemi delle comunità cristiane alla fine del primo secolo. Allo stesso tempo, ci indicano i destinatari a cui Giovanni indirizza il suo scritto e i motivi che lo hanno indotto a scrivere le sue visioni.

Leggendo le lettere si ha l’impressione di trovarci davanti a comunità reali, alle prese con quelle contraddizioni che sono anche le nostre oggi. Gli stessi avvertimenti che vengono dati appaiono normali, concreti, attuali.

Le sette lettere andrebbero lette due volte: come introduzione all’intero libro e come conclusione. Come introduzione, perché ci fanno conoscere i problemi che Giovanni ha davanti agli occhi e ai quali egli risponde con la sua rivelazione. Come conclusione, perché gli avvertimenti rivolti alle comunità cristiane sono le conseguenze pratiche a cui conduce la visione della storia presente nell’Apocalisse.

Uno schema che si ripete nelle sette lettere
Lo schema che si ripete per ogni lettera si compone di cinque momenti.

  1. L’indirizzo
    “All’angelo della Chiesa…scrivi”. Secondo la concezione giudaica gli angeli sono al governo delle nazioni, delle comunità, degli individui e sono responsabili della loro condotta. Alcuni studiosi, invece, preferiscono riconoscere in questi angeli i singoli vescovi, responsabili delle rispettive comunità cristiane.
  1. La presentazione di Cristo
    “Così parla Colui che…”. Questa presentazione intende dare autorevolezza alla parola del profeta.
  1. L’esame di coscienza
    “Conosco le tue opere…”. Vi è la descrizione delle situazioni in cui la comunità cristiana si trova, nel bene e nel male. Alla descrizione fanno seguito gli elogi e i rimproveri.
  1. L’invito all’ascolto
    “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”. Si tratta di un ascolto che richiede disponibilità e capacità di andare oltre le apparenze. “Chi ha orecchi…”, infatti, suppone l’esistenza di ascoltatori incapaci di capire.
  1. La promessa del premio
    “Al vincitore…”. Il premio è promesso a coloro che supereranno la prova.

Colui che è il Signore
I diversi titoli con i quali Gesù è presentato all’inizio delle singole lettere sono ripresi dalla visione introduttiva. Egli è:

  • “Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro” (2, 1)
  • “Il Primo e l’Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita” (2, 8)
  • “Colui che ha la spada affilata a due tagli” (2, 12)
  • “Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente” (2, 18)
  • “Colui che possiede i sette spiriti di Dio e le sette stelle” (3, 1)
  • “Colui che ha la chiave di Davide: quando egli apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre” (3, 7)
  • “L’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio” (3, 14)

Da questi titoli traspare la convinzione che le Chiese sono sotto la signoria di Cristo morto e risorto. Queste stesse Chiese trovano la propria identità nel confronto con la parola di Cristo morto e risorto. Sulla base di questo confronto scaturisce l’esame di coscienza. La parola di Cristo è parola di giudizio e di consolazione: Egli è il giudice e il salvatore.

Le sette lettere, in realtà, possono essere distinte tra quelle che contengono un messaggio di rimprovero e quelle che contengono un messaggio di elogio. Le prime sono quelle dispari, le seconde sono quelle pari. Rimproveri ed elogi trovano la loro origine nell’amore del Signore per la Sua Chiesa. E’ l’amore che conduce il Signore a consolare e incoraggiare. E’ sempre l’amore che conduce il Signore a invitare alla conversione e al ravvedimento.

In questo senso è molto suggestiva la frase che si ripete puntualmente per sette volte: “Io ti conosco”. In questa conoscenza, che nella Bibbia indica sempre una particolare intimità, è espresso l’amore che lega Cristo alla Chiesa, il coinvolgimento affettivo per il quale il Risorto porta la Chiesa nel proprio cuore.

La situazione delle Chiese
La parte centrale delle lettere, quella che può essere definita in senso stretto “esame di coscienza”, porta a evidenziare tre situazioni che caratterizzano la vita delle Chiese. Sono prove che hanno lo scopo di purificare la fede, ma sono anche prove che possono divenire ostacolo per la fede.

  1. Una prima situazione è quella della presenza nelle comunità di dottrine incompatibili con la vera tradizione cristiana. Queste dottrine ci vengono presentate con frasi o semplici allusioni che rimangono a noi in parte sconosciute. Si parla della dottrina di Balaam, della presunta profetessa Gezabele, dei nicolaìti. Ciò che importa non è tanto identificare con precisione queste eresie. E’ essenziale, invece, notare che esse vengono individuate sulla base di un confronto con la tradizione. Da questo punto di vista, il testo dell’Apocalisse è illuminato da un altro testo, presente nella seconda lettera di san Giovanni: “Sono apparsi infatti nel mondo molti seduttori, che non riconoscono Gesù venuto nella carne. Ecco il seduttore e l’anticristo! Fate attenzione a voi stessi per non rovinare quello che abbiamo costruito e per ricevere una ricompensa piena. Chi va oltre e non rimane nella dottrina del Cristo, non possiede Dio. Chi invece rimane nella dottrina, possiede il Padre e il Figlio” (1, 7-9).
  2. Una seconda situazione è quella della persecuzione, sia da parte dei giudei sia da parte del mondo in generale. Si ripropone nella Chiesa la stessa opposizione vissuta da Gesù. La Luce, combattuta in Gesù dalle tenebre del male, è ora combattuta in coloro che sono stati illuminati e che sono divenuti discepoli del Signore. I metodi di questa opposizione sono sempre gli stessi: rifiuto della verità, menzogna e violenza. La persecuzione è il segno, nella storia, della radicale opposizione di Satana al disegno dell’amore di Dio.
  3. La terza situazione è quella che può sembrare meno drammatica, ma che in verità forse è la più pericolosa. Non viene dall’esterno, ma germoglia all’interno delle stesse Chiese: è la mondanizzazione, la perdita della fede originale, il compromesso con la logica del mondo, la mediocrità nell’appartenenza al Risorto.

Gli avvertimenti
Alle Chiese che vivono le situazioni appena accennate, Giovanni lascia pochi ma essenziali avvertimenti:

  • “Sii fedele fino alla morte” (2, 10)
  • “Ricorda dunque da dove sei caduto” (2, 5)
  • “Convèrtiti” (2, 16)
  • “Quello che possedete tenetelo saldo fino a mio ritorno” (2, 25)
  • “Sii vigilante, rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire” (3, 2)
  • “Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona” (3, 11)
  • “Sii dunque zelante” (3, 19)

Gli avvertimenti e le direttive, in sintesi sono riconducibili a tre: rimanere fedeli, nel dilagare delle novità, alla tradizione che risale alle origini; ritornare alla fede e allo slancio spirituale di un tempo; sostenere la prova senza paura.

La lettera a Efeso
Consideriamo, adesso, in breve e nel dettaglio, alcuni passaggi della prima lettera, quella alla Chiesa che è a Efeso

  • -“All’angelo della Chiesa che è a Efeso scrivi…”
    Come abbiamo visto, tutte le lettere sono indirizzate all’angelo della Chiesa. E’ bene ricordare che le sette Chiese raffigurate nelle sette lampade sono la Chiesa in quanto opera nella storia, mentre le sette Chiese rappresentate dalle sette stelle nella mano del Signore sono la Chiesa del Cielo, gloriosa e trionfante.
    Alla fine del primo capitolo si legge che “le sette stelle sono gli angeli delle sette Chiese” (1, 20). Questi angeli, pertanto, si possono intendere (come già anticipato) in qualità di figure che garantiscono nella Chiesa quella pienezza di fecondità che corrisponde alla realtà definitiva, alla realtà del Cielo. In questo senso l’angelo può rappresentare la figura di responsabilità nella Chiesa.
    In ogni caso, per il tramite dell’angelo è la Chiesa che viene interpellata. Il Signore si rivolge alla Sua Chiesa e il tramite di questa comunicazione è Giovanni, in qualità di profeta.
  • “Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro”
    Il Risorto è qui presentato come il Signore della Chiesa, di tutte le Chiese; è Colui che si muove nella Chiesa, nel senso che agisce in essa e vi cammina. Egli la tiene stretta nella Sua mano destra in segno di protezione e di amore.
  • “Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua perseveranza”
    In modo essenziale viene descritta l’operosità della Chiesa di Efeso. Essa è dotata di particolare responsabilità missionaria e pastorale. Efeso era capoluogo della provincia di Asia e, pertanto, la Chiesa efesina era la sede metropolitana dalla quale il Vangelo si era irradiato in tutto il territorio circostante. Quella di Efeso è davvero la Chiesa madre che, con fatica e perseveranza, ha evangelizzato e ha saputo mettere alla prova i “falsi apostoli”.
  • “Ho però da rimproverarti di avere abbandonato il tuo primo amore”
    Il riferimento al primo amore ha certamente una connotazione temporale: si tratta dell’amore inziale, giovane e audace. Ma l’amore di prima dice anche il primato dell’amore nell’esperienza spirituale e pastorale. Sembra, dunque, che alla Chiesa a Efeso abbia smarrito la freschezza dell’amore di un tempo e, allo stesso modo, abbia smarrito il primato dell’amore nella propria vita di sequela del Risorto. Il richiamo che le viene fatto è, però, colmo di riconoscenza e di affetto.
  • “Al vincitore darò da mangiare dall’albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”
    Il congedo fa appello alla presenza dello Spirito Santo che ripete il messaggio che il Risorto rivolge alla Sua Chiesa. E’ Cristo che parla alla Chiesa e lo Spirito riecheggia e ripropone quella stessa parola perché venga accolta e capita in pienezza.
    La lettera è rivolta alla Chiesa in modo da identificare il vincitore. Vincitore è colui che condivide la vittoria di Cristo. In tal modo il mistero pasquale trova riscontro nella storia degli uomini e la Pasqua di Gesù diviene la loro Pasqua.

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A sintesi di quanto approfondito, si possono fare tre osservazioni a partire dalle quali tradurre in termini di vita spirituale la Parola di Dio a noi donata.

  1. Siamo invitati, come singoli e come comunità, a fare un grande esame di coscienza a partire dalla parola donata alle sette Chiese per il tramite di san Giovanni. E’ un esame limpido e variegato che non conduce a un ripiegamento sterile. E’, invece, un esame che parte dalla contemplazione di Gesù morto e risorto, accompagna all’attenta valutazione della vita in relazione a Lui e al Suo amore per noi, porta a rinnovare lo slancio e l’entusiasmo nella sequela personale e comunitaria di Colui che è sempre presente tra noi fino alla fine del mondo.
  2. Siamo invitati a rinnovare la speranza, pur nelle difficoltà e nelle prove del tempo presente. Passando in rassegna i titoli con i quali viene identificato il Risorto, ritroviamo in Lui il senso della vita e della storia, il Principio da cui tutto proviene e il Fine verso cui tutto cammina, il Signore del tempo che ha in mano la sorte della Chiesa e dell’umanità, il Salvatore potente che sostiene il nostro cammino quotidiano e ci apre le porte del paradiso di Dio, il Vincitore che associa tutti noi alla Sua vittoria sul peccato e sulla morte.
  3. Siamo invitati a conversione, soprattutto a quella conversione che si traduce in rigetto deciso di ogni forma di mondanità nello stile cristiano, di mediocrità nella vita spirituale, di compromesso con lo spirito del secolo presente laddove si insinua il nemico di Dio e della Chiesa, di mezze misure nel donare la vita senza condizioni per amore del Signore. Il nostro itinerario di conversione possa corrispondere a quanto affermava san Bernardo nei Sermoni sul Cantico dei Cantici: “Transformamur cum conformamur” (Siamo trasformati quando siamo conformati). La nostra conversione sia la conformazione, per grazia, alla vita di Cristo; la resa, per amore, all’Amore del Signore.

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Trasformiamo ora in preghiera, con l’Inno a Cristo di san Paolo (Colossesi 1, 13-20), quanto abbiamo letto e meditato, e affidiamo al Signore il nostro desiderio di vivere nella fedeltà e nella generosità la Sua Parola.

13 È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore,
14 per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.
15 Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione,
16 perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
17 Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono.
18 Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
19 È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza
20 e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.

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