Lectio Divina – Luca 10, 30-37 (traccia)

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Lectio Divina – Luca 10, 30-37 (traccia)

Lectio Divina – Luca 10, 30-37 (traccia)

Il buon samaritano
Suore Ravasco

L’approfondimento del testo
Diciamo subito che possiamo leggere il brano da diverse angolature: una di tipo personale-morale, un’altra di tipi cristologico. Accenneremo anche a quella ecclesiologica.

Lettura personale-morale
– Il tenore del dialogo nel quale è inserita la parabola.
Un dottore della legge cerca di impostare il discorso sulla carità in termini teorici. Esisteva una comunità solidale. Chi ne faceva parte? Chi doveva essere considerato prossimo da amare? Gesù risponde facendo riferimento al sapere del dottore. L’altro lo incalza e Gesù, senza cadere nel tranello di inutili ragionamenti astratti, racconta la parabola.

– Si discende davvero da Gerusalemme a Gerico. Il dislivello tra le due città, distanti tra loro 25 km, è di 1000 metri.
Si fa una strada tutta curve, attraverso il deserto di Giuda, luogo ideale per le imboscate dei banditi.
Neppure è casuale che passi di lì un sacerdote o un levita. Salgono a Gerusalemme per il servizio nel tempio e tornano a Gerico una volta concluso il loro ministero.

– I personaggi.
I briganti e l’albergatore non sono i personaggi centrali. Sono comparse, per lo meno a una prima lettura.
I personaggi che ora ci interessano sono il malcapitato e coloro che vi si imbattono.
Il malcapitato è importante nella misura in cui lo identifichiamo con un giudeo
Il sacerdote e il levita mantengono le distanze e, per passare oltre, forse evitare di dover interrogarsi, si portano dall’altra parte della strada. Forse per indifferenza.
Sono consacrati a Dio e la loro occupazione è il culto. Qui la dimensione verticale, la religiosità è male intesa in quanto non contempla l’amore al prossimo.
Forse hanno anche avuto paura. Capita.
Poi c’è il samaritano. Qui tutti dovettero farsi attenti e il passaggio dovette destare stupore. Gesù parla di un eretico, di un emarginato dalla comunità d’Israele, di un nemico, di uno che è simbolo dell’impurità. Egli non faceva parte della comunità solidale.

– Il verbo usato per indicare la compassione indica un movimento fisico, una sorta di contrazione delle viscere.
Il cuore che si spezza. Si tratta di una commozione molto intensa che richiama (anche nella parola usata) la compassione di Gesù per la vedova di Nain (Lc 7, 13), e la compassione di Dio che visita il suo popolo (Lc 1, 78)
La carità del samaritano partecipa della carità stessa di Dio.
Notare i verbi che seguono l’esperienza della compassione e indicanti la carità fattiva: dal cuore alle opere. Dal cuore spezzato all’accettazione del rischio.

– L’evangelista colloca questa parabola prima del discorso di Gesù sulla preghiera, con la consegna del Padre nostro. Tra i due momenti, poi, vi ritroviamo l’episodio di Marta e Maria. L’unico grande comandamento: amore di Dio e del prossimo

Lettura cristologica (ecclesiologica)
– L’uomo che discende da Gerusalemme a Gerico è Adamo. Vi ritroviamo il nostro cammino di allontanamento da Dio. C’è un rimando alla storia universale.

– In questo cammino inverso l’uomo incontra i briganti (il demonio), il nemico che lo spoglia di tutto. L’uomo si ritrova nudo della sua stessa umanità, quasi privo della vita. Il nemico e il peccato provocano il danno e abbandonano lungo la strada.
Spogliato e percosso. Spogliato dello splendore della grazia soprannaturale e ferito nella sua natura.

– Un sacerdote, custode della legge, diventa simbolo dell’impotenza della legge a salvare davvero l’uomo. E il levita diventa simbolo del culto a salvare l’uomo. E’ presentata l’impotenza dell’uomo a salvare l’uomo. La legge vede l’uomo privo di vita, ma va oltre perché non ha la capacità di guarirlo.

– Il samaritano va in direzione opposta, verso Gerusalemme. E’ sceso nelle profondità della miseria umana: un riferimento all’incarnazione. E chi è colui che ascende se non “colui che è disceso dal cielo, il figlio dell’uomo?”.
Anche il samaritano vede. Ma il suo vedere diventa efficace. Da dove il samaritano prende tutto ciò che ha per darlo al malcapitato? Non importa. E’ questo il segno dell’imprevedibilità dell’amore di Dio.
La cavalcatura su cui il samaritano colloca il malcapitato diventa segno dell’umanità di Cristo che ha preso su di sé la nostra povertà.
E l’albergo (l’albergatore) è come la Chiesa che si prende cura di me. Ecco qui la dimensione ecclesiologica.

– Il dottore della legge è invitato a vedere nel samaritano: un esempio da imitare. Ma non basta. E’ chiamato soprattutto a vedere l’avvento di Cristo salvatore nella sua stessa vita che diventa ora capace davvero di amare. E non basta ancora. E’ chiamato a vedere la presenza del nuovo Israele, la comunità di coloro che sono stati salvati, rinnovati e ormai capaci di carità perché mossi dalla carità stesa di Dio.

L’apertura sulla vita

  1. La carità è un dono dall’alto. L’amore nella vita del cristiano è partecipazione all’amore stesso di Dio, in virtù del cuore nuovo che ci è stato donato. E’ Cristo che vive in lui. Dio mi ha amato per primo (1 Gv 4, 19).
    La carità nasce dalla preghiera. E non si dà carità senza spiritualità, ascolto della Parola di Dio, vita sacramentale.
  2. Ecco perché vi è un’unità inscindibile tra l’amore di Dio e del prossimo. Il solo amore del prossimo è un impegno solo umano che è destinato al fallimento. L’amore di Dio che non si traduce in amore del prossimo è un falso. L’amore cristiano è esperienza dell’amore di Dio che rinnova il cuore rendendolo capace di amare come Dio stesso ama.
    Così solo il rapporto con Dio rende possibile un vero amore del prossimo. E l’amore del prossimo è l’unica vera riprova di un autentico rapporto con Dio.
  3. La carità parte dal cuore e si traduce nell’operosità. Pertanto la carità è vera quando è carità del cuore e della vita. Carità del pensiero, del giudizio, della fantasia, dell’immaginazione… E poi delle opere.
  4. Il coraggio della carità: donare la vita, correre il rischio di perdere e di perdersi.
  5. Alla fine della vita saremo giudicati sulla carità.