Omelia – Santa Messa nella Pasqua dell’ammalato

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Omelia – Santa Messa nella Pasqua dell’ammalato

Omelia – Santa Messa nella Pasqua dell’ammalato

Omelia – Santa Messa nella Festa di San Marco Evangelista
Pasqua dell’ammalato
Santuario della Madonna di Caravaggio, Fumo di Corvino San Quirico

San Marco è un evangelista e ha scritto un vangelo che si apre così: «Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio». In queste poche parole è già sintetizzato tutto quanto il suo vangelo. Quando Marco si mette a scrivere, infatti, il suo desiderio è quello di comunicare una grande gioia: “Inizio del vangelo di Gesù Cristo”: vale a dire, inizio di una notizia bella che voi, adesso, potete leggere, che voi, adesso, potete ascoltare. Inizio di una notizia bella, straordinariamente bella perché riguarda Gesù Cristo, il Figlio di Dio, il nostro Salvatore.

Oggi, nella festa di san Marco, vogliamo innanzitutto ricordare questo: che il vangelo è una notizia bella, è una notizia di gioia, che il vangelo ci parla di quel Signore che è venuto a portarci la vita, la vera vita. Il vangelo è una notizia di gioia straordinaria.

Nella parola di Dio, che abbiamo ascoltato, vi sono due passaggi che vogliamo ricordare e portare nel cuore, e che traducono la grande gioia del vangelo.

Il primo passaggio. L’apostolo Pietro si rivolge alla comunità cristiana e scrive: «Gettate in Dio ogni vostra preoccupazione perché Egli ha cura di voi».

Il vangelo è una notizia bella che ci riempie il cuore di gioia perché viene a dirci che Dio si preoccupa della nostra vita, che Dio ha cuore la nostra vita, che non ci abbandona, che non ci lascia soli, che è davvero un Padre amorevole del quale noi siamo figli e figli amati.

Il vangelo è una notizia bella perché viene a dirci questo. E noi, non abbiamo, forse, fatto l’abitudine a questa verità. Proviamo a tornare indietro a duemila anni fa, quando il mondo era pagano e per quel mondo il cielo o era disabitato e oscuro oppure abitato da divinità cattive, in concorrenza con la gioia e la felicità degli uomini. L’avvento del cristianesimo vinse la paura del mondo pagano perché quel cielo oscuro, disabitato o abitato da forze cattive, contrarie all’uomo, finalmente era abitato da un Dio che è buono, da un Dio che è padre, che è amore.

Non c’è più spazio, allora, per la paura, per l’angoscia. No! Perché Dio ci ama, ci porta sul palmo della mano, ha a cuore la nostra vita. Ecco perché Pietro scrive e quasi grida, attraverso la sua lettera, le parole: «Gettate in Dio ogni vostra preoccupazione perché Egli ha cura di voi», ha a cuore il vostro cammino terreno. Ecco perché il vangelo ci porta una grande gioia, che si rinnova in noi ogni volta che pregando diciamo: “Padre nostro”. Forse abbiamo fatto l’abitudine a questa parola, eppure è una parola che dovrebbe riempirci il cuore di esultanza perché ci rivolgiamo a Dio chiamandolo con il nome dolcissimo di “Padre”, che esprime amore per noi, preoccupazione per noi, cura di noi, provvidenza per la nostra vita.

Nella lettera di Pietro, pertanto, troviamo uno dei grandi motivi per cui il vangelo è gioia straordinaria che raggiunge il nostro cuore e la nostra vita.

Non dimentichiamolo! Noi siamo amati da Dio. Non facciamo l’abitudine a questa verità; non facciamo l’abitudine, perché davvero è una notizia straordinaria che noi siamo amati da Dio. Perché Dio ci ha voluti, Dio ci attende, accompagna i passi della nostra vita e Dio fa in modo che tutto nella nostra vita – ciò che è bello e ciò che è meno bello, ciò che è umanamente gioioso e ciò che è umanamente doloroso, ciò che è luce e ciò che è tenebra – concorra al nostro bene più autentico perché Egli ci ama e noi siamo amati.

Rimaniamo oggi su questa verità. Rimaniamo sul nome di Dio che è Padre. Rimaniamo a gustare la bellezza di sapere e di sentire che siamo amati da Dio.

Nella nostra esperienza umana che cosa c’è di più bello del sentirsi amati? Lo sappiamo tutti. Lo sanno particolarmente i nostri malati. Che cosa c’è di più bello, che riempie il cuore e la vita, dell’incontrare l’amore? Eppure sappiamo che per quanto bello e quanto grande possa essere l’amore che incontriamo è sempre troppo poco per l’amore che il nostro cuore cerca, per l’amore di cui la nostra vita ha bisogno, per l’amore che ciascuno di noi desidera. È sempre troppo poco, perché è inadeguato alle nostre attese e, soprattutto, perché a un certo momento ha fine. Dio è l’amore infinito che non termina mai, Dio è l’amore infinito che va molto aldilà dei nostri desideri e delle nostre attese, e ha la capacità di riempire il nostro cuore malato di amore. Ecco perché il vangelo che viene a gridarci “Dio ti ama!” è la notizia più bella che è risuonata e risuona nel nostro mondo, è la notizia più bella che è risuonata e risuona nel nostro cuore e nella nostra vita. Viviamo questa gioia del vangelo, viviamo la gioia di saperci e di sentirci amati da Dio!

C’è un secondo passaggio nella parola di Dio che traduce la gioia del vangelo. Gesù invia i discepoli e gli apostoli in mezzo al mondo. Perché li invia? Perché facciano risuonare in ogni luogo e in ogni tempo la bellissima notizia di Dio che ama l’uomo, di Dio che è amore infinito, di Dio che è Padre. Ma questo invio, che Gesù consegna ai discepoli e agli apostoli, riguarda anche noi, perché l’amore di Dio che abbiamo incontrato, che accompagna il nostro cammino e che riempie il cuore di gioia e di vita, è un amore che non possiamo tenere per noi, che noi desideriamo comunicare a tutti, perché sappiamo che nessun uomo può trovare vita senza questo amore che è l’amore di Dio, nessun uomo può trovare gioia senza questo amore che è l’amore di Dio, nessun uomo può trovare pace senza questo amore che è l’amore di Dio. Come, però, accogliere questo invio? Come viverlo? In altre parole: come testimoniare, come annunciare l’amore di Dio nel mondo?

Un giorno un uomo, che non aveva mai visto il mare, finalmente ebbe la possibilità di passare una settimana su un litorale marino, accompagnato da un amico. Ogni giorno si recava sulla spiaggia e si fermava a contemplare il mare.

L’amico, che lo accompagnava, ogni sera gli chiedeva: «Allora, l’hai visto il mare?», e l’uomo rispondeva: «Veramente ancora non l’ho visto». Così capitò per sei sere di seguito; ogni volta l’uomo ritornava alla sua casa e l’amico gli chiedeva: «L’hai visto finalmente il mare come desideravi?». Ma l’uomo rispondeva: «No, non l’ho ancora visto».

Arrivò l’ultimo giorno, il settimo, dopo il quale quell’uomo avrebbe dovuto ripartire e abbandonare il mare. Quella sera, tornando a casa, sentì la stessa domanda dell’amico che gli chiese: «Allora l’hai visto il mare?». Questa volta l’uomo rispose: «Sì, finalmente l’ho visto». Allora l’amico, incuriosito, gli chiese: «Che cosa hai visto oggi di diverso e di nuovo rispetto agli altri giorni?»; e lui rispose: «Oggi ho visto rientrare sulla riva del mare dei pescatori, li ho guardati attentamente negli occhi, ho fissato i loro sguardi, e finalmente in quegli occhi e in quello sguardo ho visto il mare: perché loro il mare lo hanno vissuto, ce lo hanno negli occhi e sul volto, il mare è la loro vita. E io, in questi uomini, io ho visto il mare».

Ciò che vale anche per noi. Dove gli uomini e le donne, che incontriamo oggi sul nostro cammino, possono vedere che Dio è amore e che Dio è la grande risposta agli interrogativi dell’uomo? Come possono capire che Dio è la salvezza per l’uomo cercatore instancabile di amore?

Dove possono vedere che Dio è amore e che è la gioia della vita dell’uomo? Nei nostri occhi, soprattutto; nel nostro volto, soprattutto; nella nostra vita, soprattutto, nella misura in cui Dio lo avremo ogni giorno vissuto, l’amore di Dio lo avremo ogni giorno sperimentato, l’amore di Dio sarà stato per noi ogni giorno la gioia che riempie il cuore e salva la vita.

I nostri malati dove potranno vedere l’amore di Dio? Nei nostri occhi, sul nostro volto, nei nostri gesti, nella nostra vita, se tutto in noi sarà ricolmo dell’amore di Dio.

Oggi, festa di san Marco, ancora una volta siamo ricondotti al cuore del vangelo che è notizia straordinaria di gioia perché ci dice: «Dio vi ama» e poi ancora: «Ora vai e soprattutto con la vita, con i tuoi occhi, con il tuo volto dillo a tutti e testimonialo a tutti».

E che questa sia notizia di gioia in modo specialissimo per i nostri malati: Dio vi ama, Dio vi porta sul palmo della mano, Dio ha cura di voi, in Lui gettate ogni vostra preoccupazione. E che questo amore di Dio lo possiate vedere, lo possiate toccare, lo possiate sperimentare attraverso tutti noi.

Trascrizione da registrazione audio