Omelia – Annunciazione del Signore – 50° Professione religiosa

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Omelia – Annunciazione del Signore – 50° Professione religiosa

Nel 50° anniversario di Professione religiosa

Oggi abbiamo la felice opportunità di celebrare insieme una duplice importante ricorrenza: siamo, infatti, riuniti per ricordare il 50° anniversario della professione religiosa di Sr…. nel giorno della solennità liturgica dell’Annunciazione del Signore. Ed è proprio alla parola del Signore, offertaci da tale ricorrenza liturgica, che ci rivolgiamo per ritrovare alcuni spunti per la meditazione e per la preghiera.

Quando si celebra un anniversario, e per di più molto significativo come quello della professione religiosa giunta alle sue nozze d’oro, non possiamo fare a meno di fermarci un momento per rivolgere lo sguardo al passato. In quel nostro passato possiamo contemplare le meraviglie che il Signore ha operato nella nostra vita e l’abbondanza straordinaria dei suoi doni. Ed è per questo che rendiamo grazie dal profondo del cuore. Nello stesso tempo non possiamo fare a meno di soffermarci sulle nostre debolezze, infedeltà, in corrispondenze all’amore di Dio. Ed è per questo che domandiamo perdono e ci appelliamo alla misericordia infinita del Signore.
Fermarsi, però, in occasione di un anniversario significa anche volgere lo sguardo al futuro, per considerare il cammino di vita che ancora ci attende e per formulare propositi di sequela del Signore ancora più generosi e, perché no, anche arditi. Per fare questo oggi, insieme a Sr. … guardiamo a Maria nel mistero dell’Annunciazione, a Lei che è il più alto esempio di vita consacrata.

Maria, nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, ci appare anzitutto come la donna dell’ascolto, di un ascolto attento, prolungato, raccolto, intenso. Maria era abituata ad ascoltare così la parola di Dio, quella parola che ad un cero punto in Lei si è fatta carne. Si potrebbe dire che in Maria l’ascolto è stato così intenso che in Lei la parola si è resa visibile. Conosciamo, al riguardo, il pensiero di Sant’Agostino: Maria è beata per aver concepito nel suo grembo il Figlio di Dio, ma è ancor più beata per averlo prima concepito nel suo cuore. Sr. …, e noi con lei, siamo chiamati a riprendere il nostro cammino con il proposito di ascoltare la parola del Signore fino renderla vita della nostra vita, carne della nostra carne, fino a rivivere in noi, in qualche modo, il mistero dell’incarnazione del Verbo.
Maria ci appare ancora come la donna della grazia. “Piena di grazia”, così la saluta l’angelo che le porta il messaggio di Dio. Ed è interessante l’abbinamento presente, nelle parole del messaggero celeste, tra la grazia e la gioia. Il saluto angelico, infatti, inizia nel segno dell’invito alla gioia: “Rallegrati”. Là dove è presente la grazia di Dio è presente anche la gioia. Solo il peccato è la radice vera e profonda dell’infelicità del cuore umano. Maria è la piena di gioia perché è la piena di grazia, colei che ha con sé il Signore. Sr. …, e noi con lei, siamo chiamati a riprendere il nostro cammino con il proposito di vivere ogni giorno di più nella grazia del Signore, allontanando da noi ogni forma di peccato. Siamo chiamati a fare esperienza della gioia e a portarla agli altri, ricordando al mondo che Dio è gioia e che il peccato è dolore e rovina.
Maria, infine, ci appare come la donna dell’obbedienza. E’ stata la donna del sì senza riserve all’amore di Dio che la chiamava. La Madonna non ha opposto resistenza, non ha avuto dubbi, non ha preteso di vedere in anticipo il destino a cui Dio la chiamava in tutti  i dettagli. Ha abbracciato incondizionatamente l’avventura d’amore a cui il suo Signore la chiamava. E’ partita con Dio senza sapere di preciso dove la strada iniziata l’avrebbe condotta. Sr. …, e noi con lei, siamo chiamati a riprendere il nostro cammino con il proposito di essere un grande “sì” all’amore di Dio, di vivere senza condizioni il nostro abbandono alla volontà di Colui che è tutto e solo amore e che, quindi, mai può deludere le nostre attese.

Abbiamo guardato a Maria. Ma oggi non si può fare a meno di contemplare il mistero che in lei si è compiuto: l’incarnazione del Figlio di Dio. In questo grande mistero, che sempre ci stupisce e ci riempie di gratitudine gioiosa, tocchiamo con mano la condiscendenza del Signore, il suo chinarsi misericordioso e compassionevole sull’uomo perduto e abbandonato a se stesso. Per noi contemplare l’incarnazione non significa soltanto magnificare ciò che il Signore ha fatto e fa ogni giorno per la nostra vita in questo mistero di vicinanza d’amore. Significa anche impegnarsi, con la grazia di Dio, a imitare il mistero: a chinarsi, cioè, con misericordia e compassione su ogni debolezza, povertà, miseria umana. Così sr. …, e noi con lei, siamo chiamati a riprendere il nostro cammino con il proposito di stare accanto al cuore di ogni uomo alla luce del mistero dell’incarnazione, vale a dire con il cuore stesso di Dio.

Sintesi dal parlato