Conferenza – Gesù. Scuola di formazione vicariale (traccia)

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Conferenza – Gesù. Scuola di formazione vicariale (traccia)

Scuola di formazione di base.
Gesù

Vicariato di Sestri Ponente

INTRODUZIONE

  • Il cristianesimo lo si comprende a partire da Gesù Cristo: è lui l’essenza del cristianesimo. Siamo cristiani perché siamo di Cristo: di qui l’importanza dell’approfondimento della persona di Gesù e il senso del corso.
  • Cristiano è colui che ha con Gesù un rapporto personale profondo, da articolare in quattro momenti: conoscere, credere, professare, seguire.

Conoscere
Non si dà nessun rapporto vero senza conoscenza. Più si conosce e più si ama. Diverse forme di conoscenza, ma di conoscenza deve trattarsi. Il rapporto conoscenza-amore.
Credere
Significa sia aderire al contenuto della parola di Cristo, sia abbandonarsi con fiducia a questa stessa parola.
Professare
Ciò in cui si chiede è qualcosa che chiede di essere proclamato. La fede, tra l’altro, cresce nella misura del dono di essa.
Seguire
La fede si traduce nella vita concreta e diventa prassi abituale per ogni settore della vita.
– Il senso del nostro corso è contribuire a fornire un approfondimento della persona di Gesù che sia di aiuto in rapporto ai quattro momenti indicati.
– In particolare ci poniamo la domanda: quale fondamento ha la fede cristiana che da duemila anni riconosce Gesù come Signore e Figlio di Dio?
Questa professione è il cuore del cristianesimo.
Se Gesù è solo un grande personaggio, non è cambiato nulla nella storia e per la nostra vita. Rimane uno tra i molti maestri di vita senza esserne il salvatore.
L’unicità del mistero di Cristo e il solido fondamento: per rendere salda la nostra fede e per rendere ragione della speranza che è in noi.
– Considerando anche la cultura attuale (che riguarda anche noi)
Ci si incontra con tre grandi questioni:
il rapporto fede e ragione: la fede amica dell’intelligenza
il rapporto Gesù della storia e Cristo della fede (si pensi al Codice da Vinci e al libro intervista di  Augias-Pesce), il rapporto tra fatto e messaggio
il rapporto religione e Cristo
– Ricordiamo quando affermava Pascal: “esistono soltanto due categorie di persone che possono dirsi ragionevoli: quelle che servono Dio con tutto il cuore perché lo conoscono e quelle che lo cercano con tutto il loro cuore perché non lo conoscono”.

I MOLTI VOLTI DI GESU’

L’episodio di Cesarea di Filippo si ripete in ogni tempo della storia e anche ai giorni nostri.
Gesù assume molti volti e a seconda del volto che egli assume, assume un volto particolare anche il cristianesimo.

L’immagine ebrea di Gesù
Nella tradizione ebraica ha una risonanza abbastanza negativa. Fin dall’inizio (i vangeli) e poi per secoli.
Fin dal II secolo circolavano racconti leggendari e diffamatori che hanno trovato sedimentazione nelle “storie di Gesù” del V sec.: es. Gesù appare come figlio illegittimo di Maria e di un soldato romano.
Negli ultimi tempi l’atteggiamento è molto mutato. Diversi studiosi ebraici hanno approfondito la conoscenza di Gesù, coltivando calda simpatia e sostenendo la verità delle gran parte di notizie contenute nel N.T. Nel 1973 uno studioso ebreo affermava che solo in Gerusalemme erano apparsi di recente più testi su Gesù che in tutti i secoli precedenti.
Nelle recenti pubblicazioni si guarda positivamente a Gesù; se ne rivendica l’appartenenza al popolo ebraico: Gesù non era un cristiano, ma ebreo, “il più ebreo degli ebrei”. Bisogna portare alla luce il vero Gesù che giace sotto le interpretazioni del cristianesimo: un grande maestro (Buber), il simbolo della sofferenza dell’umanità (Chagall).
Dice Schalom Ben Chorin: “La fede di Gesù ci unisce, la fede in Gesù ci divide”.

L’immagine laico-umanista di Gesù
Qui si parla di un messaggio sublime e di una personalità eccezionale, che deve però essere restituita a tutti gli uomini dopo le manipolazioni del cristianesimo.
Gesù è solo un uomo, ma un uomo unico che indica il cammino attraverso il quel ognuno può ritrovare se stesso. Esempio di questa posizione è il tedesco K. Jaspers per il quale Gesù, insieme a Socrate, Confucio e Buddha, i tre grandi del sec. V, è uno dei quattro uomini “normativi”.

L’immagine marxista di Gesù
Gesù risulta essere un uomo coerente, portatore di un messaggio rivoluzionario, che ha molte cose da dire anche oggi.
Scrive Machovec (cecoslovacco, 1976): “Quasi senza eccezione, il cristianesimo storico, particolarmente il moderno, viene criticato nel modo più duro, anzi condannato, dai marxisti; mai, però, un qualche marxista ha ritenuto assolutamente cattiva e incondizionatamente dannosa la cosiddetta causa di Gesù, cioè l’appello morale direttamente legato alla persona di Gesù. Al contrario questo riguardo c’è un accordo quasi totale nel ritenere che la causa di Gesù contenga molto di buono”. La causa di Gesù è la sua dedizione al prossimo, ai sofferenti, ai deboli, agli oppressi.
Non è la persona di Gesù che interessa, ma il suo programma, o meglio il programma così come lo riduce il marxismo.

L’immagine antiborghese di Gesù
E’ una lettura in chiave anticonformista che riscontra favore soprattutto nella gioventù post rivoluzionaria degli anni ’70.
Si pensi al successo di Jesus Christ superstar.

Il Gesù degli psicologi
Gesù è considerato come un insuperabile modello di equilibrio psichico. La religione può fornire un significato del vivere e del morire e quindi può costituire un potenziale rimedio nei confronti delle nevrosi esistenziali.
Si è parlato anche di cristoterapia.

Il Gesù della nuova religiosità
La nuova religiosità sintetizza le molteplici forme di ricerca religiosa del nostro tempo.
In questo due sono i principali modi di vedere la figura di Gesù.:
1. Chi auspica un ritorno a Gesù, come era quello della Chiesa primitiva, in un atteggiamento di rifiuto dell’odierna società permissiva e di una Chiesa troppo compromessa.
2. Si legge la vicenda di Gesù in chiave cosmica: Gesù non è che un caso particolare della manifestazione de divino
Un dato comune a tutte queste immagini
C’è un dato comune in tutte queste posizioni: la Chiesa ha alterato la vera identità di Gesù: il suo vero volto va ricercato altrove. Gesù sì, Chiesa no. Quale identità trasmette la Chiesa con la sua fede: Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo; è perfetto uomo e anche perfetto Dio e per questo è l’unico Salvatore del mondo.

I LIMITI DELLE IMMAGINI DI GESU’

Molte immagini ricordate hanno in sé qualche cosa di vero. Però hanno anche gravi limiti.

  • L’immagine ebrea: “Gesù fu fino alla sua fine membro della comunità giudaica, egli pensò e parlò, anche religiosamente, servendosi dei suoi concetti e delle sue rappresentazioni”.
    MA: non c’è forse in Gesù un residuo che non è spiegabile con l’ebraismo?
  • Gli umanisti laici colgono aspetti umanamente rilevanti del messaggio di Gesù, la sua personalità singolare che è capace di indicare all’uomo il cammino per ritrovare se stesso.
    MA: perché proprio Gesù è l’uomo normativo? Non c’è qualcosa in lui che faccia pensare al fatto che sia più di un uiomo?
  • L’immagine marxista porta l’attenzione sulla prassi di Gesù, prassi di liberazione e di amore.
    MA: La causa di Gesù non comporta anche un riferimento a Dio? A Gesù non sta così a cuore l’uomo perché gli sta assolutamente a cuore Dio?
  • L’immagine antiborghese pretende di ritrovare una immagine semplice di Gesù, non manipolata da mani devote. Si tratta di un Gesù che rompe con gli schemi e scandalizza.
    MA: Gesù è cpntro ogni ordine prestabilito o solo contro quell’ordine che contraddice l’amore?
  • Il Gesù degli psicologi mostra che egli resiste bene anche alle indagini della psicologia del profondo.

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Ognuno, in qualche modo, riduce alle proprie piccole categorie una figura che è ben più grande e non assimilabile al nostro limitato punto di vista. In quelle immagini vi è un dato comune: una separazione tra messaggio e persona. Questo è il grande equivoco e il grande pericolo.
Spesso si cade in una riduzione etica di Gesù come figura esemplare in vista dell’affermazione della giustizia, della pace, dell’ecologia. Oppure vi è una riduzione storico-estetica per la qaule si conserva interesse per il cristianesimo e per Gesù solo come fatto del passato e culturalmente significativo.
E’ chiaro che per la fede Gesù Cristo non è questo.
E’ intanto importante ricordarlo, perché forse a volte trattiamo il Signore proprio se fosse riducibile così; e poi è importante che andiamo a scoprire i fondamenti storici, razionali e ragionevoli di questo dato della nostra fede.
Dobbiamo arrivare a dire che:
-il Gesù della storia e il Cristo della fede sono la stessa persona
-è ragionevole questa verità
-non si può separare il messaggio dal messaggero
-solo il Cristo della fede creduta e professata dalla Chiesa è il Gesù della storia

IL GESU’ STORICO

Fino ad ora si è parlato di Gesù senza porre il problema delle fonti storiche che ci informano di lui. Adesso il problema va sollevato.
Si suppone risolta affermativamente la questione dell’esistenza storica di Gesù. All’inizio del secolo scorso qualcuno avanzava l’ipotesi che Gesù non sarebbe mai esistito. E’ un’ipotesi storicamente assurda che nessun serio studioso oggi osa avanzare: “Certo il dubbio se Gesù sia veramente esistito è infondato e non merita di essere confutato” (R. Bultmann, 1972).

LE FONTI DELLA VITA DI GESU’

Quello che sappiamo di Gesù lo conosciamo dai Vangeli; altre fonti ci danno qualche scarsa notizia.
Le fonti al di fuori dei Vangeli in parte sono non cristiane, in parte sono cristiane ma non riconosciute dalla Chiesa come testi ispirati.

Le fonti non cristiane
Dal mondo ebraico
Non si ricava nulla di storicamente valido circa la persona, l’insegnamento e la vita di Gesù.
1. Il Talmud (IV-V sec. d. C.) parla di Gesù, ma si tratta di tradizioni tardive, dipendenti dagli scritti canonici e apocrifi cristiani. Gesù è presentato – in polemica con i cristiani – come figlio di un soldato chiamato Pandera, che avrebbe messo incinta sua madre, chiamata Maria, una parrucchiera, e come mago e seduttore del popolo; egli per aver indotto il popolo all’idolatria, sarebbe stato lapidato e poi appeso a un palo nella città di Lidda alla vigilia della Pasqua. Probabilmente nella tradizione si trattava di un giudeo dedito alla magia a cui il Talmud avrebbe dato il nome di Gesù. Si tratta dunque di una rielaborazione anteriore che non ha a che fare nulla con Gesù.
2. Lo storico Giuseppe Flavio, nato verso il 37-38 d. C. in Palestina nella sua opera Antichità Giudaiche parla due volte di Gesù.
-Nel primo testo riferisce che il sommo sacerdote Anano, al tempo della successione del governatore romano della Giudea, approfittò dell’assenza del governatore per un colpo di mano: convocò il Sinedrio e fece comparire dinanzi ad esso il fratello di Gesù, chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo e alcuni altri trasgressori della Legge e li fece lapidare.
-Il secondo testo, più ampio, dà numerose notizie su Gesù; ma sembra che copisti cristiani lo abbiano interpolato per renderlo favorevole al cristianesimo.

Dal mondo romano
1. Lo storico Tacito scrive gli Annales negli anni 115-117 d. C. descrivendo l’incendio di Roma (64 d. C.). Osserva che Nerone, per distogliere da sé l’accusa di aver provocato l’incendio, “fece passare per colpevoli e sottopose a raffinatissimi tormenti coloro che il volgo chiamava cristiani e odiava per le loro azioni nefande. Cristo, il fondatore della setta, dal quale avevano preso il nome, era stato giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato, sotto il regno di Tiberio. Ma la rovinosa superstizione, repressa per il momento, dilagava di nuovo non solo per la Giudea, luogo di origine di quel male, ma anche per Roma, dove confluiscono e trovano seguito tutte le atrocità e le vergogne del mondo”.
Si tratta di una testimonianza molto importante, perché proviene da uno storico serio, informato, contrario fortemente al cristianesimo.
2. Svetonio e Plinio il giovane accennano se pure in modo vago a Cristo e ai cristiani. Eppure sono testimonianze importanti perché insieme alle precedenti costituiscono fonte non cristiana su Gesù.
Non deve stupire questa scarsità di notizie su Gesù da parte di una storiografia antica non cristiana, attenta soprattutto ai fatti di natura politica e militare.
Scriveva Pascal: “Gesù Cristo è vissuto in un’oscurità (secondo quel che il mondo chiama oscurità) tale che gli storici, i quali scrivono solo le cose importanti degli Stati, se ne sono appena accorti” (Pensieri, 786).

Le fonti cristiane
I Vangeli apocrifi
I Vangeli apocrifi (segreti) sono quelli attribuiti ad alcuni apostoli, ma non riconosciuti dalla Chiesa nel canone, cioè non riconosciuti come ispirati da Dio. Sono opere che vanno dal 100 al 150 d. C. al V-VI sec. d. C. Sono quindi tutti posteriori ai Vangeli canonici
-Alcuni, come il Vangelo degli Ebrei, risalgono agli annoi 100-150 e di questi si possiedono solo dei frammenti: sono di origine giudaico-cristiana ed è probabile che contenessero anche qualche parola o tradizione autentica su Gesù, che non si trova nei Vangeli canonici; alcuni avevano tendenza gnostiche (erano contrari al matrimonio e proibivano di mangiare la carne).
-Più tardivi sono il Protovangelo di Giacomo (150-200 d. C.) e altri Vangeli dell’infanzia di Gesù: furono scritti per soddisfare la curiosità dei fedeli sui punti che i vangeli canonici avevano appena sfiorato.
-Ci sono poi i Vangelo gnostici, il più noto dei quali è il Vangelo di Tommaso, scritto verso il 200-250, che riporta 114 detti di Gesù: alcuni sono identici o molto vicini ai vangeli canonici, la maggior parte sono manipolati in senso gnostico o sono chiaramente gnostici.. Questo vangelo in verità vuole mettere sotto l’autorità di Tommaso le dottrine gnostiche, radicalmente anticristiane e combattute dalla Chiesa.
**In conclusione nei Vangeli apocrifi non si può ricavare quasi nulla per quanto riguarda la storia di Gesù: vi si trovano leggende inventate per motivi di edificazione o apologetici, o sono redatti per giustificare dottrine eretiche.
Il loro valore storico è perciò tenue o nullo. Tuttavia sono attestazioni circa l’esistenza storica di Gesù

**In relazione al libro “Inchiesta su Gesù”
1. Si dice che i vangeli canonici sono testi “lacunosi, contraddittori, manipolati” che la Chiesa ha scelto per ragioni “non chiare” tra molti vangeli, rigettando altri vangeli come apocrifi e in tal modo condannandoli all’oblio.
-In realtà la Chiesa ha scelto i quattro vangeli per ragioni molto chiare:
-soltanto nei quattro vangeli canonici la comunità cristiana ha riconosciuto la tradizione apostolica, cioè quello che hanno insegnato i Dodici, quelli che sono stati con Gesù per tutto il tempo della predicazione, dal Battesimo alla Risurrezione
-inoltre solo in quei quattro vangeli la comunità cristiana delle origini ha riconosciuto i testi rispondenti a ciò che si trasmetteva nella catechesi e nella liturgia
-mentre i quattro vangeli canonici sono stati scritti tutti nel I secolo (Mc 65-70, Mt Lc 80-90, Gv 90-100), i vangeli apocrifi sono tutti posteriori e dipendono in buona parte dai canonici, rispetto ai quali non aggiungono nulla di nuovo per la conoscenza di Gesù, se si eccettua il vangelo di Tommaso.
-molti vangeli apocrifi, come quello di Tommaso, esprimono tendenze gnostiche. Es. “Maria deve andare via da noi! Perché le femmine non sono degne della vita”
-I Vangeli pongono diversi problemi: sono scritti da autori diversi, ognuno dei quali presenta un aspetto della vita del Signore anche in relazione alla comunità cui si rivolge. Ma non si può dire che siano “lacunosi, contraddittori, manipolati”. Essi danno di Gesù quattro ritratti che si completano a vicenda.

2. I Vangeli apocrifi, inoltre, dicono proprio il contrario di quello che si vuole affermare invocando la loro autorità.
Si vuole affermare infatti che Gesù era un ebreo che non ha voluto fondare una nuova religione.
Anzitutto questi vangeli presentano Gesù come radicalmente in opposizione all’ebraismo: egli è rivelatore di un Dio diverso e superiore. In secondo luogo si presenta Gesù come Dio ma non come uomo, rivestito solo in apparenza della forma umana (docetismo).
In verità i vangeli apocrifi non sono stati scritti per narrare fatti o detti di Gesù, ma per veicolare una certa visione di Dio, del mondo, dell’uomo per lo più rispondente alle correnti gnostiche.

I Vangeli canonici
– I Vangeli sono quattro, tre dei quali detti sinottici (da synopsis: visione d’insieme).
– Solo agli inizi del II secolo (dal 100 d.C.) si comincia a usare il termine “vangelo” per indicare lo scritto che contiene il messaggio di Gesù e il termine “evangelista” per designare l’autore di tale scritto. Così San Giustino, verso il 150 d.C. ci ricorda che nelle assemblee cristiane si leggevano “le memorie degli apostoli che si chiamano vangeli”.
– I vangeli canonici sono quattro, ma formano un unico vangelo. Sant’Ireneo di Lione, nel suo libro “Contro le eresie” scritto nel 180 d.C. parlava di “Vangelo quadriforme”.
– La tradizione della Chiesa che risale ai primi tempi del cristianesimo parla di quattro autori. In realtà i vangeli si presentano senza nome. Così la dicitura “Vangelo secondo Marco” non fa parte del vangelo che comincia con le parole “Inizio del vangelo di Gesù Cristo”.
– Circa la data di composizione l’opinione oggi più comune colloca la composizione dei tre sinottici tra il 65 e il 70 (secondo alcuni si potrebbe retrodatare fino al 42 per Marco) e la composizione del vangelo di Giovanni tra il 90 e il 100.
– Circa il genere letterario i vangeli sono opera di catechesi, con finalità di evangelizzazione. Non appartengono perciò al genere storico.

I VANGELI CANONICI

I testi antichissimi dei vangeli
Il testo dei vangeli così come appare negli antichi codici in nostro possesso corrisponde a quello redatto dai quattro evangelisti?
Risponde la critica testuale.
Di nessun libro dell’Antico Testamento come del nuovo (come del resto di nessuna opera letteraria del mondo classico) possediamo il manoscritto originale dell’autore, l’autografo. Questo si spiega in due modi:
– principalmente con il fatto che, essendo gli scritti riportati su fragili papiri, erano soggetti a un rapido deterioramento (nel I sec. il materiale scrittorio è costituito dal papiro e dalla pergamena; unendo i fogli di papiro si ottenevano lunghe strisce che potevano essere arrotolate, i rotoli di papiro; anche per la pergamena avveniva la stessa cosa; più tardi si introduce il codice o libro, adottato anche per la pergamena).
– bisogna anche aggiungere che nessun testo profano fu perseguitato come gli scritti cristiani dalle autorità civili, a causa della legge imperiale che ordinava la consegna dei libri sacri.
Tuttavia abbiamo copie antichissime dei manoscritti originali, i cosiddetti “testimoni”. Tre sono i generi di testimoni: papiri e codici, citazioni, versioni.
-citazioni: sono brani del N.T. citati dagli antichi scrittori nelle loro opere. Queste citazioni sono numerosissime. Esse testimoniamo che la conoscenza dei vangeli era diffusa in un’area geografica molto vasta (dalla Spagna alla Mesopotamia e dall’Inghilterra all’Egitto) e questo in un tempo in cui la divulgazione degli scritti era lenta e laboriosa
-versioni: sono traduzioni dal testo greco; la loro importanza deriva dal fatto che furono composte in un tempo non molto distante dalla redazione degli originali. Alcune di esse risultano addirittura anteriori ai codici più antichi: es la Vetus latina (versione in latino del N.T.), risalente al II secolo

Da quanto detto e da quanto si dirà risulta che:
– i vangeli risalgono al I secolo: infatti sono citati da autori del I e II secolo che riferiscono già una tradizione consolidata (es. Papia nel 120, Ireneo nel 130)
– i vangeli contenuti nei grandi codici del 300 sono fedeli a quelli del I secolo. Infatti confrontando tra loro codici, papiri, citazioni, versioni (scritti in regioni anche distanti tra loro) non emergono variazioni sostanziali. E’ il segno che derivano da un’unica fonte: l’originale del I secolo

I vangeli sono testi privilegiati rispetto a tutti i libri dell’antichità.
La critica testuale, infatti, conferma che i più antichi manoscritti dei vangeli sono di pochi decenni posteriori agli originali Per Giovanni la composizione si data intorno al 95 e il manoscritto più antico dista solo 30 anni. Per il complesso del N.T si parla di una distanza di 200 anni.
Per i poeti latini la distanza ammonta a circa 800 anni. Per Virgilio la distanza è di 350 anni.
“Chiunque perciò si sia familiarizzato scientificamente con i libri del N.T. deve ammettere che nessun libro dell’antichità è stato trasmesso con tanta purezza, con tanta certezza e precisione quanto la Bibbia” (1938, Rudolf Thiel).

La questione essenziale
Se i documenti esaminati ci mettono in contatto con le testimonianze su Gesù scritte nel I secolo, resta da affrontare la questione essenziale: possiamo trovare nei vangeli il vero volto di Gesù? Oppure quello che vi è descritto è opera di fantasia e dell’entusiasmo dei discepoli? E’ la questione circa la veridicità dei vangeli.

Lo studio critico dei vangeli richiede di affrontare le seguenti questioni:
-la loro formazione
-le caratteristiche letterarie
-la credibilità storica

La formazione
Sappiamo che il messaggio di Gesù è arrivato ai primi cristiani attraverso la viva voce dei testimoni diretti. In seguito la vita e l’insegnamento del Signore furono messi per iscritto affinché si tramandassero nel tempo.
Nella formazione dei vangeli distinguiamo tre momenti.

1. Gesù è la sorgente: la sua parola pronunciata in aramaico, la sua vita e il suo insegnamento
2. La predicazione orale nella Chiesa primitiva, iniziata dagli apostoli per esplicito comando di Gesù.
* Questa avviene attraverso tre attività fondamentali: la liturgia, la catechesi, la predicazione (il primo annuncio della fede ai non cristiani). A queste tre attività corrispondono tre ambienti vitali diversi: il culto, la catechesi, la missione. Fu in essi che la tradizione evangelica si venne formando ricevendo le sue colorazioni.
* Inoltre a seconda dell’ambiente cui era indirizzato l’annuncio, questo stesso si diversificò per favorirne la comprensione.
* Da non dimenticare poi l’esigenza di tramandare a memoria, con un messaggio facile da ricordare. Per gli antichi orientali è molto più importante la parola dello scritto: la comunicazione avveniva mediante lo stile mnemotecnico (es. Mt 7, 17-18: “Ogni albero buono produce frutti buoni, ogni albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non può produrre frutti cattivi, un albero cattivo non può produrre frutti buoni”).
3. La redazione dei vangeli
* Accanto alla predicazione orale cominciarono a formarsi brevi scritti: detti di Gesù, parabole, miracoli…
* Da queste piccole unità letterarie se ne dovettero sviluppare più ampie con l’accostamento e l’aggiunta di elementi nuovi.
* Si è concordi nel ritenere che il primo nucleo dei vangeli sia stato il racconto della Passione-Morte-Risurrezione (era la prima necessità: Testimoniare la risurrezione di Cristo).
* Lo studio dei testi ha rilevato come ogni evangelista abbia dato alla propria opera un’impronta teologico-pastorale dovuta alla personale esperienza di Cristo, alle possibilità filologiche e al materiale orale e scritto di cui disponeva. Inoltre ciascuno ha adattato il tutto all’ambiente umano a cui si rivolgeva.
*Questa libertà redazionale appare tuttavia moderata da due fattori:
– il controllo della comunità apostolica primitiva
– l’arcaicità del contenuto che riflette il tempo di Gesù e non la situazione del tempo della redazione

I quattro vangeli
Abbiamo visto l’iter della redazione dei vangeli.
Abbiamo anche detto la somiglianza dei tre sinottici e la diversità del vangelo di Giovanni
* Tra le teoria che cercano di spiegare le somiglianze le discordanze dei sinottici una delle più diffuse è la teoria delle due fonti.
Secondo questa ipotesi il vangelo di Marco (il più antico dei vangeli pervenutici) sarebbe stato utilizzato da Matteo e Luca come fonte principale della loro narrazione. Essi, inoltre, avrebbero attinto da un’altra fonte comune, la fonte dei detti di Gesù (la fonte Q), forse identificabile con la prima edizione del vangelo di Matteo in aramaico Ogni evangelista, infine, avrebbe fatto capo a fonti proprie dovute in parte alla tradizione catechetica della Chiesa primitiva già saldamente costituita.

Il vangelo di Matteo
La tradizione della Chiesa antica ha attribuito a Mt la redazione di un vangelo in lingua aramaica, che però non ci è pervenuto. Questo scritto ci è noto dalle testimonianze di Papia. Ireneo, Origene. Afferma Papia: “Matteo dunque ordinò i detti di Gesù in lingua ebraica”.
Invece il testo che possediamo risulta redatto in greco, dopo il 70 e si può considerare una rielaborazione dello scritto aramaico con aggiunte provenienti di altre fonti.
E’ un vangelo che ha alla radice elementi palestinesi facilmente riconoscibili, scritti in ambiente ebraico per ebrei. Lo attesta la presenza di un gran numero di citazioni dell’A.T., volte a provare che Gesù è il Messia annunciato dai profeti.
Quanto al contenuto, Matteo ha il quadro narrativo di Marco, nel quale inserisce i celebri cinque discorsi: della montagna, missionario, in parabole, ecclesiale, escatologico.

Il vangelo di Marco
Prima dell’anno 70 Marco scrive con tutta probabilità a Roma per una comunità cristiana convertitasi dal paganesimo. Il suo vangelo che secondo la tradizione antica dipende dalla predicazione di Pietro è il più breve e il più antico dei vangeli che possediamo.
Volendo presentare il messaggio e la figura di Gesù ai cristiani di Roma ha cura di riportare numerosi miracoli confidando nella loro capacità di esprimere il dinamismo dell’opera di Gesù, ossia di sottolineare che dove passa Gesù l’umanità cambia.
In sintesi il contenuto di questo vangelo si può ritenere una presentazione narrativa della vita di Gesù dal Battesimo di Giovanni fino agli eventi della Passione e Risurrezione.

Il vangelo di Luca

Compagno di Paolo e medico secondo l’antica tradizione, scrive per una comunità di cristiani provenienti dal paganesimo. La datazione del suo vangelo si può collocare intorno al 75. Egli presenta Gesù come salvatore misericordioso dell’umanità. Nel suo vangelo trovano un posto privilegiato i poveri e i peccatori. Sono sue le toccanti parabole della misericordia e gli episodi di perdono: la peccatrice, la conversione di Zaccheo, il buon la ladrone.
Inoltre Luca, come Paolo, sottolinea l’universalità della salvezza, destinata a tutti e non solo ai Giudei.

Il vangelo di Giovanni
Questo vangelo contiene la parola di Gesù secondo l’approfondimento e la presentazione basata sulla testimonianza del discepolo che Gesù amava”, identificato dall’antica tradizione con Giovanni l’apostolo.
Si pensa che sia stato scritto nella zona di Efeso in Asia Minore, rivolto a una comunità cristiana già matura nella fede che si doveva misurare con le prime eresie.
La data di composizione risale verso gli anni 90-100.

Il vangelo: storia predicata
Per capire meglio i vangeli è necessario fare un accenno alla questione dei generi letterari.
Dio si è rivelato nella storia: il principi di incarnazione. Non solo assume la lingua del tempo e del luogo, ma anche i modi di esprimersi, di raccontare, di manifestare sentimenti
Il messaggio della salvezza viene proposto ed espresso nei testi sotto svariate forme. Queste diverse forme o tecniche espressive vengono chiamate dagli esperti “generi letterari”. Si tratta di antiche forme linguistiche legate alle differenti funzioni del linguaggio: i racconti storici, ad esempio, hanno la funzione di informare.
Facendo una classificazione sommaria possiamo distinguere due grandi generi letterari, all’interno dei quali vengono raccolti altri generi minori: i testi in poesia e i testi in prosa.

1. I testi in forma poetica
Tra i testi poetici vanno distinti i poemi d’amore (come il Cantico dei Cantici), le benedizioni, i canti di ringraziamento, le suppliche, le lamentazioni…Ogni genere adotta uno specifico linguaggio: quello del Cantico è diverso da quello di una lamentazione profetica.
A questo genere appartiene anche la letteratura sapienziale, il cui obiettivo è di trasmettere alle generazioni future la riflessione e l’esperienza dei saggi.

2. I testi in prosa
La loro classificazione è più complessa e varia: si trovano documenti di carattere storico (es. le cronache), narrazioni didattiche (le parabole), lettere, discorsi profetici, racconti di miracoli…

L’importanza dei generi letterari
La preziosità del genere letterario si cela dietro la sua funzione, che è quella di comunicare un preciso messaggio attraverso l’arte del linguaggio.
– Esso influisce prima di tutto sull’oggetto in questione. Anche quando il tema è il medesimo, di esso può parlarne il filosofo, il poeta, lo storico, lo scienziato. Ognuna di queste figure si esprime con uno specifico linguaggio, che influisce sul tema (es. la possibilità di scegliere il bene o il male: Gn 3, Dt 30, 15-20, Sal 1).
– La scelta del genere letterario produce effetti anche sul soggetto. Una cosa è esprimere un giudizio in forma categorica, un’altra attraverso un semplice suggerimento, un’altra ancora avanzando un’opinione personale. Gesù può affrontare il tema dell’incredulità con un rimprovero diretto, con una parabola, con un insegnamento.
– Infine, la scelta del genere letterario è legata anche agli elementi del contenuto che si desidera sottolineare: in una favola, ad esempio, è la conclusione morale che viene proposta, mentre il resto è un veicolo; nel racconto storico è importante il fatto.

Ecco che cosa dice la Dei Verbum n. 12:
“Per comprendere in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia gli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani
Un genere letterario tipico
Cerchiamo ora di precisare in che cosa i vangeli costituiscono un genere letterario specifico. Infatti sono si possono identificare con nessuno dei generi letterari antichi. Nel N.T. i vangeli rappresentano un caso unico. Gli altri scritti fanno capire che sono informati sulla vita di Cristo, ma ciò che loro interessa è l’evento di morte e risurrezione, mentre il resto rimane sullo sfondo.
Solo i vangeli manifestano un chiaro interesse all’attività terrena di Cristo. D’altro canto i redattori dei vangeli non sono degli scrittori che lavorano a tavolino, in base a documenti di archivio e con la preoccupazione di scrivere una vita completa di Gesù dall’inizio alla fine.
I vangeli, dunque, pur non essendo dei racconti storici nel senso della storiografia moderna, tuttavia rientrano nel genere storico, ossia nella narrativa di fatti realmente accaduti. Vogliono raccontare ciò che Gesù ha detto e ha fatto, ma il loro genere letterario è del tutto particolare perché hanno un carattere di annuncio e di confessione e il loro scopo è di provocare le decisione della fede. Gli evangelisti non hanno redatto i loro vangeli senza una partecipazione religiosa.
Bisogna affermare che la storicità che dobbiamo chiedere ai vangeli non è la registrazione dei fatti nella loro materialità, al di fuori di ogni interpretazione.
In questo senso i vangeli sono storici. Gli evangelisti, infatti, riportano i fatti e i detti di Gesù e, dunque, la sua esistenza terrena, ma nel senso che Gesù ha dato a essi e con la comprensione che di essi ha avuto la prima comunità cristiana.
Nei vangeli il fatto storico narrato fa corpo col suo senso e la sua intenzionalità: quella che all’evangelista interessa non è solo il fatto storico, ma anche e soprattutto quello che esso significa.
In altre parole i vangeli sono storici perché riportano avvenimenti significanti, carichi di un senso che non è aggiunto dall’esterno, ma che è ad essi interiore, e che è venuto manifestandosi progressivamente quando i fatti e i detti di Gesù sono stati vissuti nella primitiva comunità apostolica.

Autenticità storica dei vangeli
Nel determinare la fondatezza storica dei vangeli gli studiosi si avvalgono dei cosiddetti criteri di autenticità storica: si tratta di norme applicate al materiale evangelico che permettono di dimostrare la fondatezza storica dei racconti e di emettere un giudizio sulla autenticità o non autenticità del loro contenuto.
Questa metodologia non vale solo per i vangeli, ma è al servizio della ricerca storica in generale.

Criterio di attestazione multipla
Può essere considerato autentico un dato evangelico solidamente attestato da tutte le fonti neotestamentarie.
Il criterio acquista maggior peso se il fatto è riscontrabile in forme letterarie differenti, a loro volta attestate in più di una fonte: es. la misericordia di Gesù verso i peccatori.
Questo criterio è usato correntemente in storia: una testimonianza concorde, proveniente da fonti diverse e non sospette di essere collegate tra loro, merita di essere riconosciuta come autentica.

Criterio di discontinuità
Si può ritenere autentico tutto quanto si presenta come un dato assolutamente singolare che non trova riscontri né nelle concezioni giudaiche né troverà in seguito riferimento alcuno nelle idee e nella prassi della Chiesa primitiva.
Ad esempio: la parola Abbà, appellativo del tutto impensabile per gli ebrei.
L’esperienza umiliante delle tentazioni, la fine ingloriosa, il tradimento degli apostoli.
Criterio di conformità
Si può ritenere autentico un detto o un gesto di Gesù qualora esso sia in stretta conformità nono solo con l’epoca e l’ambiente linguistico, geografico, politico, sociale, culturale di Gesù, ma che sia anche intimamente coerente con il suo insegnamento essenziale, cioè con l’annunzio del regno di Dio.
Ad esempio i vangeli riflettono con chiarezza un ambiente sociale, linguistico, religioso-politico fedele alla documentazione storica che possediamo. Sulla Palestina del I secolo.
A questa continuità esterna si aggiunge una continuità interna, in un messaggio coerente e unico.

Criterio di spiegazione necessaria
Se di fronte sa un insieme considerevole di fatti o di dati che esigono una spiegazione coerente e sufficiente si offre una spiegazione che illumini e disponga armonicamente tutti questi elementi (i quali altrimenti rimarrebbero degli enigmi) si può concludere di trovarsi in presenza di un dato autentico (fatto, azione, atteggiamento, parola di Gesù).
Ad esempio, la coscienza messianica di Gesù: che spiegazione dare al fenomeno che in tutti gli scritti fin dall’inizio del cristianesimo si parli di questo? E’ coerente pensare che tutto questo abbia origine dall’esistenza stessa di Gesù, dalla sua parola, e dalla sua opera.

Si può oggi affermare che la quasi totalità del materiale contenuto nei testi evangelici risulta autenticamente appartenete a Gesù. Dunque, approdiamo a dati sicuri sul messaggio, sull’azione e sulla persona di Gesù. Da qui la ragionevolezza della fede.

CHI E’ GESU’ CRISTO

In genere una persona esprime se stessa nel suo parlare e nel suo agire.

Il messaggio di Gesù
Per comprendere chi è Gesù è necessario interrogare in primo luogo il suo messaggio. Dal messaggio emerge indirettamente chi egli sia. E la cosiddetta cristologia indiretta o implicita.
Tramite il suo messaggio Gesù dimostra di avere un’autocoscienza particolare. Egli è coinvolto profondamente in ciò che annuncia.

– Una domanda preliminare alla ricerca: è possibile individuare nelle parole di Gesù, a prima vista frammentarie e disorganiche, un messaggio unitario?
Qualcuno pensa di poter afferrare oil messaggio di Gesù mettendo in risalto qualche sua parola particolarmente significativa, come le beatitudini, o il precetto dell’amore per i nemici…Ma è molto pericoloso isolare dal contesto qualche affermazione per farne la chiave interpretativa di tutto il messaggio di Gesù. Ciò è avvenuto molte volte nel passato e avviene anche oggi. Così molti possono ritenere di avere il messaggio di Gesù dalla loro parte.

Il Regno di Dio
In verità il messaggio autentico di Gesù può essere individuato solo ricercando il cuore pulsante e il centro vitale di tutto l’annuncio e di tutta la sua attività.
Non c’è dubbio che stando all’antichissima tradizione conservata nei vangeli sinottici, che l’argomento abituale e centrale della predicazione di Gesù era il Regno di Dio o il regno dei cieli.
– Il termine ricorre nei Sinottici circa 70 volte, ma in realtà il Regno è presente ovunque, nella parola e nella prassi di Gesù. Mc riassume in modo significativo il messaggio di Gesù così: “Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio, e diceva: ‘Il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo” (1, 14-15).
-Gesù non definisce mai che cosa è il Regno di Dio. Dice solo che sta per venire, anzi che è già qui, che bisogna prepararsi con urgenza a riceverlo, che le sue origini sono modeste e nascoste. Il modo di concepire il Regno di Dio è assolutamente originale rispetto alle concezioni del tempo.
Il Regno di Dio era sinonimo di giustizia, di speranza, di salvezza e di pace. I Farisei nel senso della pratica perfetta della legge da parte di Israele; gli zelati nel senso della sovranità di Israele contro i romani; gli apocalittici nel senso della fine del mondo.

In tutto questo Gesù pone alcune note caratteristiche:
**Gesù fa del Regno di Dio il motivo dominante del suo messaggio e della sua azione. Il giudaismo di allora metteva questo tema un po’ ai margini. Una funzione secondaria questo tema l’ebbe anche nella comunità cristiana primitiva, dove si annunziava invece la sua morte e risurrezione.
**Il regno indica la sovranità universale di Dio alla fine dei tempi: lo esprime bene la preghiera del Padre nostro. Il Regno di Dio esprime la realtà dinamica della manifestazione di Dio e della sua presenza salvifica.
**Il Regno di Dio è già presente nelle sue parole e nelle sue azioni come vero inizio, seppure parziale, della salvezza futura. Gli stessi miracoli indicano che il Regno irrompe già nella storia. Gesù, insomma, ha la pretesa di inaugurare la signoria di Dio definitiva, conclusiva dei tempi.
Gesù non solo annuncia il Regno, ma lo annuncia presente e legato alla sua persona. Egli è insieme annunciatore e portatore del Regno di Dio.
**Il Regno di Dio è offerta di salvezza che si indirizza in modo particolare ai poveri e ai peccatori. Il Regno di Dio significa che il perdono è qui e ora offerto ai peccatori.
Gesù non solo annuncia il perdono dei peccati, ma egli stesso li perdona: nel suo agire si realizza l’amore di Dio verso i poveri e i peccatori.
**Il Regno di Dio è motivo di scandalo per i contemporanei di Gesù. Essi si scandalizzano del fatto che Dio riversi il suo amore sui peccatori. La gente rimane scandalizzata che Gesù sia dalla parte dei peccatori, dei perduti, dei deboli.
I testi della comunità di Qumran, scoperti presso il Mar Morto, ci permettono di verificare il motivo dello scandalo. Chi entrava nella comunità doveva pronunciare una tremenda maledizione verso i peccatori, dai quali si separava per fare parte dei puri.
**Il Regno di Dio non è primariamente un regno di tipo politico. Tuttavia il messaggio del Regno non è indifferente alla storia e alle vicende umane. Al contrario esso ha chiare implicanze politico-sociali, pur non fornendo direttamente alcun programma di azione.

Qualche altra considerazione sul Regno di Dio
**Il Regno di Dio esige conversione e fede (Mc 1, 15: “convertitevi e credete al vangelo”).
-Conversione significa dare un nuovo orientamento alla propria vita nella prospettiva del Regno (la parabola del Figliol prodigo, “se non vi convertirete e non diventerete come i bambini… Mt 18, 3)
-Credere significa affidarsi e fidarsi della parola del Signore e del suo amore (il centurione e la donna siro-fenicia).
Sia la conversione che la fede sono urgenti perché con la presenza di Gesù il regno di Dio irrompe nel mondo.
**Comincia già adesso una nuova vita che si esprime in un nuovo rapporto con Dio e in un uovo rapporto con gli uomini.
-Il nuovo rapporto con Dio deriva dal fatto che annunciando il Regno, Gesù ha indicato la vicinanza di Dio agli uomini. La filiazione è il segno distintivo del Regno e si traduce in fiducia incondizionata.
-Il nuovo rapporto con gli uomini comporta un superamento (è stato detto mai io vi dico).
Il legame indissolubile tra il comandamento dell’amore di Dio e quello dell’amore del prossimo (Mt 22, 34-40).

Conclusione
Il messaggio di Gesù pone il problema della sua persona. Chi è questo messaggero del Regno di Dio?
Le parole e le azioni di Gesù sono il Regno di Dio che irrompe nella storia. Origene, nel III secolo, definì Gesù il regno di Dio in persona. Lo compresero anche i discepoli in un lungo processo di apprendimento terminato solo dopo la risurrezione. Da allora in poi non collocano più al centro del loro annuncio il Regno di Dio, ma Gesù Cristo morto e risorto per noi.
Come poté avvenire questo passaggio? Perché il Vangelo di Cristo divenne il Vangelo che è Cristo?

I miracoli di Gesù
E’ parte essenziale del messaggio di Gesù anche la sua attività. Ciò è caratteristico della mentalità della Bibbia. In essa non c’è posto solo per la parola, ma anche l’azione è essenziale.
I vangeli riportano dettagliatamente più di 30 miracoli operati da Gesù (di cui 24 guarigioni).
Consideriamo prima la loro attendibilità storica e poi il loro significato.
** Storicità. Spesso il miracolo è respinto sulla base di un argomento di questo tipo: il miracolo non è possibile; dunque le narrazioni evangeliche sui miracoli sono leggendarie. In verità non c’è nessun esegeta che non ammetta un nucleo di miracoli storicamente certi che Gesù ha operato.

Elementi a favore della storicità:

-La tradizione evangelica è unanime: presentando Gesù con i tratti di un esorcista e di un guaritore, la Chiesa primitiva, lungi dall’inventare, non ha fatto altro che conservare il ricordo di uno degli aspetti essenziali del suo fondatore.
-Dal punto di vista letterario e contenutistico i miracoli sono così profondamente collegati e scompaginati con la trama dei vangeli che senza di essi i vangeli perderebbero la loro consistenza. Non si comprende più Gesù negando i suoi miracoli.
-I miracoli di Gesù ebbero spesso un carattere pubblico. La primissima predicazione di cristiana ha presentato Gesù come autore di miracoli; e i predicatori parlavano a persone che avevano conosciuto Gesù e avrebbero potuto facilmente essere smentiti. Quando vennero scritti i vangeli erano ancora vivi quelli che avevano visto e nessuno dei contemporanei contestò l’azione miracolosa di Gesù.. Gli fu contestata l’autorità con la quale operava i miracoli o il momento in cui li faceva. L’accusa di operare in nome di satana non può essere stata inventata dalla Chiesa primitiva.
-E’ importante anche ricordare i già citati criteri di storicità.
La discontinuità: i miracoli non sono spiegabili né con le concezioni ebraiche né con la prassi della primitiva comunità cristiana.. I profeti compiono i miracoli dopo aver pregato e in nome di Dio; Gesù invece prima di compiere un miracolo non prega e fa il miracolo in nome proprio: “Io te lo ordino: alzati- disse al paralitico” (Mc 2, 11). Invece Pietro fa appello a Gesù: “Nel nome di Gesù Cristo il nazareno, cammina” (At 3, 6).
La coerenza: i miracoli sono omogenei all’insegnamento di Gesù sulla venuta del Regno. Il messaggio di Gesù è incentrato sul regno di Dio che viene e i miracoli sono appunto il segno dell’irrompere del Regno di Dio nella storia.
Molteplice attestazione: sono attestati da tutte le fonti evangeliche e dagli altri scritti del N.T. Questo criterio assume particolare validità quando nei racconti c’è accordo sulla sostanza e qualche variante sui particolari e dettagli narrativi.
** Significato. I miracoli sono azioni cariche di significato. Per questo Giovanni li chiama segni.
-Non sono in primo luogo un atto terapeutico-assistenziale. Sono invece una manifestazione tangibile del Regno di Dio che è entrato nella storia. La cacciata dei demoni.
-Sono il segno anticipatore della salvezza totale, del Regno escatologico. Con i miracoli ha inizio il nuovo mondo, la nuova creazione. La risposta di Gesù ai discepoli di Giovanni Battista.
-Sono rivelatori della persona e del mistero di Gesù. Soprattutto in Giovanni in cui Gesù si rivela come luce, pane, vino, vita. Chi è costui che opera i miracoli?

Conclusione
Anche i miracoli ci pongono di fronte alla domanda: Chi è questo Gesù che opera miracoli?
Approfondiamo questa cristologia implicita nelle parole-azioni-gesti di Gesù, da cui emerge la coscienza che Cristo ha di se stesso e che riceverà il sigillo nella risurrezione.

Gesù, il Figlio di Dio
Gesù non affida la sua identità a una formula. Lo si avverte in particolare nel vangelo di Marco, chiamato appunto il vangelo del segreto messianico. Il segreto di Gesù si rivela solo alla fine, a chi lo ha seguito pazientemente lungo tutto il cammino.
Approderemo a questo:
– Gesù è il Messia, ma molto diverso rispetto a come la gente lo aspettava
– Gesù è più che Messia; è figlio stesso di Dio. Questa idea era scandalosa per un popolo rigidamente monoteista. Inoltre viene rivelata attraverso lo scandalo della croce.
Gesù è figlio di Dio nell’umiltà.

Per noi si tratta di individuare quelle discrete manifestazioni indirette della persona di Gesù, di cui già si è fatto cenno e che possono essere sintetizzate così:
-Gesù accampò pretese straordinarie nel proporre il suo messaggio a nome di Dio
-Gesù manifestò nel suo agire la straordinaria coscienza di essere il Salvatore inviato da Dio
-Gesù ebbe con Dio una relazione filiale unica e incomparabile

1. Gesù accampò pretese straordinarie nel proporre il suo messaggio a nome di Dio.
Gesù appare un maestro della legge; eppure è proprio il suo rapporto con la legge che lo distingue dagli altri maestri.
Accanto alla parola dell’A.T. Gesù colloca la sua parola alla quale attribuisce la stessa autorità: “Avete inteso che fu detto…ma io vi dico”. Il “fu detto” suppone come complemento di agente Dio: si tratta di un modo indiretto di riferirsi a Dio. E’ per questo che i farisei si chiedono: “Che è mai questo?”. L’impressione che Gesù faceva ai contemporanei era quella di uno che parla con autorità: l’autorità è la coscienza che Gesù ha di essere rappresentante autorizzato da Dio sulla terra. In questo senso sono da cogliere l’ “io” enfatico e l’ “amen”. Gesù si pone al posto della legge.

2. Gesù manifestò, tramite il suo agire, di essere il salvatore inviato da Dio: egli agiva al posto di Dio.
Vediamo alcuni aspetti della prassi di Gesù che verificano questa affermazione.
-Gesù siede a mensa con i pubblicani e i peccatori.
La comunità di mensa nel giudaismo significava comunione di vita e accettazione reciproca. In alcuni casi il pasto preso in comune aveva anche il significato di anticipazione del banchetto celeste. Gesù accoglieva i peccatori nella comunione con Dio. Gesù pretende di rimettere i peccati, ristabilendo in modo definitivo i rapporto tra Dio e gli uomini. Così Gesù pretende indirettamente di avere una perfetta consonanza con Dio e una relazione intima con Dio stesso.
-Gesù compie i miracoli.
-Gesù agisce anche di sabato.
Dicendo che il figlio dell’uomo è signore anche del sabato, si pone su un piano di parità con Dio
-Gesù chiede agli uomini di decidersi per Dio (conversione e fede).
Questa decisione si attua nel rapporto che gli uomini instaurano con Gesù stesso: Gesù esige un amore totale de esclusivo, il dono di sé fino alla vita. Gesù avanza pretese che solo Dio può accampare nei confronti degli uomini.
-L’agire di Gesù e le risposte che egli dà ai suoi interlocutori lasciano intendere che egli è superiore a tutti i personaggi, a tutte le istituzioni e a tutte le realtà religiose d’Israele.
Il rapporto con la legge, con Mosè, i profeti, il tempio.

La cristologia che ne deriva è una cristologia del figlio di Dio. In Gesù si entra in contatto con Dio e con il suo regno; egli p il regno di Dio, la parola di Dio, l’amore di Dio in persona. Da dove viene a Gesù questa coscienza e questa certezza? I vangeli rispondono con riferimento alla relazione unica che Gesù ebbe con Dio Padre

3. Gesù ebbe col Padre una relazione filiale unica e incomparabile.
Ha un piano così intimo e unico da porlo su un piano di parità.
Il modo nuovo e insolito con Gesù si rivolge al Padre: “Abbà”. Non abbiamo una sola prova che nel giudaismo ci si rivolgesse così a Dio; abbà faceva parte del linguaggio familiare. Tale coscienza emerge in modo molto evidente nel quarto Vangelo.
La sua filiazione è del tutto singolare rispetto a quella degli altri: Padre mio e Padre vostro.

L’umiltà di Dio
S. Kierkegaard: “lo scandalo della fede”. “Che un uomo particolare sia Dio, dica di essere Dio, si presenti come Dio”. “Lo scandalo in senso stretto si riferisce dunque all’uomo-Dio e ha due forme: nel senso della elevazione, e ci scandalizza di sentire un uomo particolare dirsi Dio, agire o parlare in maniera che riveli Dio…; oppure si intende nel senso della degradazione: ci si scandalizza di vedere che colui che è Dio è quell’uomo dappoco che soffre come un umile”.
Quello che avviene ai nostri giorni equivale ad abolire il cristianesimo in quanto “di Cristo si prende la dottrina e si sopprime la persona”.

Lo scandalo dell’antichità
-Già si dichiara scandalizzato Celso, autore giudeo del II secolo: “Nessun Dio o figlio di Dio è mai disceso quaggiù, né mai discenderà”.
A causa della sua eccelsa trascendenza Dio non può intervenire personalmente nelle cose di questo mondo.
-Il neoplatonico Porfirio: l’insegnamento di Gesù è assurdo per chi pensa filosoficamente. Si sente tutta la ripugnanza dell’uomo di cultura ellenistica per ciò che il cristianesimo chiama incarnazione. L’elemento che disturba è il calarsi di Dio nella storia e nelle vicende umane.
Lo scandalo dell’epoca moderna
Col deismo e l’illuminismo non si rifiuta Gesù in blocco, quasi che non avesse nulla da insegnare. Si opera piuttosto una scissione tra la persona di Gesù e il suo insegnamento. Il cristianesimo diventa una religione senza dogmi e senza misteri. Gesù è elevato al rango di semplice esemplare etico.
Perché, dice l’illuminismo, una figura storica singolare dovrebbe possedere una valenza assoluta, definitiva, normativa, insuperabile? L’assoluta singolarità è sostenibile solo se si ammette che in Gesù si è rivelato Dio stesso. Ma è questo che l’illuminismo nega: Gesù è solo esemplare etico o momento del dispiegarsi dello spirito assoluto.

Lo scandalo degli ebrei
E’ nota la storiella chassidica secondo la quale venne annunciato a un pio israelita che il Messia era arrivato, Senza scomporsi troppo, costui aprì la finestra e vide che gli uomini del villaggio continuavano a rubare, insultarsi, uccidere. Concluse che il Messia non poteva essere ancora giunto. Il Messia non avrebbe potuto lasciare le cose così come erano prima.
Siamo di fronte allo scandalo di una Chiesa così poco messianica.
E poi lo scandalo dell’incarnazione.

Lo scandalo dei buddisti
Scriveva Guardini: “C’è soltanto un individuo che potrebbe suggerire l’idea di un accostamento a Gesù: Buddha. Grande è il mistero che circonda quest’uomo. La libertà che egli possiede è enorme, quasi sovrumana. Egli però dimostra anche una bontà straordinaria, possente, come lo è una forza di dimensioni mondiali. Buddha sarà forse l’ultimo individuo con il quale il cristianesimo è chiamato a confrontarsi. Ciò che egli significhi dal punto di vista cristiano non ce l’ha ancora detto nessuno. Forse Cristo non ha avuto un predecessore solo nell’A.T., Giovanni, l’ultimo dei profeti, ma anche un altro che viene dal cuore della cultura antica, Socrate, e un terzo che ha proferito l’ultima parola della conoscenza e del superamento religioso orientali. E costui è Buddha”.
Non conta la persona del Buddha; conta il suo messaggio.
La raffigurazione di Gesù in croce è per loro un elemento disturbante: il confronto con la posizione di Buddha. Il concetto di salvatore in senso cristiano è estraneo al buddismo.

Lo scandalo dell’Islam
Il modello interpretativo di Gesù è quello del profeta. Egli annuncia Maometto e, quindi, è venerato.
L’elememto che provoca imbarazzo è la croce, la morte in croce.

Considerazioni conclusive
Lo scandalo per i cristiani è superabile in virtù di quanto i vangeli raccontano circa la risurrezione.
-Gesù è figlio di Dio non secondo le attese umane, né secondo le proiezioni del desiderio umano.
Il Regno di Dio è da accogliere come un bambino. Per entrare nel regno di Dio è necessaria la conversione.
Dio è indisponibile e non riconducibile alla nostra finitezza.
-La scandalosa morte di Gesù sulla croce. Non è il fatto di morire sulla croce che è decisivo, ma l’amore fino alla fine di Gesù per l’uomo. La verità di Dio rappresentata sulla croce è l’amore assoluto di Dio all’uomo.

LA RISURREZIONE DI GESU’

Premessa
Con la risurrezione si opera il passaggio dalla cristologia indiretta o implicita alla cristologia esplicita..
– La Chiesa primitiva considerò la risurrezione come la conferma definitiva della missione di Gesù. Poiché Dio era intervenuto risuscitandolo dai morti, Gesù diventava il contenuto, il centro e la norma della fede della Chiesa e del suo annuncio. Qui avviene il passaggio tra il Gesù predicante il Regno di Dio al Gesù predicato dagli apostoli.
– L’intervento di Dio che risuscita Gesù dai morti dimostra che l’unicità e la singolarità della persona di Gesù e della sua vicenda terrena sono state elevate a un significato universale. La risurrezione di Gesù è pertanto il punto di partenza di ogni professione di fede cristologia. Senza risurrezione non c’è fede in Cristo. Tutto nel cristianesimo sta o cade con la risurrezione di Gesù. “Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15, 14).
– E’ facile allora comprendere come la prima parola della comunità cristiana sia andata all’essenziale, incentrandosi proprio su Cristo risorto.
– E’ un errore storico gravissimo affermare che la cristologia e l’interesse per la persona di Gesù avrebbero a poco a poco sostituito nel cristianesimo primitivo il discorso sulla prassi messianica di Gesù Come pure sono fuori strada coloro che separano il messaggio e la prassi di Gesù dalla sua persona. Il suo messaggio e la sua prassi vanno ricordati per le future generazioni proprio perché Gesù è risorto dai morti e ha trionfato sulla morte. “Non è mai esistito un cristianesimo primitivo che abbia affermato come primo messaggio: ‘amiamoci gli uni gli altri’, ‘siamo fratelli’, ‘Dio è Padre di tutti’. Dal messaggio ‘Gesù è veramente risorto’ derivano tutti gli altri.

Le negazioni della risurrezione di Gesù
Per eliminare dalla storia la risurrezione di Cristo, soprattutto a partire dal sec. XVIII vennero proposte numerose teorie.

La teoria della frode o dell’inganno
La frode dei discepoli che avrebbero rubato il cadavere di Gesù, mettendo poi in circolazione la notizia della sua risurrezione, appellando si al sepolcro vuoto.
La teoria della sottrazione
Tutto ebbe inizio perché i discepoli non trovarono più nel sepolcro il cadavere di Gesù. L’inspiegabile scomparsa del cadavere avrebbe fatto sorgere nei discepoli l’idea della risurrezione.
La teoria della morte apparente
Gesù non era morto e si trovava in stato di catalessi. Si sarebbe ripreso in seguito facendo pensare ai discepoli di essere risorto.
La teoria dell’evoluzione
I discepoli si sarebbero ripresi dallo sconvolgimento della morte di Gesù, avrebbero riscoperto al validità del suo messaggio in un clima di entusiasmo religioso, giungendo ad affermare a risurrezione del Maestro.
La teoria delle visioni
La risurrezione di Gesù sarebbe il frutto di visioni soggettive e del pensiero mitico
Altre posizioni
-Simbolo di un nuovo mondo ed espressione del bisogno di un rinnovamento radicale.
-Il miracolo di Pasqua è il cambiamento dei discepoli che proclamano la croce fonte di salvezza.
-Non tutto è finito con la morte: la causa di Gesù continua.
-Elaborazione psichica della croce di Gesù.
La risurrezione nel N.T.
La risurrezione di Gesù non viene mai descritta (fatto storico e mistero).
Le molteplici testimonianze sulla risurrezione vengono divise in tre gruppi: professioni di fede e inni, predicazione missionaria, narrazioni evangeliche

1.Professioni di fede e inni
Sono anteriori agli scritti del N.T. che le contengono.
– Si tratta di pubbliche professioni di fede, abbastanza fisse nella forma, proclamate soprattutto nella liturgia e davanti ai tribunali. “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone (Lc 24, 34), è acclamazione liturgica. Altre antiche confessioni di fede: AT 2, 32; 3, 15; 5, 21; 10, 40; 1 Ts 1, 10; 4, 14; Rm 8, 34; 10, 9.
-Un altro genere sono gli inni, di derivazione liturgica. Uno dei testi più celebri è Fil 2, 6-11.
Gli inni non parlano direttamente della risurrezione di Gesù, ma proclamano che Gesù è il Signore glorificato da Dio dopo i giorni della sua umiliazione. L’attenzione non si rivolge tanto al fatto della risurrezione, ma al fatto che Gesù risorto è vivente e Signore.
Altri inni: 1 Tm 3, 16; Ef 4, 7-10; Rm 10, 5-8.

2.Predicazione missionaria
Costituisce la trama di fondo di molti scritti del N.T. e soprattutto dei vangeli. La predicazione missionaria giustifica e fonda storicamente le confessioni di fede e quanto celebrano gli inni.
Si mette in risalto che la fede non è una sapienza, né un’etica, ma un’adesione a Gesù, che è vissuto, morto e risorto (At, 10, 37-43).

3.Le narrazioni evangeliche
Intendono annunziare Cristo risorto e lo fanno per mezzo di narrazioni piuttosto ampie e distese. Incontriamo due tipi di racconti: gli uni riguardano la scoperta del sepolcro vuoto, gli altri le apparizioni di Gesù risorto.

Racconti sulla scoperta del sepolcro vuoto
Ciò che colpisce subito sono le divergenze sui particolari: alcuni ricordano due donne, altri tre; il motivo della visita è diverso; le donne raccontano oppure no; si parla di un angelo o di due.
Certamente i racconti contengono un dato storico, un fatto: la tomba vuota. In favore della storicità vi sono due argomenti:
-i vangeli concordano nell’attestare la scoperta del sepolcro vuoto anche se differiscono sui particolari
-i primi testimoni sono le donne (non erano testimoni qualificati nella tradizione rabbinica).
Il sepolcro vuoto non costituisce nessuna prova per la fede; è un segno. E’ una domanda la cui risposta verrà da Dio con le apparizioni.

I racconti delle apparizioni
-I vangeli presentano le manifestazioni di Gesù come apparizioni vere, non come visioni. Un esempio di visione è quella che ha Paolo sulla via di Damasco. Nelle apparizioni Gesù si inserisce nella vita concreata dei discepoli (mangia con loro).
-Anche i racconti di apparizione presentano divergenze: il numero, i luoghi… Ma tutte concordano nell’affermare che dopo la morte Gesù è apparso ai discepoli. Anche qui non c’è l’esigenza di una cronologia in senso stretto; è altra la preoccupazione degli evangelisti.
-Tra le varie apparizioni quelle agli undici sono le più importanti: è su di esse che riposa la nostra fede.

Luca e Giovanni
Procedimento a tre tappe:
-Gesù prende l’iniziativa di manifestarsi
-i discepoli vincendo le esitazioni riconoscono Gesù
-Cristo li invia in missione

Matteo
Gesù è il Signore della gloria e non c’è spazio per le scene di riconoscimento: “Sono con voi ogni giorno
-Oltre alle apparizioni agli undici raccontate dai quattro evangelisti, Luca e Giovanni riferiscono altre due manifestazioni di Gesù: una ai discepoli di Emmaus e l’altra alla Maddalena. In questi due racconti si mette in luce la gioia dei discepoli per l’incontro con il Signore il valore esemplare di quei racconti per i credenti di ogni tempo (il riconoscimento avviene nella Parola, nel pane e grazie all’amore)..
Il linguaggio delle testimonianze bibliche della risurrezione
Per esprimere l’avvenimento della risurrezione ci incontriamo con due tipi di linguaggio: quello della risurrezione e quello dell’esaltazione.

Risurrezione
E’ presente nelle confessioni di fede, nella predicazione missionaria e nelle narrazioni evangeliche. Questo linguaggio sottolinea il fatto della risurrezione, basandosi sull’asse prima-dopo: il Risorto (dopo) è lo stesso di Gesù di Nazaret (prima). Il risorto è il crocifisso.
Questo tipo di linguaggio ha il limite di non sottolineare abbastanza la novità di vita nella quale è entrato il risorto. Potrebbe sembrare che sopravviva il messaggio, oppure che il risorto sia semplicemente un rianimato.

Esaltazione
Per esprimere la novità della risurrezione il N.T. adopera la parola chiave “esaltazione, glorificazione, ascensione” e usa verbi tipici come “innalzare, salire, essere assunto”.
Questo linguaggio lo si trova negli inni, ma anche nelle confessioni di fede, nella predicazione primitiva, nei vangeli.
Qui lo schema non è più prima-dopo, ma basso-alto: dalla condizione di umiliazione e abbassamento a quella di esaltazione e glorificazione.
La novità riguarda Cristo, ma riguarda anche noi.

Il significato della risurrezione
**La risurrezione di Cristo è un avvenimento storico, realmente accaduto?
Il problema della storicità è molto delicato, perché il fatto della risurrezione va anche al di là della storia.
La testimonianza del N.T. afferma che:
-la risurrezione di Cristo è un fatto reale, riguardante il Cristo steso e non solo la nostra fede in lui;
-il Cristo risorto è lo stesso Gesù storico sebbene in una condizione assolutamente nuova

Quando ci si interroga sulla storicità della risurrezione molte ambiguità derivano dal non chiarito significato di “storico”. E’ bene pertanto servirsi due aggettivi diversi: storico e reale. L’amore tra due persone è qualcosa di molto reale, che fa parte della storia. Ma è storico, nel senso di visibile e misurabile? Ci sono segni storici di questo amore, tracce visibili; ma queste tracce sono in sé ambigue, bisogna interpretarle rifacendosi alla realtà invisibile.
Tutto ciò che è storico è certamente accaduto, ma non tutto ciò che è accaduto è necessariamente storico. Il reale ha un’estensione maggiore dello storico.
Le testimonianze del N.T. vogliono dirci che la risurrezione è un fatto reale, che tuttavia va al di là di ciò che è storico (si realizza nel tempo e può essere descritto e analizzato col metodo di indagine storica).
La risurrezione ha lasciato tracce di sé. Nelle apparizioni, nella profonda trasformazione dei discepoli, nella nascita della comunità cristiana. Tutti si arenano al momento di gettare la passerella tra l’oscura storia di Gesù e lo sfolgorante Cristo della fede. Vi è l’onere di spiegare storicamente e psicologicamente come sia stato possibile che dopo la morte di Gesù sia potuto risuonare l’annuncio della sua risurrezione, lo straordinario dinamismo del cristianesimo, lo sviluppo inarrestabile della comunità cristiana.

Il ricco significato della risurrezione di Cristo
1. La risposta divina all’ingiustizia umana che ha condannato Gesù. Dio sta dalla parte del debole, di chi fa della vita un dono totale di amore. Dio riabilita pubblicamente l’opera di Gesù.
Nasce allora l’interesse per la storia di Gesù, perla sua passione, per ciò che egli disse e fece durante la vita terrena.
2. La risurrezione di Cristo è azione sovrana della potenza di Dio. Gesù è stato risuscitato da parte di Dio.
3. Con la risurrezione Cristo è costituito Figlio di Dio con potenza (Rm 1, 3-4).Gesù è entrato in una nuova situazione: tutto questo riguarda la sua umanità. Risurrezione corporea significa che l’intera persona del Signore si trova definitivamente presso Dio. Ma significa anche che il Risorto mantiene il suo riferimento al mondo e a noi. Il titolo che esprime la nuova situazione è “Signore”.
L’incarnazione giunge al suo culmine, perché l’umanità di Cristo è dotata della potenza salvifica di Dio. E anche la creazione è interessata, perché un frammento di essa ha raggiunto la propria meta.
4. La risurrezione riguarda anzitutto Cristo. Ma riguarda anche la vicenda umana. Ciò che è avvenuto in Cristo è segno anticipatore di ciò che sarà per tutti. Nel risorto contempliamo la vita riuscita, così come Dio l’aveva sognata per noi: “Ecco l’uomo”. Morte e sofferenza smettono di essere un assurdo anche se mantengono la loro carica di mistero.
5. La risurrezione fonda la speranza del credente. Diventa impegno attivo per trasformare tutto ciò che è opaco rispetto al futuro mondo della risurrezione. La risurrezione ha a che fare con il presente: con essa entra nel mondo la forza di Dio.

Tertulliano agli inizi del cristianesimo: “Non distruggete l’unica speranza di tutto il mondo!”.

K Barth negli ultimi anni della sua vita: “L’ultima parola che ho da dire…non è un concetto come la grazia, ma un nome: Gesù Cristo. Egli è la grazia, ed è lui l’ultimo, al di là del mondo, della Chiesa e anche della teologia. Non possiamo catturarlo. Ma con lui abbiamo a che fare. Ciò che mi ha occupato per tutta la mia lunga vita è stato dare sempre più rilievo a questo nome e dire: là…! In nessun nome c’è salvezza, se non in questo. E là è appunto anche la grazia. Là è anche l’impulso al lavoro, alla lotta; l’impulso alla comunione, all’essere insieme agli altri uomini. Là è tutto quanto ho trovato nella mia vita, nella debolezza e nella stoltezza. Ma tutto è là”.