Lectio Divina – Salmo 42 – 43 (traccia)

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Lectio Divina – Salmo 42 – 43 (traccia)

Lectio Divina – Salmo 42 – 43 (traccia)

I salmi della misericordia

Salmo 42 – 43
Istituto Ravasco, 18 dicembre 2015

 

Introduzione
I due componimenti erano all’origine un solo salmo. La struttura evidenzia la presenza di un ritornello che si ripete per tre volte: “Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio” (42, 6.12; 43,5).
Ciò permette di dividere il salmo in tre strofe:

  • la pittura di un passato meraviglioso a Sion (42, 2-6)
  • il quadro amaro del presente in Galilea (42, 7-12)
  • il futuro ritorno luminoso verso Sion (43)

In questa divisione il ritornello che si ripete, vero e proprio soliloquio, conosce un crescendo che approda alla forte attesa: il salmista vuole superare la malinconia al pensiero che Dio tornerà come salvatore.
Il termine rattristarsi indica una buca profonda e oscura; il termine “agitarsi” indica un grave turbamento dell’anima

Analisi del testo
Il passato luminoso e la nostalgia
La grande nostalgia per le belle celebrazioni liturgiche ormai inaccessibili (v. 5).
La casa di Dio è il tempio di Gerusalemme che il fedele frequentava, ma è anche la sede dell’intimità con Dio, sorgente di acqua viva (Geremia 2, 13). Ora l’unica acqua che affiora alle sue pupille è quella delle lacrime. Alla preghiera festosa si è sostituito il pianto.
Il lamento è ancora più struggente se pensiamo che l’orante possa essere un levita che si trova in terra pagana.
L’immagine della cerva, l’anima e il volto (v. 2 ss).

  • Nella ricerca ansiosa dell’animale, il poeta proietta il suo stato d’animo e si scopre alla ricerca inquieta di Dio. Questo animale indica la brama (Pr 5, 19: la moglie è descritta come cerbiatta), l’amore giovane e vivace (l’amato del cantico dei cantici è presentato come cerbiatto: 2, 9.17; 8,14).
  • In ebraico una sola parola (nefesh) indica l’anima e la gola: anima e corpo sono coinvolti in questo desiderio. Una lunga tradizione descrive la preghiera come respiro: è necessaria come l’alito di vita.
    Origene descrive la ricerca di Dio come un’impresa mai terminata: “Coloro che percorrono la strada della ricerca della sapienza di Dio non costruiscono case stabili, ma tende mobili, perché vivono di viaggi continui progredendo sempre in avanti, e quanto più progrediscono, tanto più si apre il cammino davanti a loro, prospettando un orizzonte che si perde nell’immensità” (Omelie sui Numeri).
  • Poter contemplare il volto di Dio è un desiderio che attraversa tutto l’Antico Testamento e in parte anche il Nuovo (Gv 14). Questo desiderio si fa ancora più struggente a motivo di ciò che il salmista sta vivendo.
    “Quando verrò e vedrò il volto di Dio?”: locuzione tecnica per indicare l’accesso al tempio e al culto.

Il quadro amaro del presente
Il presente è triste. L’orizzonte che circonda il salmista è la Galilea, come suggerisce la menzione del Giordano, della vetta dell’Ermon da cui sgorga questo fiume e di un’altra montagna ignota, il Mizar.

  • Le acque delle cascate del Giordano non sono dissetanti come quelle di Sion. Sono piuttosto simili ad acque caotiche del diluvio che tutto distruggono. Egli le sente piombare addosso come un torrente impetuoso che annienta la vita.
    Nella Bibbia il caos o il male sono raffigurati come un diluvio che genera distruzione e morte (Gn 6, 5-8; Sal 68, 2-3).
  • Questa irruzione è definita successivamente nella sua valenza simbolica: sono i perversi, gli avversari, i pagani che abitano la regione. Lo deridono e disprezzano la sua fede. Egli, allora, lancia a Dio la sua angosciosa domanda: il “perché” disperato risuona per ben dieci volte.
  • Dio però ogni giorno dona il suo amore, la sua misericordia. Ed è definito roccia, termine che indica a solidità del Signore in un contesto bellico, o la stabilità e fermezza.

Il futuro luminoso
Nel salmo successivo l’orante anziché parlare solo a se stesso si rivolge a Dio. Avverte che la parentesi dolorosa sta per finire ed è prossimo il momento del ritorno a Sion.
La guida del ritorno a Sion saranno la verità e la luce che lo condurranno per mano. La verità è la fedeltà di Dio al suo amore; la luce è la rivelazione della benevolenza di Dio. Sono due messaggere che Dio stesso invierà dal cielo.
La sequenza delle tappe di avvicinamento è molto suggestiva. Prima appare il monte santo, il colle dove sorge la città di Davide; poi vi sono le dimore, ovvero il santuario con tutti i suoi spazi ed edifici; quindi l’ altare, la sede dei sacrifici e del culto di Dio. La meta ultima è Dio e il suo abbraccio, l’intimità ritrovata.
A questo punto tutto diventa canto, letizia, festa. Nell’originale ebraico si dice: Dio che è gioia del mio giubilo (modo di dire semitico per esprimere un superlativo). Il Signore è la radice di ogni felicità.
La traduzione greca dei settanta ha tradotto con giovinezza, introducendo l’idea della freschezza e della gioia.
La traduzione latina della Vulgata ha ripreso quella greca: Dio che rende lieta la mia giovinezza.
Qui ritorna l’antifona: vi è ancora il lamento, ma nella speranza che è rinata

Riepilogo conclusivo
Rilettura cristologica in Sant’Ambrogio
“Non voglio che ti meravigli se il profeta dice che la sua anima era scossa, dal momento che lo stesso Signore Gesù disse: Ora l’anima mia è turbata. Chi infatti ha preso sopra di sé le nostre debolezze, ha preso anche la nostra sensibilità, per effetto della quale era triste fino alla morte, ma non per la morte. Non avrebbe potuto provocare mestizia una morte volontaria, dalla quale dipendeva la felicità di tutti gli uomini. Era dunque triste fino alla morte, nell’attesa che la grazia fosse portata a compimento”.

Il desiderio in Sant’Agostino
“Non potendo voi ora vedere questa visione, vostro impegno sia desiderarla. La vita di un buon cristiano è tutta desiderio. Se una cosa è oggetto di desiderio, ancora non la si vede, e tuttavia tu, attraverso il desiderio, ti dilati, così potrai essere riempito quando giungerai alla visione. Supponiamo che tu debba riempire un grosso sacco e sai che è molto voluminoso quello che ti sarà dato: ti preoccupi di allargare il sacco più che puoi; sai quanto hai da metterci dentro e vedi che è piccolo: allargandolo, lo rendi più capace. Allo stesso modo Dio, con l’attesa allarga il nostro desiderio, col desiderio allarga l’animo e dilatandolo lo rende più capace. Viviamo dunque di desiderio, poiché dobbiamo essere riempiti”.

La sete di Dio in San Gregorio Nazianzeno
“Dio ha sete che si abbia sete di Lui”.

Una descrizione del mistero del Natale e della Misericordia che si manifesta nel Salvatore.