Omelia – Santa Messa per il 50° della Casa Alpina

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Omelia – Santa Messa per il 50° della Casa Alpina

Santa Messa per il 50° della Casa Alpina
Brusson

 

È davvero provvidenziale che la Parola del Signore che oggi abbiamo ascoltato ci parli del giubileo, perché oggi noi festeggiamo un giubileo: i cinquant’anni di questa Casa Alpina. Ed è proprio bello che si intreccino il giubileo di questa casa con il tema del giubileo di cui ci parla la Parola del Signore.

Che cos’è il giubileo? Il giubileo è un tempo di grazia. E allora per la Casa Alpina, per l’Azione Cattolica, per noi, questo non può non essere un tempo di grazia. Ma nel momento in cui diciamo “grazia”, proviamo a scendere un po’ nel particolare e trovare, all’interno della Parola del Signore che abbiamo ascoltato, il modo in cui possiamo declinare questa grazia che ci riguarda e che desideriamo con tutto il cuore accogliere nelle nostre vite.

La prima grazia è ritrovare il primato di Dio nella nostra esistenza. Ma trovarlo nel senso di rispolverare, di rintracciare con la passione nel cuore la bellezza di una relazione personale tra il Signore e ciascuno di noi, perché non dobbiamo dimenticare che la vita della fede è anzitutto e soprattutto questo: la bellezza di un incontro con Colui che è vivo, che è il Vivente, il Risorto che ci cambia la vita.

Lo sappiamo. Può capitare a tutti di confondere la fede semplicemente con un ideale di vita, con un insieme di valori. Sarebbe troppo poco, perché tutto questo è una conseguenza di quell’incontro che ci ha cambiato il cuore, che ci ha catturato l’intelligenza, che ha messo radici nei nostri sentimenti. Il Papa a Lisbona ieri, parlando ai giovani, ha continuamente ripetuto che il cuore della fede è l’incontro con Gesù, con Gesù che ci ama, con Gesù che ci invita a seguirlo, con Gesù che ci chiede di condividere la nostra vita con Lui, perché vuole darci la Sua così che diventi la nostra.

Ecco, il giubileo anzitutto è tempo di grazia perché è la grazia della riscoperta di questo cuore della fede che è il Signore Gesù, vivo e presente in mezzo a noi, che ci vuole donare la Sua vita, perché la Sua vita diventi la nostra. È la grazia, quella di un giubileo, di tornare a essere appassionati del Signore, appassionati della sua vita in noi, appassionati della sequela di Lui, appassionati. La fede è questo: una storia di passione del cuore; oppure non è fede. Il giubileo ci riporta a questa grande grazia.

Ma c’è anche una seconda grazia. È la grazia della carità. Una grazia, perché la carità prima di essere un impegno è una grazia, in quanto è la possibilità che è data a noi di rivolgerci ai nostri fratelli, alle nostre sorelle, a questo mondo con l’amore stesso del cuore del Signore.

Questa è la carità, che non è qualcosa di semplicemente umano, non è qualcosa legato semplicemente a un cuore che batte umanamente. No, è qualcosa di molto più grande: è l’amore stesso di Dio che è stato riversato nei nostri cuori e a motivo del quale diventiamo capaci di un amore molto più grande di un amore umano, perché è l’amore stesso del Signore che si rende presente nei nostri volti, nei nostri occhi, nel nostro sguardo, nei nostri gesti, in tutto quello che siamo e in tutto quello che facciamo.

La grazia della carità. Perché è una grazia poter amare così, è una grazia poter guardare gli altri così, è una grazia poter fare dei gesti che in qualche modo sono il riflesso dei gesti del Signore stesso, è una grazia avere un cuore che somiglia al cuore di Dio, che ne porta l’impronta e la vita. È una grazia! Ma questa grazia ci è data perché riusciamo a superare una deriva e una tentazione, ovvero rendere la carità qualcosa di troppo umano e, in fondo settoriale, legato semplicemente a qualche aspetto della vita. No, non può essere, perché il cuore di Dio, che è un cuore amante, ama tutto dell’uomo, ama tutto della vita e cerca di salvare tutto l’uomo, di salvare tutta la vita; e così non può che essere la carità di Dio in noi. Per cui, certo, ci rivolgiamo ai bisogni materiali dell’uomo, dei fratelli e delle sorelle, ma ci rivolgiamo a ogni altro bisogno, a ogni altra povertà, a ogni altra necessità, perché la carità di Dio attraverso il nostro cuore pretende di raggiungere tutto e tutti, rivolgendosi alla necessità dell’emarginazione, alla necessità di una vita che si smarrisce, alla necessità di un pensiero debole incapace di conoscere il vero e il bello, alla necessità di una povertà spirituale che tante volte attraversa le nostre comunità e il nostro mondo. Giubileo è tempo di grazia perché abbiamo la grazia di risvegliare nel cuore questa carità che il Signore ci ha donato, che è il suo stesso amore.

E c’è anche una terza grazia. Ce ne ha parlato la pagina del Vangelo. Giovanni Battista, con coraggio e audacia, si rivolge a Erode e gli dice una verità scomoda che, infatti, lo porterà al martirio e alla morte. Ma perché Giovanni ha fatto questo, perché si è comportato così, perché è stato così coraggioso e audace fino ad arrivare al dono della vita? Perché Giovanni amava Erode e desiderava in ogni modo che potesse trovare la gioia dell’amicizia con il Signore.

Giovanni, per noi oggi, è l’esempio di colui che porta in sé un desiderio insopprimibile di partecipare a tutti la bellezza dell’amicizia con Dio; e per poterla partecipare a tutti è coraggioso, audace, pronto a dare la vita, perché sa che questo partecipare l’amicizia con Dio è il dono più grande che l’uomo possa ricevere nella propria vita e nel proprio cuore.

La terza grazia del giubileo è quella di avere in noi questo desiderio insopprimibile di partecipare a tutti l’amicizia con il Signore. Ed è una grande grazia, perché anche su questo noi viviamo a volte una sorta di tentazione: quella di disinteressarci dell’amicizia con Dio da parte degli altri, di non avere dentro il desiderio di comunicare a tutti che è bella la fede, che incontrare il Signore cambia la vita, che vivere l’esperienza di Dio significa incontrare la pienezza della vita e la gioia autentica. Il giubileo ci dona anche questa terza grande grazia: quella di avere dentro di noi il desiderio appassionato di andare. Il Papa dice di uscire: uscire perché non possiamo trattenere per noi la gioia dell’incontro che abbiamo fatto, la bellezza della fede che abbiamo in noi; viviamo questa amicizia che desidera portare a tutti la bellezza dell’amicizia con il Signore, con rispetto, con carità, ma anche con coraggio, con audacia, fino al dono della vita che è il segno più bello, più grande dell’amore per l’altro. Ce l’ha detto il Signore Gesù: trasmettere e partecipare l’amicizia del Signore fino al dono della vita.

Ecco le tre grazie di un giubileo, le tre grazie che vogliamo domandare per noi oggi: la grazia di ritrovare la bellezza della fede come una passione del cuore per il Signore; la grazia della bellezza di una carità che esprima attraverso di noi il cuore stesso di Dio, l’amore stesso di Dio; la grazia di partecipare a tutti l’amicizia del Signore. Queste tre grazie non possono non essere il nostro giubileo, il giubileo della Casa Alpina, dell’Azione Cattolica.

Ma a queste tre grazie, di cui la Parola di Dio ci ha fatto memoria, vogliamo aggiungerne qualche altra per la quale prendo spunto dal volantino che l’Azione Cattolica ha preparato proprio per questa giornata.

Anzitutto: c’è un logo, in questo volantino, in cui compaiono insieme Diocesi di Tortona e Azione Cattolica. Bello che ci sia questa compresenza, perché la grazia di questo giubileo è quella di ritrovare, riapprofondire, rigustare la bellezza del nostro essere Chiesa, del nostro essere nella Chiesa, di essere in questa Chiesa che vive a Tortona; la bellezza di farne parte, il ricordo dei doni che abbiamo ricevuto, la percezione di questa famiglia che ci ha dato la vita in Cristo e che, giorno dopo giorno, ha custodito questa vita, l’ha alimentata. Perché, è vero, la Chiesa, e anche la Chiesa che è a Tortona, in quanto fatta da noi ha tante debolezze; ma in quanto è di Gesù Cristo, è fatta di santità e questa santità l’abbiamo sperimentata, l’abbiamo vissuta, l’abbiamo toccata con mano; ed è bello in questo giubileo riassaporare la bellezza di essere Chiesa, rivivere il desiderio di stare dentro la Chiesa, riaffermare la nostra volontà di servire disinteressatamente questa Chiesa che ci ha dato la vita, che continua a darcela e a custodirla, la vita in Gesù.

Qualche volta, lo sappiamo, siamo facili ad addossare alla Chiesa qualche manchevolezza, qualche ritardo. Dovremmo essere onesti e dire che queste manchevolezze e questi ritardi sono le nostre manchevolezze, i nostri ritardi; perché siamo noi le rughe che sono presenti sul volto della Chiesa. E allora oggi noi vogliamo chiedere la grazia di ritrovare la gioia, la gratitudine per la bellezza della Chiesa che è sposa di Cristo e che con tutto il cuore desideriamo amare, per la quale essere grati, nella quale vivere con la passione nel cuore.

In secondo luogo sul volantino si parla poi di un sogno relativo alla Chiesa. È bello, è un’immagine che il Papa usa spesso e con profondità di significato. Bisogna, infatti, avere attenzione nell’uso che ne facciamo. Il nostro sogno, nel contesto della fede, è sempre un sogno nel solco del sogno biblico; e il sogno biblico non è una velleità dei nostri desideri. Il sogno biblico è la capacità di entrare in relazione e in adesione con il pensiero stesso di Dio. Questo è il sogno che noi abbiamo in riferimento alla Chiesa; il sogno non si rispecchia nei nostri desideri, ma è il desiderio stesso di Dio con il quale entriamo in relazione e facciamo nostro. Che cosa sarà la Chiesa domani, quale sarà la Chiesa del futuro? Quella che il Signore vorrà. Noi non vogliamo che sia la nostra Chiesa, vogliamo che sia la Chiesa come il Signore la vuole. Non vogliamo che sia la Chiesa corrispondente ai nostri desideri soggettivi; vogliamo che sia la Chiesa perfettamente corrispondente al cuore del Signore. Questo è il nostro sogno che si incontra con il pensiero di Dio. Quando l’uomo biblico sogna entra pienamente in relazione con il progetto di Dio ed è questo il nostro sogno per la Chiesa a Tortona: che sia sempre più in sintonia con il progetto di Dio, anche grazie a noi che siamo in sintonia con il suo progetto.

Oggi chiediamo la grazia di sognare così: non di sognare soggettivamente, non di sognare secondo i nostri desideri, non di sognare secondo i nostri progetti, ma di sognare entrando nel pensiero del Signore, nel suo desiderio e nel suo progetto su di noi e sulla nostra Chiesa.

Infine, nel volantino si fa cenno al cammino sinodale in cui ci siamo avviati. È un dono per la vita della Chiesa e per la storia della nostra Chiesa in questo tempo. E noi oggi chiediamo la grazia che questo cammino sinodale sia davvero un cammino sospinto dallo Spirito Santo. Il vento che oggi, in questa bellissima giornata in alta montagna, a volte soffia forte e a volte delicatamente, ne è un segno molto bello e suggestivo, perché il cammino sinodale ci fa stare dentro a questo vento che è lo Spirito, il quale sa bene dove condurci. Siamo noi che a volte, purtroppo, non lo sappiamo, ma Lui lo sa bene, perché ci vuole condurre sempre di più nelle braccia del Signore e ci vuole condurre nell’esperienza di una comunione profonda e vera di amicizia, di volerci bene, di servirci reciprocamente, di un’umiltà che ci porta a dimenticare spesso di noi stessi, delle nostre pretese per far spazio agli altri.

Chiediamo la grazia che il cammino sinodale possa essere questo: dentro il vento dello Spirito per essere condotti nell’abbraccio del Signore sempre di più, in una comunione sempre più intensa, profonda, vera, che ci porti a essere un cuore solo e un’anima sola. Non con le parole, ma con i fatti, perché sappiamo tutti che parlare di esperienza sinodale è semplice, ma vivere sinodalmente, compiere scelte sinodali, essere davvero sinodali, non è semplice. È una grazia, perché è una grazia che discende da una carità autentica, da un’umiltà sincera, da una prontezza di spogliazione, dalla capacità di fare passi indietro, dal farsi davvero ultimi.

Chiediamo allora anche queste tre grazie, suggerite dal volantino. Tre grazie le ha suggerite la Parola di Dio e tre grazie ce le ha suggerite questo volantino dell’Azione Cattolica.

Che sia un tempo di grazia oggi, che sia un tempo di grazia quello del 50°, in cui queste grazie le facciamo nostre; lasciamo che si imprimano nel nostro cuore, nella nostra mente, nelle nostre decisioni. Se così sarà, questo giubileo, questo tempo di grazia, sarà anche un tempo di grande gioia, quella vera che sta in Dio. E sarà un tempo di vera gratitudine, per il Signore che è presente e operante nella nostra vita.

Preghiamo perché sia un tempo di grazia così e dunque di gioia e di gratitudine. Dio nella nostra vita è sempre principio di tutto questo: grazia, gioia e gratitudine. Possa essere così per tutti e per ciascuno di noi.

Trascrizione da registrazione audio