Lectio Divina – Giovanni 1, 31-51 (traccia)

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Lectio Divina – Giovanni 1, 31-51 (traccia)

Lectio Divina – Giovanni 1, 31-51 (traccia)

I primi discepoli
Istituto Ravasco

 

Lettura del testo

Analisi del testo
Con quale desiderio
“Arca del Testamento, essendo l’archivio della Sacra Scrittura, che se si perdesse, solo lui restituirebbe alla Chiesa” (Sant’Ignazio di San Giovanni d’Avila)

Preambolo (4 annotazioni)

  • Il brano è distribuito in due giornate (vv. 35-42 e 43-51), ciascuna delle quali comprende due scene incentrate su Gesù. Esse fanno seguito a una scena iniziale, in cui il Battista, attorniato dai discepoli, è ancora protagonista.
  • Questi episodi si susseguono con ritmo incalzante, anche se brevi notazioni dell’evangelista lasciano al lettore il tempo di respirare:
  1. 40: “uno dei due…”
  2. 44: “Filippo era…”
  • Vi è un movimento unitario: il fuoco dell’annuncio si propaga progressivamente.
  • Il testo risulta unificato anche dal tema del “vedere”:
    lo sguardo contemplativo del Battista (v. 36)
    la promessa di Gesù (v. 39)
    lo sguardo di Gesù su Simone (v. 42)
    lo sguardo di Gesù su Natanaele (v. 47)
    l’annuncio finale di Gesù (v. 51)

Lo sviluppo del racconto (in sei quadri)
Da Giovanni a Gesù (1, 35-37)

  • Giovanni viene descritto con un imperfetto (“stava ancora là”).
    la fedeltà coraggiosa della sua testimonianza la sua testimonianza è ancora valida, rimane-
  • Gesù non va verso Giovanni e non si sa da dove venga e dove vada, ma Giovanni lo sa: “l’agnello di Dio”
    lo sguardo intenso del Battista: scruta l’essere, non la missione
    “ecco”: coinvolgimento dei discepoli nel suo stesso sguardo
  • I due discepoli si mettono a seguire Gesù perché hanno udito la parola di un testimone. Una parola speciale (“sentendolo parlare così”). Anche per Giovanni l’ascolto aveva preceduto la missione (Dio lo istruisce perché sappia riconoscere Gesù: v. 33 – da leggere).
  • I primi discepoli non sono rappresentati come pescatori, ma come uomini in ricerca, occupati in quel Dio salvatore che hanno voluto attendere presso il Battista.
  • I discepoli seguono il Maestro in senso fisico. Ma questa sequela è anche indice di un ingresso nel sapere, nella saggezza del Maestro.

“Venite e vedrete”… E quel giorno rimasero (1, 38-39)

  • Viene descritto il comportamento di Gesù: mentre cammina si volge indietro. E’ un volgersi alla storia che precede, impersonata dal Battista. E’ la relazione con l’attesa di Israele, che nei due discepoli giunge al suo termine.
  • E’ Gesù che prende l’iniziativa di rivolgersi a loro. L’incontro è sempre una grazia che viene dall’Alto. Il cristianesimo è la visita di Dio salvatore: l’uomo è impotente a salvarsi da solo.
  • Gesù pone una domanda: “Che cosa cercate?”. E’ forse una domanda che aiuta a mettere a fuoco il vero desiderio? O forse intende promuovere questo nel lettore?
    La risposta è nel confronto con la domanda che Gesù rivolge alla Maddalena al sepolcro: “Chi cerchi?” (Gv 20, 15). La replica dei discepoli e della Maddalena chiede un luogo. Gesù risponde indirizzando l’attenzione a Dio: la dimora, luogo della presenza di Dio e della comunione con Lui. Gesù è questa dimora.
  • L’indeterminatezza della risposta di Gesù “Venite e vedrete” lascia spazio a una progressiva esperienza, aperta sul futuro. A un primo dimorare succederà un altro dimorare e un altro vedere più profondo e vero. Si vede solo in conseguenza della sequela.
  •  L’indicazione dell’ora decima (le quattro):
    rimane ancora tempo per l’incontro
    l’ora del compimento (v. Sant’Agostino)

Gesù e Simone (1, 40-42)

  • L’interesse del narratore è quello di dare l’idea di una propagazione dell’annuncio. E’ l’effetto del dimorare con Gesù.
  • La vocazione di Simone sarà quella di essere “roccia”. La parola è imperativa e creatrice, il nome esprime l’essenza della persona e il suo destino. Origene: “Gesù dice che egli si sarebbe chiamato Pietro, traendo questo nome dalla Pietra che è Cristo, poiché come saggio viene da saggezza e santo da santità così allo stesso modo Pietro dalla pietra”.

Gesù e Filippo (1, 43-44)

  • La parola “seguimi” si aggiunge alle altre usate fino a ora da Gesù e indicative di che cosa sia il discepolato:
    “che cosa cercate?”
    “venite e vedrete”
    “sarai chiamato Cefa”

Gesù e Natanaele (1, 45-50)

  • Filippo nel dare l’annuncio unisce due caratteristiche di Gesù in un’unica forma paradossale:
    colui del quale hanno scritto… (il Messia)
    il figlio di Giuseppe di Nazaret
  • La battuta di Natanaele sottolinea un paradosso già evidente per sé. Nazaret è borgata insignificante e in base a una tradizione giudaica si ignorava da dove sarebbe provenuto il Messia.
  • Filippo non cerca di dimostrare nulla a Natanaele, ma lo invita a condividere un’esperienza.
  • Le caratteristiche elencate di Natanaele (“un israelita in cui non c’è falsità”) rappresentano il vero Israele, aperto al progetto di Dio.
  • “Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi”

La tradizione giudaica può illuminare il senso di questa espressione. Si tratta dello studio della legge. Il fico era divenuto nel giudaismo l’albero della conoscenza della felicità e della sventura. Studiando la legge Natanaele si è preparato a incontrare Gesù.

  • “Tu sei il Figlio di Dio, tu sei il Re d’Isarele!”
    Dobbiamo rifarci al salmo 2, 6-7: “Io stesso ho stabilito il mio sovrano… Tu sei mio figlio…”. Intronizzando il re Davide, Dio lo chiamava suo figlio. Natanaele intuisce una singolare prossimità tra Gesù e Dio, come il Messia davidico e Dio.
  • “Vedrai cose più grandi di queste!”
    Gesù riprende la promessa iniziale del “vedere” in forma solenne, indicando che vi è un cammino da percorrere, una rivelazione da scoprire.

L’annuncio dell’Alleanza definitiva
Gesù inizia ripetendo per due volte la formula solenne “In verità”. Così si annuncia una rivelazione molto importante.
Le parole di Gesù vanno comprese nel contesto della Scrittura. Egli rivela il mistero della sua persona e della sua funzione.
Al momento del battesimo si erano aperti i cieli. Ora lo stesso dato è presentato in modo diverso, con il verbo al perfetto: ciò implica non solo l’apertura ma anche la realizzazione permanente. La comunicazione tra cielo e terra è ormai stabilita per sempre.
Risulta evidente il richiamo a Giacobbe e a Betel (Gn 28, 12). Giacobbe, dopo aver imbrogliato il fratello Esaù, si chiede se potrà conservare per sé l’eredità dell’elezione e dell’alleanza. Dio parla a Giacobbe confermandogli la promessa. Ma ora in Gesù si stabilisce l’alleanza definitiva, è Lui la nuova Betel, la nuova casa di Dio. E’ su Gesù che gli angeli salgono e scendono senza la mediazione della scala.

Apertura sulla vita (in quattro punti)
Consideriamo l’Anno della Fede, appena iniziato.

  1. Gesù è l’oggetto della fede, la sua persona, la sua vita.
  2. Qualunque sia la conoscenza che abbiamo di Gesù, il suo mistero rimane sempre al di là e ci spinge d andare più in là.
    Dice Pascal: “Tu non mi cercheresti se non mi avessi trovato”. E’ senza sponde l’oceano verso cui ci trasporta l’incontro con il Signore Gesù.
  3. Rapporto conoscenza – coinvolgimento: la “fides qua” e la “fides quae”.
  4. Il dinamismo interiore della fede che è annuncio, evangelizzazione, per contagio di santità.