Omelia – Santa Messa Crismale

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Omelia – Santa Messa Crismale

Omelia – Santa Messa Crismale

Gli occhi di tutti, in quella sinagoga a Nazareth, erano fissi su di Lui: guardavano a Gesù con una singolare intensità. Oggi gli occhi di quegli abitanti di Nazareth sono i nostri occhi. Oggi noi siamo qui, nella nostra Cattedrale, e ci ritroviamo insieme per, insieme, tenere ancora una volta i nostri occhi fissi su Gesù.

Abbiamo ascoltato dalle parole dell’apostolo: l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, Colui che era, che è e che viene. Così è descritta l’identità del Signore Gesù. E noi? Quando posiamo i nostri occhi su di Lui queste parole le ricordiamo, queste parole le gustiamo? È quanto vogliamo fare oggi.

Lui è il principio e la fine, perché Lui è l’inizio e la conclusione di tutto, lo è anche della nostra vita. Lui era, perché Lui è stato al centro nel nostro percorso di vita. Lui è, perché è al centro nel nostro percorso di vita. Lui è Colui che viene, perché sarà al centro nel nostro percorso di vita.

Egli è l’amore fedele che sta all’inizio dei nostri giorni. Sta al centro di questi nostri giorni. È con noi e ci attende nei giorni che verranno. C’è sempre, come amore che non ci abbandona mai, come amore che è tutto per noi, come il Vivente il cui cuore batte per noi, con una vera passione d’amore.

Noi teniamo gli occhi fissi su Gesù e ancora una volta ci accorgiamo che andando indietro con i nostri ricordi incontriamo grazia e misericordia. Com’è bello tornare al passato e poter dire: «Tutto è stato grazia e tutto è stato misericordia, perché tutto è stato segnato dall’amore appassionato di Gesù per me». Teniamo gli occhi fissi su Gesù e ci accorgiamo che oggi, al presente, tutto è grazia, tutto è misericordia, perché Egli è con noi. Come ci riempie di coraggio tutto questo! E quando guardiamo avanti, mentre teniamo gli occhi fissi su Gesù, ci ricordiamo che tutto sarà ancora grazia e misericordia, e questo ci riempie di speranza.

Gli occhi fissi su Gesù! Non dimentichiamoci mai di tenerli lì, questi nostri occhi! Vi ricordate il giorno della nostra ordinazione? Non avevamo occhi che per Lui! Non avevamo cuore che per Lui! Non avevamo altro da sentire con gioia se non la sua parola! Non avevamo altro da contemplare con gioia se non il suo volto! Non avevamo altro amore, altra speranza se non Lui, il Vivente risorto che ci aveva chiamato a sé!

È così per ciascuno di noi oggi, in questo momento? È così? Oppure dobbiamo ammettere, con dispiacere, ma con verità, e con umiltà, che i nostri occhi si sono posati altrove, e forse anche adesso? Che il nostro cuore ha cercato rifugio e soddisfazione altrove, e forse anche adesso? Che il nostro ascolto non è più così rivolto alla parola del nostro Signore, ma si rivolge altrove, forse anche adesso? Che la nostra vita non è più tutta protesa con ardore ed entusiasmo a Lui, ma si protende tristemente e stancamente verso qualche cosa d’altro, anche adesso?

In questo giorno in cui ricordiamo il nostro sacerdozio non possiamo non stare davanti a questi interrogativi, perché mentre guardiamo il Signore e teniamo gli occhi fissi su di Lui ci accorgiamo di quanto Egli ancora adesso ci ama, anzi ci ama ancora di più. Ci accorgiamo di quanto grande sia stata ed è la sua misericordia. Ci accorgiamo di quanto sia stato ed è adesso Egli fedele a noi. Se noi abbiamo perso o avessimo perso qualcosa della passione dell’amore degli inizi, Lui non l’ha persa, non l’ha persa! E oggi, mentre Lo guardiamo, ce la comunica di nuovo, ancora una volta e dice al cuore di ciascuno di noi: “Continua a tenere i tuoi occhi fissi su di me. Non dimenticare il mio sguardo, il mio volto, il mio cuore, la mia vita che è tutta per te! Ritorna all’amore di un tempo – come dice l’Apocalisse -”. È il Signore che con amore infinito, dolcissimo, eterno, oggi a ciascuno di noi dice queste parole, bussa al nostro cuore: apriamogli, apriamogli di nuovo e ancora una volta, con prontezza, con coraggio, con un amore rinnovato.

Come, poi, continuare a tenere fissi gli occhi su Gesù? Perché questo non può essere l’atto di un momento, ma deve diventare un atto che da oggi di nuovo accompagna il percorso della nostra vita. Lo sappiamo, come: mettendo al centro di ogni nostra giornata l’incontro con il Signore, la preghiera, la celebrazione eucaristica quotidiana, l’adorazione quotidiana, la meditazione e l’ascolto della parola di Dio quotidiani. La nostra preghiera quotidiana.

Non possiamo immaginare che gli occhi che oggi di nuovo tornino a posarsi con ardore sul volto di Gesù, rimangano lì, se una preghiera intensa, vera e quotidiana non accompagna la nostra vita, non l’accompagna fedelmente.

Oggi, allora, chiediamo la grazia di non distogliere più gli occhi dal Signore, ma domandiamo anche la grazia di essere aiutati a crescere sempre di più come uomini di autentica preghiera.

Tenere fissi gli occhi su Gesù ci preserva da alcuni pericoli. Oggi ne vogliamo ricordare alcuni, brevemente.

Il primo pericolo: rendere la nostra fede una ideologia. Quand’è che la fede diventa o rischia di diventare una ideologia? Quando noi ascoltiamo la parola del Signore e la pieghiamo ai nostri modi di vedere, ai nostri modi di pensare, a quello che ci torna comodo e corrisponde di più alla nostra sensibilità. Quando la stessa cosa la facciamo nei confronti dell’insegnamento della Chiesa, del Papa, dei Vescovi, del Vescovo. Quando non siamo in un vero ascolto per piegare noi stessi a una parola che ci è donata e indica la via, ma ci mettiamo in atteggiamento di giudizio per definire ciò che va bene e ciò che non va bene, ciò che corrisponde e ciò che non corrisponde al nostro giudizio. Questo è rendere la fede una ideologia. Ma se teniamo gli occhi fissi su Gesù, questo non ci capiterà, perché gli occhi del Signore ci aiuteranno a essere davvero uomini che ascoltano e desiderosi non di cambiare la parola di Dio e della Chiesa, ma di cambiare sé stessi nella luce della parola di Dio e della Chiesa.

Un secondo pericolo: arrenderci alla nostra mediocrità. Tutti ne siamo consapevoli. Forte è la tentazione. Soprattutto quando gli anni avanzano, la tentazione di arrenderci alla nostra mediocrità, di abituarci a essere mediocri, a non spaventarci più per la nostra povertà spirituale, a non avere più un sussulto a motivo del fatto che non avvertiamo più il desiderio di essere santi. La tentazione di arrenderci alla nostra mediocrità. Se teniamo fissi gli occhi guardando gli occhi di Gesù questo non ci capiterà mai, perché quello sguardo ogni volta rimetterà in movimento il nostro cuore e ci farà sentire di nuovo ogni volta il desiderio, la sete, di seguirlo con tutto noi stessi e nella santità della nostra vita.

Un terzo pericolo: l’individualismo, nella nostra Chiesa e nella Chiesa. Ciò capita quando viviamo la nostra vita e siamo, in un certo senso, ormai come disinteressati dal cammino della Chiesa in generale, dal cammino della nostra Chiesa, dal rapporto con gli altri confratelli, dalla relazione viva con il Vescovo. L’individualismo ecclesiale: anche questo è un pericolo. Vivere da solitari, fare una vita per proprio conto, farsi una propria nicchia e vivacchiare malamente così. Se teniamo fissi gli occhi su Gesù questo non ci accadrà, perché ogni volta che Lo guarderemo negli occhi, quegli occhi ci diranno: «Tu sei con me se sei nella tua Chiesa. Tu mi vuoi bene se vuoi bene ai tuoi confratelli. Tu sei fedele a me se vivi in fedeltà con il tuo Vescovo. Tu sei un mio presbitero davvero se sei inserito vitalmente in quel presbiterio che è grembo materno e fraterno per il tuo sacerdozio».

Un quarto pericolo: vivere in mezzo al nostro popolo “sopra e senza”. È un pericolo. Quell’autorità originale che ci viene dal Signore può facilmente diventare autoritarismo e farci sentire “sopra”, padroni, e dunque “senza”, perché in realtà quando si sta “sopra” si vive “senza” il proprio popolo. E invece, lo sappiamo, il Signore ci ha chiamato ad essere “con” e “per” il nostro popolo. Se teniamo gli occhi fissi su Gesù il vivere “sopra e senza” non ci accadrà, perché lo sguardo del Signore ci ricorderà ogni volta: “Torna al tuo popolo, per essere con il tuo popolo, per essere per il tuo popolo, per rivivere ogni giorno della tua vita quel “per voi” che io ho vissuto e vivo, e che rivivo attraverso di te”.

Oggi benediremo gli Oli. Quando benediremo gli olii, riascoltando la preghiera della Chiesa, ricorderemo che i santi Oli sono per la nostra gente, perché la nostra gente abbia la vita, la vita del Signore attraverso i sacramenti. Lì avvertiamo il richiamo per noi: “Io sono chiamato a vivere “con” e “per”, non “sopra” e “senza”.

E infine, l’ultimo pericolo: lo scoraggiamento. Ci si può scoraggiare per motivi personali e anche per motivi comunitari. Forse tra di noi c’è chi è scoraggiato, può capitare, ma se teniamo gli occhi fissi su Gesù lo scoraggiamento svanisce, perché Lui è la nostra forza, Lui è la nostra speranza, Lui è la nostra promessa. Lo scoraggiamento accade quando siamo ripiegati su noi stessi e pensiamo che la nostra vita e il nostro ministero, la vita della Chiesa possano dipendere da noi. Se teniamo gli occhi fissi su Gesù lo scoraggiamento svanisce.

In questi giorni abbiamo avuto un motivo di scoraggiamento: la morte così improvvisa, drammatica di don Marco Porri. Ne siamo stati tutti colpiti, tutti siamo rimasti affranti per questo lutto che ancora una volta ha colpito il nostro presbiterio, la nostra Chiesa.

Personalmente, e permettetemi la confidenza proprio in quanto Vescovo di questa Chiesa, stando davanti al Signore ho pregato e ho chiesto: «Ma qual è la parola che Tu dici a noi anche attraverso questo fatto? Perché Tu ci parli sempre, perché tutto è provvidenza per chi crede. Qual è, dunque, la parola che Tu dici a questa tua Chiesa attraverso questo fatto che tutti ci colpisce?». Ardisco di dire, comunicare a voi oggi le due parole che sono risuonate nel mio cuore.

La prima. “Ricordati e ricordatevi tutti che Io sono al timone della barca della Chiesa. Ricordati e ricordatevi che non siete voi a edificare e a portare avanti la Chiesa. State in ginocchio, pregate; e pensate che con questi momenti di fatica, di dolore, di sconcerto umano io cerco di portarvi lì, a quel grido tutto evangelico su cui fiorisce il miracolo e l’opera della grazia: «Signore, salvami! Signore Salvaci! Perché siamo perduti!»”. Quando supplicheremo così, con la fede vera che ascoltiamo nelle pagine del Vangelo, allora toccheremo con mano la potenza di Dio.

La seconda parola. “Vivi in comunione con i tuoi presbiteri. Vivete in comunione più grande, voi presbiteri. Siate un’autentica famiglia, nella quale ci si vuol bene, nella quale ci si aiuta, nella quale ci si sostiene, nella quale ci si edifica a vicenda, nella quale ci si fa prossimi davvero, nella buona e nella cattiva sorte, nella quale ci si piega davanti agli altri, a volte domandando perdono, e nella quale si va sempre agli altri, soprattutto quando i bisogni sono grandi e profondi”.

Questa è la duplice parola che mi sembra sia risuonata nel mio cuore e che comunico a voi, e che vorrei diventasse la parola che ci lascia, attraverso don Marco e ciò che a lui è capitato, il Signore oggi in questa Messa Crismale: «Non ti scoraggiare, è inutile, è un ripiegamento; ascoltami, invece, mettiti in ginocchio e supplica me, vivi in una comunione sempre più grande e sempre più bella nel presbiterio della tua Chiesa».

Ora rinnoveremo le promesse sacerdotali. Sono le nostre promesse: facciamole tenendo fissi gli occhi su Gesù, l’Alfa e l’Omega della nostra vita.

Trascrizione da registrazione audio