Riflessione – Vespri di Avvento

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Riflessione – Vespri di Avvento

Catechesi di Avvento – Celebrazione dei Vespri

Per tre volte, in poche righe, nella pagina del profeta Isaia, è risuonata una parola: «Io sono il Signore, non ce n’è altri». Perché, per tre volte in poche righe, il Signore si rivolge al suo popolo sottolineando questa dimensione decisiva del rapporto con Lui? Perché quel popolo era tentato di distrarsi, di volgere lo sguardo altrove, soprattutto di rivolgere altrove il cuore. E allora Dio interviene, si fa presente, parla per far recuperare a questo popolo la consapevolezza che Dio c’è, Lui solo è importante, per Lui solo è necessario vivere. Questo richiamo dell’antico profeta è un richiamo sempre valido, in ogni tempo, anche per noi oggi. È sempre valido anche nel momento in cui stiamo vivendo il periodo bello, importante dell’Avvento. Per tutti, infatti, è sempre possibile una tentazione: quella di avvicinarci al Natale dimenticando chi è il vero festeggiato, Gesù, il Signore; quella di vivere il Natale prendendo quasi spunto dal Natale per pensare ad altro, per parlare d’altro, anche di cose buone, belle, ma che non sono Lui, il vero protagonista del Natale.

Quante volte il tempo che ci prepara al 25 dicembre, come anche il tempo che ruota attorno al 25 dicembre, ci trova impegnati, preoccupati e coinvolti in cose anche belle, buone, in sentimenti delicati, nel pensiero rivolto ai bambini, a ciò che costituisce una sorta di clima di poesia, o anche rivolti a valori belli: la pace, la famiglia, la giustizia, la carità! Rischiamo di perdere di vista il centro e il cuore, Colui che è il motivo, la ragione e il significato di tutto questo: il Signore Gesù, il Salvatore del mondo, il nostro salvatore.

Ecco, allora, risuonare questa parola: «Io sono il Signore, non ce n’è altri». Come a dire: “Guarda me, torna a me, concentra il cuore e lo sguardo su di me”, tutto il resto è conseguenza, tutto il resto viene immediatamente dopo, a partire da lì, da questo centro: il Signore Gesù che nasce a Betlemme come nostro Salvatore e Redentore.

Ci concentriamo, allora, su di Lui, ancora una volta. Lo facciamo, questa sera, ritornando con la memoria a un fatto capitato alcuni anni fa.

Un giorno mi recai in una parrocchia. Conoscevo il sacerdote, il parroco, ormai avanti negli anni. Entrato in chiesa rimasi stupito di un particolare. Nei pressi dell’altare vi era una tavolozza da pittore, una di quelle tavolozze su cui sono disposti diversi colori, pronti ad essere presi dal pennello per poi dipingere una tela.

Dal momento che non capivo il motivo della presenza di quella tavolozza, una volta salutato il parroco, gli domandai: “Perché questa tavolozza con i colori e il pennello qui, vicino all’altare?”. Così il parroco mi raccontò il perché di quella tavolozza nei pressi dell’altare.

«Quando ero un giovane sacerdote, un giovane parroco, venni in questa chiesa molto bella. Mi accorsi che nella chiesa mancava un bel dipinto della natività. Allora volli in ogni modo realizzare questo dipinto. Andai alla ricerca di un pittore bravo e finalmente lo trovai. Era un nome noto e gli chiesi di realizzare per me un dipinto da poter collocare nella in chiesa.

Il dipinto venne realizzato ed era molto bello. Era molto bella la Madonna, era molto bello San Giuseppe, era particolarmente bello il Bambino, con occhi luminosi e un visetto dolcissimo: proprio bello. Io rimasi colpito da questo dipinto, contentissimo finalmente di aver portato a compimento il progetto che avevo nel cuore: in parrocchia, finalmente, avevo un dipinto della natività. Lo inaugurai proprio la notte di Natale, con grande gioia da parte di tutti i miei parrocchiani.

Qualche tempo dopo, mentre osservavo il dipinto della natività, mi venne un’idea. Certo, erano raffigurati la Madonna, San Giuseppe, Gesù bambino, l’asino e il bue, alcuni pastorelli. Però pensai: “Sarebbe bello che in questo dipinto ci fosse un altro personaggio: Erode! Per far capire come lì, accanto a Gesù bambino, allora come oggi, c’erano quelli che lo accoglievano, ma c’era anche chi non lo voleva accogliere e lo respingeva”.

Questo pensiero mi martellava nella testa e finalmente mi decisi. Erano passati ormai tanti anni da allora, ma andai a cercare ugualmente quel bravo pittore che aveva realizzato il quadro, molti anni prima.

Andai e gli dissi: “Senta, io ho bisogno di un piacere da Lei”. Il pittore si mise in ascolto. Gli aprii il cuore, dicendo che avrei tanto desiderato aggiungere al suo dipinto un personaggio e questo personaggio era Erode. Mi chiese il motivo, il perché. Cercai di spiegare le ragioni di questo mio desiderio, ma il pittore non rimase convinto. Era legato a ciò che aveva realizzato e non voleva sentir parlare di cambiare ciò che era uscito tanti anni prima dal suo pennello.

Un po’ sconsolato, tornai in parrocchia. Non mi detti, però, per vinto e decisi di andare a cercare un altro pittore che avrebbe potuto realizzare il mio desiderio.

Andai, gli presentai il mio progetto e quest’altro pittore mi disse di sì: avrebbe volentieri introdotto Erode nel dipinto realizzato tanti anni prima. Mi chiese: “Lei mi deve trovare qualcuno che possa farmi da riferimento per realizzare il volto di Erode”.

Allora feci così: mi travestii e andai in una osteria un po’ malfamata a cercare il personaggio che maggiormente potesse ispirare la figura di Erode. Stetti un po’ lì, sentii parlare e a un certo punto mi accorsi che c’era un gruppo di uomini tra i quali uno particolarmente cattivo: parlava male, ce l’aveva con tutti, era mezzo ubriaco.

Lo avvicinai e gli dissi: “Senti, vuoi guadagnare qualcosa? Se vuoi guadagnare qualcosa, vieni con me. Voglio farti affidarti un compito importante. Voglio che tu venga e ti metta vicino a un pittore che, osservando il tuo volto raffigurerà Erode in un dipinto della mia chiesa”.

L’uomo, anche se un po’ titubante, accettò. Il giorno dopo si presentò in parrocchia e si mise in posa. Arrivò anche il pittore, il quale cominciò a dipingere. Dopo un po’ di giorni finalmente l’opera fu compiuta.

Quando l’opera fu compiuta, l’uomo che aveva impersonato Erode si mise lì davanti al quadro e cominciò a piangere a dirotto.

Rimasi un po’ incuriosito, e gli chiesi: “Come mai piangi così? Piangi come un bambino, a dirotto. Che cosa ti è successo?”. L’uomo mi rispose: “Guardi, in questo momento mi vedo ritratto nel dipinto e vedo il volto di Erode: un volto brutto, un volto cattivo. Pensi: tanti anni fa, mia mamma mi portava qui in parrocchia. Io venivo a fare catechismo. La mamma mi raccontò che quando ero appena nato mi portò proprio qui, in questa chiesa, e un pittore famoso, osservando il mio viso, dipinse proprio il Gesù bambino di questo quadro.

Si rende conto? Allora, rimasi in posa perché si potesse raffigurare il volto d Gesù Bambino. Oggi sono rimasto in posa perché si potesse raffigurare il volto di Erode.

Allora, un bambino bellissimo, innocente; oggi, sono un uomo bruttissimo e cattivo. Per questo motivo mi sono messo a piangere. Ho capito che cosa ho fatto della mia vita e i tanti sbagli che ho commesso”.

Da allora, quell’uomo ritrovò la via di Dio. Così ho pensato di lasciare qui, accanto all’altare, la tavolozza con i colori, perché sia un monito per tutti e ricordi a tutti che quando si sta davanti a Gesù gli si permette di dipingere il nostro volto, perché possa essere un volto bello, un volto nel quale si riflette la bellezza di Lui, della sua vita e del suo amore».

Il Natale dovrebbe essere questo, per tutti noi: stare davanti al Signore, mettere Lui al centro, lasciare che Lui, con il suo amore, con la sua grazia, salvi la nostra vita e la renda davvero bella, bella della sua bellezza.

Non perdiamoci in altro. Non sciupiamo questo tempo di grazia, che ci è donato, in cose secondarie e, comunque, sempre conseguenti a ciò che costituisce il cuore e il centro di tutto: Lui, il nostro Salvatore!

Questo Natale possa essere per tutti noi un rinnovato passaggio. Anche la nostra vita, infatti, un po’ si è imbruttita, a motivo della mediocrità, delle cadute, delle infedeltà, della colpa; possa essere il passaggio da un volto imbruttito a quel volto bello che solo l’incontro con il Signore Gesù, l’accoglienza di Lui, della sua vita e del suo amore può darci, può dare a ciascuno di noi: viviamo così l’Avvento!

Stiamo davanti al Signore, rivolgiamo a Lui lo sguardo, il cuore, gli occhi, la mente, l’intelligenza, gli affetti e lasciamo che Lui si imprima in noi, dando salvezza, bellezza, gioia alla nostra vita.

Ritorniamo da dove siamo partiti: «Io sono il Signore, non ce n’è altri». Stiamo lì, e sperimenteremo la vera bellezza e la vera gioia del Natale, da cui scaturisce una vita davvero nuova, perché è quella che ci dona Lui.