Omelia – Solennità dell’Ascensione del Signore

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Omelia – Solennità dell’Ascensione del Signore

Santa Messa nella Solennità dell’Ascensione del Signore

Voghera. Duomo di San Lorenzo

 

San Luca, che come ben sappiamo è l’autore degli Atti degli Apostoli, inizia a scrivere – e lo abbiamo ascoltato oggi – indirizzandosi a Teofilo. Teofilo, probabilmente, non è il nome corrispondente a una persona precisa, ma è un nome simbolico, che rappresenta tutti coloro che hanno avuto la grazia di incontrare il Signore Gesù e di essere salvati. Teofilo, infatti, significa “amico di Dio”, “amico del Signore”.

Questo nome è importante che lo ricordiamo oggi, perché, nel giorno in cui celebriamo l’Ascensione, noi ricordiamo, anzitutto, questo aspetto della nostra vita, della nostra vita cristiana, della nostra vita di fede: siamo amici del Signore! E lo possiamo affermare anche perché Gesù – lo abbiamo ascoltato nella pagina del Vangelo – afferma solennemente: «Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo». «Io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo»: è per questo che noi possiamo, nella gioia, nella gratitudine, anche nello stupore, dirci “Teofili”, ovvero “amici del Signore”. In tal modo capiamo di essere portati a considerare una dimensione centrale, fondamentale, essenziale della nostra vita di fede. Perché al cuore della nostra vita di fede, sta proprio questo: l’amicizia del Signore, l’amicizia con il Signore.

Non lo ripeteremo mai abbastanza! Tutti, infatti, abbiamo bisogno di sentircelo ricordare continuamente: al cuore della nostra vita di fede non sta un’idea, non sta una filosofia, non sta neppure una morale! Al cuore della nostra vita di fede sta un’amicizia, un rapporto di amore, che coinvolge tutto di noi: mente, cuore, sentimenti, affetti. Al centro di tutto sta il nostro essere “Teofilo”, “amico del Signore Gesù”; al centro sta l’essere coinvolti interamente nella meravigliosa storia d’amore, nella quale Lui, il Signore, ama noi e nella quale noi, con tanta povertà, ma con gioia e tanta generosità, Gli rispondiamo con amore e nell’amore. Oggi, allora, non dimentichiamolo: accanto al nostro nome ce n’è un altro bellissimo che è Teofilo, “amico del Signore”.

Unitamente, però, a questo nome, possiamo considerare un secondo nome. Gesù nel vangelo – lo abbiamo ascoltato – rivolgendosi agli apostoli e ai discepoli, dice: «Andate, andate in tutto il mondo e insegnate; andate in tutto i mondo e raccontate la bellezza dell’amicizia con me; andate in tutto il mondo e non stancatevi di dire, di ricordare, di insegnare che il segreto di una vita realmente riuscita è l’incontro con me; è l’esperienza del mio amore; è il lasciarsi coinvolgere in questa storia di redenzione e di salvezza».

Qual è, allora, il secondo nome che la grande solennità dell’Ascensione ci ricorda? È il nome Teoforo, “portatore del Signore”. È così, perché non solo al centro, al cuore della nostra fede sta l’ amicizia con il Signore; al cuore, al centro della nostra fede sta anche il nostro essere chiamati a divenire “portatori del Signore” nel mondo. Ed è una gioia bellissima! Non soltanto il Signore ci dona la sua amicizia, il suo amore, ma ci rende, addirittura, partecipi di un’ansia, quella del suo cuore, di una passione, quella suo cuore, che desidera per tutti l’incontro con il suo amore e, dunque, l’ingresso nella salvezza; e ci fa corresponsabili, compartecipi di questo. Accanto al nostro nome, allora, oggi, non soltanto ricordiamo il nome Teofilo; ricordiamo anche il nome Teoforo. “Portatore del Signore”.

Ma c’è ancora un altro nome che questa grande solennità viene a ricordarci. Sant’Agostino, commentando l’Ascensione di Gesù, dice: “Oggi il Signore Gesù Cristo è asceso al cielo, salga con Lui anche il nostro cuore”. La parola di Agostino ci ricorda un terzo aspetto, centrale nella vita della fede e nella vita cristiana: che la misura della nostra vita, ciò per cui siamo fatti, ciò che ci rende meravigliati e anche commossi ed emozionati, è l’altezza stessa di Dio. Non c’è un’altra altezza per la quale siamo fatti, non c’è un’altra misura alla quale siamo chiamati; e non c’è un’altra altezza, un’altra misura che possa soddisfare il nostro cuore. Non ce n’è un’altra!

Tutti lo sappiamo bene, per esperienza personale: perché qualunque misura umana, per quanto grande, bella, significativa, è insoddisfacente rispetto a ciò che il nostro cuore attende. Qualunque altezza umana, per quanto significativa e grande, non riesce a placare la sete di altezza che ci portiamo dentro, che è presente nel cuore. Noi siamo fatti per l’altezza di Dio! E questa è una notizia straordinaria! Gesù, che ascende al cielo ed entra nel cuore di Dio, ci ricorda esattamente che solo il cuore di Dio è la misura di quell’altezza alla quale siamo chiamati e che, in realtà, tutti noi desideriamo e attendiamo sempre, ogni giorno della vita, fino all’ultimo giorno della vita.

Qual è, allora il terzo nome che si aggiunge al nostro? È il nome Teodoro, “dono di Dio”, perché noi siamo un “dono di Dio”. Tutto nella vita è dono. Se siamo chiamati a questa altezza è perché Dio ce lo dona e la nostra fede – e arriviamo al terzo punto centrale della vita cristiana – ci dice che tutto è dono. Dio ci dona tutto! Ci dona, addirittura, la sua stessa altezza, ci dona la sua stessa misura, ci vuol far partecipi di ciò che Lui è, nella sua vita intima, ci vuole portare dentro questa smisurata altezza, che è il suo stesso amore.

Tutto è dono, tutto ci è dato! Non dimentichiamo: la vita cristiana, la vita della fede non è, anzitutto, un dovere. Non è un dovere! Non è un peso che ci viene messo sulle spalle. Guai se la intendessimo così, perché non saremmo autenticamente cristiani! La vita cristiana, la vita della fede è un dono da accogliere, giorno dopo giorno, con gratitudine, con stupore, con gioia, e che ci cambia la vita; perché essere attratti nelle altezze di Dio vuol dire avere la vita cambiata, secondo la misura stessa della bellezza e dell’amore di Dio. Ecco il nostro terzo nome: Teodoro.

Oggi, solennità dell’Ascensione, pertanto, non dimentichiamo che con il nome battesimale che caratterizza le nostre persone, le nostre vite, ce ne sono altri tre che ci conducono al cuore e al centro della vita della fede: Teofilo, “amico del Signore”, Teoforo, “portatore del Signore”, Teodoro, “dono del Signore”. Non li dimentichiamo. Ogni tanto, anzi, ricordiamoli, in modo tale da ritornare al cuore e al centro della nostra vita di fede, bellissima, splendida, esaltante.

Concludiamo. Abbiamo parlato, soprattutto, di Dio – certo – e di ciò che Dio è per noi. Parlando, soprattutto, di Dio non dimentichiamo forse la nostra vita, il nostro vivere insieme, la nostra quotidianità, la nostra città, la nostra terra? No! Perché nella misura in cui Dio c’è, è presente nelle nostre vite e, dunque, le trasforma, non cambia solo la nostra esistenza personale, ma anche il nostro vivere insieme, le nostre città, i nostri territori, il nostro mondo. Perché là dove Dio c’è, tutto fiorisce; dove Dio è dimenticato o messo alle porte o da parte, invece, tutto sfiorisce, diventa sterile, senza bellezza e senza vita.

L’Ascensione ci porta a Dio, ma portandoci a Dio ci riporta in questo nostro mondo, operatori di una bellezza che il mondo non conosce, operatori di un amore che il mondo non conosce, operatori di una vita che il mondo non conosce, operatori di una salvezza che il mondo non conosce. Dove c’è Dio c’è tutto, anche per l’uomo; ma dove non c’è Dio c’è nulla, anche per l’uomo! Non dimentichiamolo.

Mentre, dunque, guardiamo Gesù ascendere al cielo, pensiamo che nella misura in cui siamo con Lui, questa nostra terra fiorirà. E fiorirà davvero.

Trascrizione da registrazione audio