Scuola di formazione di base.
Il Credo.
Vicariato di Sestri Ponente
Ricevere il nuovo Credo
Un rito antico da ripetere nella vita
– Il “Sabato in traditione Symboli” è un rito che risale ai primi secoli della Chiesa, quando molti pagani si convertivano al cristianesimo in età adulta. Chi chiedeva di ricevere il battesimo doveva fare un serio cammino di preparazione (catecumenato). Vero la fine di questo cammino, all’inizio della settimana santa, otto giorni prima di essere battezzati nella veglia pasquale, ai catecumeni veniva consegnato (traditio) il Simbolo della fede, il Credo, perché lo imparassero a memoria e ne assimilassero la verità..
– Nel IV secolo, ai tempi di Sant’Ambrogio, la “traditio” veniva celebrata la domenica precedente la Pasqua, durante la Messa, a conclusione della liturgia della Parola, dopo l’omelia. I catecumeni, dopo aver ricevuto il Simbolo, lo dovevano imparare a memoria. Non potevano però trascriverlo.
Tale proibizione era dovuta al fatto che, nei primi secoli, tutti i fedeli erano obbligati a tenere segrete e riservate alcune formule proprie della fede cristiana e tra queste c’era il Credo. Questa proibizione aveva anche un interessante valore educativo. Ecco che cosa dice in un’omelia Sant’Ambrogio: “Desidero che voi siate chiaramente ammoniti ce il simbolo non deve essere scritto, perché lo dovete restituire. Ma nessuno lo scriva. Per quale motivo? Lo abbiamo ricevuto alla condizione che non debba essere scritto. Ma che si deve fare? Saperlo a memoria…Si può ricordare di più se non si scrive… Ciò che scrivi, infatti, non lo ripassi più meditandolo ogni giorno, perché non ti preoccupi, pensando di poterlo sempre rileggere. Al contrario, ciò che non scrivi, temi di dimenticarlo, e così cominci a ripassarlo ogni giorno” (La spiegazione del Credo, 9).
Dopo averlo imparato a memoria e assimilato, i catecumeni dovevano restituire il Credo prima di ricevere il Battesimo nella veglia pasquale. Era questo il rito della “redditio Symboli”.
– A cominciare probabilmente dal V secolo, a imitazione d quanto già avveniva nella Chiesa di Gerusalemme, la domenica precedente la Pasqua divenne anche in Occidente il giorno commemorativo dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme trasformandosi così nella Domenica delle Palme. Per questo motivo il rito della consegna del Simbolo fu anticipato al sabato precedente. Di qui il nome “Sabato in traditione Symboli”.
– Successivamente, con la progressiva cristianizzazione della società, il battesimo venne regolarmente dato ai bambini. Venne meno così il catecumenato e anche i riti a questo connessi.
Nonostante questo la liturgia ambrosiana ha conservato questo rito.
E per noi, la scuola è occasione per rivivere una nuova consegna del Credo in vista di una sua assimilazione più intensa, anche per la vita. Il Credo è il segno distintivo del crisiano.
Anche oggi, d’altronde, gli adulti che si preparano al battesimo, ricevono dalla Chiesa il Credo. Il rito dice così:
“Carissimi: ascoltate le parole della fede
per mezzo della quale riceverete la nuova vita in Dio.
Sono poche parole, ma contengono grandi misteri.
Accoglietele e conservatele con cuore sincero.
Io credo in Dio Padre onnipotente
creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,
fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo,
siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.”
Riconsegna per assimilare la regola di una vita vissuta da cristiani.
Questa è la nostra fede!
Il Credo e il nostro Battesimo
Abbiamo ascoltato il riferimento al Battesimo.
-E’ necessario tornare al momento del triplice interrogativo:
credi al Padre?
credi al Figlio?
credi allo Spirito Santo?
Nella liturgia battesimale antica a ogni risposta (Sì, credo) il candidato veniva immerso nell’acqua del fonte battesimale.
La triplice interrogazione è inseparabile dalla domanda che Gesù rivolgeva nel Vangelo: “E voi chi dite che io sia?” Nel Battesimo è Dio che pone di nuovo a me la domanda. Rileggere il rito del Battesimo, vederlo vissuto da altri (bambini o la notte di Pasqua)
-In questa domanda Dio si fa incontro all’uomo:
chi sono io per te? mi vuoi seguire?
indica la strada e invita camminare con lui (Sant’Ignazio: con lui, come lui)
-Soffermarsi sul Credo per riscoprire:
chi siamo diventati
chi siamo
chi dobbiamo diventare
Solo il mistero di Dio rivela il mistero dell’uomo. San Francesco e la duplice domanda notturna.
Il Credo e l’impegno per la vita
Il Credo è dunque inseparabile da un impegno di vita, come abbiamo detto.
non un manuale, un fascicolo di istruzioni
è da iscrivere nel cuore e deve animare l’agire quotidiano
dire “Io credo” significa stabilire una relazione di fiducia e di consegna
gratuità, libertà, razionalità (anche come ingresso nel pensiero di Dio)
i nostri fratelli delle Chiese antiche
non un testo scritto, ma una trasmissione orale: ricevuto e consegnato
il martirio per consegnare nella pienezza della verità
attestare la verità, l’amore e la bellezza della fede in Dio
i martiri di ieri e di oggi, i missionari di ieri e di oggi
(San Francesco Saverio, Saturnino il giovane negli Atti dei martiri)
Io credo, noi crediamo
– Maurice Clavel, un convertito, dice: “Io esisto solo se Dio mi dà del tu”.
Dio si rivolge personalmente a ogni uomo: Io credo!
– Ma c’è anche una dimensione comunitaria della salvezza: la famiglia. Quindi: noi crediamo!
Non si dice mai il credo da soli, ma sempre nella fede di una Chiesa che precede e che sorpassa.
La fede è sempre comunitaria perché nessuno può darsi la fede da solo. Tutti la riceviamo da altri, che ce l’hanno tramandata, e noi stessi, a nostra volta, la possiamo e dobbiamo trasmettere ad altri. “E’ innanzitutto la Chiesa che crede, e che così regge, nutre e sostiene la mia fede. E’ innanzitutto la Chiesa che, ovunque, confessa il Signore, e con essa e in essa anche noi siamo trascinati e condotti a confessare: ‘Io credo’, ‘Noi crediamo’. Dalla Chiesa riceviamo la fede e la vita nuova in Cristo mediante il battesimo” (CCC n. 168).
Il modo di recitare in chiesa il credo.
In comunione con la Chiesa: quella degli apostoli, dei martiri, dei concili, dei teologi, della nostra nascita e del nostro tempo; quella che è diffusa in tutto il mondo e che è cattolica.
– Insieme di affermazioni in cui è sedimentata la “memoria di una lunga storia” di Dio con gli uomini. “Tesoro prezioso” del ricordo di gesti di Dio con gli uomini. “Album di foto di famiglia”.
Quanto diciamo nel credo ci appartiene davvero!
Perché esiste il Credo? Il valore delle formule di fede
I vangeli come racconto pensato e ispirato della vita del Signore. La trasmissione orale e la necessità di scrivere.
La necessità di formule che facciano sintesi della fede professata.
L’esempio di Paolo che nel 51, prima dei Vangeli, per dire la propria fede fa teologia, condensa in alcune formule. Il bisogno di esprimere la persona e la vita di Gesù, la verità del mistero della salvezza.
“Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Romani 10, 9).
“Vi ho trasmesso…, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici” (1 Corinzi 15, 3-5).
I motivi del nostro Credo:
- comprendere meglio ciò che crediamo
- per annunciare la fede al mondo: una guida per abbracciare la via di Cristo
- per unire i credenti in Cristo: “una sola grande famiglia” (Ireneo di Lione)
nella diversità, lui che viene dall’Asia minore e predica a Lione
La fede “è – come diceva Paolo VI – un atto che si fonda sul credito che noi diamo al Dio vivente; è l’atto di Abramo che credette a Dio e che da ciò trasse salvezza…; è un atto insieme di convinzione e di fiducia, che pervade tutta la personalità del credente e impegna oramai la sua maniera di vivere. Ma la fede si riferisce anche a un complesso di dottrine, di dogmi oggettivi; la fede è non solo l’atto per cui noi crediamo; è anche la dottrina a cui noi crediamo; è ciò che abitualmente chiamiamo il credo” (Udienza generale del 19 aprile 1967)
Simbolo, dal greco symbolon (la metà di un oggetto): segno di riconoscimento e di comunione tra i credenti. Poi passa a significare “sommario”, raccolta delle principali verità della fede.
“Noi crediamo non in alcune formule, ma nella realtà che esse esprimono e che la fede ci permette di toccare”. E tuttavia queste stesse realtà in cui crediamo “noi le accostiamo con l’aiuto delle formulazioni della fede”, le quali “ci permettono di esprimere e di trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di assimilarla e di viverne sempre più intensamente” (CCC n. 170).
Articoli: per indicare le diverse articolazioni dell’unico organismo.
La struttura trinitaria
Comprensione del mistero trinitario come realtà vivente e vivificante
L’aiuto della liturgia della Chiesa: la conclusione della preghiera liturgica, la dossologia alla fine della preghiera eucaristica.
E’ la risposta al disegno di Dio sull’uomo e sulla storia.
Dal Padre al Figlio nello Spirito; dal Figlio al Padre nello Spirito
L’opera di salvezza è inventata dal Padre e, nel suo primo atto, si estende dalla creazione alla risurrezione di Gesù. Lo Spirito prepara la venuta di Gesù e la accompagna nel tempo della Chiesa
Il credo nella storia
-Il piccolo credo o simbolo degli apostoli è un antica professione di fede della Chiesa di Roma.
La tradizione: redatto dagli Apostoli a Gerusalemme prima della loro dispersione. Nell’abbazia di Hauterive in Svizzera si possono vedere i seggi sui quali stanno gli apostoli tenendo in mano una piccola bandiera che proclama la frase del Credo che gli tocca.
Già Sant’Ambrogio attesta questa tradizione.
Per dire che la fede che proclamiamo è sempre quella dei compagni di Gesù.
-Nella primavera del 325 trecento vescovi, quasi tutti orientali, in risposta alla convocazione dell’Imperatore Costantino, entrano nel palazzo imperiale di Nicea, sulle sponde del Mar Nero, c’era anche il vecchio Pafnuzio, che aveva avuto l’occhio accecato dai torturatori. I giovani vescovi, commossi accarezzavano le sue palpebre. Condanna del prete Ario di Alessandria che rendeva il Figlio inferiore al Padre. Poi l’Imperatore volle un testo comune della fede: chi rifiutava di firmare sarebbe stato punito con l’esilio.
I vescovi alla fine fecero propria la confessione di fede della Chiesa di Cesarea di Palestina, presentata dal suo vescovo, Eusebio di Cesarea: con la famosa parola “consostanziale”. La parola sarà difesa da Atanasio.
-Nel 381 si tiene un Concilio locale a Costantinopoli. Basilio di Cesarea è morto da due anni, ma il suo spirito aleggia insieme a Gregorio di Nazianzo. Precisare la divinità dello Spirito Santo a fronte di qualche movimento contrario: i vescovi ampliano il testo in “che è Signore è dà la vita”.
-Nel 451 a Calcedonia, sulle rive del Bosforo, viene confermato nella versione ritoccata e proclamato il Credo di tutte le Chiese. E’ il Credo nostro.
Che cosa ci proponiamo?
Contenuto dottrinale, dimensione culturale e di vita, supporto alla preghiera e alla vita spirituale.
IO CREDO
Il Simbolo comincia così. Si tratta di due semplici parole che racchiudono in sé la grandezza vertiginosa di un mistero.
- manifestano la ricchezza di un rapporto
- indicano la serietà e l’impegno di una decisione personale
- dicono l’assunzione di un atteggiamento e di un orientamento della vita
- rimandano a un contenuto, a una serie di affermazioni accolte come vere
- sono professione chiara e determinata di fede
La fede: dimensione della vita dell’uomo
-Parlare di fede significa parlare di una dimensione inevitabile della vita umana.
Chi non ha mai provato a fidarsi di qualcuno, a ritenere per vere alcune cose?
L’espressione “credo” fa parte del nostro linguaggio quotidiano.
Con le parole “ti credo” diciamo un nostro modo di metterci di fronte a una determinata persona: la riteniamo degna di fiducia, convinti che dice la verità.
-Già da un punto di vista umano la fede è un atto con cui il singolo accetta e riconosce come vera la parla detta da un’altra persona.
La riconosce come vera perché si fida, ritenendola credibile.
In questo modo, dicendo “credo” esprimiamo una duplice realtà:
riferimento alla persona
riferimento alla verità
O meglio: riferimento alla verità in considerazione della persona che gode di credibilità.
-Credere è più bello del “vedere” e del “sapere” (si pensi al matrimonio e al fidanzamento)
“Sapere è più bello che vedere. Ma credere è ancor più bello che sapere, poiché nell’atto del credere c’è molto amore. Vedere è un’operazione fatta dai sensi. Sapere è un’operazione fatta dalla volontà, anzi dal più alto grado della volontà, che è l’amore. Ebbene, c’è più nell’intelligenza che non nei sensi; e c’è più nell’amore che non nella sola intelligenza” (J. Guitton, Il mio piccolo catechismo. Dialogo con un bambino).
La fede è qualcosa di naturalmente umano. E sono proprio queste caratteristiche naturali della fede a ripresentarsi, con contenuto nuovo e originale, quando parliamo di fede cristiana.
L’originalità della fede cristiana
Come ogni altra fede religiosa, anche quella cristiana è fede in Dio. Non è però fede in un Dio generico, tanto meno si riduce alla ricerca di un elemento divino senza volto. Quella cristiana è fede in quel Dio che ha il volto preciso del Padre di Gesù Cristo.
-E’ il volto di un Dio che ha parlato, che si è rivelato, che è entrato in dialogo di amore con l’uomo: la fede cristiana è un dialogo interpersonale: è risposta a una parola, a una rivelazione.
-E’ il volto di un Dio che si manifesta in pienezza nella persona e nella vicenda di Gesù di Nazaret: la rivelazione di Dio non consiste nella comunicazione di una teoria o di una serie di verità, ma in una storia concreta che è storia di amore.
L’originalità della fede cristiana è allora il rapporto con Gesù Cristo, il cuore della fede.
Gratuità, libertà, razionalità della fede cristiana
-Dire “Io credo” significa riconoscere con stupore e accogliere con gioia un dono, quello della fede. Proclamiamo che la fede è un dono. Essa non nasce da noi, ma dal fatto che Dio, in modo del tutto inaspettato, ha fatto irruzione nella nostra vita.
-Dire “Io credo” significa anche impegnare la propria libertà, perché per essere umana la risposta della fede data dall’uomo a Dio non può che essere volontaria. Dio si propone, non si impone.
-Dire “Io credo” significa infine coinvolgere e impegnare la propria razionalità.
Il cristiano non chiude gli occhi della propria intelligenza di fronte a Dio e al suo mistero, ma li apre e li mantiene aperti. Il credente sa a chi crede e perché crede. La fede non rinnega la ragione, ma la suppone, la esige, la dilata al massimo. Fede e conoscenza crescono insieme, non sono alternative. Oggi assistiamo al fenomeno della “riduzione della ragione”, a una sua grave patologia (quasi vi fosse solo la ragione scientifica).
La fede è un modo nuovo di conoscere la realtà, di guardare le cose, di interpretare la vita. Anche la fede è un principio di conoscenza: è la scienza di Gesù Cristo, è il pensiero di Cristo assunto come criterio di giudizio, di decisione e di azione.
I tre tempi del Simbolo
Dio Padre, Gesù Cristo. lo Spirito Santo.
Non letti in successione, ma articolati sui diversi tempi del nuovo incontro con Dio.
Al centro del Simbolo sta Gesù Cristo.
Da qui è possibile gettare uno sguardo sul rapporto con Dio fin dalle origini. Così nel primo tempo del Credo Dio ci appare col volto del Padre onnipotente creatore di tutte le cose.
L’incontro con Dio in Gesù è un dono che si rinnova per ogni generazione in virtù dello Spirito Santo: ecco il tempo della Chiesa
-Noi preghiamo il Dio vivente, Dio Trinità: vogliamo conoscerlo, amarlo, vivere di più in lui. Ogni liturgia comincia con il segno della croce, ogni nostra preghiera. Il cuore della fede cristiana è la Trinità.
Con, per, da: modello della vita umana
-La leggenda di Sant’Agostino: il bambino che gioca sulla spiaggia del mare travasando acqua nella buca del terreno.
-Qualcuno ha detto che la Trinità è frutto dell’incontro del cristianesimo con la filosofia greca e il cuore della fede antica; altri, come Kant, che la Trinità è un inutile trastullo teologico.
In verità la questione è quella di Gesù Cristo, vero Figlio di Dio. Si pensi alla questione di Ario, al concilio di Nicea del 325, a sant’Atanasio che per cinque volte viene cacciato dalla sua sede vescovile, ai martiri per la difesa di questa verità di fede.