Omelia – Martedì XXVIII – Anno I

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Omelia – Martedì XXVIII – Anno I

Benedettine Riparatrici del Santo Volto
Via della Conciliazione.

Omelia
Desideriamo custodire con grande cura e con grande fedeltà la parola che oggi il Signore ci dona. Anche perché attraverso il nostro comunicare al suo corpo e al suo sangue questa parola diventi vita della nostra vita, carne della nostra carne.
Paolo ci ha ricordato, parlando di sé, che non provava alcuna vergogna per il Vangelo e ne considerava la straordinaria potenza capace di raggiungere il cuore di tutti: giudei e pagani. Immediatamente, questa affermazione che Paolo fa, così chiara e limpida, ci interroga. Ci porta, infatti, a domandare a noi stessi se non capita che qualche volta ci vergogniamo del Vangelo. E non soltanto perché  questa vergogna la proviamo nei confronti del mondo, quasi che il Vangelo non fosse quella straordinaria potenza che rinnova la vita e dà la vita a tutti, nessuno escluso. Questa vergogna, infatti, la proviamo anche quando non abbiamo il coraggio, la generosità di fare del Vangelo la vita della nostra vita, sempre e in tutto.

Alla luce, dunque, di questa parola che l’apostolo Paolo ci dona oggi, vogliamo vivere la giornata senza provare vergogna per il Vangelo: senza provarla quando dovremo annunciarlo ai nostri fratelli, considerando che il cuore di ogni fratello è in attesa di quella parola di salvezza e che quella parola è l’unica potenza che può salvare la vita; senza provarla facendo in modo che ogni parola che ascoltiamo o che ascolteremo, possa diventare vita della nostra vita.
Chiediamo la grazia di non provare mai vergogna per il Vangelo del Signore, ne di fronte al mondo e neppure di fronte a noi stessi, ma di essere santamente orgogliosi di questo vangelo che salva il mondo e che salva la nostra vita.
È ancora Paolo che, concludendo questa pagina della sua lettera, ci parla di una duplice adorazione: una adorazione che è dovuta al Creatore e una adorazione che, purtroppo, gli uomini tributano alle creature. Abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale: I cieli narrano la gloria di Dio. Che cosa significa adorare le creature? Significa non riconoscere più in quelle creature la presenza e la bellezza di Dio, che solo dobbiamo adorare anche attraverso di esse. Quando le creature, chiunque esse siano, diventano il termine ultimo del nostro interesse, del nostro attaccamento, del nostro affetto, noi diventiamo adoratori di quelle creature e dimentichiamo di adorare in loro Dio, che vi è presente e nelle quali Egli si narra di sé e si racconta.

Anche qui una domanda si impone. Perché ciascuno di noi, almeno un poco, è adoratore delle creature. Ciascuno di noi, infatti, conserva degli affetti, degli attaccamenti che sono ancora un po’ disordinati, perché cercano nelle creature quello che non devono cercare. In quelle creature, invece, noi dobbiamo semplicemente cercare Dio, trovare Dio e adorare Dio in tutta la sua bellezza e in tutta la sua gloria.
Dobbiamo domandare una grazia per questa nostra giornata: che tutto e in tutto noi sappiamo adorare Dio; che mai ci fermiamo alle creature di Dio, dimenticando il loro Creatore; che nulla ci conquisti il cuore a tal punto da perdere di vista che solo Dio deve essere davvero adorato e amato. Con sincerità scendiamo nella profondità del nostro cuore, andiamo a scovare quelle creature che ancora adoriamo, di fronte alle quali ci inginocchiamo e per le quali conserviamo un attaccamento che è disordinato perché non vi è presente Dio. E chiediamo la grazia di staccarcene, adorando Dio e Dio solo.

Infine, sostiamo per un attimo sula parola del santo Vangelo. Gesù con i farisei, come tante altre volte, sottolinea l’importanza di considerare con attenzione il cuore, perché è dal cuore che scaturiscono il bene e il male. Più spesso, forse, dobbiamo domandarci: che cosa Dio dice del mio cuore? Non tanto quello che gli altri dicono, anche se il giudizio degli altri tante volte ci aiuta, ma soprattutto quello che Dio dice della nostra vita. Questo conta davvero! E’ alla luce di questo giudizio interiore che dobbiamo decidere, scegliere e vivere. Viviamo a questa profondità di giudizio, che è il giudizio di Dio e che rende vera la nostra vita. Dobbiamo essere veri! A volte ci nascondiamo a noi stessi e ci nascondiamo a Dio. Dobbiamo essere chiari, limpidi davanti agli occhi del Signore, perché questo sguardo è uno sguardo che ci libera, che ci salva, che non ci toglie nulla ma ci dona tutto.
Chiediamo la grazia di poter vivere questa giornata così, alla luce di questo sguardo bellissimo, innamorato, che ci dona la vita.

Trascritto dal parlato