Omelia – Solennità del Natale del Signore.

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Omelia – Solennità del Natale del Signore.

Santa Messa del Giorno nella solennità del Natale del Signore.
Tortona, Cattedrale.

Carissimi fratelli, carissime sorelle, carissimi amici, carissimi tutti. Oggi è Natale! In questa grande, splendida solennità è risuonata una parola che ci riempie il cuore di gioia, che provoca un fremito di esultanza nel nostro cuore: “Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”.

“Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Torna alla mente quello che, secoli fa, Papa Leone Magno diceva alla sua gente, proprio nel giorno del Natale: “Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato, rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita!”. Potessimo, in questa giornata, raccoglierci profondamente nel nostro cuore, contemplare il grande mistero e provare quella gioia che soltanto il Natale vero, quello di Gesù, è capace di dare alla nostra vita!

“Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”: Dio si è fatto bambino, Dio si è fatto uomo, Dio ha voluto condividere la nostra umanità, Dio ha voluto darci la sua stessa vita, Dio ha voluto calpestare la nostra terra, Dio ha voluto entrare dentro la nostra storia, Dio ha voluto abitare in mezzo a noi. “Il Verbo si è fatto carne”: non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita!

Potessimo davvero gioire di quella gioia che solo il Natale sa dare! Potessimo davvero esultare di quell’esultanza che è solo del Natale! Potessimo davvero meravigliarci di quella meraviglia che scaturisce solo dal Bambino di Betlemme, che è il Verbo fatto carne per noi, per la nostra salvezza!

Nella pagina del Vangelo in cui è risuonata questa parola, che ci riempie di gioia e di meraviglia, è risuonata, però, anche un’altra parola, che porta qualche ombra di tristezza: il Verbo si è fatto carne, ma il mondo non lo ha riconosciuto, il mondo non lo riconosce.

C’è uno spartiacque nelle vicende della storia, ed è quello spartiacque che divide la storia tra prima di Cristo e dopo Cristo. Noi siamo dopo Cristo, eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Il mondo, infatti, vive spesso come se fossimo ancora prima di Cristo. Vive in modo vecchio, in modo sorpassato; eppure crede di vivere in modo nuovo. Pensa di vivere nella modernità, nel progresso, nel futuro; in realtà, vivendo prima di Cristo, vive una vecchiaia triste, un tramonto doloroso, un cammino disperato. Il mondo non lo ha riconosciuto, non lo riconosce e l’ombra di ciò che muore, di ciò che è sorpassato, di ciò che invecchia rapidamente, di ciò che è destinato a morire incombe su questo mondo. Eppure, il mondo si rallegra, gioisce, in qualche modo gode di ciò che è la sua rovina.

Il mondo non lo ha riconosciuto; eppure sembra rallegrarsi e godere. Di che cosa? Di aver smarrito la via, di relegare Dio ai confini della propria esistenza, di rimanere a Lui indifferente, di non porsi il problema della sua presenza e della sua vita. Si rallegra e gode, nella sua superbia, di pensare di essere come Dio e di farsi Dio. Il mondo si rallegra e gode di aver smarrito la verità, di vivere nella menzogna, di sostenere, con alterigia, che tutto è giusto e tutto è sbagliato, in un relativismo disperato e soffocante.

Il mondo si rallegra e gode perché la vita non è amata e la morte prende lo spazio della vita: quando la vita non viene accolta alla sua nascita, quando la vita viene offesa al suo termine, quando la vita, durante il suo corso, è maltrattata, ferita, violentata.

Il mondo si rallegra e gode nell’aver smarrito la giustizia; si rallegra e gode nella disuguaglianza persistente e crescente tra chi ha e chi non ha; si rallegra e gode perché la bellezza è deturpata: deturpata nella creazione, ma ancora più nella vita degli uomini e delle donne. Deturpata, infrangendo la dignità della famiglia vera; deturpata, infrangendo la limpidezza della purezza e della castità; deturpata in tanti modi.

Il mondo si rallegra e gode quando l’amore viene meno e l’egoismo ha il sopravvento. Gode della divisione, gode della maldicenza, gode di infrangere ogni rapporto e relazione di comunione, gode là dove manca l’amore, oppure di far passare per amore ciò che amore non è, ma soltanto ricerca di sé e godimento egoista.

Il mondo si rallegra e gode nel momento in cui è messa a repentaglio la pace: con la violenza, con la guerra, con le parole cattive che uccidono, con tutto ciò che sradica dal cuore e dalle reciproche relazioni l’unità e la pace.

Il mondo non lo ha conosciuto, non lo conosce e invecchia così, pensando di essere giovane; tramonta così, pensando di essere all’aurora; si rallegra così, vivendo nella tristezza; gode così, accontentandosi di briciole di gioia e di vita vera.

Questo è il mondo, perché non lo ha conosciuto; però, questa ombra che pesa sul mondo nel quale viviamo, che è fuori di noi, che è attorno a noi, in realtà è un’ombra che pesa anche sul nostro cuore. È il Vangelo a ricordarcelo, quando afferma: “I suoi non l’hanno accolto”. Non è solo il mondo che non l’ha riconosciuto; anche i suoi non l’hanno accolto. E in quel rallegrarsi e godere tipico del mondo – e che, in realtà, è esperienza di invecchiamento, tramonto, infelicità, tristezza – ci ritroviamo anche noi. Lo avvertiamo nel nostro cuore che è così, perché anche noi siamo dentro la realtà di questo mondo e vi partecipiamo.

Ma “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Allora, oggi, vogliamo affermare e gridare, anzitutto a noi stessi, che c’è di meglio di ciò di cui il mondo si rallegra e gode; c’è di meglio di quell’ombra di morte che sembra essere l’abitazione ideale di questo mondo. C’è di meglio! C’è di meglio! E il meglio è Lui, il Verbo fatto carne, Dio fatto Bambino che è venuto ad abitare in mezzo a noi e che, davvero, rende nuove tutte le cose, rende nuova la vita, rende moderna l’esistenza. Il meglio è Lui che, davvero, è l’aurora e il mezzogiorno di una realtà nuova e diversa, perché a coloro che lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. Ed è questo essere figli di Dio la grande novità che rinnova la storia; è l’essere figli di Dio la grande novità che rinnova i cuori, che illumina le ombre, che porta la gioia, che conduce all’esultanza della vita e alla pienezza della vita.

L’essere figli di Dio ci è donato nell’accoglienza di Colui che è “Verbo fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Non sarà mai la lontananza da Lui, non sarà mai il peccato col quale ci poniamo in contraddizione con la sua parola e la sua volontà a rinnovare la vita del mondo, a renderla bella, gioiosa, piena; sarà sempre e solo l’accoglienza di Lui, che è il meglio per noi e per il mondo.

Oggi, dunque, non c’è spazio per la tristezza, perché se Lo accogliamo abbiamo il potere di diventare figli di Dio; allora ci rallegriamo e siamo nella gioia, e desideriamo abbracciarle il Signore Gesù, come Lui desidera abbracciare noi.

Tutto questo, però, non ci basta. Perché non ci basta essere noi ad accogliere Lui che viene, Verbo fatto carne in mezzo a noi; non ci basta, perché quel meglio che noi sperimentiamo in Lui, quel meglio che viviamo nel suo abbraccio di amore, quel meglio che ci viene dato in Lui Bambino Salvatore, vogliamo dirlo, gridarlo, con la parola e con la vita, a quel mondo che non lo ha riconosciuto e che, aldilà delle apparenze, è disperato, triste e smarrito. Noi lo vogliamo dire! Noi lo vogliamo gridare, con la parola e con la vita. Vogliamo essere un annuncio vivente che dice al mondo: c’è di meglio. C’è di meglio! Ma di che cosa godi? Di che cosa ti accontenti? Su che cosa ti adagi? C’è di meglio! È venuto Lui, il Verbo fatto carne, a darci la vita vera, a darci la gioia autentica. “Nulla è meglio di Gesù Cristo!”.

Al termine della celebrazione, processionalmente, ci recheremo in fondo alla chiesa e, come consuetudine, uscendo sul sagrato, potremo salutarci e scambiarci personalmente gli auguri di buon Natale. Portarci fuori dalla chiesa sarà anche un segno del nostro voler uscire, del nostro voler essere sulla piazza della nostra città, del nostro voler camminare per le vie della nostra città; sarà un segno del nostro voler percorrere quartieri, strade, vie, viottoli della nostra Diocesi, per essere un annuncio vivente del Verbo che si è fatto carne, del nostro essere diventati figli di Dio, perché lo abbiamo accolto, della vita vera e della gioia vera, che noi abbiamo ricevuto, per la quale ci rallegriamo senza fine e che desideriamo sia di tutti! Tutti, nessuno escluso!

Trascrizione da registrazione audio