Omelia – Solennità di San Giuseppe

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Omelia – Solennità di San Giuseppe

Omelia – Solennità di San Giuseppe

Solennità di San Giuseppe. S. Messa per il mondo del lavoro
Tortona. Cattedrale

Alla presenza del Signore, questa sera, ci mettiamo per un istante alla scuola di San Giuseppe. Una scuola che certamente riguarda la nostra vita personale, la nostra vita di fede, la nostra vita cristiana; è una scuola, però, che riguarda anche la nostra vita di uomini e donne del mondo del lavoro. Ci mettiamo alla scuola di San Giuseppe ripercorrendo per un istante il brano del vangelo che abbiamo adesso ascoltato, soffermandoci particolarmente su tre aspetti.

Il primo. Giuseppe, che riceve un messaggio importante, durante il sonno, da parte di un angelo del Signore, si sente dire queste parole: “Lo chiamerai Gesù”, il Figlio che avrai da Maria”. Nei Vangeli non ascoltiamo parole pronunciate da Giuseppe; certamente, però, da questo testo veniamo a sapere che una parola l’ha detta: ha detto Gesù, chiamando per nome il Bambino, il Figlio di Dio fatto uomo e avuto da Maria.
Che cosa ci suggerisce questo particolare? Per la Scrittura dare il nome significa entrare in una relazione intima, personale, familiare con colui a cui si dà il nome. Dare il nome significa accogliere nella propria vita colui a cui si dà il nome; dare il nome significa instaurare un rapporto di conoscenza e di amore profondo con colui a cui si dà il nome. Giuseppe, dunque, nel dare il nome al bambino, con quel bambino entra in una relazione unica e di profonda familiarità, entra in un rapporto di conoscenza e d’amore particolarmente intenso, entra in intimità singolare con il Bambino Gesù.
Questo fatto, che riguarda Giuseppe, riguarda anche noi, perché ci ricorda che la nostra vita di fede è viva, nella misura in cui noi chiamiamo per nome il Bambino di Betlemme e gli diciamo “Gesù”, vivendo con Lui una relazione profonda, personale intima, familiare, di amore, coinvolgente la nostra vita. “Lo chiamerai Gesù”: ascoltiamo questa parola come rivolta anche a noi oggi. Anche a noi oggi!
È una parola che riguarda la nostra vita personale, la nostra vita di fede; ma è una parola che riguarda anche il nostro essere inseriti nel mondo del lavoro. Perché? Perché avere una relazione profonda, intima, personale con il Signore Gesù, accoglierlo nella nostra vita, significa – come in un bellissimo passaggio ricorda il Concilio Vaticano II – scoprire sé stessi, la propria intima vocazione; significa, comprendere fino in fondo qual è la dignità del lavoro e che cosa significa lavorare crescendo in umanità e rendendo il lavoro un tempo di grazia. Gesù non toglie nulla a colui che lavora, nel momento in cui egli lo accoglie. In realtà, invece, accogliere Gesù significa, per chi lavora, scoprire fino in fondo sé stesso, la propria vocazione, la dignità del lavoro che egli sta svolgendo, ricevere una capacità nuova di viverlo come un tempo davvero prezioso di grazia e di crescita in umanità.

Il secondo. È quello nel quale abbiamo ascoltato nella pagina del vangelo, quando si sottolinea che Giuseppe era giusto e poi si aggiunge, un po’ più avanti nel testo, “in segreto”. Giuseppe è un “uomo giusto in segreto”. Che cosa vuol dire? Giuseppe è un uomo giusto perché opera il bene; opera il bene nel silenzio, nella discrezione, anche se nessuno lo vede e nessuno si accorge di lui. Egli è giusto nel segreto; e questo significa che Giuseppe avverte, anche nel segreto, che lo sguardo di Dio lo raggiunge; anche là dove non è visto, dove non è considerato, dove non è guardato dagli uomini, il Signore lo guarda, il Signore lo considera, il Signore gli è vicino. Che cosa significa questo per noi, da un punto di vista personale e da un punto di vista lavorativo?
So – e tutti lo sappiamo per esperienza – quanto volte il lavoro porti a fatiche, ansie, preoccupazioni, impegno straordinario che, forse, nessuno riconosce e vede. In quel segreto siamo chiamati a essere giusti. È consolante sapere che quella fatica, quell’ansia, quella preoccupazione, quella dedizione che nessuno vede e nessuno riconosce, il Signore la vede, la riconosce, sa che c’è; è consolante sapere che nulla gli sfugge di quello compiamo nel nostro lavoro, anche quando nessuno vede, riconosce, apprezza. Il Signore sì, lo vede! Lo vede nel segreto!
E quante volte, d’altra parte, il segreto può diventare un luogo nel quale si pensa di poter agire anche non bene, in modo disonesto: operando dei soprusi, degli abusi, delle ingiustizie nei confronti di coloro che condividono con noi la fatica e la quotidianità del lavoro! Chi è giusto nel segreto questo non lo fa, perché sa che aldilà del fatto che ciò che egli fa, possa essere visto o non visto dagli uomini, ciò che egli fa è visto, valutato, giudicato da Dio.
Giuseppe è stato un uomo giusto nel segreto. Sapeva che là dove nessuno vedeva, mentre faceva il bene, Dio lo vedeva e lo apprezzava; sapeva che là dove nessuno vedeva non si poteva operare il male, perché Dio sapeva, vedeva, giudicava. Che anche in questo san Giuseppe possa essere esempio e maestro. Giusti nel segreto! Consolati nel bene segreto non visto; resi responsabili e, dunque, pronti a vincere sempre il combattimento contro il male, nel segreto, quando non siamo visti.

Il terzo. La conclusione del testo evangelico. Si dice che Giuseppe “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore”. Giuseppe ha cercato di capire la volontà di Dio sulla sua vita e, dopo averla capita, l’ha fatta, l’ha vissuta. Sapeva che la volontà di Dio era il bene, perché sapeva che la volontà di Dio era dalla sua parte; sapeva che la volontà di Dio era una volontà di verità, una verità di amore. L’ha cercata, l’ha abbracciata e l’ha vissuta.
Anche questo passaggio evangelico ci pone alla scuola di san Giuseppe, anzitutto, da un punto di vista personale. Come uomini e donne di fede siamo alla ricerca quotidiana della volontà di Dio e desideriamo abbracciarla e viverla, perché sappiamo che è dalla nostra parte, che è una volontà di amore per noi e che abbracciandola non perdiamo nulla ma riceviamo in dono il bene nostro, più autentico.
Ma questo vale anche per il nostro essere uomini e donne del mondo del lavoro, perché la volontà di Dio non toglie nulla a noi che lavoriamo. La volontà di Dio non toglie nulla al bene del mondo del lavoro, al suo progresso e alla sua umanizzazione. Non toglie nulla, perché la volontà di Dio è volontà di verità e di amore anche per il lavoro dell’uomo. Ed è per questo che non perdiamo nulla quando cerchiamo abbracciamo e viviamo la volontà di Dio quando lavoriamo: pensando al futuro del lavoro, organizzando il lavoro, progettando l’ambiente di lavoro, spendendoci per il progresso del mondo del lavoro. Dio non è contro il lavoro dell’uomo, ma è a favore del lavoro dell’uomo, perché Dio è favore dell’uomo ed è per l’uomo.

Non dimentichiamo questi tre passaggi del racconto evangelico: “Lo chiamerai Gesù”, “Giusto nel segreto”, “Fece come gli aveva ordinato l’angelo”. In questi tre passaggi evangelici e la scuola che san Giuseppe oggi ci offre, come uomini e donne di fede, come uomini e donne che lavorano.

Trascrizione da registrazione audio