Omelia – Santa Messa per la presentazione del Signore al Tempio

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Omelia – Santa Messa per la presentazione del Signore al Tempio

Omelia – Santa Messa nella festa della Presentazione del Signore

Carissimi religiosi, carissime religiose, carissime tutte persone consacrate, è una grande gioia oggi vedervi qui insieme nella nostra bella chiesa Cattedrale.

È una gioia perché siete una parte essenziale nella nostra vita, nella vita della Chiesa. Senza di voi alla Chiesa mancherebbe qualcosa di essenziale.

È una gioia perché pregando insieme possiamo esprimere la nostra gratitudine al Signore per la bellezza della Vita Consacrata nella nostra diocesi.

È una gioia perché possiamo dirvi che vi vogliamo bene e che siete preziose e preziosi per tutti noi.

Celebriamo la Festa della Presentazione del Signore al Tempio. Di cosa ci parla questa festa?

È, innanzitutto, la festa dell’incontro. Incontro tra chi? Tra l’Antico e il Nuovo Testamento. Tra la profezia e la sua realizzazione. Tra la figura e la realtà. Tra l’attesa e il compimento. Insomma è l’incontro tra un mondo che attende e il compimento che è Cristo.

Oggi noi guardiamo a Gesù come Colui che è il compimento; come Colui che è la vera novità; come Colui che è l’atteso finalmente venuto; come Colui che è tra noi come Salvatore e Redentore.

Senza Cristo non c’è compimento per la nostra vita. Senza di Lui non c’è autentica realizzazione della nostra esistenza. Senza di Lui siamo sempre vecchi e mai giovani e veramente nuovi. Senza di Lui il mondo non può conoscere quella novità che disperatamente cerca e a volte si illude di vivere, perché in realtà l’unica vera novità è sempre Lui, Cristo, vero compimento, vera novità e vera realizzazione.

Oggi è la festa del nostro incontro con Lui, dell’incontro di noi, uomini e donne, con Lui che viene a compiere, a dare significato e a salvare la nostra vita.

È la festa della luce, perché oggi la luce viene a illuminare le tenebre e l’oscurità. Oggi Lui che è la vera luce viene a sconfiggere le tenebre e le oscurità che caratterizzano la vita del mondo – e anche del nostro cuore – senza di Lui. Perché Lui che è luce illumina le tenebre del nostro cuore, ferito dal peccato e dal male. Se festa dell’incontro significa la festa di Cristo che è la novità, il compimento, il Salvatore della nostra vita, festa della luce significa che oggi guardiamo a Gesù come a Colui che illumina le tenebre e l’oscurità del mondo e di ciascuno di noi.

Oggi è la Festa della consolazione. E la consolazione è sempre Lui, il Signore, perché Lui è la verità che sconfigge l’errore e il dubbio, Egli è la via che ci strappa da un labirinto senza significato, Egli è la vita che ha la meglio sulla morte, Egli è la misericordia che perdona il nostro peccato, Egli è la consolazione del mondo e della nostra esistenza.

È bello, in questa festa, guardare a Gesù come a Colui che è il compimento, la luce e la consolazione. Lo è per noi – ne siamo convinti – perché senza Gesù non conosciamo una realizzazione vera e un compimento della nostra vita, perché senza Gesù non conosciamo la luce vera che sconfigge le tenebre, perché senza Gesù non c’è possibilità di una consolazione vera che scenda nelle profondità dell’anima.

Siamo, però, anche consapevoli di un altro fatto. La Madonna, nel tempio, consegna il piccolo bambino Gesù al sacerdote perché lo offra al Padre. Poi compie anche un altro gesto: quel bambino lo porge all’anziano Simeone, lo porge cioè a un mondo che attende il compimento, la luce, la Consolazione; a un mondo che attende Cristo, per essere salvato ed essere redento. E allora se Gesù è il nostro compimento, la nostra luce, la nostra consolazione, non può che esserlo, attraverso di noi, anche per il mondo.

Come la Madonna consegna il Bambino Gesù a Simeone, diventandone il Salvatore, così anche noi siamo chiamati a consegnarLo al mondo, perché il mondo ha bisogno del Suo compimento, della Sua luce, della Sua consolazione. Impariamo dalla Madonna che Gesù non è soltanto per Lei, è anche per il mondo che ne ha bisogno; non soltanto perché sia il suo compimento, ma perché sia il compimento di ogni uomo, non soltanto perché sia la sua luce, ma perché sia la luce di ogni uomo, non soltanto perché sia la sua consolazione, ma perché sia la consolazione di ogni uomo.

Abbiamo portato una candela in mano, questa sera, processionalmente. L’abbiamo portata come segno di Gesù, ma non l’abbiamo soltanto portata con noi e per noi. L’abbiamo portata e la porteremo con noi per offrirla, per donarla, per consegnarla a questo mondo che ne ha tanto bisogno, e che ha bisogno della nostra testimonianza di Cristo, della nostra parola su Cristo, del nostro donare Cristo.

Non dimentichiamo il segno della luce che ci ricorderà chi è Gesù per noi, ma anche chi siamo noi per il mondo, e che cosa siamo chiamati a vivere per la salvezza del mondo.

La vostra vita, carissimi religiosi, religiose e persone consacrate, la vostra vita è quella candela accesa, perché la vostra vita è piena del Signore. Che significato hanno i voti? Altro non sono se non l’espressione del desiderio e del progetto di fare del Signore il tutto, perché attraverso la povertà Lui sia la vostra unica ricchezza, perché attraverso la castità Lui sia l’unico vostro amore, perché attraverso la vostra obbedienza Lui sia l’unica vostra volontà, e l’unica vostra parola.

Che significato ha la vita comune? Altro non è se non l’espressione del desiderio e della volontà che ogni relazione porti in sé l’impronta della carità di Cristo, del suo cuore infiammato di amore.

Voi siete chiamati a essere questa luce che brilla. E lo sarete davvero nella misura in cui il Signore Gesù sarà tutto per voi, attraverso quella “consacrazione” che un giorno vi ha donato interamente al Signore e che ogni giorno vi ridona interamente a Lui.

Una richiesta e una grazia vogliamo presentare oggi al Signore, tutti insieme, ma in modo particolare per voi: che tutta la vostra esistenza sia questa proclamazione di Gesù, compimento, luce e consolazione. Che la vostra vita, tutta, per come parlate, per come vivete, per come decidete, per come pensate, per come entrate in relazione con gli altri, sia la testimonianza di un “oltre” per il quale vale la pena vivere e morire, e dare tutto. Questo “oltre” è Cristo.

Tutti insieme, oggi, per ciascuno di voi chiediamo questa grazia, che già vivete, ma che siete chiamati a vivere sempre di più: la grazia di essere testimoni belli, affascinanti, attraenti, gioiosi, di un “oltre” che è il Signore, per il quale vale la pena davvero vivere e morire.