Omelia – Novena di Natale – Ottavo giorno

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Omelia – Novena di Natale – Ottavo giorno

Prosegue in Cattedrale a Tortona la Novena di Natale. Di seguito l’Omelia di Mons. Guido Marini di giovedi 23 dicembre 2021.

A Zaccaria ritorna la parola. Sappiamo che per un certo tempo era rimasto muto, incapace di parlare. Perché? Perché un giorno, nel tempio, mentre esercitava il suo compito di sacerdote, un angelo gli era apparso, gli aveva parlato a nome di Dio, gli aveva portato un annuncio importante: Elisabetta avrebbe avuto un figlio. Ma Zaccaria a quella parola non aveva creduto, quella parola non l’aveva accolta nel suo cuore, a quella parola non aveva prestato fede. E proprio perché la parola rivolta a lui dall’angelo non era entrata nel suo cuore era diventato muto, incapace di parlare. Non soltanto incapace di parlare, incapace di proclamare la bellezza e la meraviglia di Dio.
La parola di Dio non aveva avuto spazio nel suo cuore, dunque questa parola non poteva più risuonare nella sua vita e sulle sue labbra. Ora, finalmente, la parola gli ritorna.
Considerare quanto vissuto da Zaccaria significa per noi considerare quanto spesso ci riguarda e ci riguarda da vicino.
Perché, infatti, le nostre parole, la nostra vita sono incapaci a volte di proclamare Dio, la bellezza e la meraviglia di Dio? Perché a volte siamo muti riguardo al Vangelo? Perché anche se parliamo gli altri non capiscono e il loro cuore rimane chiuso alla nostra parola che vorrebbe annunciare la salvezza in Gesù, perché? Anche perché, in realtà, la parola del Signore non l’abbiamo davvero accolta in noi. Non abbiamo fatto spazio vero alla parola di Dio nella nostra vita ed è per questo che siamo incapaci di parlare, è per questo che siamo incapaci di comunicare la bellezza del Vangelo, è per questo che la nostra parola non riesce a esprimere e ad annunciare la bellezza del volto di Gesù.
In questo tempo, lo sappiamo, viviamo una rinnovata esperienza del Signore non soltanto per noi; la riviviamo anche perché divenga possibile a noi trasmetterla a tutti, ma questo sarà possibile nella misura in cui la parola della quale ci siamo nutriti con abbondanza in questo tempo, davvero divenga vita della vita, davvero trovi spazio nel nostro cuore, davvero si faccia carne in noi.
Se ciò che in questo tempo abbiamo ascoltato in modo prolungato lo avremo ascoltato con superficialità e senza permettere che ponga radici nel nostro cuore, saremo muti davanti al mondo, saremo incapaci di trasmettere la bellezza di Dio ai fratelli e alle sorelle. Che non sia così. Che questo tempo, nel quale il Signore ci ha parlato e ci ha parlato a lungo, sia un tempo nel quale non siamo più muti, ma capaci di parlare, perché quella parola l’abbiamo accolta, perché quella parola l’abbiamo fatta nostra e, dunque, sulle nostre labbra risuona con potenza e con bellezza l’annuncio di Gesù il Salvatore.
Chiediamo la grazia di non essere come Zaccaria nel tempio, ma di essere uomini e donne che davvero fanno spazio al Signore in loro, che davvero lasciano che la parola metta radici nel cuore, diventando così uomini e donne che sanno benedire Dio, che sanno parlare di Dio, che sanno proclamare il nome di Gesù facendo breccia nel cuore degli uomini.
In questi giorni abbiamo potuto cantare e ascoltare delle antifone molto belle, antifone che sono conosciute come antifone “O”: perché? Perché ciascuna di esse inizia con una “O”. Questa “O” iniziale ha un significato molto bello, perché se abbiamo fatto attenzione ci siamo accorti che nel canto la “O” è prolungata, ed è prolungata perché vuole esprimere lo stupore e la meraviglia che proviamo nel cuore a motivo del mistero della Natività di Gesù.
Questa “O” dice lo stupore della Chiesa di fronte a quel Signore che nasce a Betlemme. Questa “O” dice lo stupore di tutti noi di fronte al mistero della nascita di Gesù. Chiediamo la grazia di entrare dentro questo “O” prolungato, colmo di stupore, perché se il Natale non ci trova stupiti, se il Natale non ci trova meravigliati, se il Natale in fondo non ci trova con le lacrime agli occhi, per una verità che sconvolge la nostra vita, vuol dire che il Natale non lo abbiamo compreso.
È normale che stiamo davanti a una mangiatoia pensando che quella mangiatoia verrà riempita da un bambino e che questo bambino è Dio? È normale? È normale il pensiero che Dio, l’Onnipotente, l’Infinito, l’Eterno assuma i tratti di un piccolo che piange, che ha bisogno di tutto, che non può vivere senza le braccia di una mamma che lo accolgono e di un papà che lo custodisce? È normale questo mistero che sta al centro della nostra salvezza? Non è normale, e dovrebbe scuoterci nel profondo, dovrebbe stupirci nel profondo, dovrebbe meravigliarci nel profondo.
Chiediamo la grazia di essere davvero stupiti per questo mistero dell’amore di Dio. Chiediamo la grazia di rimanere, sì, sconvolti per chi è Dio, così come si rivela a Betlemme.
Chiediamo la grazia che la “O” che abbiamo cantato in questi giorni sia una “O” piantata nel cuore e che sappia esprimere in noi lo stupore e la meraviglia per un Dio che è troppo bello per passargli davanti senza meravigliarci, stupirci e versare lacrime. È troppo bello.
La lettura del profeta ci ha parlato di un fuoco, un fuoco che purifica e un fuoco che riscalda. Noi abbiamo bisogno di questo fuoco, un fuoco che sappia purificarci da tante cose, dal peccato, dalle infedeltà, dal tradimento, dalla debolezza ma soprattutto, e anche, dall’indifferenza rispetto alla bellezza di Dio.
Invochiamo oggi il fuoco dello Spirito Santo perché scenda su di noi, purifichi la nostra vita dal peccato e dal male. La purifichi anche da quel peccato che è l’indifferenza di fronte alla bellezza sconvolgente di Dio.
Chiediamo che lo Spirito Santo scenda su di noi e ci distolga da quel torpore che ci impedisce di stare con gli occhi spalancati, con gli occhi meravigliati davanti al Dio fatto bambino, e chiediamo anche la grazia che questo spirito scenda su di noi come calore perché non è vero che a volte questa incapacità di meraviglia diventa anche incapacità di calore per accogliere questo Dio che si fa bambino?
Che questo Natale ci possa trovare con il cuore caldo, con il cuore appassionato, con il cuore innamorato per questo bambino che è Dio e viene tra noi. Chiediamo allo Spirito Santo che scenda su di noi e renda noi innamorati davvero di Dio.
Quante volte la nostra vita di fede non conosce questo calore di un amore profondo e vero! Che questo Natale non sia così e che lo Spirito Santo ci aiuti a dire, davvero e con il cuore, “Ti amo” a questo Dio che si fa bambino.
Che lo Spirito Santo ci aiuti ad accogliere tra le nostre braccia, stringendolo al cuore, questo bambino, con tutto l’amore di cui siamo capaci.
Oggi invochiamo lo Spirito Santo perché scenda su di noi come calore e come purificazione, come purificazione dalla nostra indifferenza, come calore capace di farci innamorare.
Chiediamo allo Spirito Santo: “Vieni, Santo Spirito, e fammi dire davvero a questo Dio che si fa bambino «Io ti amo, con tutto il mio cuore e con tutta la mia vita»”.