Lectio Divina – Salmo 50 (traccia)

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Lectio Divina – Salmo 50 (traccia)

Lectio Divina – Salmo 50 (traccia)

I salmi della misericordia

Salmo 50
Istituto Ravasco, 22 gennaio 2016

 

Sguardo d’insieme
Abbiamo ascoltato il “Miserere”, una delle preghiere più celebri del Salterio, il più intenso salmo penitenziale (tra i sette: 6, 32, 38, 102, 130, 143) il canto del peccato e del perdono, la più profonda meditazione sulla colpa e sulla grazia. La Liturgia delle Ore ce lo fa ripetere alle Lodi di ogni venerdì.
La tradizione giudaica ha posto questo salmo sulle labbra di Davide, sollecitato alla penitenza dalle parole severe del profeta Natan (2 Sam 12, 1-14), in seguito al suo grave peccato. Il Salmo, tuttavia, si arricchisce nei secoli successivi con la preghiera di tanti altri peccatori.

 

I due orizzonti delineati dal Salmo

  1. C’è anzitutto la regione tenebrosa del peccato(vv 3-11) in cui è situato l’uomo fin dall’inizio della sua esistenza. E’ stata anche considerata una formulazione del peccato originale. Certo, esprime bene la dimensione dell’innata debolezza morale dell’uomo.
    Tre sono i termini usati per definire questa triste realtà, quasi a indicare la totalità delle trasgressioni:
    – Il primo vocabolo è “hattà” che significa “mancare il bersaglio”. Il peccato ci conduce lontano da Dio e del prossimo.
    – Il secondo termine è “awòn“, che rinvia all’immagine del “torcere”, “curvare”. Il peccato è una deviazione tortuosa dalla retta via; è la distorsione, la deformazione del bene e del male, nel senso dichiarato da Isaia: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre” (5, 20). Per questo nella Bibbia la conversione è indicata come un ritorno sulla retta via.
    – La terza parola è “peshà“. Esprime la ribellione del suddito nei confronti del sovrano; quindi, una sfida rivolta a Dio e al suo progetto sulla storia umana.
  2. La seconda regione spirituale del Salmo è quella luminosa della grazia. Attraverso la confessione delle colpe, si apre all’orante un orizzonte di luce. Il Signore agisce non solo eliminando il peccato, ma anche ricreando l’umanità peccatrice attraverso il suo Spirito che dona un cuore nuovo.
    Origene parla di una terapia divina che il Signore compie attraverso la sua parola e mediante l’opera guaritrice di Cristo: “Come per il corpo Dio predispone i rimedi delle erbe terapeutiche sapientemente mescolate, così anche per l’anima preparò medicine con le parole che infuse, spargendole nelle divine Scritture…Dio diede anche un’altra attività medica di cui è archiatra il Salvatore il quale dice di sé: ‘Non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma i malati’. Lui era il medico per eccellenza capace di curare ogni debolezza, ogni infermità”.

Alcune componenti di spiritualità
– Anzitutto un senso molto vivo del peccato: “Contro di te, contro te solo ho peccato, quello che è male ai tuoi occhi io l’ho fatto” (v. 6).
– Un senso altrettanto vivo della possibilità di conversione: il peccatore pentito si presenta davanti a Dio supplicandolo di non respingerlo (v. 5.13).
– Una radicata convinzione del perdono divino che cancella il peccato e trasforma il peccatore in nuova creatura. Santa Faustina Kowalska: “Anche se i nostri peccati fossero neri come la notte, la misericordia divina è più forte della nostra miseria. Occorre una cosa sola: che il peccatore socchiuda almeno un poco la porta del proprio cuore…il resto lo farà Dio…Ogni cosa ha inizio nella tua misericordia e nella tua misericordia finisce”.

La prima parte del Salmo (vv. 1-11)
La stupenda divina proclamazione del Sinai è quasi il ritratto di Dio cantato dal Miserere: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione, il peccato” (Es 34, 6-7).

  1. L’iniziale invocazione si eleva a Dio per ottenere il dono della purificazione. Il salmista confessa in modo netto il suo peccato, di avere spezzato il legame con Dio scegliendo una via alternativa a quella tracciata dalla parola di Dio. Ne consegue una decisione radicale di mutamento. Tutto questo è racchiuso nel verbo “riconoscere”, ch in ebraico comprende sia la dimensione intellettuale che quella vitale.
    E’ ciò che purtroppo molti non compiono, come ammonisce Origene: “Ci sono alcuni che dopo aver peccato sono assolutamente tranquilli e non si danno pensiero del loro peccato né sono sforati dalla consapevolezza del male commesso, ma vivono come se nulla fosse”.
  2. Nel salmo c’è una sottolineatura particolare: il peccato non è colto solo nella dimensione personale e psicologica, ma è delineato soprattutto nella sua qualità teologica. Il peccato è un evento che intacca la relazione con Dio. Prima che un’ingiuria fatta all’uomo o un complesso di uomini, il peccato è anzitutto un tradimento di Dio. Si ricordino le parole del figliol prodigo: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te”.
  3. Il peccato originale. “Ecco, nella colpa io sono nato, nel peccato mi ha concepito mia madre” (v. 7). Non si parla esplicitamente di peccato originale, ma di una condizione che investe l’uomo fin dalla nascita. Il male si annida nelle profondità dell’essere dell’uomo e per questo è decisiva la domanda dell’intervento della grazia di Dio.
    La consapevolezza della miseria non sfocia nella disperazione, ma nella speranza della liberazione.
  4. I tre verbi: cancellati, lavati, mondati. Indicano rispettivamente la cancellazione di un documento (linguaggio commerciale), il lavaggio di vesti e oggetti (ambiente dei lavandai), il ridonare splendore (l’opacità del peccato).
  5. Vi sono due parole significative per la purificazione: issopo e neve. L’issopo è un parente dell’origano, una pianta aromatica, conosciuta per le proprietà sterilizzanti. Fungeva da aspersorio in caso di lebbra. La neve indica il candore.

I versetti 12-16

  1. E’ anzitutto significativo notare che nell’originale ebraico risuona per tre volte la parola “spirito”, invocato da Dio come dono e accolto dalla creatura pentita del suo peccato. Si potrebbe parlare quasi di un’epiclesi, ovvero di una triplice invocazione dello Spirito: come nel peccato si librava sulle acque per trasformare il caos in cosmo, ora scende sull’uomo per trasformarlo da peccatore in giusto.
    I Padri della Chiesa vi vedono la presenza efficace dello Spirito Santo. Sant’Ambrogio è convinto che si tratti dell’unico Spirito Santo “che ribollì con fervore nei profeti, fu insufflato da Cristo negli apostoli, fu unito al Padre e al Figlio nel sacramento del battesimo”.
    Ancora sant’Ambrogio, commentando che il salmo parla della gioia derivante dall’opera dello Spirito Santo nel cuore umano, afferma: “La letizia e la gioia sono frutto dello Spirito e lo Spirito sovrano  è ciò su cui soprattutto noi ci fondiamo. Chi perciò è rinvigorito con lo Spirito Sovrano non soggiace alla schiavitù, non sa essere schiavo del peccato, non sa essere indeciso, non vaga qua e là, non è incerto nelle scelte, ma, piantato sulla roccia, sta saldo su piedi che non vacillano”.
    Con questa triplice menzione dello spirito, il salmo fa passare dalla regine tenebrosa del peccato a quella luminosa della grazia. Siamo di fronte quasi a una nuova creazione.
  2. Sperimentata questa rinascita interiore l’orante si trasforma in testimone: “Insegnerò ai ribelli le tue vie” (v. 15).
  3. Per l’ultima volta l’orante guarda al suo passato oscuro e grida: “Liberami dal sangue”.
    Il sangue a cui si fa riferimento può essere quello di Uria, ucciso da Davide. Più in generale, l’invocazione indica il desiderio ardente di purificazione dal male, dalla violenza, dall’odio sempre presenti nel cuore umano.

La conclusione
Vi è una duplice indicazione: quella che riguarda un culto secondo verità e quella comunitaria.
Il peccato è anche l’agire falso davanti a Dio con un culto a cui non corrisponde la vita; il peccato è la causa dell’esilio dalla terra promessa.

Il riflesso nella vita

  1. La realtà del peccato originale come evidenza per la vita dell’uomo. La drammaticità di questa condizione ci fa capire la bellezza infinita della misericordia di Dio. La nostra identità è quella di essere salvati: da soli siamo perduti. Entrando nella realtà della colpa, sgorga l’invocazione: “Salvami”.
  2. Non c’è peccato che non possa essere perdonato. Anzi, la grazia di Dio arriva a rendere felice la colpa per la grazia che ne consegue.
  3. Il peccato per il quale non c’è remissione: chiamare bene il male. La confessione e il volto di Dio