Lectio Divina – Salmo 118 (traccia)

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Lectio Divina – Salmo 118 (traccia)

Lectio Divina – Salmo 118 (traccia)

I salmi della misericordia

Salmo 118
Istituto Ravasco, 6 maggio 2016

 

Sguardo d’insieme
Questo salmo è propriamente una liturgia, un canto destinato al culto e, precisamente, a una celebrazione di rendimento di grazie dopo un miracoloso intervento del Signore in favore della minacciata libertà nazionale.
Il salmo può essere diviso in due parti. Nella prima (vv. 1-18), dopo un’introduzione tipica dei canti di ringraziamento e l’invito a lodare il Signore rivolto a tre categorie (Israele, casa di Aronne, coloro che temono il Signore), avviene la narrazione della liberazione ottenuta. La seconda parte (vv. 19-29) presenta l’arrivo al tempio della processione: lì si alza l’inno del ringraziamento.
Il salmo di fa intravvedere qualcosa di una grande liturgia nel periodo del post esilio in Israele. La Chiesa usa questo salmo nel tempo pasquale, lo si canta ogni domenica e ha largo spazio nella settimana di Pasqua.

Due frasi dense di significato
Quando il cristiano, in sintonia con la voce orante d’Israele, canta il salmo 117 prova un fremito particolare. Egli, infatti, trova in questo inno due frasi che echeggiano nel Nuovo Testamento con una nuova tonalità.
La prima frase. “La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo” (v. 22). Questa frase è citata da Gesù che la applica alla sua missione di morte e di gloria, dopo aver narrato la parabola dei vignaioli omicidi (cfr. Mt 21, 42). La frase è richiamato anche da Pietro negli Atti degli Apostoli: “Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza” (4, 11-12).
La seconda frase. “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (v. 26). Questa frase è proclamata dalla folla nel solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme. L’acclamazione è incorniciata da un “Osanna” che riprende l’invocazione ebraica, dal significato “salvaci!”.

La raccolta “Hallel pasquale”
Questo inno biblico è collocato all’interno della piccola raccolta di salmi, dal 112 al 117, detta “Halle pasquale”, ovvero la lode salmica usata dal culto ebraico per la Pasqua e anche per le principali solennità dell’anno liturgico. Il filo conduttore del salmo è il rito processionale, scandito da canti per i solista e per il coro, avendo sullo sfondo la città santa e il suo tempio. Una bella antifona apre e chiude il testo: “Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”.
La parola “hesed” designa la fedeltà generosa di Dio nei confronti del suo popolo alleato e amico. A cantare questa fedeltà sono coinvolte tre le categorie di persone (vv. 2-4): tutto “Israele”, la “casa di Aronne” (i sacerdoti) e quelli che temono il Signore” (i fedeli e gli altri proseliti, membri di altre nazioni desiderosi di aderire alla Legge).

La processione
La processione sembra snodarsi per le vie di Gerusalemme, perché si parla delle “tende dei giusti” (v. 15). Si leva un inno di ringraziamento (vv. 5-18), il cui messaggio è: anche quando si è nell’angoscia bisogna conservare la fiducia, perché la mano potente del Signore conduce il suo fedele alla vittoria sul male e alla salvezza.
Il salmista usa immagini forti: gli avversari crudeli (le nazioni) sono paragonati a uno sciame di api e al fuoco che riduce tutto in cenere (v. 12). Ma la reazione del giusto è veemente e per tre volte si ripete: “ma nel nome del Signore le ho distrutte” (vv. 10. 11. 12). Alla radice c’è la destra potente di Dio, che genera una bellissima professione di fede: “Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza” (v. 14).

Nel tempio
La processione sembra essere giunta nel tempio: “Apritemi le porte della giustizia” (v. 19), la porta santa di Sion. Qui si intona un secondo canto di ringraziamento, dopo quello processionale. Il canto è aperto da un dialogo tra l’assemblea e i sacerdoti per essere ammessi al culto: “Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore” (v. 19), dice il solista a nome dell’assemblea. Processionale. “E’ questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti” (v. 20), rispondono probabilmente i sacerdoti. Una volta entrati si può dar voce all’inno di gratitudine: “Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza” (v. 21).

L’ultima scena
E’ costituita da un rito gioioso di danze sacre, accompagnate da un festoso agitare di fronde: “Formate il corteo con rami frondosi fino agli angoli dell’altare” (v. 27). La liturgia è gioia, festa, espressione della lode al Signore. Il rito delle fronde fa pensare alla solennità ebraica delle Capanne, memoria del pellegrinaggio di Israele nel deserto. In questa solennità si compiva una processione con rami di palme, mirto e salice.
Questo stesso rito, evocato nel salmo, si ripropone al cristiano nell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, celebrato nella Domenica delle Palme.
In quella celebrazione festosa, che è preludio a mistero di crocifissione, morte e risurrezione, si comprende in modo pieno anche il simbolo della pietra angolare, degli inizi del salmo.

Lettura cristiana
Il salmo 117 rincuora i cristiani a riconoscere nell’evento pasquale di Gesù “il giorno che ha fatto il Signore” (v. 24), in cui “la pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’0angolo” (v. 22). Con il salmo essi possono cantare pieni di gratitudine: “Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza” (v. 14); “Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo” (v. 24)

Il riflesso nella vita

  1. Il salmo insegna a celebrare il giorno festivo nella gioia e a celebralo insieme.
    Si celebra con esultanza la vittoria sul peccato e sulla morte a partire dalla risurrezione del Signore. Si esalta la vittoria e la salvezza che ci sono state donate. “Il Signore è per me”, ripetuto due volte nei versetti 6 e 7.
    Come usciamo dalla Chiesa? “Fa’ che professiamo con la fede e testimoniamo con le opere la gioia della risurrezione”.
  2. L’esperienza della debolezza e dell’angoscia nelle quali si manifesta la potenza di Dio. Sia a livello personale che ecclesiale. Sant’Agostino: “E pensavano che la Chiesa di Cristo dovesse morire. Ecco invece come essa ora canta le opere del Signore. Per tutto il mondo Cristo è la gloria dei beati martiri. A forza di ricevere schiaffi ha vinto i suoi aguzzini; a forza di pazienza ha vinto gli incapaci di pazienza; amando ha vinto la ferocia dei persecutori”.
  3. La gioia pasquale è scintilla della gioia eterna. Sant’Agostino: “Una volta lassù cosa canteremo con le sue lodi? E cosa diremo se non: ‘Tu sei il mio Dio e io ti esalterò? Sì, o Signore, io confesserò a te perché tu mi hai esaudito e sei divenuto mia salvezza’. Non gli tributeremo queste lodi con suono di parole; sarà l’amore stesso che ci unirà a lui a elevare un tale grido. E’ logico quindi che il salmo termini la lode con le stesse parole con cui l’aveva iniziata: “Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre”. La lode di Dio, infatti, è la cosa che più salutarmente vale a rallegrarci. Nulla regge al suo confronto, e anche se noi al principio ce ne estraniammo, è a essa che come a nostro fine torniamo. Per cui sempre Alleluia”.