Omelia – Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

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Omelia – Solennità di Maria Santissima Madre di Dio

S. Messa nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio
Tortona, Cattedrale.

Un grande santo, che è anche un grande dottore della Chiesa, san Bernardo, quando parla della Madonna, e in particolare della Madonna in rapporto alla nostra vita, usa un’immagine molto suggestiva e interessante: l’immagine dell’acquedotto. E, dopo averla usata, la spiega con una parola, altrettanto suggestiva e ricca di significato: “Dio volle darci tutto per mezzo di Maria”. È così, perché Dio ci ha dato tutto in Gesù, il Figlio fatto uomo, per mezzo di Maria. Ed ecco perché Maria è paragonata a un acquedotto: Maria è quel canale attraverso il quale giunge a noi l’acqua della Vita, della vera Vita, Gesù, il Figlio di Dio fatto Bambino, il Salvatore.

È bello, questa sera, nella solennità della Santa Madre di Dio, ricordare sia l’immagine di san Bernardo, sia la parola con la quale la espone e la spiega: Maria è l’acquedotto della Vita vera, perché è il canale beato e benedetto, attraverso il quale Dio ci dà tutto, perché ci dà Gesù, il Salvatore.

E noi, oggi, proprio per questo motivo, guardando a Maria, ci rivolgiamo a Lei perché interceda presso il Signore e, ancora una volta, ci aiuti a ricevere Tutto, a ricevere la Vita, a ricevere la salvezza, a ricevere Gesù. Siamo qui per questo: pregare Maria perché, ancora una volta, ci aiuti ad accogliere il Tutto che è Gesù.

Nella nostra preghiera di invocazione e di domanda, ci aiuta la parola di Dio che abbiamo ascoltato. A un certo punto – se siamo stati attenti – è risuonata questa parola: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”. Non dimentichiamo queste due parole così pregnanti e belle: “grazia”, “pace”. Su di esse ora ci soffermiamo.

Che cosa è la “grazia”? È una vita diversa, è una vita nuova, perché è la vita stessa di Dio in Gesù che diventa la nostra vita. Ma come facciamo ad accorgerci che in noi c’è la grazia? Come facciamo a renderci conto che in noi c’è questa vita nuova? Risponde sant’Agostino, in modo diretto e anche semplice. Parafrasando, egli parlava così alla sua gente: “Volete sapere come poter dire a voi stessi di essere in grazia? Che in voi è la vita nuova, ricevuta in dono dal Signore Gesù? Lo potete verificare dall’amore che è presente nel vostro cuore per i vostri fratelli e per le vostre sorelle; dall’intensità dell’amore nei confronti degli altri, a motivo di Dio.

Oggi, alla Madonna affidiamo anzitutto questa richiesta: che ci doni Gesù, ancora una volta; e ci doni, dunque, la grazia, cioè una vita nuova, una vita diversa, una vita straordinariamente bella e piena, che si esprime in una capacità nuova di amore, verso il Signore e verso il nostro prossimo.

Qualcuno ha detto che la grazia è dimenticarsi. È vero! Questa è la vita nuova, questa è la vita del Signore in noi: dimenticarsi di sé stessi e non poter fare a meno di donarsi al Signore e agli altri, senza condizioni! Questa è la vita nuova! E questo accade quando accogliamo Gesù in noi per le mani di Maria. A Maria, ancora una volta, questa sera glielo chiediamo: “Dacci Gesù, e con Gesù dacci la grazia, ovvero quella capacità di amore per il quale dimentichiamo noi stessi e ci doniamo incondizionatamente al Signore e ai fratelli.

Consideriamo la seconda parola: “pace”. Si parla molto di pace in questi tempi, e giustamente. Si parla molto di pace e, giustamente, all’inizio di un anno nuovo. Oggi è anche la Giornata mondiale della Pace. Parlare di pace, però, potrebbe essere superficiale, banale, illusorio e infruttuoso, se non ci ricordassimo che la pace sgorga dalla vittoria sul peccato; perché la guerra, in ogni sua forma, e la violenza, in ogni sua forma, trovano le proprie radici nel peccato e nel male, che è presente nel cuore di ciascuno di noi. Allora noi, oggi, alla Madonna chiediamo la pace vera che è Gesù in noi, Lui vittorioso sul peccato e sul male. Perché questa è la pace di cui abbiamo bisogno, Noi e poi il mondo!

Oggi alla Madonna chiediamo che la pace venga nella nostra vita con Gesù, perché Lui è la pace autentica; che la pace venga nella nostra vita, perché con Lui vinciamo il peccato; che la pace venga nella nostra vita e nel mondo, perché con Lui viviamo in armonia con Dio; e, se siamo in armonia con Dio, allora sì, mettiamo le fondamenta di una pace autentica in noi, nel nostro cuore, tra di noi e nel mondo intero.

Supplichiamo Maria che ci doni, ancora una volta, tutto, ci doni Gesù e, donandoci Gesù, ci doni la pace vera.

Abbiamo anche ascoltato una pagina di san Paolo, nella quale l’apostolo ha un’espressione particolarmente bella, che ci porta al cuore della fede e del cristianesimo. Egli dice, parafrasando: “Voi non siete più schiavi. Voi siete figli. Dentro di voi, lo Spirito del Signore grida: ‘Abbà, papà, padre’. Non siete più schiavi, siete liberi. Siete figli”. Siamo al cuore e al centro della fede, siamo al cuore e al centro di ciò che ci viene donato nella misura in cui apriamo le porte del cuore a Gesù, al tutto che ci dona Maria.

Al riguardo mi piace, questa sera, riportare alla memoria una breve parabola che racconta un grande letterato francese, convertito alla fede, Paul Claudel. La breve parabola, semplice, ma davvero profonda, ha due protagonisti: uno si chiama Animus, ed è un vecchio con il volto scuro, accigliato, severo, duro; l’altro si chiama Anima, e ha un volto bambino, fresco: egli danza, è gioioso, sperimenta e gusta la libertà. La parabola afferma che questi due personaggi hanno trovato il modo di convivere, ma quando sono insieme, Anima deve in un certo senso rattrappirsi, perché non può dar vita a ciò che avverte nel cuore, dal momento che Animus, con il volto severo, arcigno, geloso, anche un po’ cattivo, lo guarda, lo scruta, pronto a rimproverarlo. Claudel, il grande romanziere, termina così la parabola: ogni qualvolta Animus se ne va, perché esce di casa, Anima riacquista tutta la sua bellezza e ricomincia a cantare, a gioire, a danzare, a essere felice, perché non ha più Animus che lo affligge con la sua presenza.

La parabola racconta ciò che accade anche a noi. Anche noi, infatti, siamo nella libertà, nella gioia, nella danza e nel canto quando accogliamo Gesù nella nostra vita: perché con Lui siamo figli. In Gesù Dio non è più Animus che ci costringe, che ci toglie la gioia, che ci impedisce la libertà, che è un guardiano severo, pronto a rimproverare le nostre malefatte. No! Animus non c’è più! Diventiamo Anima, dal volto bambino, fresco, libero, gioioso, capace di danzare e giocare la vita, perché figli amati da Dio. Non c’è più Animus, c’è Dio nella sua verità di padre, di papà, c’è Dio che ama, che vuole il nostro vero bene e la vita acquista la vera libertà, il vero amore e la vera gioia.

Sempre Claudel, – ed è interessante che sia lui a dire questo, dal momento che si era convertito in età adulta e, dunque, sapeva per esperienza che cosa significava approdare alla fede in Cristo – scrive questo: “Per fortuna, Gesù Cristo ci ha liberato dalla morale”. Che cosa voleva dire? Che Gesù ci ha liberato dal moralismo, dalle norme di comportamento che ci siamo fatti noi, dai pregiudizi inveterati, da quelle tradizioni umane che imbrigliano la vita e le impediscono di essere, davvero, piena nella gioia della figliolanza, in ragione di un Dio che è padre. Quante volte rischiamo di ritornare a quella schiavitù antica, propria della legge e dell’ipocrisia che guarda all’esteriorità, dalla quale Gesù Cristo ci ha liberato! Con i nostri moralismi, con quelle norme di comportamento e di consuetudini culturali che sono solo precetti umani, senza vita e senza amore. Gesù Cristo ci ha liberato da questa schiavitù, perché con Lui approdiamo nella patria dell’amore, della libertà vera, dell’essere figli di un Dio che ci ama con amore di padre.

Oggi, alla Madonna chiediamo questa grazia: di darci Gesù e con Lui di darci la libertà vera, la libertà dell’amore nella paternità di Dio.

Concludiamo. La pagina del Vangelo ci racconta che i pastori andarono in fretta a Betlemme e, dopo aver visto il Bambino Gesù e averlo accolto nella loro vita, riferirono a tutti quanto avevano vissuto. Come quei pastori, anche noi, ancora una volta, vogliamo andare a Betlemme da questo Bambino; e lì, guardando la Madonna, che gli è accanto, dire: “Maria, ridonaci ancora questo Bambino che è Tutto e con Lui donaci la grazia, donaci la pace, donaci la libertà dell’amore!”. E dopo – così sia oggi e anche ogni giorno – usciamo! Usciamo a riferirlo a tutti, perché questo mondo ha bisogno di Gesù, questo mondo ha bisogno di grazia, questo mondo ha bisogno di pace, questo mondo ha bisogno di libertà, questo mondo ha bisogno della gioia autentica, in Gesù nostro tutto!

Oggi, casualmente – se così si può dire – ascoltando la radio sentivo un commento: una ragazza diceva che il mese gennaio è un mese molto triste, perché è come il lunedì dell’anno: tutto riprende con fatica.

Questo è il modo pagano di vivere il tempo, questo è il modo pagano di vivere il primo giorno dell’anno, questo è il modo pagano di attraversare la vita, dove ci si ubriaca in un momento di festa e di gioia, e poi tutto torna come prima, terribilmente grigio, appesantito, difficile. Noi non viviamo così, perché per noi il tempo è tutto grazia; certo, nelle fatiche, nelle difficoltà, che non mancano a nessuno, ma anche in quella gioia che deriva da Gesù, che è nostro Tutto, e che è nostra grazia, nostra pace e nostra libertà, nostro amore. Usciamo e andiamo a dirglielo a questo mondo pagano, – come disse un grande cardinale – che molte volte è sazio e disperato.

Chiediamo la grazia alla Madonna di non esserlo mai noi, sazi e disperati, e di sentire nel cuore il desiderio, la passione di uscire e andare, e bussare alla porta di ogni cuore e dire: “Ma che cosa fai? Accogli Gesù, che è il Tutto della vita. Accoglilo con la sua grazia, con la sua pace, con la sua libertà, con il suo amore, con la sua gioia e con la sua pienezza di vita!”.

Buon anno a tutti e che sia un inizio di anno così!

Trascrizione da registrazione audio