Omelia – Solennità del Sacro Cuore di Gesù

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Omelia – Solennità del Sacro Cuore di Gesù

Santa Messa per la Solennità del Sacro Cuore di Gesù – Giornata per la Santificazione Sacerdotale

Non c’è una celebrazione liturgica più significativa e più adatta per ritrovarci a parlare “cuore a cuore”, dentro il Cuore del Signore Gesù. Oggi, in effetti, vogliamo proprio realizzare questa esperienza di un “cuore a cuore” che ci faccia bene, ci tocchi l’anima, ci dia gioia, pace e rinnovato entusiasmo, per la nostra vita e per il nostro ministero.

La preghiera della Chiesa ci ricorda che nel Cuore di Cristo celebriamo le grandi opere dell’amore di Dio. Nel Cuore di Cristo celebriamo le grandi opere dell’amore di Dio!

Capiamo che stare vicino al Cuore di Gesù, entrare in sintonia con il Cuore di Gesù, è per noi un’esperienza straordinariamente bella e decisiva; e nel giorno in cui viviamo un rinnovato invito alla nostra santificazione, capiamo che il segreto della nostra santificazione sta proprio lì, nel rimanere “cuore a cuore” con il Signore Gesù, per ritrovare la gioia delle grandi opere dell’amore di Dio per noi e per la nostra vita.

San Bonaventura, il grande santo e dottore della Chiesa, nella lettura donata a noi oggi nell’Ufficio delle Letture, ricorda due passaggi della Scrittura: quello del Salmo 83, in cui si fa riferimento al passero che trova la sua dimora, e quello di Geremia (48, 28), in cui si fa riferimento alla colomba che trova il suo rifugio tra le pareti di una roccia profonda. Oggi noi desideriamo vivere questa esperienza: quella di trovare nel Cuore del Signore la nostra dimora, di trovare nel Cuore di Gesù il nido tra pareti di una gola profonda dove rifugiarci: rifugiarci non per rimanervi, rifugiarci per ripartire con rinnovato slancio. Che sia davvero per noi oggi uno stare “cuore a cuore” con Gesù, per sperimentare ancora una volta le grandi opere dell’amore del Signore per noi.

Si impongono tre domande. La prima: crediamo veramente alle grandi opere dell’amore che il Signore ha fatto e fa per noi? Ci crediamo davvero? Crediamo che la nostra vita è una grande opera dell’amore di Dio per noi? Crediamo che la nostra vocazione è una grande opera dell’amore di Dio per noi? Crediamo che il nostro ministero sacerdotale è una grande opera dell’amore di Dio per noi? Crediamo che tutto nella nostra vita porta il segno di questo grande amore di Dio per noi? Lo crediamo? Siamo davvero certi di essere avvolti da questo Amore che non ci lascia mai, e che tutto in noi porta il segno delle grandi opere dell’amore di Dio per noi? Lo crediamo?

Anche nella nostra vita, come nella vita di tutti, ogni tanto risuona una voce: una voce nemica che mette in dubbio la verità dell’amore del Signore per noi, che mette in dubbio la bontà del cuore del Signore per noi; che vuole disorientarci, nascondendo la verità e la bellezza dell’amore del Signore per noi. Non è vero che questa voce ogni tanto risuona nel nostro cuore? E viene a dirci: «La tua vita non fa risplendere le grandi opere del Signore. La tua vocazione non è il segno dell’amore di Dio. Il tuo ministero non porta le impronte delle grandi opere del Signore nella tua vita. Dove è questo amore?». Non risuona tante volte dentro di noi questa voce maligna, che si insinua nel nostro cuore e lo fa dubitare?

Oggi, stare “cuore a cuore” con Gesù significa per noi ritrovare il battito di amore di questo Cuore, e rinnovare la nostra fede nel fatto che la nostra vita è una grande opera dell’amore del Signore per noi; che la nostra vocazione è una grande opera dell’amore del Signore per noi; che il nostro ministero è una grande opera dell’amore del Signore per noi; che tutto della nostra esperienza porta l’impronta e il segno bello dell’amore del Signore per noi.

Stiamo “cuore a cuore” con Gesù. E riscopriremo – se ce ne fosse bisogno, e ce n’è sempre bisogno – che davvero il Signore ci ama, che davvero il Signore compie grandi opere nella nostra vita, sempre. Sempre, con assoluta fedeltà.

La seconda domanda: siamo proprio certi che le grandi opere dell’amore di Dio siano migliori di ogni altra cosa che può darci il mondo? Siamo così certi? Siamo così sicuri? Il Signore ce lo ha detto – «Cento volte tanto» –: ciò vuol dire che il Suo dono supera qualunque altra cosa il mondo possa offrirci. Ma noi lo crediamo davvero questo? Lo crediamo davvero? Siamo proprio certi che quella promessa sia vera? E che dunque ciò che il Signore ci ha prospettato e ci prospetta superi di gran lunga qualunque altra cosa il mondo possa darci? Ne siamo certi?  E lo viviamo nella concretezza della nostra quotidianità?

Ci fermiamo un momento su un aspetto della nostra vita che forse più di altri può aiutarci a rispondere a questa domanda: la nostra castità nel celibato.  La castità nel celibato è un dono.  Ed è un dono che porta l’impronta delle grandi opere dell’amore del Signore per noi. È un dono che di gran lunga supera qualunque altra offerta il mondo possa metterci tra le mani.

Ma noi lo crediamo? È per noi, la castità nel celibato, la via di un amore bello, straordinariamente bello che rendo bello e fa fiorire tutto quello che tocca e tutto quello che incontra? È per noi, la castità nel celibato, la via di una capacità di amare che altrimenti non si potrebbe avere, e che ci fa dire in verità: «Ti amo» al Signore, «Ti amo» a coloro che ci sono affidati? E che, ancora, ci fa dire in verità: «Ti amo» in quelle belle amicizie che sostengono o e fanno crescere in Dio la nostra vita? È, la castità nel celibato, la via di questo amore caldo, che fa palpitare il cuore per il Signore, per gli altri, per tutti? È la via a questo amore?

Lo sappiamo: oggi il termine amore e l’esperienza dell’amore sono drammaticamente impoveriti. Sembra che l’amore possa essere sperimentato solo per la via di sentimenti e di emozioni, e per via di rapporti fisici. Ma noi sappiamo che non è così, perché l’amore ha un’ampiezza molto più grande. Per questo l’amore che ci promette il Signore, quando doniamo a Lui la vita, supera di gran lunga qualunque altra esperienza pur bella, ma parziale, nelle vie dell’amore.

Noi, che viviamo la castità nel celibato, non siamo meno innamorati degli altri, lo siamo di più. Non siamo meno capaci di amare rispetto agli altri, lo siamo di più. Non siamo meno capaci di amicizia autentica rispetto agli altri, lo siamo di più. Anche perché o siamo davvero innamorati e il nostro cuore palpita ma di un amore che prende tutto, prende tutta la nostra umanità e la rende più bella, più piena, oppure rischiamo di essere compensati. Non dimentichiamo: o innamorati o compensati. O innamorati e felici, oppure compensati e tristi. Perché il cuore dell’uomo non può vivere senza l’amore. E se non vive d’amore si compensa con altro.

Non è forse vero che quando manca l’amore si rimane compensati in una vita che cade nella maldicenza, nella polemica, nell’acredine, nella tentazione di guardare tutto in modo negativo, e nel diventare dunque distruttivi per sé e per gli altri, per la realtà in cui si vive? Non è forse vero che quando manca l’amore si è compensati con vite doppie, in una doppiezza brutta, negativa, fuorviante, cattiva, che rovina la vita? Non è forse vero che quando non si ama si è compensati buttandosi in altre attività, magari apparentemente buone, ma che sono come una via di fuga dalla realtà della nostra vita? Non è forse vero che quando non si ama si è compensati riempiendo la giornata con i mezzi della comunicazione sociale, che ci stordiscono e che ci disorientano? Non è vero che quando non si ama si è compensati? La compensazione intristisce, la compensazione disorienta, la compensazione distrugge. E non è forse vero che quando non si ama ci si compensa in una vita di solitudine, che ci estranea dagli altri? Non dimentichiamolo: o innamorati e felici o compensati e tristi.

Oggi dobbiamo – è importante farlo – rispondere a questa domanda: crediamo davvero che le grandi opere dell’amore del Signore siano molto più di quanto possa darci il mondo e che in queste grandi opere del Signore troviamo l’esperienza di un amore che ci riempie il cuore e la vita? E che questo amore ci rende innamorati, molto più di chiunque altro, del Signore, dei fratelli, delle sorelle, capaci di vivere amicizie calde, capaci di intessere relazioni vere, profonde, che rendono bella e fiorente la nostra umanità?

Stare “cuore a cuore” con Gesù significa ritrovare la verità di questo grande amore, ritrovare la via per vivere questo grande amore nella nostra esistenza quotidiana.

E ancora una terza domanda: siamo certi che nelle grandi opere dell’amore del Signore sta il segreto del nostro ministero? Davanti a noi sta una tentazione grande: non credere alla potenza dell’amore di Dio. Così immaginiamo che non sia la potenza dell’amore di Dio il segreto della nostra vita ministeriale, ma che lo possano essere i nostri programmi, le nostre pianificazioni, i nostri progetti, le nostre strutture, la nostra fantasia, la nostra capacità ideativa.

In realtà tutto questo altro non fa che nascondere i nostri fallimenti, mascherati così, con una operatività apparente, superficiale, di facciata, ma in realtà sterile e senza futuro, perché non c’è l’amore, perché non crediamo alla potenza dell’amore di Dio, perché non fondiamo il nostro ministero su un amore autentico, che ci rende davvero pastori secondo il cuore del Signore.

Ciò accade perché abbiamo smarrito l’identità di quel pastore buono che dà la vita senza condizioni, e senza tenere nulla per sé, e va a cercare chi è smarrito, e porta su di sé ogni pecorella, e non ha altro desiderio nel cuore se non quello di salvare e portare a Gesù.

Stare “cuore a cuore” con Gesù ci aiuta a ritrovare ciò che siamo per vocazione: pastori che amano incondizionatamente e che nell’amore sanno riconoscere il fondamento della fecondità del loro ministero.

Ci siamo posti tre domande. Crediamo davvero alle grandi opere che il Signore fa in noi, nell’amore? Crediamo davvero che le grandi opere dell’amore del Signore siano più grandi e più belle di qualunque altro dono il mondo possa offrirci? Crediamo davvero che le grandi opere dell’amore del Signore siano il segreto del nostro ministero?

Se stiamo “cuore a cuore” con Gesù, certo lo crediamo e lo crederemo ogni giorno di più, e la nostra vita si trasformerà, ogni giorno di più, in bellezza e splendore. Ma come stare “cuore a cuore” con il Signore? Come crescere nella comunione di amore con il Suo Cuore? Attraverso la Sua parola, perché è attraverso la Sua parola, dicevano i Padri, che noi conosciamo il Cuore di Cristo; attraverso l’Eucaristia, perché è nell’Eucaristia che palpita il cuore di Cristo; in compagnia della Madonna, che come nessuno sa introdurci nella bellezza e nella profondità del cuore di Cristo.

Se con noi saremo fedeli sempre, ogni giorno, alla Parola ascoltata e meditata, all’Eucaristia celebrata e adorata, alla Madonna come compagna di cammino, allora davvero celebreremo le grandi opere dell’amore del Signore per noi. E ci crederemo, sempre di più.

Ci è stato ricordato dall’apostolo Paolo che l’amore di Cristo, è stato riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo. Se noi staremo “cuore a cuore” con Gesù, lo Spirito Santo riverserà nei nostri cuori in un modo splendido l’amore di Cristo. Ce lo farà gustare, ce lo farà sperimentare, lo renderà davvero il segreto di tutto, la forza e l’entusiasmo della nostra vita.

Se staremo “cuore a cuore” con Gesù, lo Spirito Santo gioirà nel riversare in noi l’amore di Cristo, rendendo la nostra vita una vita di vera gioia, di vera pace. Perché soltanto lì, dove c’è il Cuore di Cristo in cui si celebrano le grandi opere dell’amore di Dio, dove c’è lo Spirito Santo che riversa l’amore di Cristo in noi, ci sono la vera gioia e la vera pace.

Preghiamo per noi, ma anche gli uni per gli altri, perché questo “cuore a cuore” con Gesù sia non soltanto l’esperienza di oggi, ma l’esperienza crescente in ogni giorno della nostra vita.

Trascrizione da registrazione audio