Omelia – Veglia Missionaria Diocesana

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Omelia – Veglia Missionaria Diocesana

Veglia Missionaria Diocesana
Voghera. Chiesa Gesù Divin Lavoratore, Pombio

Le parole di questa sera sono un’appendice delle parole intense, profonde e sentite che abbiamo ascoltato dalla voce del carissimo padre Lino Tagliani, volto missionario della nostra Chiesa che è in Tortona. Nella sua voce è risuonato il ricordo bello di mons. Libero Meriggi, ed è risuonata anche la sua straordinaria passione missionaria.

Riascoltando, ora, la pagina del vangelo di san Luca, ci siamo accorti che la conclusione del racconto costituisce come una sintesi delle parole che ci ha rivolto padre Lino. Sottolineiamo, in particolare, tre frasi che caratterizzano l’esperienza dei due discepoli in cammino da Gerusalemme a Emmaus: “ardeva il loro cuore”, “partirono senza indugio”, “riferirono ciò che era accaduto”. In queste parole è la fotografia di ogni missionario, di ogni cuore che arde di entusiasmo e di amore per la missione.

Tenendo presente il quadro evangelico, questa sera desidero sottolineare tre aspetti: il primo riguarda le “ragioni” della missione.

San Giovanni Paolo II scrive così a proposito: “La missione è una questione di fede”. Là dove la fede è viva, là dove la fede è ardente non può non esserci anche lo slancio della missione. Qualcuno ha detto: “Noi abbiamo la fede che annunciamo”. Che cosa vuol dire? Che la fede la si misura – se così è possibile esprimersi – sulla base dello slancio missionario che coltiviamo nel cuore. Abbiamo la fede che annunciamo. La missione è una questione di fede. È importante che lo ricordiamo, perché non può esistere una fede che non sia missionaria. Non può esistere un’adesione vera, autentica di amore al Signore che non comporti anche un amore appassionato per l’annuncio e la testimonianza del suo Vangelo.

San Paolo VI si esprimeva più o meno così: “Tutti i popoli di tutti i tempi, tutti gli uomini e le donne di tutti i tempi, hanno il diritto di essere raggiunti dall’annuncio del Signore e del suo Vangelo”. Di conseguenza in tutti noi è presente un debito, un debito che abbiamo nei confronti del mondo, un debito che abbiamo nei confronti delle nostre sorelle e dei nostri fratelli, un debito che abbiamo nei confronti di ogni uomo e di ogni donna che vive in questo mondo: ed è il debito dell’annuncio del Signore, della testimonianza del Vangelo, perché tutti possano incontrarsi con la pienezza della Vita.

Ecco le ragioni della missione che ci conducono proprio al cuore, al centro del nostro cammino di fede. Non le dimentichiamo, perché tornare ogni volta a considerare queste ragioni ci aiuta a non perdere di vista una dimensione fondamentale del nostro essere discepoli del Signore.

Vediamo, ora, il secondo aspetto: il “dove” della missione.

Uno dei più grandi missionari di ogni tempo, il gesuita san Francesco Saverio, quando si trovava ormai nel lontano Oriente dove lo aveva inviato sant’Ignazio, e prossimo ad arrivare alla meta che tanto aveva desiderato, ovvero la Cina, ripeteva tra sé, soprattutto nei momenti di fatica e di scoraggiamento: “Più in là, più in là, più in là”. Ed è così che è arrivato dove è arrivato, da straordinario missionario qual era.

Certo, per lui “più in là” significava una terra in più, un popolo in più, uomini e donne in più; la sua parola aveva una dimensione geografica, territoriale. Ma in quel suo “più in là” siamo chiamati anche a rintracciare una dimensione interiore: era il cuore che si allargava, era il cuore che voleva andare più in là, era il cuore che non poteva trattenersi dal superare ogni confine. “Più in là”! Ecco il dove della missione.

Noi, probabilmente, non saremo chiamati ad andare più in là, nel senso di andare distante geograficamente, ma tutti siamo chiamati ad avere un “più in là” che risuona nel cuore e che ci fa sentire la nostra terra, la nostra città, il nostro paese, il nostro territorio come il luogo della nostra missione.

Una grande donna, della quale è in corso la causa della beatificazione, Madeleine Delbrêl, vera missionaria in terra di Francia, scriveva così: “Dobbiamo portare nel cuore la nostalgia per i luoghi dove non è ancora risuonato il nome di Gesù, e dobbiamo vivere una vera e propria ossessione per trovare le vie in modo da raggiungere quei luoghi”. È bellissima questa espressione! Nostalgia e ossessione. Nostalgia, per quei luoghi tristi, poveri, nei quali ancora il nome del Salvatore non è risuonato e non è stato accolto. Ossessione, per trovare le strade, le vie, i modi perché quei luoghi vengano raggiunti da Colui che è la sorgente della salvezza.

Domandiamoci se nel nostro cuore risuonano nostalgia e ossessione. Domandiamoci se la nostra fede si riveste di nostalgia e di ossessione. Domandiamocelo!

Un terzo aspetto: il “come” della missione.

San Bernardo, circa l’apostolato, dice che si realizza in tre forme concrete: la preghiera, la testimonianza della vita, la parola. E poi sottolinea che la preghiera è il cuore di tutto, perché senza preghiera la testimonianza perde efficacia e la parola perde la grazia. Perché questo? Perché la missione non è una propaganda. No! La missione è un lasciar riflettere in noi, nella nostra vita, nella nostra parola, la bellezza stessa di Gesù. La missione è la Sua vita, la Sua presenza, il Suo amore che si rendono presenti attraverso di noi, la nostra carità e la nostra parola. E come è possibile questo se non attraverso la preghiera, che rende vivo il rapporto tra noi e il Signore, che fa in modo che la nostra vita si immerga nella Sua, che la Sua vita divenga la nostra? La missione, allora, non sia una sterile propaganda, ma un’attrazione vincente, un fascino irresistibile. Quell’attrazione e quel fascino che noi mai avremo, ma che è il Signore ad avere e che, nella misura in cui la Sua vita è in noi, si riflettono sui nostri volti, nei nostri gesti e nelle nostre parole.

Se viviamo una preghiera autentica, un rapporto quotidiano intenso con il Signore, un cuore a cuore con Lui, allora la Sua vita sarà in noi e la nostra testimonianza sarà il suo amore che si rende presente nel mondo, e la nostra parola sarà la Sua parola che risuona oggi e che afferra, tocca e conquista i cuori. Ecco il “come” della missione che ogni giorno, ogni ora, ogni istante non soltanto possiamo, ma siamo chiamati a vivere.

Torniamo, per concludere, a ciò che abbiamo ascoltato nel racconto dei discepoli di Emmaus. “Il cuore ardeva”: chiediamo la grazia di avere un cuore ardente. “Partirono senza indugio”: chiediamo la grazia anche noi di partire senza indugio, con l’entusiasmo nel cuore per l’annuncio del vangelo. “Riferivano ciò che era accaduto”: chiediamo la grazia di non parlare di qualcosa di teorico e di astratto, ma di raccontare un’esperienza di vita, qualcosa che tocchiamo con mano, che sentiamo, che vediamo, qualcosa che è un fatto e che ha un nome: il Signore Gesù risorto da morte, salvatore del mondo, salvatore di tutti, pienezza vera della vita di ogni uomo.

Trascrizione da registrazione audio