Omelia – Veglia Pasquale nella Notte Santa

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Omelia – Veglia Pasquale nella Notte Santa

Omelia – Veglia Pasquale nella Notte Santa

Omelia – Veglia Pasquale nella Notte Santa

 

Stiamo celebrando la Veglia pasquale nella Notte Santa. Perché questa Notte è santa? Perché in questa notte splende quella che abbiamo definito, nel canto dell’Exultet, la “stella del mattino”, la stella che non conosce tramonto, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, risorto da morte. Per questo la Notte è santa. Perché la notte non è più notte, perché in questa notte c’è una stella che brilla, Gesù risorto da morte.

Sant’Agostino definisce Gesù “il giorno del nostro cuore”: ecco perché questa notte è santa, perché Gesù è “il giorno del nostro cuore”; è per questo che la notte non ci fa più paura, perché Gesù è il giorno del nostro cuore; è per questo che la notte non vince più, perché Gesù è “il giorno del nostro cuore”.

Celebriamo la Veglia pasquale nella Notte santa, perché celebriamo Gesù “il giorno senza fine del nostro cuore”. È anche per questo che abbiamo accanto a noi le luci che abbiamo acceso al Cero pasquale: ci ricordano che Gesù è “il giorno del nostro cuore” e della nostra vita.

 

Abbiamo affermato questo con la preparazione del Cero pasquale, che è stata accompagnata da gesti e parole; e poi abbiamo affermato questo con un duplice canto, l’Exultet e l’Alleluia.

Abbiamo preparato il Cero pasquale con tre gesti e altrettante parole. Il primo gesto. Su questo Cero è stato segnato il segno della croce; poi sono state disegnate l’alfa e l’omega, la prima e l’ultima parola dell’alfabeto greco, per indicare il principio e la fine; e poi sono state scritte le cifre dell’anno 2023. Che significato ha questo gesto sul Cero pasquale, che rappresenta Gesù, il risorto da morte, il Salvatore? Che significato ha questo gesto con le parole che l’hanno accompagnato, dicendo: “Il principio e la fine. A lui appartengono il tempo e i secoli”?

Gesto e parole ci hanno ricordato che Colui che è risorto è vincitore della morte. Per questo Egli è il giorno del nostro cuore, perché è il vincitore della morte e, con Lui, anche noi siamo vittoriosi sulla morte. Egli ha distrutto la morte una volta per tutte e con Lui anche in noi la morte è distrutta una volta per tutte, perché a Lui appartengono il tempo e i secoli. E per questo Egli è il giorno del nostro cuore.

 

Abbiamo compiuto un secondo gesto. Sul Cero pasquale abbiamo collocato cinque grani di incenso, a ricordare le cinque piaghe del corpo Signore, martoriato e crocifisso; e collocando i grani di incenso le parole sono state le seguenti: “Quest sante piaghe ci proteggano e ci custodiscano”. Perché abbiamo compiuto quel gesto, perché abbiamo detto quelle parole? Per ricordare che Gesù, risorto da morte, è vittorioso sul peccato e sul male; e quelle piaghe sono il segno dell’infinita misericordia, a motivo della quale il nostro peccato e il nostro male sono perdonati una volta per tutte, sconfitti una volta per tutte. Gesù è il Risorto che vince il peccato e il male della nostra vita: per questo è “il giorno del nostro cuore”.

 

Abbiamo compiuto anche un terzo gesto sul Cero pasquale. Abbiamo acceso la luce. Era spento, lo abbiamo illuminato, a significare che Gesù, il Risorto, è la luce della vita, è la luce che sconfigge per sempre il non senso della vita, è la luce che illumina quel labirinto cieco che, altrimenti, è la nostra esistenza. Lui è la luce della vita, per cui la vita non è più un’oscurità nella quale non si sa dove andare. Con Lui la vita diventa abitata dall’amore e dalla provvidenza di Dio e, dunque, un disegno stupendo di amore e di grazia.

Gesù risorto da morte è Colui che vince l’insignificanza della vita ed è Colui che dà a noi il senso autentico della vita. Per questo Egli è “il giorno del nostro cuore”.

Preparando il Cero pasquale, con quei gesti e con quelle parole, abbiamo desiderato affermare questa verità, che è al centro della nostra celebrazione ed è al centro della nostra vita: Gesù è “il giorno del nostro cuore”: perché in Lui è vinta la morte, perché il Lui è vinto il peccato e il male, perché in Lui è il senso della vita e questo senso è l’amore, è la grazia, è la provvidenza.

 

Tutto questo lo abbiamo anche cantato. Anzitutto con l’Exultet nel quale tra l’altro abbiamo detto: “O immensità dell’amore di Dio”. E poi abbiamo aggiunto: “Notte veramente gloriosa, nella quale la terra si ricongiunge al cielo”. Questo canto è stato come un traboccare del cuore, di questo cuore che ha accolto Colui che è il giorno, il giorno senza tramonto. Non possiamo fare a meno di cantare, di gioire, di inneggiare e di esultare: perché Colui che è il giorno senza tramonto è questa immensità di amore per noi, ha ricongiunto il cielo con la terra e ci ha dato tutto. Non possiamo non esultare!

Nella celeberrima Cappella Sistina, in Vaticano, Michelangelo ha dipinto il Giudizio universale; nel dipinto c’è un particolare, ed è che tutt’attorno al Signore, risorto, vivo, giudice della storia, c’è un abbraccio tra coloro che sono i salvati. Si abbracciano l’un l’altro, si riconoscono in paradiso, si ritrovano per una vita di gioia e di felicità senza fine. Si abbracciano, e abbracciandosi abbracciano il Signore e si abbracciano tra di loro. Questa è la notte del grande abbraccio tra il cielo e la terra, tra il Signore e noi, tra tutti noi, perché il giorno senza tramonto, che è Cristo risorto da morte, è nel nostro cuore, è la nostra vita, è la nostra salvezza, è la nostra eternità. È una notte di abbracci questa, di abbracci felici, di abbracci da salvati, di abbracci che hanno il giorno nel cuore perché Gesù Cristo è in noi, è risorto da morte.

 

E abbiamo cantato anche l’Alleluia, più volte, per suggellare tutto questo. Anticamente, nei monasteri medievali, quando iniziava la Quaresima, si compiva un rito un po’ particolare. Sappiamo che con il mercoledì delle Ceneri non si canta più l’Alleluia. Quel giorno, nei monasteri, l’Alleluia veniva scritto su un mattone; poi, i monaci si rivolgevano idealmente al mattone con un discorso di addio; quindi il mattone veniva collocato in una parte del coro della chiesa, da cui sarebbe stato ripreso nella veglia di Pasqua. L’Alleluia non c’era più, sarebbe tornato nella veglia pasquale.

Noi, questa sera, in fondo, abbiamo vissuto la seconda parte di quel dialogo antico. Perché? Perché nella notte santa, il diacono annuncia quell’Alleluia che per tutta la Quaresima non era stato cantato. Perché ricantiamo l’Alleluia; perché cantiamo a squarciagola l’Alleluia. Perché Gesù, il giorno senza tramonto, è nel nostro cuore ed Egli è “il giorno del nostro cuore”.

 

Tutto questo lo viviamo noi; ma tutto questo, nella santa Notte, lo vivranno tre nostri fratelli, che riceveranno il Battesimo. Riceveranno tutto questo: il giorno del loro cuore, Gesù risorto da morte; e, ricevendo questo, riceveranno tutto. Tutto!

Questa Notte, tutti insieme, noi e loro, che riceveranno tra poco il Battesimo, dovremmo, anzi, dobbiamo dire così: “In Gesù Risorto e vivo abbiamo tutto! Tutto! Tutto! Tutto! Non abbiamo da attendere altro se non l’eternità”. Che, dunque, questa santa Notte, in cui ci è dato tutto, perché ci è dato Gesù risorto da morte, possiamo avere la grazia di esultare; ma, mentre esultiamo nella gioia, di pensare che ormai non c’è altro da attendere se non l’eternità e il paradiso: dove il giorno nel cuore non sarà soltanto nella fede, ma sarà nella visione; dove Gesù, risorto da morte, sarà per sempre la gioia, la felicità e la bellezza della vita, nell’eternità.

Trascrizione da registrazione audio