Omelia – Festa della Madonna delle Lacrime di Siracusa

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Omelia – Festa della Madonna delle Lacrime di Siracusa

Santuario della Madonna delle Lacrime
Siracusa

In questo santuario, che custodisce l’immagine miracolosa della Madonna delle Lacrime, il cuore si rivolge spontaneamente a Maria. E vi si rivolge con la fiducia propria dei figli che sanno di essere ascoltati e capiti dalla più amorevole e bella delle mamme.
E’ per questo che non abbiamo timore a portare qui, nella casa di Maria, il bagaglio della nostra vita: un bagaglio che contiene tante cose, compresi i dolori piccoli e grandi, le paure e i turbamenti, le croci più diverse che pesano sulle nostre spalle. Sappiamo che la Madonna guarda con smisurato affetto questo nostro bagaglio di vita e la preghiamo. Quelle lacrime che qui, a Siracusa, solcarono il suo viso, sono il segno più eloquente della partecipazione materna di Maria alle vicende della nostra storia.
Rimane pur vero, però, che guardare a Maria e alle sue lacrime di amore deve comportare anche un cambiamento nella nostra vita. La Madonna desidera ardentemente che ogni suo figlio conduca un’esistenza sempre più conforme a quella del Signore. Raccogliamo, pertanto, questo desiderio e domandiamoci alla luce della parola del Signore in quale modo possiamo realizzarlo nella nostra quotidianità.

La preghiera della Colletta si esprime con una parola significativa e forte, facendo memoria delle lacrime della Madonna. In quella preghiera, infatti, abbiamo chiesto di rimanere scossi dalla lacrime di Maria, così da abbandonare il peccato e le oscurità della vita e da impegnarci con ardore nella via del Vangelo.
Dobbiamo rimanere “scossi”. In verità se non rimanessimo scossi davanti all’immagine della Madonna che ha pianto su di noi e per noi, saremmo distanti dal vivere bene e con autenticità questa grande festa mariana. Dobbiamo rimanere scossi, in modo tale che da questa scossa ne possa scaturire un rinnovamento per la nostra vita di fede.

  1. Abbiamo ascoltato: “Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: «Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto»”. Il profeta, portavoce di Dio, interviene affermando che l’usurpatore perderà il posto che ingiustamente ha occupato.
    La parola del profeta è forte e ci riguarda. Ci riguarda dal momento che sovente anche noi ci comportiamo da usurpatori, pretendendo di occupare un posto che non ci appartiene. Questo avviene quando pretendiamo di fare a meno di Dio, ovvero di metterci al suo posto orientando a nostro piacimento la vita.
    Se nelle scelte quotidiane che siamo chiamati a compiere, nei giudizi che formuliamo, nei progetti che coltiviamo non c’è posto per il Signore, ciò sta a significare che stiamo prendendo il suo posto, ci troviamo nella situazione di chi vuole usurpare il trono di Dio. La grande tentazione che si affaccia più volte nel cammino dell’esistenza è proprio questa: fare a meno di Dio, impostando la vita come se Dio non esistesse.
    Sentiamoci scossi, al riguardo, dalla lacrime della Madonna. Maria piange perché noi suoi figli pensiamo di poter vivere senza il Signore, mettendolo da parte perlomeno per alcuni aspetti della vita quotidiana nei quali ci viene più comodo procedere senza di Lui. In fondo questo stile di vita nasconde e, insieme, rivela una triste realtà: pensiamo che Dio non abbia a cuore la nostra vera gioia e che la sua presenza possa privarci di qualche cosa di bello. In verità Dio è il grande alleato della nostra vera gioia, di ogni nostra autentica realizzazione. Egli è il sì vero, l’unico vero alla vita in tutta la sua pienezza.
    La Madonna ci scuote ricordandoci questa verità.
  2. Abbiamo ancora ascoltato: “…chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere?”. L’apostolo Paolo, a partire dalla propria esperienza personale, si rivolge ai cristiani di Roma e li invita a uno sguardo di fede sui fatti della loro vita e sulle vicende della storia. Forse, quei cristiani erano in difficoltà a capire quanto stava accadendo tra loro. Forse, proprio per questo stavano mettendo in dubbio la Provvidenza del Signore e il suo amore. Così l’apostolo interviene con una riflessione e un richiamo che sono tanto utili anche per noi.
    In alcuni momenti ci è capitato di mettere in dubbio la bontà di Dio, la sua opera provvidente. Insomma, abbiamo mancato di fede. Perché la fede è proprio questo: osservare la vita in ogni suo particolare andando oltre il visibile e immergendoci con gioia in ciò che è invisibile, ovvero l’amore provvidente di Dio che tutto governa secondo il bene più grande di tutti e di ciascuno.
    Questo bene non sempre è evidente, questo amore provvidente non sempre è chiarissimo al primo sguardo. Ma perché “insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie”. Noi sappiamo che Dio è Amore, che Egli ci ama, che tutto è Provvidenza e che un disegno bellissimo prende forma nell’esistenza di ciascuno. Ma tutto questo ha bisogno di uno sguardo di fede che sappia andare al di là dell’immediato.
    Anticamente i cristiani erano identificati anche come coloro che avevano un ‘occhio in più, proprio per la capacità di leggere la vita in un modo più profondo e, pertanto, più vero. Sentiamoci scossi, oggi, da questa parola che la Madonna fa riecheggiare nel nostro cuore. Le lacrime di Maria sono un invito a rinnovarci nella fede, ad assumere quello sguardo che deriva dall’adesione convinta all’amore di Dio, sempre: quando lo capiamo e quando ci è più difficile capirlo.
  3. Abbiamo ascoltato: “Ma voi chi dite che io sia?”. Gesù pone questo interrogativo ai suoi discepoli, dopo aver ascoltato alcune risposte relative alla sua identità ma riportate da parte di altri. Ora ciò che il Signore vuole ascoltare è il pensiero dei suoi.
    Quante volte questa domanda Gesù la rivolge anche a noi. Ce la rivolge perché sembra che la sua presenza rimanga marginale senza essere coinvolgente. La domanda di Gesù suscita in noi una domanda: il rapporto con il Signore ci coinvolge in una storia di amore per la quale tutto in noi e di noi rimane trasformato? Gesù non è un personaggio grande del passato, non è un ideale a cui tendere. Gesù è un Vivente, il Vivente che ci interpella ogni giorno con la sua dichiarazione di amore e che chiede corrispondenza nell’amore attraverso una vita che porti il segno della sua presenza e della sua parola.
    La risposta di san Pietro ci viene in aiuto: “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”. E’ questa risposta che il Signore attende anche da noi. Di meno non si può accontentare. Diciamolo con le parole e con la vita: Tu sei il Signore, Tu sei il mio Signore e io desidero vivere per te.
    Le lacrime di Maria ci scuotono anche ora. Ci scuotono perché sembrano dirci che è troppo poco ciò che diamo a Gesù, che è insufficiente l’amore che nutriamo per Lui. Lasciamoci scuotere da quelle lacrime e torniamo alla nostra quotidianità, decisi a vivere e a morire per Colui che è il Figlio del Dio Vivente, la Vita della nostra vita.

Al termine della celebrazione, come è consuetudine, si svolgerà il rito del cotone. Lo passeremo delicatamente sul viso di Maria, quasi a raccoglierne ancora una volta le lacrime. Il gesto è bellissimo, delicato e suggestivo. Facciamo in modo che non rimanga solo un gesto esteriore ma che si traduca anche in una decisione per la vita, l’unica decisione che può consolare le lacrime della Madonna: scossi dalla parola del Signore, incamminarci con decisione nella via della santità.

(sintesi da registrazione)