Incontro di formazione permanente per le Suore Ravasco
Tema: la preghiera
Terni, casa delle Suore Ravasco
“IL MIO CUORE CANTA PER TE. SPUNTI PER LA PREGHIERA IN CRISTO E NELLA CHIESA”
Ci introduciamo nel tema di questi giorni a partire dal titolo che caratterizza questo nostro incontro.
Il mio cuore
Intendiamo ricordare che la preghiera interpella tutta quanta la nostra vita. Il termine cuore, nel suo significato biblico, indica il centro della persona, là dove l’esistenza trova la propria unità. Nella preghiera è tutta la nostra umanità che è chiamata a esprimersi: intelligenza, volontà, affetti, sentimenti…
Canta
Intendiamo sottolineare la duplice valenza della preghiera: si tratta di un’azione gioiosa e in qualche modo naturale della nostra storia di amore con il Signore; si tratta però anche di un’arte da apprendere con l’esercizio e con qualche fatica. Proprio come accade per il canto, così accade anche per la preghiera: è bello cantare, ma per cantare sempre meglio e con soddisfazione è necessario applicarsi con costanza.
Per te
La preghiera trova la sua espressione più vera nel suo essere totalmente relativa a Dio, al quale si dona tutto e nel quale ci si trasforma. La preghiera non è un ripiegamento su se stessi, ma un donarsi senza tenere più nulla per sé a colui che si ama. In questo senso la preghiera opera una trasformazione nella nostra vita: la trasformazione che ci fa sempre più simili a colui a cui ci rivolgiamo.
La preghiera in Cristo
La preghiera cristiana è sempre una preghiera in Cristo, nel senso che ci fa entrare nel dialogo misterioso del Figlio con il Padre. In questo senso la nostra preghiera non può che essere una preghiera filiale, proprio come quella del bambino che si rivolge pieno di fiducia e confidenza al proprio papà.
La preghiera nella Chiesa
La preghiera cristiana è sempre preghiera nella Chiesa e con la Chiesa. E’ preghiera che abbraccia tutto e tutti: i vivi e i defunti, quanto ancora sono nel pellegrinaggio terreno e quanti vivono già della visione di Dio. Ma abbraccia anche ogni tempo della storia: la nostra preghiera si appoggia sulla preghiera vissuta da coloro che ci hanno preceduto. E’ per questo che il nostro corso prevederà anche un ricordo di quanto sulla preghiera hanno detto e approfondito i santi, i dottori e i maestri di vita spirituale.
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Ciò che abbiamo sottolineato è qualcosa da non dimenticare lungo il percorso che faremo insieme e da non dimenticare mai ogni qualvolta entriamo nel mistero della preghiera.
LA PREGHIERA E’ LA REGINA DELLA NOSTRA VITA?
Un punto di partenza
Una questione di vita personale.
Una questione di fecondità per il nostro operare.
– “Sine Te non possumus”: Senza di Te non possiamo esistere.
Se non ha senso la vita senza di Lui allora dobbiamo dare alla preghiera il posto che le compete.
Quanto vale per ogni uomo, per il cristiano, vale ancora di più per la persona consacrata: Lui ci ha chiamato, per Lui abbiamo lasciato tutto, per Lui diamo la vita…E il nostro rapporto con Lui? “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco; di te ha sete l’anima mia. Come terra deserta, arida senz’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio” (salmo 62).
– Una bella annotazione nel libro degli Atti degli Apostoli, a proposito di Paolo: “Ecco sta pregando” (At 9, 11). Come a dire: prega e se prega tutto è possibile. “Nemo dat quod non habet”.
- Alcune obiezioni
– “Ho troppo da fare, quindi ho poco tempo per pregare”.
Lutero ha scritto: “Oggi ho molto da fare, dunque pregherò almeno quattro ore”.
E riprendendo il Card. Martini. “Se ho molto da fare, devo pregare di più”.
Ha scritto Charles Peguy: “Figlio mio, ti agiti troppo, per quello che preghi!”.
Ci lamentiamo per la scarsità del tempo. Ma è scarsità di tempo o scarsità di amore? Si può pensare a due innamorati che non trovano il tempo per incontrarsi?
Se la preghiera è un fatto di amore, deve essere sotto il segno della gratuità: allora dobbiamo buttare via, quasi sprecare la nostra vita per gridare che “il Signore è il Signore!”.
E tutto questo ci farà toccare con mano quanto sia vero che il tempo dato a Dio è tempo che ci viene ridonato in abbondanza: perché ho in me la forza di Dio.
– “La preghiera è un alibi a un’azione coraggiosa. Meglio agire che pregare”.
Della cultura dell’efficentismo siamo figli anche noi. Il Medio Evo si chiedeva il perché; il Rinascimento il come; il mondo moderno il quanto.
Il momento della preghiera non è evasione, ma invasione di Dio nella mia vita. E il tempo della preghiera è quello in cui lasciamo entrare il Signore e ci lasciamo trasformare in lui: “Io e non più io” (Benedetto XVI).
Due espressioni belle e vere: “E’ per la preghiera dei cristiani che il mondo sta in piedi” (Aristide l’Apologeta); “L’uomo che prega ha le mani sul timone della storia” (San Giovanni Crisostomo).
E’ solo a partire dalla preghiera che diventiamo capaci di cambiare il mondo secondo Dio; solo dalla contemplazione nasce l’azione efficace.
- Il Signore bisogna trattarlo da Signore
Abbiamo bisogno di alternare preghiera e solitudine con impegno e azione. Fa scuola la saggia Regola di San Benedetto: “Ora et labora”.
Se questo ritmo si spezza non ci possediamo più.
San Tommaso parlerebbe della necessità di “tenersi in mano”: tenere in mano le nostre attività, i nostri pensieri, i sentimenti, le decisioni, i comportamenti,…se stessi.
Passare dal lasciarsi vivere al vivere. Altrimenti diventiamo decentrati, un’accozzaglia di frammenti eterogenei.
Padre Seteria diceva: “Il Signore bisogna trattarlo da Signore!”.
Charles de Foucauld: “Esalarsi davanti a Dio in pura perdita di sé”.
La preghiera non è anzitutto un mezzo per ricaricarsi. E anche e soprattutto un bisogno di amore.
ALLA SCUOLA DELLA TRADIZIONE
Traggo i pensieri che trasmetto da alcuni grandi maestri di vita spirituale e di orazione.
Cominciamo con sant’Agostino. Commentando il Salmo 119, così egli si esprime: <>. E ancora, sempre sant’Agostino: <>. Il grande vescovo di Ippona ci dice, quindi, che la preghiera è anzitutto uno slancio del cuore. Verrà poi anche il resto, ma prima è da sottolineare, nella preghiera, quell’attenzione a Dio che viene dal cuore. Sappiamo che sant’Agostino è conosciuto anche come il dottore del desiderio; in una sua celebre pagina dice che desiderare è già pregare e che chi desidera prega, anche se in quel momento non sta formalmente pregando.
San Girolamo si esprime così: <<Preghi? Sei tu che parli allo sposo. Leggi? È lo sposo che parla a te>>. Sappiamo tutti che Girolamo ha trascorso gran parte della sua vita scrutando, approfondendo, studiando il libro delle scritture. Per nessuno di noi la Bibbia è soltanto un libro; ma per pochi come per Girolamo la Bibbia è stata realmente Qualcuno. È molto interessante, andando in Terra Santa, visitare la grotta dove Girolamo ha vissuto per lungo tempo. Aveva scelto una grotta adiacente a quella della Natività, per ricordarsi che quel libro che andava studiando non era altro che il Signore fatto carne per noi.
Sappiamo bene come, da questo atteggiamento verso la Parola, sia nata la tradizione della Lectio Divina e sappiamo come questo termine Divina non abbia soltanto un senso oggettivo, ma anche soggettivo. Oggettivo, nel senso che si tratta di una lettura che ha come oggetto la parola di Dio; soggettivo nel senso che durante la lettura si realizza un dialogo a due, un cuore a cuore che permette di realizzare un’intimità più grande. La preghiera è proprio questo dialogo d’amore dove si parla e si ascolta in continuità.
Evagrio Pontico ha scritto un trattato sulla preghiera molto grazioso, diviso in 153 piccoli capitoli: fatti a volte di pochissime parole, ma sempre assai profonde. Ricordiamo alcuni di questi brevissimi pensieri: <>. <>. La preghiera è motivo di gioia profonda. Non è così per due persone che si vogliono bene e che trovano il motivo della loro felicità nell’incontrarsi, nello stare insieme, nel dedicarsi il tempo, che tra l’altro vola quando ci si vuol bene? Deve essere così per noi quando ci intratteniamo con Dio. Diadoco di Foticea diceva che nella preghiera “l’uomo raccoglie bracciate di gioia”. Dovrebbe essere così per ciascuno di noi.
Ancora Evagrio Pontico: <>. Ogni incontro umano, se è preceduto e vissuto nella preghiera, diventa un incontro con Dio.
Ancora Evagrio: <>. La preghiera non è il dedicare qualcosa di superfluo al Signore, uno scarto del nostro tempo, dei nostri interessi, delle nostre occupazioni; la preghiera è dedicare le primizie del nostro tempo, dei questi nostri interessi, delle nostre occupazioni a Dio.
Massimo il confessore dice in un suo scritto: <>. La potenza della preghiera è capace di trasformare il cuore, anzi di trasformare tutto l’uomo in modo da renderlo simile a Dio. Questa è la forza della preghiera cristiana.
Un autore antico, originario della Siria e vissuto secolo IX: si chiama Joseph Busnaya. Monaco in Siria, il suo direttorio monastico dà molte interessanti indicazioni sul tema della preghiera. Ne raccolgo una tra le molte: <>.
Il tema del ricordo di Dio è un tema tipico dell’Oriente cristiano basti: pensare a tutta la tradizione monastica orientale che ha trovato una voce particolarmente espressiva nell’insegnamento di Cassiano. Il grande tema del ricordo di Dio è stato anche approfondito anche da Charles de Foucault che, con una felice formula, dice: “pregare è pensare a Dio amandolo”.
Di Busnaya mi piace ricordare anche un piccolo e simpatico racconto proprio a riguardo del tema della preghiera. Dice questo monaco che c’era uno spirito cattivo mandato per una missione. A un certo momento del suo percorso si trova vicino a un anziano monaco che è assorto in profonda preghiera, si ferma vicino a lui in attesa che smetta di pregare; ma il monaco non smette e, a un certo punto lo spirito ritorna da dove era partito. Tornato al luogo di partenza, viene interrogato da chi lo aveva mandato sul motivo del suo ritorno e della mancata missione. Lo spirito risponde: “Io aspettavo che quell’anziano monaco smettesse di pregare, ma neppure per un istante ha interrotto la sua preghiera, e così sono dovuto tornare”. Ecco la forza della preghiera! Non ci è difficile qui ritornare con la mente alla parola di Gesù, quando dice che certi demoni non si scacciano se non con la preghiera. Ricorriamo alla potenza del dialogo con Dio anche per scacciare certi demoni che vivono dentro di noi, certe tentazioni che sfidano la nostra libertà.
Giovanni Damasceno. Ha una definizione famosa per quanto riguarda la preghiera, affermazione che sarà ripresa anche da san Tommaso e rimasta molto cara a tutto il mondo orientale: “La preghiera è un’elevazione della mente a Dio”. Viene suggerita l’idea di un’impennata ardita come stile e risultato della preghiera; colui che prega si innalza verso le vette della vita interiore, è uno che si libra negli spazi aperti dell’infinito. In questa idea di elevazione è sottintesa un’altra idea che è precedente l’elevazione e cioè una discesa: l’uomo può elevarsi a Dio perché Dio prima è disceso verso di lui. Dio è l’Emmanuele, colui che è con l’uomo e per cui l’uomo può elevarsi fino alle vette di Dio.
Bernardo di Chiaravalle. Egli ha moltissime annotazioni in tema di preghiera. Ne raccolgo solo due che si richiamano a vicenda. “I tuoi desideri” dice Bernardo, “gridino a Dio”. E poi: “La preghiera è una pia tensione del cuore verso Dio”.
E’ sottolineato il tema del desiderio, un tema profondamente biblico. Già nel libro del profeta Daniele al capitolo 9, si parla dell’uomo dei desideri. Poi pensiamo ai salmi, ad esempio il Salmo 38: “Davanti a te è ogni mio desiderio”.
Il desiderio è anche un tema caro ai padri: pensiamo per esempio a sant’Agostino, a san Bernardo e san Gregorio Magno. Agostino dirà che esiste un vero e proprio parto del desiderio. Con questa affermazione il vescovo di Ippona vuol dire che il desiderio crea nel cuore dell’uomo uno spazio per accogliere il Signore che viene. Questo tema è stato caro anche ai santi: ricordiamo, tra gli altri, santa Teresa d’Avila: <>. Per concludere ricordo quello che dice san Tommaso: con il suo equilibrio afferma con sorprendente sobrietà stupende verità. Dice Tommaso: <>. Il punto di partenza è l’amore, il punto d’arrivo è la gioia, in mezzo sta il desiderio, come ponte tra queste due sponde del cuore dell’uomo.
San Francesco d’Assisi è stato un uomo molto pratico e, per quanto riguarda la preghiera, non ci ha lasciato dei trattati; la preghiera però l’ha vissuta con una singolare profondità. I suoi biografi ci lasciano questa descrizione bellissima: Non tam orans quam oratio factus. Non tanto ha fatto preghiere, ha pregato, quanto piuttosto è diventato preghiera. In Francesco c’è una simbiosi stupenda tra preghiera e vita, la sua vita e la sua persona sono diventate preghiera.
San Bonaventura. In una sua pagina troviamo una bellissima immagine, con la quale afferma che la contemplazione, e quindi la preghiera, è paragonabile a un’esposizione alla luce di Dio. È come se l’uomo fosse un pianeta che si rivolge verso il sole, ne resta illuminato e, a sua volta, diventa fonte di luce. Usando un’altra immagine simile, Bonaventura dice che l’uomo in preghiera è come il girasole che si rivolge senza interruzione al sole divino bevendone avidamente la luce.
Guglielmo di Saint-Thierry. Sappiamo che è stato un grande amico di san Bernardo e nello stesso tempo il suo biografo. Con lui ritorniamo al filone della spiritualità cistercense. Ricaviamo un significativo pensiero di Guglielmo sulla preghiera, dalla lettera che egli stesso scrisse ai monaci di Mont Dieu e che è conosciuta come “la lettera d’oro”. Scrive Guglielmo: <>.
Come notiamo, a differenza di quanto abbiamo incontrato fino a questo momento, qui siamo di fronte al tentativo di mettere insieme le diverse componenti che della preghiera cristiana. Anzitutto si afferma che la preghiera è un rapporto d’amore e che il dialogo misterioso con Dio non è comprensibile al di fuori della logica di un rapporto d’amore. Questo rapporto genera tre situazioni spirituali. Prima di tutto un’unione profonda, una intima comunione di cuori. Al proposito viene in mente l’immagine tanto cara al santo Curato d’Ars, che paragonava colui che prega alla cera che si fonde al calore della fiamma. Il rapporto d’amore tipico della preghiera spinge poi a cercare la presenza di colui che si ama. La preghiera, in questa luce, è una vera esperienza di gioia; anzi, Guglielmo usa un altro termine, il termine latino fruitio che esprime qualcosa di più della semplice gioia come noi la intendiamo: indica, infatti, un godimento dello spirito molto profondo e molto intenso. Per concludere, quasi a suggello di queste successive tappe interiori, nell’intimo irrompe la luce divina. Ecco questi quattro elementi che secondo Guglielmo sono la sintesi della realtà dell’orazione.
Veniamo a san Tommaso d’Aquino. C’è da dire che Tommaso, sempre molto sobrio nella forma espressiva, è sempre anche estremamente profondo e luminoso in quello che afferma. Ascoltiamo una sua riflessione molto suggestiva: <>. È importantissimo questo rovesciamento di prospettive, perché significa almeno due cose. Anzitutto che la preghiera serve a me perché mi fa prendere coscienza della mia situazione, del mio bisogno di Dio, dell’esigenza profonda che è scritta nel mio cuore e che si chiama Dio. Poi, che la preghiera non è fatta per tirare Dio dalla mia parte, ma è per mettere me stesso dalla parte di Dio e cioè inserire me stesso nel progetto che lui ha su di me. La preghiera non piega Dio alla mia volontà, piega me alla volontà di Dio. C’è un film abbastanza recente intitolato “Viaggio in Inghilterra”, nel quale uno dei personaggi è un fervente professore anglicano, sposato; a un certo punto la moglie si ammala molto gravemente di tumore Il marito prega per la sua guarigione, ma si rende conto di non essere esaudito nella sua richiesta, perché la moglie progressivamente si aggrava e alla fine muore. Dopo un certo periodo parla con un suo amico e dice: <>. È una bellissima definizione di quello che in realtà è la preghiera e riprende fedelmente il pensiero di san Tommaso: la preghiera opera il miracolo del cambiamento di colui che prega nell’orizzonte di Dio, della sua volontà e del suo progetto.
Maestro Eckhart. Dice così a proposito della preghiera: <<Perché preghiamo? Perché Dio nasca nell’anima e l’anima rinasca in Dio. La preghiera è un essere tutto intimo, tutto raccolto e uno in Dio: questa è la grazia, questo significa “Dio con te”>>. La preghiera è sempre una nuova nascita perché determina un nuovo ingresso di me nella vita di Dio. Ogni volta che noi ci mettiamo autenticamente a pregare si rinnova, nel segno di un approfondimento continuo, la grazia battesimale, cioè il nostro essere nella vita di Dio. Ogni volta che preghiamo la nostra anima rinasce in Dio. Preghiamo perché Dio nasca nell’anima. Sembra un pensiero un po’ azzardato, ma deve essere accolto all’interno della tradizione patristica, che ha sempre parlato della nascita del Verbo nel cuore di colui che ascolta; con l’ascolto della Parola di Dio, avviene una nuova nascita di Dio nel cuore dell’uomo.
Raimondo Giordano, vissuto nel XIV secolo. Egli dice: “La preghiera è espressione d’amore: chi non ama, non prega, chi non prega, non ama”. È messo in evidenza l’indissociabile rapporto tra pregare e amare. Chi non sente il bisogno della preghiera ha la prova certa che l’amore per Dio si sta spegnendo. Il desiderio e il bisogno di pregare sono invece il segno di un cuore che ama.
San Francesco di Sales. Egli dice che la preghiera “è un colloquio del cuore con Dio… noi parliamo con lui e lui, a sua volta, parla con noi; noi aspiriamo a lui e respiriamo in lui e reciprocamente egli inspira in noi e respira su di noi” È bello questo intreccio tra noi che aspiriamo a lui e respiriamo in lui, e lui che inspira in noi e respira su di noi: è bello perché dice la profonda comunione di vita che si realizza con Dio nel momento della preghiera.
Il pensiero di san Francesco sulla preghiera è completato da quanto si dice di santa Gertrude, in un inno della liturgia delle ore monastica: <>. Si ripropone di nuovo l’intreccio dei respiri a esprimere la grande, intima, profonda comunione che si realizza tra il cuore dell’uomo e il cuore i Dio al momento della preghiera.
Un autore che ha scritto tanto ed è stato un grande maestro di dottrina spirituale per il suo tempo: si tratta di Lorenzo Scupoli vissuto nella metà del 1500. Dice così a proposito della preghiera: <>. La preghiera è un’arma invincibile che abbiamo nelle nostre mani, perché chiama Dio a combattere con l’orante e per l’orante. Ricordare questo aspetto della preghiera nel momento in cui gli esercizi spirituali volgono alla fine, significa da una parte trovare un motivo di grande conforto al pensiero del cambiamento di vita che siamo chiamati a realizzare, e d’altra parte che la preghiera è il segreto di tutta la vita spirituale.
UN TENTATIVO DI SINTESI
- Un intimo rapporto personale
Alla base della preghiera ci deve essere un rapporto di amicizia. Per noi il Signore non è una dottrina, né un’idea, ma una Persona viva con la quale si entra in rapporto di confidenza e intimità. E’ qualcuno che conta e senza del quale non si può vivere: “Per me vivere è Cristo” (Fil 1, 21). In quanto tale il rapporto con Dio deve prendere tutta la mia vita e non solo una parte di essa. Rimaniamo afferrati, conquistati, vincolati
- Un fatto di amore
E’ un movimento del cuore. No bastano le formule, disabitate dall’amore. Ogni formula non può che veicolare amore - L’amore ha sete di presenza
E’ esigenza fondamentale della psicologia umana, ma è anche esigenza fondamentale dell’amore di Dio.
Lui per primo, il lontanissimo, si è fatto vicino, esprimendo il desiderio infinito di presenza. Il Natale è la manifestazione del desiderio di Dio di essere presente all’uomo. E la Bibbia, in fondo, è la storia di una serie di incontri nei quali Dio si rende presente.
Noi spesso siamo distratti e viviamo come una sorta di ateismo, quello di chi non si accorge della presenza di Dio. Nella preghiera siamo chiamati a vivere una concentrazione di presenza. La richiesta orante del sentimento della presenza di Dio (La disciplina dell’arcano antica).
La preghiera non può avere inizio se non da questo sentimenti di presenza. Un filosofo ebraico a detto: “La preghiera comincia nel preciso istante in cui Dio cessa di essere un egli e diventa un tu”.
E sant’Ambrogio dice: “Mi incontro con lui faccia a faccia”.
L’ “eccomi” di Maria è il sentimento della presenza di Dio.
“Le sue pupille scrutano ogni uomo”: Dio mi guarda e io mi sento avvolto dal suo sguardo, intenso per conoscenza e per amore. “Gesù fissatolo lo amò” (Mc 10, 21).
Diceva padre Semeria: “Davanti alla bellezza di Cristo non bisogna ragionare, ma guardare e cantare”.
L’esperienza del Santo Curato d’Ars: “Io lo guardo e Lui mi guarda”.
Nella Genesi si dice di Enoch: “Camminava alla presenza di Dio” (6, 9).
- Il dialogo della vita
– La grazia del silenzio: “Il mio silenzio parla a te”, dice l’Imitazione di Cristo.
Il silenzio può essere il vertice di un dialogo. Elisabetta della Trinità lo ha definito “l’estasi dell’amore”.
– Pregare è soprattutto ascoltare
-Pregare è soprattutto lodare: “Cantare amantis est”, dice Sant’Agostino.
FARE DELLA VITA UNA PREGHIERA
– Nella vita di San Francesco di Sales si racconta che un giorno il santo ha incontrato la Chantal, la quale gli ha chiesto se avesse fatto orazione, ed egli ha risposto: “No, figlia mia, oggi no”, e mostrando un pacco di lettere ha detto: “Ho fatto ciò che vale altrettanto”.
Ma poteva dire così perché tutta la sua vita era preghiera e perché pregava moltissimo ordinariamente.
-Padre Peyriguère, discepolo di De Foucauld: “Forse, non faccio mai così bene orazione quanto nelle lunghe e stressanti giornate passate in mezzo a questa brava gente che mi assedia, che mi succhia alla lettera. Vedere Gesù in ogni essere umano. Come è reale Cristo, come è terribilmente reale quando si presenta sotto le specie di uno dei nostri fratelli infelici! Allora passare la giornata a curare la carne stessa, è diventare contemplativi”.
Ma poteva dire così perché passava ore e ore ad adorare l’Eucaristia, anche di notte.
Solo così l’azione diventa incandescente di carità.
L’intimo legame tra preghiera e vita
L’amore.
Agostino dice che è il grido che non tace mai. E’ così, perché l’amore domina tutti gli spazi della vita e anche le azioni più banali hanno la loro radice in quell’amore.
L’accettazione della volontà di Dio.
Santa Teresa di Lisieux: “Amo tutto ciò che egli fa”.
Il sacrificio spirituale.
L’offerta generosa di tutto a Dio, dicendo: “Signore io vivo per te”.
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Riusciremo a pregare così?
Evagrio dice: “Dio dà la preghiera a colui che prega”
E’ vero: a pregare si impara pregando.
- Mounier ha scritto: “O Dio Padre, nelle dispute che si scatenano in fondo a me, sii tu sempre la mia maggioranza”.
INDICAZIONI DI METODO
Un ammonimento di partenza
Un girono disse il discepolo al maestro: “Non capisco, mi è difficile pregare e pregare bene”. E il maestro rispose: “Spesso non preghiamo bene perché preghiamo mali, male, mala”.
Spesso è proprio così: chiediamo “mali”, cioè con il cuore cattivo; “male”, cioè in modo sbagliato; “mala”, cioè chiedendo cose sbagliate.
Preghiamo con il cuore cattivo. Come si può entrare in relazione con Dio se il nostro cuore è distante da lui? E’ per questo che la Chiesa ci fa fare l’atto penitenziale ogni volta che iniziamo la Messa.
Preghiamo chiedendo cose sbagliate e inutili. Ricordiamo quanto afferma il Signore nel Vangelo: lì domanda di chiedere prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, perché il resto ci sarà dato. Spesso, invece, ci attardiamo nella richiesta di cose superficiali e non importanti. Ciò che deve diventare contenuto della nostra preghiera è Dio, l’incontro con il suo mistero di salvezza, la nostra santità, il bene autentico delle anime.
Preghiamo in modo sbagliato.
Ricordiamo a questo proposito alcuni piccoli-grandi accorgimenti per la nostra vita di preghiera.
Anzitutto il silenzio. Non c’è preghiera senza silenzio: il silenzio esteriore, certamente; ma anche il silenzio interiore, quello grazie al quale liberiamo il cuore da voci, rumori, legami, affetti che impediscono a Dio di farsi sentire da noi.
E poi la verifica della preghiera. La nostra preghiera deve essere verificata, secondo il grande insegnamento di Sant’Ignazio. E la verifica tende a mettere in luce le difficoltà che abbiamo incontrato, le ispirazioni che abbiamo ricevuto, i propositi che abbiamo fatto…Non c’è preghiera in crescita senza una puntuale verifica di essa.
Infine la fedeltà. La nostra preghiera cresce nella misura della fedeltà con la quale la viviamo ogni giorno. Fedeltà significa rimanere fermi nella preghiera in ogni circostanza della vita: sia quando pregare è semplice e sia quando pregare è più difficile, faticoso e arido.
Dunque, silenzio, verifica e fedeltà. Sono alcuni accorgimenti senza dei quali non si può progredire nella via della preghiera.
Alcune metodologie
Sono molti i metodi della preghiera. Anzi, possiamo dire che sono tanti quanti sono gli oranti. Questo sta a significare che ciascuno è chiamato a trovare la propria via alla preghiera.
Tuttavia la Chiesa ci dona alcune vie maestre, che poi sono quelle percorse dai santi, dai maestri di spirito, dai grandi della vita spirituale che ci hanno preceduto e rispetto ai quali siamo come nani su spalle di giganti. E’ per questo che è sempre molto importante attingere ai grandi che ci hanno preceduto per ripercorrerne almeno in parte il cammino.
La meditazione
La preparazione, con il disporsi alla presenza di Dio l’invocazione allo Spirito Santo. E? bene preparare il testo la sera prima per fare in modo che quel testo ci diventi familiare e anche durante la notte il Signore ci possa istruire.
Le meditazione, attraverso la lettura attenta. Secondo l’insegnamento di Sant’Ignazio non conta il sapere quanto il gustare e il sentire. La lettura, dunque, sia lenta e su un testo breve. Mettere poi in relazione con la vita concreta la parola meditata.
La conclusione comporta sempre un impegno con il quale prolungare la meditazione nel corso della giornata.
Lectio divina
Guigo il Certosino ci consegna questo grande metodo che passa attraverso quattro stadi: oratio (ascolto della Parola), meditatio (la Parola viene custodita nel cuore), oratio (dal cuore nasce la risposta alla Parola custodita), contemplatio (la Parola diventa criterio ala luce del quale vivere. Il più bell’esempio di lectio divina lo troviamo nella pagina evangelica dell’Annunciazione: Maria vive una straordinaria esperienza di lectio divina: ascolta la parola di Dio, la custodisce nel cuore e la rumina interrogandosi su di essa, risponde a quella Parola con il suo eccomi, fa diventare quella Parola vita della sua vita.
La preghiera del cuore
Detta anche la preghiera di Gesù perché nasce a partire dal testo evangelico in cui Gesù nell’orto degli ulivi prega ripetutamente il Padre perché lo liberi dall’ora prova, pur volendo fare solo la sua volontà.
E’ preghiera del cuore perché vuole orientare il cuore verso Dio con la ripetizione di preghiere brevi.
Si procede per gradi. Anzitutto si porta l’immaginazione su qualche brano del vangelo che ci fa vedere Gesù in preghiera e al contempo si entra in quella scena portandovi il proprio stato d’animo. Quindi si comincia a ripetere lentamente una breve preghiera (es. Signore Gesù abbi pietà di me), facendo in modo che all’espressione vocale corrisponda la partecipazione del cuore. Al riguardo può essere di aiuto legare la preghiera al ritmo del respiro: aspirare dicendo Signore Gesù, espirare dicendo abbi pietà di me.
La preghiera del cuore risponde alla grande domanda di come poter pregare senza stancarsi mai, secondo l’invito del Signore.
Adorazione
Adorare significa esprime il grado più alto e intenso dell’amore. Nell’adorazione rimetto Dio al primo posto e in tal modo ritrovo anche l’ordine che avevo smarrito nel corso della vita. Quando Dio rioccupa il posto che gli compete anche tutto il resto ritrova come d’incanto l’ordine di importanza che gli spetta. Adorare avviene nel silenzio carico di lode, ringraziamento, stupore, meraviglia. E’ la preghiera di chi si ferma e rimane senza parola di fronte alla bellezza dell’amato. In questo senso colui che adora deve fare in modo che il proprio corpo assuma un atteggiamento capace di tradurre i sentimenti che sta vivendo. Tipico è il comportamento di Mosè davanti al roveto ardente.
E qui si apre il grande discorso dell’integrazione della corporeità nell’esperienza della preghiera. Corporeità da intendersi come la pienezza della dimensione umana che entra nel dialogo con Dio. La stessa liturgia ci è maestra da questo punto di vista. I gesti liturgici sono una modalità alla portata di tutti perché quanto si vive nel cuore trovi espressione anche nel corpo. C’è come un circolo virtuale tra anima e corpo: il corpo aiuta l’anima a esprimersi e l’anima fa in modo che il corpo sia ripieno di ciò che essa vive.
Ciascuno è chiamato a trovare le posizioni e le modalità più idonee a tradurre nella propria umanità concreta ciò che vive nell’intimità della propria vita interiore.
Si pensi alla gestualità della mani, del corpo che sta in piedi o seduto o in ginocchio o prostrato, dello sguardo…
La tradizione medievale ricorda le 9 maniere di pregare di San Domenico:
-inchinarsi davanti all’altare o al crocifisso
-prostrazione sul pavimento
-in modo penitenziale con la disciplina
-in ginocchio
– in piedi con le mani aperte
-con le braccia a forma di croce
-con le mani giunte e protese al cielo come freccia appuntita
-seduti con la Bibbia aperta davanti agli occhi
-in cammino insieme ai propri fratelli
Davanti alle icone
La preghiera davanti alle icone completa la grande esperienza della preghiera cristiana. Ciò che caratterizza la preghiera sulla Parola è l’ascolto; ciò che caratterizza la preghiera sull’icona è l’incontro con l’immagine. In fondo la complementarietà della preghiera di ascolto e di incontro riflette la pienezza dell’esperienza cristiana, fatta di ascolto e di esperienza, di accoglienza della Parola e di visione di una Presenza.
La preghiera davanti all’icona sollecita il nostro sguardo, il linguaggio degli occhi. E può essere molto utile accompagnare l’ascolto del brano evangelico cui l’icone si riferisce con la contemplazione dell’icona stessa. Allora ascolto e visione diventano il duplice momento di un’unica esperienza orante.