Conferenza – L’Eucaristia, fonte e culmine del ministero della catechesi (traccia)

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Conferenza – L’Eucaristia, fonte e culmine del ministero della catechesi (traccia)

Incontro con i Catechisti

Convento dei PP. Cappuccini di Campi

Premessa
Parlo a dei catechisti, avendo presente la natura della catechesi:
– compito di evangelizzazione tipico
– insegnamento e maturazione della conoscenza del
– mistero di Cristo
– non solo fatto teorico, ma pienezza di vita cristiana
Il catechista deve, quindi, incontrare il mistero di Cristo
– con l’intelligenza (conoscenza)
– con il cuore (vita di fede)
Anche un ritiro non può non tenere conto di questa dimensione

Il nostro tragitto
Non si può certo dire tutto, e neppure molto: solo qualche cosa del grande mistero di amore
“fonte e culmine della vita della Chiesa” (S.C. n. 10)
dono e mistero della nostra vita
Sottolineo alcune idee fondamentali e alcuni elementi di spiritualità desunti da queste stesse idee.

Il nostro tragitto sarà così in tre tappe:
1) l’Eucaristia nella storia della salvezza (centralità dell’Eucaristia)
– figura
– evento
– sacramento
2) l’Eucaristia come fondamento costitutivo della Chiesa
– consacrazione
– comunione
– contemplazione
– imitazione
3) l’Eucaristia come presenza reale e attesa del ritorno del Signore

 

  1. L’Eucaristia nella storia della salvezza
    Dio si è rivelato agli uomini nel contesto di una storia che, per questo diventa storia di salvezza
    In questa storia il filo conduttore è l’insieme degli interventi di Dio: le sue meraviglie
    La venuta di Gesù rappresenta un salto di qualità nella serie di queste meraviglie
    Quale posto occupa l’Eucaristia in questa storia della salvezza?
    Risposta: non occupa un posto, la occupa tutta! Ma la occupa in diversi modi:
    A.T. in figura
    N.T. come evento
    tempo della Chiesa come sacramento 

    Le figure dell’Eucaristia
    L’attesa dell’ora della cena fu tenuta desta nell’A.T. mediante figure che della cena erano preparazione, quasi abbozzo.
    la manna (Esodo 16, 4)
    il sacrificio di Melchisedek (Genesi 14, 18)
    il sacrificio di Isacco
    Nella sequenza “Lauda Sion Salvatorem” composta da San Tommaso per la festa del Corpus Domini si canta: “Adombrato nelle figure: immolato in Isacco, indicato nell’agnello pasquale, dato ai padri come manna”
    Troviamo in questo inno l’accenno a quella che più che figura è antefatto: la Pasqua
    “Io vedrò il sangue e passerò oltre” (Esodo 12, 13): cioè, vi farò fare Pasqua, vi risparmierò e vi salverò. Che cosa vedeva Dio di tanto prezioso sulle case degli Ebrei? Vedeva il sangue di Cristo, vedeva l’Eucaristia!
    Al tempo di Gesù la Pasqua si svolgeva in due tempi.
    – il primo tempo era costituito dall’immolazione dell’agnello che avveniva nel tempio di Gerusalemme del 14 Nisan
    – il secondo tempo era costituito dalla consumazione della vittima, nella cena pasquale che si svolgeva famiglia per famiglia nella notte successiva la 14 Nisan

    L’Eucaristia come evento
    In che cosa consiste l’evento che fonda l’Eucaristia e che realizza la nuova Pasqua?
    I Vangeli ci danno due risposte complementari. Ricordiamo i due momenti delle Pasqua ebraica.
    – San Giovanni
    Guarda con preferenza la momento dell’immolazione: la Pasqua cristiana viene istituita sulla croce, nel momento in cui Gesù, vero Agnello, viene immolato. Stabilisce un particolare sincronismo nel suo vangelo:
    *sottolinea continuamente che si avvicinava la Pasqua dei Giudei
    *sottolinea al contempo l’avvicinarsi dell’ora di Gesù
    *sul Calvario è il 14 Nisan, nel momento in cui nel tempio si immolavano gli agnelli
    *sulla Croce a Gesù non viene spezzato alcun osso, come era prescritto per la vittima
    – Sinottici
    Guardano di preferenza al momento della cena: è nella cena che viene istituita l’Eucaristia
    Assume un particolare rilievo la preparazione della cena pasquale.
    Giovanni accentua il momento dell’immolazione reale, i Sinottici quello della immolazione mistica. Ma l’unico evento è l’immolazione di Cristo. Così l’evento che fonda l’Eucaristia è la morte e la risurrezione di Gesù, il suo dare la vita per noi. Per questo l’Eucaristia nasce dall’amore e la si comprende nella logica dell’amore.

    L’Eucaristia come sacramento
    La Messa rinnova l’evento della croce celebrandolo e lo celebra rinnovandolo.
    Paolo VI, nell’enciclica “Mysterium fidei” usa il termine “ripresentazione”
    Secondo la storia c’è stata un’unica Eucaristia, secondo la liturgia ci sono tante eucaristie quante sono quelle celebrate. Grazie al sacramento l’immolazione di Cristo diventa a noi contemporanea e noi diventiamo contemporanei all’immolazione di Cristo. L’oggi della salvezza.

  2. L’Eucaristia come fondamento costitutivo della Chiesa
    – Il rapporto Chiesa – Eucaristia è un rapporto dinamico: non basta dire che l’Eucaristia sta al centro della Chiesa, ma bisogna anche dire che l’Eucaristia fa la Chiesa. E la fa in un modo particolare. Se il Battesimo fa crescere in quantità la Chiesa, l’Eucaristia la fa crescere in intensità, perché la trasforma sempre più in immagine del suo Capo che è Cristo. Questo vale per la Chiesa, ma anche per ciascuno di noi personalmente.
    – Non è la Chiesa che fa l’Eucaristia, ma l’Eucaristia che fa la Chiesa: dunque siamo dipendenti, amministratori, non padroni. Indisponibilità dell’Eucaristia al nostro arbitrio. Inoltre: non dobbiamo abbassare l’Eucaristia alla nostra mediocrità, ma sollevarci noi alle sue altezze. “L’Eucaristia è un dono troppo grande per sopportare ambiguità o diminuzioni” (Ecclesia de Eucaristia).
    – Capiamo perché “senza la domenica non possiamo vivere” delle antiche comunità cristiane: recuperare questo senso del Giorno del Signore (“senza l’Eucaristia non possiamo vivere”). 

    Con la consacrazione
    Il peso formidabile delle parole consacratorie
    -“Spezzò il pane”.
    E’ il gesto eucaristico di Gesù (la frazione del pane, che il sacerdote compie prima della Comunione)
    Perché spezzò il pane? Significato sacrificale: Gesù spezzava se stesso offrendosi al Padre. E’ il pane della sua obbedienza e del suo abbandono quello che Gesù dà da mangiare ai discepoli.
    E io? Devo fare anzitutto ciò che ha fatto Gesù: spezzarmi davanti a Dio, abbandonarmi del tutto alla volontà del Padre.
    -“Prendete e mangiatene tutti”.
    Dopo il riferimento al Padre c’è il riferimento a noi: Gesù vuole essere mangiato.
    Diventa un invito a lasciarsi mangiare dai fratelli nella logica dell’amore che si dona.
    -“Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”.
    Che cosa intende per corpo?
    Nella Bibbia non è una componente o una parte dell’uomo, ma tutto l’uomo: indica così tutta la vita di Gesù.
    Che cos’è il sangue?
    Nella Bibbia non indica una parte del corpo umano, ma ciò che segna la vita; donare il sangue è dunque donare la morte. Se il sangue, come si pensava, è la sede della vita, il suo versamento indica la morte.
    Allora: mistero della vita e della morte del Signore donate a noi.
    E veniamo a noi: chiamati a donare la nostra vita e la nostra morte. Non ci sono più vite inutili.

    Con la comunione
    Ha detto un filosofo ateo, Feuerbach: “L’uomo è ciò che mangia”
    E’ vero per l’Eucaristia: il cristiano è veramente ciò che mangia. San Leone Magno: “La partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamo” (Sermone sulla Passione 3, 7).
    Sant’Agostino: “Non sarai tu che assimilerai me a te, ma sarò io che assimilerò te a me” (Confessioni VIII, 10).
    Questo vuol dire che rende come i suoi i nostri sentimenti, pensieri, desideri (“gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”: Filippesi 2, 5)
    Partecipare al corpo e al sangue del Signore significa entrare in comunione con la sua vita e con la sua morte: possiamo condividere tutto, la sua gioia, la sua stanchezza, la sua paura, la sua speranza.
    San Tommaso d’Aquino: “il sacramento dell’amore” (Summa Teologica, I-II, q. 28, a. 1). Ogni comunione che non si conclude con un atto di amore è una comunione incompiuta.
    Questo è il significato dell’Eucaristia come “convito”.
    L’amen della comunione: amen detto al Signore e al suo Corpo mistico che è la Chiesa.
    “Si cammina con Cristo nella misura in cui si è in rapporto con il suo corpo” (Mane nobiscum Domine, 20).
    “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non trascurarlo quando si trova nudo. Non rendergli onore qui nel tempi con stoffe di seta, per poi trascurarlo fuori, dove patisce freddo e nudità. Colui che ha detto ‘questo è il mio corpo’, è il medesimo che ha detto ‘voi mi avete visto affamato e non mi avete nutrito” e “quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli lo avete fatto a me” (San Giovanni Crisostomo).

    Con la contemplazione
    Per assimilarci a Cristo non basta mangiare il suo corpo e bere il suo sangue: bisogna anche contemplare il mistero.
    Ricordiamo che cosa Sant’Agostino dice di Maria: “Concepì il Verbo prima con la mente che con il corpo”. Il cristiano deve accogliere Gesù nella sua mente dopo averlo accolto nel suo corpo: cioè deve pensare a lui, ricordarsi di lui, avere lo sguardo rivolto a lui, fare memoria di lui (“fate questo in memoria di me”).
    Fare memoria che cosa significa?
    -significato teologico: ricordare Gesù al Padre
    -significato antropologico: ricordarci di Gesù
    ricordare viene dal latino “recordari”: far salire di nuovo al cuore, pensare con amore.
    Mezzi a disposizione:
    *la Parola di Dio nella Messa
    *tempo di preparazione e ringraziamento alla comunione
    *adorazione silenziosa all’Eucaristia
    “Io guardo lui e lui guarda me”
    “Uno sguardo affettivo sull’Eucaristia” (San Bonaventura)
    “La tua felicità Gesù mi basta” (Charles de Foucauld)

    Con l’imitazione
    “Fate questo in memoria di me” ha anche una valenza imitativa. La parola di Gesù è illuminata anche da un’altra parola: “Io vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi” (Giovanni 13, 15).
    Interessante il gesto della lavanda dei piedi: Giovanni lo colloca alla fine della vita di Gesù (come a dire che la vita del Signore va vista in questa luce) e all’inizio degli eventi pasquali ed eucaristici (come a dire che tutto dovrà essere compreso in quella luce).
    La vita cristiana come imitazione della lavanda dei piedi.
    Nell’imitazione sta anche il tema della missione: dall’Eucaristia deriva l’urgenza di testimoniare e di evangelizzare. Messa da “missio”: il senso della conclusione della Messa.

  3. L’Eucaristia come presenza reale e attesa del ritorno del Signore
    Presenza reale.
    Il sentimento della presenza: “Maria!”, “Rabbonì!”
    La disciplina dell’arcano della Chiesa antica
    Nascosta ai neofiti fino a una settimana dopo il Battesimo
    Protetta dai pagani con iscrizioni e dipinti con il simbolo del pesce e altri
    Uno che non credeva alla presenza reale: “Se potessi credere che lì sull’altare c’è davvero Dio, cadrei in ginocchio e non mi rialzerei più”. “Per questo la fede ci chiede distare davanti all’Eucaristia con la consapevolezza che siamo davanti a Cristo stesso” (Mane nobiscum Domine, 16). Ne consegue una modalità di stare davanti all’Eucaristia. 

    Attesa.
    La presenza reale ma velata fa nascere il desiderio dell’incontro definitivo.
    Così si fa esperienza del pellegrinaggio della vita.
    Dimensione escatologica dell’Eucaristia: “infonde al cammino cristiano il passo della speranza” (Mane nobiscum Domine, 15).
    “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

    Conclusione
    Capiamo il motivo dello “stupore eucaristico”, secondo le parole del Papa Giovanni Paolo II in Ecclesia de Eucaristia.
    Importanza anche della partecipazione, della partecipazione preparata, della comunione; e che l’Eucaristia non è solo la Messa.
    L’Eucaristia come Pasqua e, dunque, passaggio a ciò che non passa. La conversione del tempo di Avvento.
    Maria è la donna eucaristica: il primo tabernacolo della storia, lo sguardo rapito di Maria e la comunione eucaristica, il rendimento di grazie.

    L’adorazione eucaristica
    Ci aiuta l’ “Adoro Te devote” un inno attribuito a San Tommaso e che certamente si colloca nel solco del suo pensiero e della sua spiritualità. Passeremo dalle affermazioni teologiche alle conseguenze esistenziali e spirituali (risposta prenate della anima davanti al mistero)
    Sarebbe bello analizzarlo tutto: analizzarne una strofa significa insinuare il desiderio di andare oltre personalmente.
    Devoto io ti adoro, nascosta deità, che sotto questi segni ti celi in verità.
    A te con tutto il cuore mi sottometto in pace
    Perché contemplando te il mondo tace.

    Una presenza nascosta
    “Vere latitas”: il modo della presenza di Cristo nelle specie eucaristiche. Sei nascosto, ma ci sei veramente!
    San Tommaso: “Le specie del pane e del vino nascondono quello che contengono e contengono quello che nascondono”.
    L’insistenza di San Tommaso non fa che riprendere il tema biblico del “Deus absconditus”: Dio si rivela velandosi.
    – Creazione
    – Parola
    – Incarnazione
    – Chiesa
    – Eucaristia
    Sant’Alfonso: “Vere tu es Deus absconditus”. In nessun’altra opera si avverano tanto queste parole, quanto nel mistero adorabile del SS. Sacramento…In questo Sacramento Gesù nasconde anche l’umanità, e solo, dice san Bernardo, appare come pane per dimostrare con ciò la tenerezza d’amor che ha per noi. Nascosta è la divinità, nascosta è l’umanità, solo si vedono le viscere di carità.
    I Padri hanno questa stessa intuizione parlando del mistero della “accondiscendenza” divina.

    In devota adorazione
    Ecco la risposta orante dell’anima.
    La prima strofa dell’inno è traboccante di adorazione.

    ADORO
    Si tratta di una professione di fede nell’identità tra corpo eucaristico e corpo storico di Cristo: ripetiamola spesso! E’ proprio il Signore del vangelo davanti al quale ci inginocchiamo.
    – A nessuno si può dare adorazione, se non a Dio solo: “Non farlo! E’ Dio che devi adorare.
    – Adorazione come percezione della grandezza, maestà, bellezza e insieme bontà di Dio e della sua presenza che toglie il respiro. E’ una specie di naufragio nell’oceano senza rive e senza fondo della maestà di Dio.
    -La vera adorazione è espressione dell’amore (“ti adoro” tra gli amanti). “Quando sto davanti al SS. non abbasso più lo sguardo per paura di incontrare il suo, ma per adorarlo. Quei momenti mi accompagnano poi per tutto il giorno” (una madre di famiglia).
    – Un’espressione di adorazione più efficace di qualunque parola è il silenzio: quando la parola non è più sufficiente. “Elevare a Dio un inno di silenzio” (San Gregorio Nazianzeno).
    – Dio è presente! Dio è qui!

    DEVOTE
    Il termine adorazione è rafforzato dal termine devozione.
    Il Medioevo muta il significato del termine: da un fatto esteriore (attaccamento a una persona espresso in un fedele servizio o pratica religiosa e liturgica) a un fatto interiore, del cuore.
    San Bernardo: “il fervore interiore dell’anima accesa dal fuoco della carità.
    San Bonaventura: il sentimento di commossa gratitudine e amore suscitato dal ricordo dei suoi benefici.
    San Tommaso: prontezza e disponibilità della volontà a offrire se stessa a Dio e si esprime in un servizio senza riserve e pieno di fervore.
    La migliore spiegazione di che cosa si intende nell’inno è data da ciò che segue: “a te il cuore mio tutto si abbandona” (disponibilità totale e amorosa a fare la volontà di Dio).

    La contemplazione eucaristica
    E’ la fiammata più alta dell’inno. Mentre la contemplazione può essere personale e comunitaria, la contemplazione è atto eminentemente personale: richiede silenzio ed esige la concentrazione assoluta sull’oggetto contemplato per perdersi in esso. Dal Belgio partì la grande ondata di fervore eucaristico che contagiò in breve l’intera cristianità, portando all’istituzione della festa del Corpus Domini nel 1264. La difficoltà a ricevere la comunione sviluppa il contatto visivo della contemplazione. Si pensi all’elevazione fino allora sconosciuta. San Tommaso diceva in quel momento: “Tu sei il re della gloria, tu sei l’eterno Figlio del Padre”. Molti inni eucaristici sono di questo periodo.
    A favore della perenne bontà della contemplazione vi è l’esperienza dei testimoni: es. Charles de Foucalud.
    Ritorniamo al tema dell’accoglienza dell’Eucaristia nella mente prima che nel corpo.
    Oblio di tutto

    TE CONTEMPLANS
    Che cosa racchiude quel “te”? Cristo in tutto il suo mistero: possiamo riascoltare tutto quanto il vangelo.
    Ma contemplare nella forma più alta vuol dire: sguardo amante e adorante, penetrante e immobile su Cristo lì presente. Stabilire un contatto cuore a cuore. “Lui guarda me e io guardo lui”. Questo vuole dire l’inno: “Te contemplando tutto viene meno”.
    Il versetto è suggerito dal salmo: “La mia anima viene meno nel desiderio degli atri del Signore” (salmo 84).
    Davanti all’Eucaristia non vi è più spazio per nulla: persone, cose, preoccupazioni, pensieri, immagini.
    San Francesco d’Assisi: “Gran miseria sarebbe, e miserevole male se, avendo lui così presente, vi curaste di qualunque altra cosa che fosse nell’universo intero!”.

    Conseguenze:
    – l’uomo riflette in sé ciò che contempla rimanere esposti al sole
    “ogni essere è ciò che contempla” (Plotino)
    .- guarigione
    passa per dove spesso passa il male: gli occhi
    – amore e signoria di Cristo
    – prepararsi a un Dio diverso e cambiare strada ( i Magi)
    – no al cristianesimo fai da te
    Dargli il nostro tempo anche se a volte sembra tempo perso.
    “Signore, dammi il fervore e io ti darò tutto il tempo che vuoi per la preghiera”; “Tu dammi il tempo e io ti darò tutto il fervore che vuoi nella preghiera”.