Omelia – Solennità di Pentecoste

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Omelia – Solennità di Pentecoste

Santa Messa vespertina con la celebrazione vigiliare prolungata
nella Solennità di Pentecoste

Tortona. Cattedrale

 

Stiamo vivendo, questa sera, un tempo bello e importante nella nostra vita personale e anche nella vita della nostra Diocesi; e avvertiamo la bellezza e l’importanza di questo tempo nel momento in cui facciamo memoria di quanto avvenne, tanti anni fa – secoli fa –, nel Cenacolo a Gerusalemme, perché là, a Gerusalemme, nel Cenacolo, gli apostoli, con Maria, pregavano, ascoltavano le Scritture, invocavano lo Spirito Santo in attesa che scendesse su di loro, secondo la promessa di Gesù. In questo momento avvertiamo che è così anche per noi: siamo qui, raccolti – e la Madonna è con noi – e preghiamo, ascoltiamo la parola del Signore, invochiamo lo Spirito in attesa che, ancora una volta, si faccia Pentecoste nella nostra vita, nella vita delle nostre comunità, nella vita di questa nostra bella Chiesa. Chiediamo, con tutto il cuore, che sia ancora Pentecoste.

Un antico autore, riferendosi proprio alla Pentecoste e a come ogni cristiano è chiamato a viverla, si esprime così: “Siate ciò che celebrate”. Noi che siamo qui, sicuramente, vogliamo essere ciò che celebriamo, ciò che stiamo celebrando; lo vogliamo essere con tutto il cuore. Ed è per questo che ci interroghiamo, chiedendoci “Che cosa stiamo celebrando?”, perché possiamo realmente essere ciò che stiamo celebrando.

Stiamo celebrando le grandi opere che lo Spirito Santo ha compiuto fin dalle origini, e che, ancora oggi, compie e intende compiere per noi e con noi. Quali sono queste grandi opere? Vogliamo ricordarne alcune, indicandole come cinque grandi passaggi, cinque fondamentali trasformazioni che lo Spirito Santo non solo è capace, ma vuole compiere nella nostra vita, nella vita delle nostre comunità, nella vita della nostra Chiesa. Facciamone memoria.

Abbiamo ascoltato il profeta Ezechiele. In quella pagina si parla di un passaggio, di una trasformazione: dalla morte alla vita. Lo Spirito Santo opera questa trasformazione, dalla morte alla vita. Ci sono tanti tipi di morte che ci riguardano, personalmente e comunitariamente. Tra queste vi è un tipo di morte che attanaglia il cuore, soprattutto oggi, ed è quella morte che si esprime nella depressione spirituale, nel sentirci soli e isolati, nel percepire un mondo che è distante e indifferente alla fede, e che ci sembra così contradditorio in rapporto a Dio. È quella morte del cuore per la quale non avvertiamo più l’entusiasmo della fede. E, spesso, i nostri volti ne sono un’espressione, le nostre comunità ne sono un’espressione; anche la nostra Chiesa può esprimere, a volte, questo elemento di morte, che prolifera nella nostra interiorità.

Lo Spirito Santo viene per darci vita, per trasformarci in uomini e donne vitali, per ridarci l’entusiasmo delle fede, per farci sentire la bellezza dell’appartenenza al Signore Gesù. Ma non solo! Lo Spirito Santo opera un’altra trasformazione, sempre dalla morte alla vita. Quando, infatti, manca l’entusiasmo della fede – lo sappiamo – viene meno anche la passione dell’annuncio.  Lo Spirito, invece, scende per trasformarci da depressi a entusiasti, da incapaci di testimoniare ad audaci e coraggiosi nel dire a tutti e sempre la bellezza della vita in Cristo. Dalla morte alla vita: quanto ne abbiamo bisogno, quanto ne abbiamo bisogno! Perché se ci guardiamo con attenzione e ci guardiamo tra di noi, ci accorgiamo che siamo un po’ morti. Invece, no! Là dove lo Spirito soffia, la morte non ha più il sopravvento ed è la vita che risplende, come entusiasmo nella fede e come entusiasmo per la testimonianza e l’annuncio della fede.

Abbiamo ascoltato il racconto della Genesi, là dove si ricorda il momento drammatico in cui l’umanità rimane divisa; la torre di Babele è il simbolo della divisione tra uomo e uomo, tra donna e donna, tra fratello e sorella; una divisione che pianta la radice nel cuore dell’umanità. Non è forse vero che questa radice maligna, che ci divide gli uni dagli altri, che non ci fa sentire membra di un corpo solo, che non ci fa avvertire la bellezza di essere un cuor solo e un’anima sola, gli uni con gli altri, una comunità con l’altra – gruppi, associazioni, movimenti -, tante volte alberga anche presso di noi? Lo Spirito ha la forza di sradicare la radice maligna della divisione e di immettere dentro di noi la forza della comunione autentica, del volerci bene sul serio, di vivere gli uni per gli altri, gli uni con gli altri, mai senza gli altri, mai contro gli altri, mai come se gli altri non ci fossero.

È lo Spirito Santo che, quando scende, opera questa trasformazione splendida, che ci fa diventare, da uomini e donne divisi dentro e che dividono, uomini e donne che amano la comunione, la sperimentano, la diffondono, la vivono, la partecipano; e così rendono davvero bello il volto della Chiesa, che è mistero di comunione.

Non è un caso che il cammino sinodale che stiamo vivendo trovi la propria anima nell’opera dello Spirito Santo, perché è proprio lo Spirito che rende la Chiesa sinodale nelle sue espressioni concrete, in quanto è lo Spirito che genera nel cuore la gioia della comunione, il desiderio e la volontà di una carità vera, di essere autenticamente insieme, di vivere non gli uni accanto agli altri, ma gli uni con gli e gli uni per gli altri.

Abbiamo ascoltato una pagina dell’Esodo, là dove, alle pendici del Sinai, Dio convoca le tribù di Israele, pellegrine nel deserto, rendendole un popolo; e lo fa donando la legge, l’antica legge. Siamo, forse, anche noi ancora sotto l’antica legge? Se dovessimo rispondere a questo interrogativo, tutti risponderemmo: “No! Ormai è la nuova legge, la legge della nostra vita”. Ma ne siamo davvero convinti? Siamo davvero sicuri di essere uomini e donne, un popolo, che vivono la nuova legge, quella dell’amore, che soltanto lo Spirito Santo è capace di donare?

Domandiamoci. La vita di fede, la vita cristiana come la percepiamo? Come un dovere che ci insegue e che ci schiaccia, come un dovere che appesantisce e rende meno gioiosi? O come un dono e una possibilità che dà godimento alla vita e che riempie il cuore? A Messa andiamo perché dobbiamo o perché abbiamo la grazia di poterci andare con gioia? A confessarci andiamo perché dobbiamo o perché abbiamo la grazia di andarci con gioia? Preghiamo perché dobbiamo o perché abbiamo la grazia di farlo e con gioia? L’intera esperienza della fede è qualcosa che ci pesa o è qualcosa che ci mette le ali, perché capiamo che ci introduce nella pienezza della vita?

Se questo non è, siamo ancora sotto l’antica legge del dovere, non sotto la nuova legge del potere nell’amore, nella gioia e nell’esultanza. Lo ammettiamo: spesso viviamo come se fossimo ancora sotto l’antica legge. Per questo lo Spirito Santo viene dentro di noi; viene per trasformarci da uomini e donne antichi, da popolo antico, a uomini e donne nuovi e a un popolo nuovo che vive sotto la legge dell’amore, cioè sentendosi amato, capendo che tutto gli è dato da un Dio che lo ama appassionatamente e che, dunque, gli risponde nella gioia e nell’entusiasmo dell’amore. Questo lo Spirito Santo fa; anche così lo Spirito Santo ci trasforma il cuore e la vita.

Abbiamo ascoltato, nella pagina del profeta Gioele, parlare di sogni e visioni. Ma quali sogni, quali visioni? Non sogni e visioni che sono il prodotto della mente umana, della volontà umana, del progetto umano; ma sogni e visioni che sono il frutto dello Spirito Santo, quello Spirito che dentro di noi – come afferma san Paolo – freme fa emergere i desideri autentici, che ci portano verso Dio. Abbiamo bisogno di una grande trasformazione: quella che ci conduce da una pretesa autonomia, per la quale pensiamo di poter vivere secondo i nostri progetti, la nostra volontà, le nostre attitudini, le nostre fantasie, le nostre capacità, – anche nella fede, anche spiritualmente, anche nella Chiesa – alla dipendenza d’amore nello Spirito Santo che ci guida, che ci fa sognare secondo i progetti di Dio, che ci fa avere visioni secondo i progetti di Dio, che mette nel cuore desideri autentici secondo i progetti di Dio. Questo è ciò che opera lo Spirito Santo in noi: il passaggio da un’autonomia insipiente e sterile a una dipendenza d’amore che è capacità di mettersi in sintonia con la parola, la volontà, il progetto di Dio.

Ed ecco, infine, un’ultima trasformazione operata dallo Spirito Santo. Abbiamo ascoltato nel Vangelo la parola stessa di Gesù: “Chi ha sete venga a me e beva”, si disseti da me, dalla mia parola, dalla mia vita, dal mio cuore.

Quante volte, anche per noi, – lo dobbiamo riconoscere – Gesù appare distante, oppure lo trattiamo come un grande filosofo sapiente o come un grande maestro di vita da imitare; e non lo trattiamo, invece, come il Vivente, che è presente qui in mezzo a noi – come lo è adesso – con i suoi occhi pieni di amore che incrociano i nostri, con il suo volto luminoso di Risorto che è pieno di fascino divino, con il suo cuore che palpita e batte per le nostre vite, con la sua presenza che ci salva e ci redime, con il suo essere l’Amore che cammina fedelmente con noi.

Quante volte rendiamo Gesù un insieme di valori. Quante volte rendiamo Gesù un messaggio. Non è un insieme di valori! Non è un messaggio! Non è solo un maestro! Egli è il Vivente, il Salvatore e il Redentore, Colui che ci dà la vita e senza il quale non possiamo vivere, Colui con il quale, ogni giorno, viviamo un’esperienza splendida di amore.

Lo Spirito Santo opera questa trasformazione da uomini e donne che sono tristi, perché si relazionano con una caricatura del Signore, con una sorta di astrazione senza vita, a uomini e donne che sono esultanti perché sanno di essere in relazione con Colui che è il Risorto, il Vivente, che non muore più e che è il segreto della piena riuscita della nostra esistenza.

 

Queste sono cinque grandi trasformazioni che lo Spirito Santo a Pentecoste ha operato, che lo Spirito Santo continuamente vuole operare, che lo Spirito Santo questa sera, qui in questa chiesa Cattedrale, in ogni cristiano della nostra Diocesi, in ogni comunità, nell’intera nostra Chiesa, vuole e può realizzare. Domandiamoglielo! Domandiamoglielo con fiducia!

Vieni Spirito Santo! Vieni Spirito Santo! Vieni Spirito Santo e opera queste cinque grandi trasformazioni, rendendo vera anche per noi, anche per la nostra Chiesa, la grande invocazione: “Vieni Spirito Santo e rinnova la faccia della terra”. Lo Spirito Santo, infatti, è l’unico vero artefice della novità autentica, è l’unico vero artefice del rinnovamento vero, perché ci cambia nel modo in cui la Parola di Dio ci ha ricordato.

Invochiamolo, allora: “Vieni Spirito Santo, rinnova la faccia della terra, rinnova la nostra Chiesa, rinnova le nostre comunità, rinnova noi, rinnova me”.

Trascrizione da registrazione audio