Meditazione – Preparazione alla V Incoronazione Centenaria della Madonna di Oropa

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Meditazione – Preparazione alla V Incoronazione Centenaria della Madonna di Oropa

Il rito di incoronazione di un’immagine della Vergine Maria

Santuario di Oropa

Un brevissimo preludio

“Non mi sento mai così contento né mai così preso da tremore, come quando devo parlare della Vergine Madre” (Sermone 4, In Assumptione Beatae Mariae Virginis). È san Bernardo che si esprime così, all’inizio di un suo Sermone per la solennità dell’Assunzione di Maria. Quella gioia e quel tremore sono anche miei, in questa serata nella quale qui, nello splendido Santuario della Madonna di Oropa, mi accingo a parlare, anzi a balbettare qualcosa di Lei e del rito di incoronazione, con il quale la Chiesa è solita tributarLe amore e onore.

Perché il nostro meditare sia anche l’occasione per fare una sosta orante ai piedi della Madonna, ascoltiamo la splendida preghiera che per Lei compose, nell’antichità cristiana, il patriarca di Gerusalemme, san Sofronio (560 – 638):

Salve, madre della gioia celeste,
Salve, tu che alimenti in noi un gaudio sublime,
Salve, sede della gioia che salva,
Salve, tu che ci offri la gioia perenne,
Salve, o mistico luogo della gioia ineffabile,
Salve, o campo degnissimo della gioia indicibile.
Salve, o sorgente beata della gioia infinita,
Salve, o tesoro divino della gioia senza fine,
Salve, o albero ombroso della gioia che dà vita,
Salve, o Madre di Dio, non sposata,
Salve, o Vergine, dopo il parto integerrima,
Salve, spettacolo mirabile, al disopra di ogni prodigio.
Chi potrebbe descrivere il tuo splendore?
Chi potrebbe raccontare il tuo mistero?
Chi sarebbe capace di proclamare la tua grandezza?
Tu hai ornato la natura umana,
Tu hai superato le legioni angeliche…
Tu hai superato ogni creatura…
Noi ti acclamiamo: Salve, o piena di grazia!

 

Cenni di storia del rito di incoronazione
Come ricorda il Benedizionale, “la consuetudine di raffigurare la Beata Vergine Maria ornata di un diadema regale andò affermandosi, sia in Oriente che in Occidente, fin dai tempi del Concilio di Efeso (431)”.

Da allora, molto spesso, gli artisti cristiani realizzarono dipinti che ritraevano la Madonna, Madre del Signore, seduta su un trono regale, ornata delle insegne proprie della regalità, circondata da schiere di angeli e di santi. Sovente, in questi dipinti, si aggiungeva un particolare degno di nota: il Redentore veniva rappresentato nell’atto di porre sul capo di Maria una corona.

La consuetudine di incoronare le immagini della beata Vergine Maria si diffuse in Occidente, soprattutto verso la fine del secolo XVI, per opera di fedeli, laici e religiosi, che in tal modo volevano esprimere la loro filiale devozione mariana. I Papi non solo assecondarono questa forma di pietà popolare ma, come ricordava Pio XII nella Lettera enciclica Ad caeli Reginam (11 ottobre 1954): “Spesso, o personalmente, o per mano di vescovi da loro delegati, [i Papi] ornarono di diadema immagini della Vergine Madre di Dio già insigni per pubblica venerazione”.

In ragione dell’affermarsi di questa consuetudine, venne preparato un vero e proprio rito per l’incoronazione della beata Vergine Maria che, nel secolo XIX, fu accolto nella Liturgia romana. Può essere interessante ricordare che tale rito, riproposto nel 1981, al fine di sottolinearne il significato e il valore, venne utilizzato molte volte dal Papa san Giovanni Paolo II.

 

Il rito di incoronazione e la fede della Chiesa
Come è noto, nella preghiera della Chiesa trova espressione orante il contenuto della Sua fede. A san Prospero di Aquitania (V secolo) è attribuito il celebre adagio: “Lex orandi, lex credendi”, a indicare che la legge della preghiera è la legge della fede o, in altre parole, che la Chiesa crede come prega.

Anche nel rito di incoronazione, pertanto, trova espressione un dato di fede che riguarda la Madonna, la Sua presenza e la Sua opera nella Chiesa e nel mondo. Non è un caso che tale rito si sia progressivamente diffuso all’indomani del Concilio di Efeso, come abbiamo avuto modo di ricordare. Quel Concilio, infatti, proclamò solennemente la divina maternità di Maria, aprendo in tal modo la via a una riflessione approfondita anche in ordine al tema della Sua regalità. Maria, infatti, è Regina anzitutto perché è la Madre di Dio. Poi lo è anche per essere associata a Cristo nell’opera della nostra salvezza e per la pienezza di grazia che la esalta al di sopra di tutte le creature.

Già sant’Efrem il Siro (IV secolo), il celebre cantore della Madonna, scriveva in forma di dialogo: “Il cielo mi sorregga con il suo braccio, perché io sono più onorata di esso. Il cielo, infatti, fu soltanto tuo trono, non tua madre. Ora quanto è più da onorarsi e da venerarsi la madre del Re del suo trono! […] Vergine augusta e padrona, regina, signora, proteggimi sotto le tue ali, custodiscimi, affinché non esulti contro di me satana, che semina rovine, né trionfi contro di me l’iniquo avversario” (Hymni de B. Maria, 19).

Si venne così affermando l’uso di chiamare Maria regina, padrona, signora, dominatrice. E Maria appare sempre di più come regina di tutte le cose create, regina del mondo, signora dell’universo. Al riguardo, è molto significativa la testimonianza offerta, nell’Oriente cristiano, dal famoso Inno Akàtistos, risalente al V secolo e dedicato alla Madre di Dio: “Scioglierò un inno alla Madre regina, alla quale mi rivolgo con gioia, per cantare lietamente le sue glorie… O Signora, la nostra lingua non ti può celebrare degnamente, perché tu, che hai dato alla luce Cristo, nostro Re, sei stata esaltata al di sopra dei serafini… Salve, o regina del mondo, salve, o Maria, signora di tutti noi”.

In ambito latino, quale testimonianza dell’affermarsi sempre più deciso della regalità di Maria, basti ricordare gli inni mariani, quali: Salve Regina, Ave Regina coelorum, Regina coeli laetare. E non si dimentichino le litanie lauretane, nelle quali si invoca Maria con il titolo di Regina: “degli angeli, dei patriarchi, dei profeti, degli apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini, di tutti i santi, concepita senza peccato, assunta in cielo, della famiglia, del santo rosario, della pace”. Fin dal XV secolo, poi, nel quinto mistero glorioso del rosario contempliamo l’incoronazione di Maria, Regina del Cielo.

Di questo ricco patrimonio di riflessione e di preghiera si fece interprete Pio XII, con la già citata Lettera enciclica Ad coeli Reginam, nella quale il Papa sottolineava che quella di Maria è una regalità in Cristo, che proviene da Lui e conduce a Lui. Il Signore, infatti, che si serve dei sacramenti come mezzi di grazia, similmente si serve dell’ufficio della Madonna per distribuire a noi i frutti della Redenzione.

Lo stesso Pio XII, alla fine dell’anno mariano del 1954, introdusse la festa della “beata Maria Vergine Regina”, collocandola al 31 maggio. Festa che, con il grado di memoria, fu poi spostata al 22 agosto da san Paolo VI quando, nel 1969, fu introdotto il nuovo calendario liturgico.

San Giovanni Paolo II, da parte sua, nella Catechesi mariana n. 56 del 23 luglio 1997, così si esprimeva: “Il titolo di Regina non sostituisce certo quello di Madre: la sua regalità rimane un corollario della sua peculiare missione materna, ed esprime semplicemente il potere che le è stato conferito per svolgere tale missione”.

Ci risulta ora più chiara l’affermazione secondo la quale il rito di incoronazione di un’immagine della beata Vergine Maria è l’espressione di un dato di fede, che la Chiesa da sempre ha vissuto e che nel tempo ha, con progressiva chiarezza, elaborato.

Lo svolgimento del rito di incoronazione
Ora, per avvicinare e capire lo svolgimento del rito di incoronazione, può essere utile fare riferimento al Benedizionale e ad alcune premesse che introducono il momento rituale.

Le premesse al rito
In merito alla decisione di incoronare l’immagine della Madonna, così leggiamo al numero 2034: “Spetta al vescovo diocesano, insieme con la comunità locale, giudicare sull’opportunità di incoronare l’immagine della beata Vergine Maria. Si tenga tuttavia presente che è opportuno incoronare soltanto quelle immagini che, essendo oggetto di venerazione per la grande fiducia dei fedeli nella Madre del Signore, godono di una certa notorietà, tanto che il luogo in cui sono venerate è diventato sede e centro di genuino culto liturgico e di attivo impegno cristiano. A tempo debito, prima della celebrazione del rito, si devono istruire i fedeli sul suo significato e sul suo carattere esclusivamente religioso, perché possano partecipare con frutto alla celebrazione e coglierne la giusta portata”.

In relazione alla corona, leggiamo ancora al numero 2035: “Per il diadema o la corona si usi una materia atta ad esprimere la dignità singolare della beata Vergine; si eviti tuttavia una troppo dispendiosa fastosità, come pure uno sfoggio esagerato di gemme che disdica alla sobrietà del culto o risulti in qualche modo offensivo per quello che è l’umile tenore di vita dei fedeli del luogo”.

Per quanto riguarda il ministro del rito, al numero 2036 si afferma: “È opportuno che il rito venga officiato dal vescovo diocesano. Qualora questi non possa farlo di persona, ne affiderà il compito a un altro vescovo o anche a un presbitero, a quello specialmente che è stato suo attivo collaboratore nella cura pastorale dei fedeli nella cui chiesa si venera l’immagine da incoronare. Se l’immagine viene incoronata a nome del Romano Pontefice, si osservino le norme indicate nel Breve apostolico”.

Infine, per la scelta del giorno e dell’azione liturgica, il benedizionale, ai numeri 2037-2038, afferma: “Il rito dell’incoronazione si compie opportunamente nelle solennità e feste della beata Vergine Maria e in altri giorni festivi. Non si svolga però nelle maggiori solennità del Signore e nemmeno nei giorni a carattere penitenziale.

Secondo le circostanze, l’incoronazione dell’immagine della beata Vergine Maria si può fare durante la Messa, ai Vespri nella Liturgia delle Ore o in una celebrazione adatta della parola di Dio”.

Questa ultima indicazione del Benedizionale ci permette di affermare che il rito di incoronazione avviene sempre in un contesto liturgico e che, quindi, ha una vera e propria fisionomia liturgica.  Da questo punto di vista, allora, vale per il rito di incoronazione ciò che vale per ogni azione in liturgia. Mi riferisco a quanto troviamo scritto nella Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia: “Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente” (Sacrosanctum Concilium, 48).

Di conseguenza, ciò che, ora, è nostra intenzione fare è proprio ricercare la comprensione del gesto liturgico di incoronazione, nei suoi riti e nelle sue preghiere, così che sia possibile a tutti noi parteciparvi con vero frutto spirituale. Per frutto spirituale intendo una vita segnata in profondità dall’incontro con il Signore risorto, così che diventi vera anche per noi, con l’aiuto di Maria Regina, la parola di san Paolo: “L’amore del Cristo ci possiede” (2 Cor 5, 14).

 

La preghiera di benedizione e il gesto
Il rito dell’incoronazione è per sé molto semplice. Sia che avvenga all’interno della Messa o all’interno della celebrazione dei Vespri o nel contesto di una liturgia della Parola, il rito si compone di due momenti: la preghiera di benedizione e l’atto di incoronazione dell’immagine. Questo atto avviene nel silenzio, dal momento che il suo significato è interamente racchiuso nella preghiera che lo precede.

Può essere interessante notare che, nel caso in cui la beata Vergine sia raffigurata con Gesù Bambino, s’incorona prima l’immagine del Figlio e poi quella della Madre. In tal modo risulta evidente che la regalità di Maria scaturisce dalla regalità di Cristo, che il suo essere Regina è partecipazione all’essere Re del Suo Figlio Gesù.

Ascoltiamo, a questo punto, il testo della preghiera di benedizione nel quale, come abbiamo detto, è racchiuso il significato del gesto di porre la corona sul capo della Madonna.

Benedetto sei tu, Signore, Dio del cielo e della terra,
che nella tua giustizia e misericordia
disperdi i superbi ed esalti gli umili.
Di questo tuo meraviglioso disegno
ci hai offerto il modello perfetto
nel Verbo fatto uomo e nella sua Vergine Madre.
Il Cristo tuo Figlio,
che si è umiliato volontariamente fino alla morte di croce,
risplende nell’eterna gloria e siede alla tua destra,
re dei re e signore dei signori.
E colei che si è chiamata tua serva,
la Vergine da te eletta come genitrice del Redentore
e vera madre dei viventi,
innalzata sopra i cori degli angeli,
regna gloriosa accanto al suo Figlio
e prega per tutti gli uomini,
avvocata di grazia e regina di misericordia.
Guarda con bontà, Signore, il tuo popolo,
che nel porre il diadema regale
all’immagine del Cristo e della Madre sua
[all’immagine della Madre del Cristo tuo Figlio],
riconosce il Signore Gesù re dell’universo
e acclama regina la Vergine Maria.
Concedi, o Padre,
che seguendo il loro esempio
anche noi ci consacriamo al tuo servizio
e ci rendiamo disponibili l’un l’altro nella carità;
così nella vittoria sull’egoismo
e nel dono senza riserve
adempiremo la tua legge
e condurremo a te i nostri fratelli.
Fa’ che siamo lieti di vivere umili e poveri in terra,
per raggiungere un giorno la gloria del cielo,
dove tu stesso darai la corona della vita
ai tuoi servi fedeli.
Per Cristo nostro Signore.

R. Amen.

 

Il significato del rito e la nostra partecipazione
Una domanda, adesso, si impone. Ed è la seguente. Quale significato assume per noi il gesto dell’incoronazione dell’immagine di Maria? Che cosa comporta partecipare a questo rito, tenendo conto della preghiera di benedizione che ne offre il ricco contenuto?

Nel silenzio del nostro cuore, mentre si compie l’atto di incoronare la beata Vergine Maria, dovrebbero prendere forma in noi, con una nuova intensità spirituale, almeno alcuni aspetti della nostra vita di fede.

 

La benedizione di Dio
Maria è incoronata. E, mentre questo avviene, benediciamo il “Signore, Dio del cielo e della terra”, per il Suo disegno meraviglioso di salvezza che si è realizzato in Maria e per il tramite della Sua fedele e pronta collaborazione.

A Dio ci rivolgiamo, abitualmente presentando le nostre necessità spirituali, morali e fisiche. A Lui affidiamo le nostre ansie e le nostre paure, Lo rendiamo partecipe delle nostre gioie e dei nostri desideri, chiediamo la grazia della conversione e della trasformazione del cuore. Davanti a Dio la nostra preghiera diventa anche intercessione a favore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ascolto della Sua parola di verità e di vita, esperienza della Sua presenza che ci “tocca” e ci salva per il tramite dei sacramenti.

Tutto questo è più che giusto. Eppure, a volte, manca qualcosa perché la nostra relazione orante con Dio conosca una vera pienezza. Ciò che manca è la benedizione, il momento nel quale ci fermiamo davanti al Signore per esprimere la nostra lode a motivo del Suo amore per noi, la nostra meraviglia per tutto ciò che Egli compie nella nostra vita, la gratitudine per la Provvidenza con cui accompagna il cammino della Chiesa e del mondo.

Guardiamo, dunque, Maria Regina. E guardando Lei effondiamo il nostro cuore nella benedizione di Dio, magnificando la Sua grandezza e la Sua misericordia.

 

La regalità di Cristo
Maria è incoronata. E, mentre questo avviene, riaffermiamo, nell’esultanza del cuore, la nostra fede nel “Signore Gesù re dell’universo”.

Perché siamo cristiani? Perché Cristo è al centro della nostra fede, Lui che è nostro Salvatore e nostro Redentore. Siamo cristiani perché, direbbe sant’Ambrogio, “Cristo è tutto per noi” (La Verginità, 99). Siamo cristiani perché, per noi, “nulla è meglio di Gesù Cristo”, secondo la splendida affermazione di sant’Ignazio di Antiochia (Lettera i cristiani di Magnesia, 7, 1). Siamo cristiani perché ciascuno di noi può ripetere con san Paolo: “…ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui” (Fil 3, 8-9). Siamo cristiani perché, come scrive un celebre santo e teologo dell’oriente cristiano: “La nostra mente e il nostro desiderio sono stati forgiati in funzione di Lui. Per conoscere il Cristo abbiamo ricevuto il pensiero; per correre verso di Lui il desiderio, e la memoria per portarlo in noi” (Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, pag. 309).

Guardiamo, dunque, Maria Regina. E guardando Lei confessiamo che il nostro cuore batte per il Cuore di Cristo e, dal Suo Cuore, trae vita, la vera Vita.

 

La bellezza di Maria Regina
Maria è incoronata. E, mentre questo avviene, rimaniamo come rapiti dalla bellezza della Madonna che “prega per tutti gli uomini, avvocata di grazia e regina di misericordia”.

La Chiesa invoca la Madonna chiamandola con affetto filiale “la tutta bella”. E sa, la Chiesa, che una tale straordinaria bellezza è in Maria a motivo della Sua pienezza di grazia, per la quale è divenuta Madre di Dio. Ma la Chiesa sa anche che una tale bellezza scaturisce dall’amore di Colei che è Madre della Chiesa, fedelmente orientata alla custodia in Cristo di tutti noi.

Maria è bella perché è Regina. Ed è Regina dal momento che si è donata senza riserve al Signore, divenendo così “vera madre dei viventi”. Che cosa può e deve significare, di conseguenza, essere rapiti dalla bellezza di Maria? Può e deve significare entrare nella Sua bellezza, partecipare della Sua bellezza, con Lei e come Lei vivere quella regalità che si esprime nella dedizione incondizionata al Signore e alla Sua Chiesa, al Signore e a tutti coloro che incrociano il cammino della nostra vita.

La bellezza regale di Maria può essere, in qualche modo, anche la nostra se vivremo il primato di Dio, se faremo della nostra esistenza una terra che abitata dal Signore, se apriremo completamente le porte del cuore alla Sua presenza e alla Sua opera perché tutto, senza eccezioni, sia vissuto nella Sua volontà e secondo la Sua parola.

La bellezza regale di Maria può essere, in qualche modo, anche la nostra se vivremo nel dono di noi stessi, se la carità sarà il cuore di ogni nostra parola e di ogni nostro gesto, se l’amore autentico diventerà in noi principio di vita nuova secondo il Vangelo e sorgente di una moralità che è pienezza di vita, se il desiderio di bene per tutti si tradurrà in passione per l’annuncio di Cristo Salvatore del mondo, se il nostro servizio quotidiano si esprimerà nell’impegno a edificare una città dell’uomo sui pilastri della verità e della misericordia.

In fondo, la bellezza regale di Maria è la sua stessa santità. Così, anche per noi, ogni possibile bellezza regale altro non è che quella che scaturisce dalla santità della vita.

Guardiamo, dunque, Maria Regina. E guardando Lei rinnoviamo il nostro desiderio di santità, affermando con il celebre scrittore Léon Blois: “Nella vita non c’è che una sola tristezza: quella di non essere santi” (La donna povera).

 

La corona della gloria
Maria è incoronata. E, mentre questo avviene, rinnoviamo un dato fondamentale della nostra fede: l’attesa della “gloria del cielo”.

Come Maria, Assunta in cielo in anima e corpo, ha ricevuto i segni della regalità, così anche noi viviamo il pellegrinaggio terreno nella speranza di approdare per sempre alla sponda della beata eternità, dove riceveremo “la corona della vita”.

La Madonna è sempre annuncio di Paradiso. Anche per questo ci è tanto cara e, stando alla Sua presenza, avvertiamo la carezza della consolazione. Osservarla, significa contemplare un’anticipazione di Cielo. Ascoltarla, significa entrare in un silenzio e in una parola che custodiscono ciò che è eterno. Imitarla, significa incamminarsi nella via della grazia che è anticipazione di gloria.

Guardiamo, dunque, Maria Regina. E guardando Lei alziamo lo sguardo per tenere fissi i nostri occhi là dove è la vera gioia.

 

Una brevissima conclusione
Come disse Paolo VI, in occasione del suo pellegrinaggio al santuario di Bonaria a Cagliari: “Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani” (24 aprile 1970). È una bellissima verità della quale, questa sera, ancora una volta, abbiamo avuto conferma.

Il rito di incoronazione di un’immagine della Vergine Maria è un atto significativo mediante il quale rendiamo onore alla Madonna. Nel rendere onore a Lei, non solo ritroviamo la Sua specialissima chiamata nel disegno di Dio sulla Chiesa e sul mondo, ma ci accorgiamo, anche, di essere condotti a una partecipazione più vera del mistero di Cristo, a una condotta più autentica di vita cristiana. È sempre così: “Se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere mariani”.

La V Incoronazione Centenaria della Madonna di Oropa sia, pertanto, l’occasione di grazia per essere tutti un po’ più mariani e, quindi, anche un po’ più cristiani.

Dante Alighieri, di cui quest’anno ricorre il settimo centenario della morte, nella Divina Commedia, a proposito di Maria, scrive: “Il nome del bel fior ch’io invoco e mane e sera”. Ripartiamo da qui, con il desiderio fermo e deciso di non mancare mai all’appuntamento quotidiano con la Madonna. Se così sarà, allora davvero la nostra vita in Cristo fiorirà in tutto il suo splendore.

Ci sia di esempio e stimolo Domenico Giuliotti (1877-1956), scrittore passato dall’ateismo al cattolicesimo che, in una sua vibrante lirica, Rosa autunnale, così si rivolgeva alla Madre del Signore:

“Trentasett’ anni, Vergine, è che vo
stanco e cencioso come un vagabondo,
lungo il torto viottolo del mondo;
e quando e dove poserò non so.
Ma tu, che d’ogni sconsolato errante,
segui, dall’alto, le intrigate péste,
volgi i begli occhi al tuo Figliol celeste,
digli che m’apra le sue braccia sante.
Digli che ho sete e secca è la cisterna,
digli che ho fame ed ho per pane sassi,
digli che a notte, sugli incerti passi,
mi si spegne, guizzando, la lanterna.
Tuo Figlio, o Madre, è pane ed acqua e luce
che pienamente illumina e ristora;
Egli, accogliendo l’anima che implora,
seco, se degna, al Padre la conduce”.

Video @ Santuario di Oropa