Veglia diocesana di Pentecoste.
Messa vespertina con la celebrazione vigiliare prolungata
Tortona. Cattedrale
Abbiamo ripetuto questa sera – ed è stata una delle nostre invocazioni – “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”. Che bella invocazione! “Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra”: una terra che ne ha tanto bisogno. Manda, Signore, il tuo Spirito a rinnovare la nostra terra, che ne ha tanto bisogno. Manda, Signore, il tuo Spirito a rinnovare la Chiesa, che ne ha sempre bisogno. Manda, Signore, il tuo Spirito a rinnovare la nostra Chiesa, che ne ha sempre bisogno. Manda, Signore, il tuo Spirito a rinnovare tutti noi, i nostri cuori. Ne abbiamo, tutti, tanto bisogno.
Quando rinnoviamo la professione della nostra fede, diciamo che noi crediamo nello Spirito Santo “che è Signore e dà la vita”. Dà la vita! Dà la vita! Sant’Agostino diceva che ciò che l’anima è per il corpo, così è lo Spirito per la Chiesa e per la vita di tutti noi. Lo Spirito dà la vita e, dando la vita, rinnova la nostra vita!
Il Curato d’Ars, in modo molto semplice, ma anche in modo significativo, chiamava lo Spirito Santo il “domestico”. Perché lo Spirito è l’amore di Dio al nostro servizio; è l’amore di Dio al servizio della nostra vita; è l’amore di Dio al servizio del nostro continuo rinnovarci.
Il grande letterato francese Paul Claudel affermava, inoltre, che lo Spirito non dà riposo, dal momento che opera continuamente; e, anche quando incontra ostacoli, continua a soffiare continua a donare, continua a risuonare perché tutto si rinnovi al contatto con la sua Vita.
Qual è la via attraverso la quale lo Spirito Santo rinnova tutte le cose? È la via della parola di Dio, che lo Spirito Santo rende infuocata e pone nei nostri cuori, perché ne resti una traccia indelebile. Questa sera, allora, proprio al soffio dello Spirito Santo, rimaniamo in ascolto di quattro parole che il Signore ci ha rivolto; e chiediamo allo Spirito che le renda infuocate, così che possano rinnovarci in profondità.
Nel libro della Genesi abbiamo ascoltato questa parola: “Sono un unico popolo e hanno tutti un’unica lingua”. Che bello! Si parla di un popolo che è una realtà sola; di un popolo che parla un’unica lingua; di un popolo che vive la bellezza dell’unità e della comunione. Potessimo sentire queste parole col fuoco che lo Spirito sa donare loro e potessero queste parole entrare dentro di noi e rinnovarci davvero! Da che cosa? Da quella incapacità che abbiamo a vivere insieme, da quella difficoltà che facciamo a sentirci gli uni parte degli altri, da quella tentazione che abbiamo di vivere nella divisione e ognuno per sé, da quell’abitudine di andare ognuno per la nostra strada, anche dal punto di vista pastorale. Potessero queste parole incidersi nel nostro cuore, nei nostri pensieri, nei nostri affetti, nei nostri progetti e diventare ispirazione di un modo nuovo di vivere! Il modo della comunione, dell’unità, del volersi bene, dell’essere gli uni per gli altri, di collaborare, di sentirci corresponsabili, di avvertire che siamo una sola famiglia e un solo corpo, di sperimentare e gustare la bellezza di questa verità, così centrale per la vita della nostra fede. “Sono un unico popolo e parlano tutti un’unica lingua”.
Nel libro dell’Esodo abbiamo ascoltato una seconda parola: “Vi ho fatto venire fino a me”. Che bella che è anche questa parola! Ci parla del Signore che ha voluto tenerci vicino a sé, ci ha portato nel suo cuore, ha voluto stringere con noi un rapporto di alleanza e di amore, ha voluto farci sentire quanto siamo al centro del suo sguardo, dei suoi pensieri.
“Vi ho portato fino a me”. Eppure quante volte ci ostiniamo a rimanere distanti dal Signore, quante volte viviamo freddamente una relazione che dovrebbe essere di amore infuocato, quante volte mettiamo ai margini la presenza di Dio della nostra vita quotidiana; quante volte lo estromettiamo dai nostri pensieri, dal nostro modo di giudicare, dalle scelte che compiamo? Quante volte non crediamo al suo amore? Soltanto lo Spirito Santo può, con la sua forza, portarci a gustare davvero e a vivere realmente una relazione di amore fervente e appassionato con quel Signore che continua a portarci a sé e che vuole darci tutto sé stesso, sempre. Chiediamo la grazia di poter dare, realmente, non soltanto con labbra, del “Tu” a Gesù.
Nel libro del Profeta Ezechiele abbiamo ascoltato un’altra parola: “Vi farò uscire dalle vostre tombe”. Quali tombe? Le tombe della nostra tristezza, della nostra pigrizia, della nostra accidia, del nostro lamento, del nostro ripiegamento su noi stessi, del nostro guardare la vita senza speranza a motivo dell’incapacità di scoprire che tutto è grazia dell’amore di Dio.
“Chiediamo allo Spirito Santo che venga e che ci rinnovi facendoci uscire da queste tombe, perché possiamo approdare a quello stile di vita che è tipico della fede, e che è sempre gioioso, grato, meravigliato, contento dei doni che Dio fa; che scopre la provvidenza sempre all’opera, che riconosce l’amore che avvolge la vita, comunicando letizia ed entusiasmo attorno a sé.
Abbiamo, poi, ascoltato nel libro del profeta Gioele: “Diverranno profeti”, ovvero saranno capaci di parlare, di parlare e di testimoniare, di annunciarlo a tutti nell’ordinarietà della vita con le parole e con lo stile della propria esistenza, di farlo risplendere sui loro volti, nei loro sguardi, e in tutto ciò che sono e che fanno. “Diverranno profeti”. Non avranno più paura, non avranno più timore, non avranno più timidezza, non si nasconderanno; diventeranno annunciatori della salvezza, in mezzo al mondo.
Lo riconosciamo! Quante volte siamo paurosi nell’annunciare il Signore! Quante volte siamo intimoriti nel dare testimonianza della fede! Quante volte ci nascondiamo per non essere scoperti come appartenenti al Signore! Quante volte rinneghiamo il Signore per il timor del mondo! Lo Spirito Santo venga e rinnovi questo nostro povero cuore, così spesso incapace di rendere testimonianza e di proclamare, con la gioia negli occhi, la bellezza di Gesù, il Salvatore del mondo e di tutti!
Sant’Ireneo usa questa espressione molto bella, parlando di ciò che opera lo Spirito Santo: “Dal vecchiume alla novità di Cristo”. Sì! Che lo Spirito Santo ci conduca dal vecchiume alla novità di Cristo! Vivere nella divisione è un vecchiume! Abbiamo bisogno della novità di Cristo, che ci fa vivere in comunione. Vivere distanti dal Signore è un vecchiume! Abbiamo bisogno della novità di Cristo per vivere una relazione davvero bella, intensa di amore per Gesù! Vivere nella tristezza è vecchiume! Abbiamo bisogno della novità di Cristo per vivere nella gioia e nell’esultanza! Vivere da paurosi è un vecchiume! Abbiamo bisogno della novità di Cristo per essere araldi coraggiosi della salvezza.
“Lo Spirito Santo di Gesù Cristo – dice san Cirillo d’Alessandria – ci unisce a Lui”. Che bello! Ci unisce a Lui, a Gesù e, dunque, ci porta la vera novità.
E sant’Ilario così scrive: “Lo Spirito Santo è il dono della perfetta speranza”. Certo! Perché portandoci la novità che è Gesù Cristo, ci dona la perfetta speranza. “È in Gesù Cristo ogni nostra speranza”, ed è lo Spirito Santo che mette queste parole sulle nostre labbra, le incide nel nostro cuore, ce le fa gustare, ce le fa proclamare. E, ora, queste parole vogliamo ripeterle tutti insieme: È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! (È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! – ripete l’assemblea) È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! (È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! – ripete l’assemblea) È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! (È in Gesù Cristo ogni nostra speranza! – ripete l’assemblea).
Abbiamo in mano delle piccole luci, che porteremo con noi, uscendo da questa Cattedrale. Potessero essere il segno, di fronte a tutti, che, davvero, è in Gesù Cristo ogni nostra speranza! Siamo come piccole lingue di fuoco capaci di far risuonare, nella forza dello Spirito Santo, che è in Gesù Cristo goni nostra speranza. Tutti lo possano sentire, tutti lo possano vedere, tutti lo possano toccare con mano, attraverso di noi.
Trascrizione da registrazione audio