Omelia – I Domenica di Avvento

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Omelia – I Domenica di Avvento

Omelia I Domenica di Avvento
Tortona. Cattedrale

 

All’inizio di questa celebrazione abbiamo ricordato le tre presenze che oggi arricchiscono l’inizio del nostro cammino dell’Avvento. Ed è proprio a queste tre presenze che, in questo momento, desidero rivolgere la mia parola in modo particolare, anche se è una parola che viene rivolta, allo stesso tempo, a tutti noi che siamo qui.

 

Sono presenti in mezzo a noi coloro che ricevono oggi il mandato di ministri straordinari della Comunione nelle nostre comunità. Prendo a prestito alcune parole che Monsignor Tonino Bello rivolgeva al laicato: “Siete chiamati non ad allargare il presbiterio del tempio, ma a cresimare la navata del mondo”. Queste le sue parole letterali. Oggi intendo rivolgerle a voi, carissimi ministri straordinari, con una leggera parafrasi: “Siete chiamati non ad allargare il presbiterio del tempio, ma ad evangelizzare la navata del mondo”.

Capite bene che cosa significa questo. Il ministero, questo ministero che oggi ricevete, non vi è dato anzitutto perché sia svolto all’interno delle nostre chiese, ma perché sia svolto preferibilmente fuori delle nostre chiese, vivendolo come un ministero di missione, di evangelizzazione, per portare il Signore là dove, altrimenti, il Signore presente nell’Eucaristia non potrebbe arrivare. Siate allora, davvero, – prendendo a prestito le parole che tante volte ci ha ricordato Papa Francesco – “ministri in uscita”. Varrebbe davvero poco un ministero straordinario della Comunione che dovesse risolversi in un aiuto ai presbiteri, semplicemente, durante le nostre celebrazioni. Non può e non deve essere così!

Il vostro ministero deve essere un ministero di missione, di evangelizzazione, di incontro con coloro che, con più difficoltà, possono venire nelle nostre chiese. Deve essere un ministero che porta il Signore là dove, in altro modo, il Signore non può andare. Penso, ad esempio agli anziani, ai malati…

Oggi, dunque, sentitevi investiti di questa responsabilità che, prima ancora, è una grande grazia, perché uscire dalle nostre chiese per andare a portare il Signore è una grazia. Uscire dalle nostre chiese per annunciare il Signore a chi non può venirvi è un dono. Siate, dunque, nella gioia per ciò che oggi ricevete; ma che questa gioia, davvero, si realizzi attraverso un ministero di missione e di evangelizzazione.

 

Una parola al nostro Giuseppe Giorgi che oggi riceve il ministero del Lettorato. In una pagina molto bella, commentando il Cantico dei Cantici, san Bernardo usa questa immagine. Scrive che la parola di Dio fatta carne, ovvero il Signore Gesù, con le sue parole, dona a noi dei veri e propri baci d’amore. Come a dire che la parola di Dio è un bacio dell’amore del Signore, che ogni sua parola è un bacio del suo amore donato alla nostra vita.

Tu, Giuseppe, da oggi, questa immagine hai la grazia di poterla vivere personalmente, in modo ancora più significativo, ma anche di poterla vivere come ministero in modo più significativo; perché se da oggi il ministero del Lettorato ti rende capace di gustare, approfondire, comprendere, fare tue le parole del Signore, come un bacio dell’amore della sua bocca, da oggi il tuo essere ministro della parola, ti rende capace di far gustare, accogliere, amare questa parola come un bacio d’amore della bocca di Gesù.

 

E ora una parola per suor Luigina Traverso. Il suo cuore, da tanti anni, è colmo di una gratitudine singolare, per quel giorno nel quale, a Lourdes, ha ricevuto un dono grande, un vero e proprio miracolo. E noi siamo certi che questo slancio di gratitudine non soltanto ha caratterizzato, da allora, il suo percorso di vita, ma ancora lo sta caratterizzando, in un modo del tutto particolare. Il suo è un cuore in festa, il suo è un cuore nella pace, il suo è un cuore che rende grazie, perché attraverso la Madonna ha toccato la bontà provvidente e tenerissima del Signore, che le ha lasciato un segno di tutto questo, un segno indelebile.

 

Queste tre parole, che ho inteso rivolgere alle tre presenze che caratterizzano oggi la nostra celebrazione sono rivolte a loro, ma riguardano anche tutti noi che siamo qui presenti, perché per tutti noi vale la grazia e il dono di essere evangelizzatori e annunciatori del Signore nella navata del mondo; per tutti noi vale la grazia e la responsabilità di essere uomini e donne in uscita che portano il Signore là dove il Signore, in altro modo, non può arrivare; per tutti noi vale la grazia di poter ascoltare, come un bacio della sua bocca, la parola che Dio ci rivolge e così annunciarla a quanti incontriamo sul nostro cammino; per tutti noi vale quel rendimento di grazie gioioso, a motivo del fatto che il Signore si china su di noi con amore tenerissimo e di salvezza.

 

Ora, ancora una parola che ci accomuna tutti e che riguarda in modo specifico il tempo di Avvento. È un tempo di attesa – lo sappiamo –, di attesa di Gesù che, ancora e sempre, viene a visitarci. Ma come viviamo questa attesa e come aspettiamo l’incontro?

Nella nostra vita quotidiana ci sono incontri che sopportiamo e quando vediamo qualcuno arrivare, a volte, diciamo: «Oh… povero me!». Ci sono altri incontri che attendiamo e quando vediamo qualcuno arrivare diciamo: «Oh… che bello!» Oggi mi domando, ci domandiamo: qual è l’attesa di Gesù in questo tempo di Avvento? È quella di chi dice: «Di nuovo! Che pesantezza!»; oppure quella di chi dice: «Che meraviglia! Meno male!»?

Tutti noi, adesso, probabilmente, sorridiamo dicendo: «Ma no! Il Natale è così bello!». Ma è proprio vero che questo Signore Gesù, poi, nei fatti lo accogliamo con gioia, come la grazia unica della vita? È proprio vero che lo aspettiamo con ansia, perché capiamo che senza di Lui siamo perduti? È proprio vero che desideriamo aprirgli le porte del cuore, della vita, perché ci rivesta di sé, come ci ha ricordato la lettera di San Paolo – “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” – consapevoli che ancora non siamo completamente rivestiti di Lui? È così o no? Forse non del tutto.

E, allora, con il ritornello del Salmo di oggi, ripetiamo: “Andiamo con gioia incontro al Signore”. Ma davvero! Andiamo con gioia incontro al Signore, perché lo vogliamo incontrare questo Signore, lo vogliamo accogliere, gli vogliamo dire che lo amiamo, perché senza di Lui siamo nulla! Senza di Lui siamo perduti! Senza di lui la vita è triste! Senza di Lui il cuore è ferito! Con Lui siamo salvati, amati, nella gioia della Sua presenza. Possa essere vera quella parola che abbiamo ripetuto cantando: “Andiamo con gioia incontro al Signore”.

 

Nella liturgia, tante volte, noi ripetiamo una parola: “Amen”. Penso che, alcune volte, la ripetiamo senza neppure rendercene conto. In realtà, nella liturgia, ogni volta che diciamo “Amen” esprimiamo il nostro “sì” a quello che abbiamo celebrato a quello che abbiamo ascoltato.

Adesso questo “Amen” noi vogliamo dirlo nel momento in cui riascoltiamo la parola del ritornello: “Andiamo con gioia incontro al Signore”. Vogliamo concludere così questo momento di riflessione che segna l’inizio del nostro cammino di Avvento. Allora, dopo che avrò ripetuto questo ritornello, tutti diciamo con consapevolezza l’Amen che significa: «Sì, Signore! Ti attendo con gioia! Sì, Signore, non vedo l’ora di incontrarti! Sì, Signore, sarà una festa averti nel cuore e nella vita, ancora di più di quanto non sia stato fino adesso!».

Dunque, andiamo con gioia incontro al Signore… Amen! (Tutti insieme).