Contributo – Messale Festivo: Introduzione alla Quaresima

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Contributo – Messale Festivo: Introduzione alla Quaresima

Contributo – Messale Festivo: Introduzione alla Quaresima

Domeniche – Solennità – Proprio dei Santi

Introduzioni alle celebrazioni di Francesco, Benedetto XVI, Giovanni Paolo II e Paolo VI
Libreria Editrice Vaticana

Introduzione alla Quaresima
Nei monasteri benedettini, il canto dei Vespri del martedì che precede il giorno delle Ceneri è spiritualmente pervaso da un grande senso di attesa, che sfocia in un’intensa commozione quando, a conclusione della celebrazione, risuona nel coro il canto dell’esultante “Benediciamo il Signore” di Pasqua, sigillato da due meravigliosi alleluia.

Questo improvviso fiorire di note, che si allargano e sfumano nel silenzio, è l’addio all’alleluia ed è sempre preceduto da un attimo di sospensione, quasi nello sforzo di concentrare tutta l’attenzione su questa piccola parola, tanto significativa e familiare in liturgia, che sta per scomparire.

Dagli antichi antifonari si sa che, nel Medio Evo, i monaci avevano elaborato una vera e propria cerimonia per dare l’ultimo saluto all’alleluia. Era infatti previsto un particolare rito, durante il quale un mattone, recante incisa la parola alleluia, veniva riposto in un luogo appartato o addirittura murato nel pavimento del coro. I gesti erano poi accompagnati da un vivace dialogo tra il coro e un monaco che impersonava l’alleluia stesso, al quale i fratelli auguravano un buon viaggio, auspicando il suo felice ritorno nello splendore di Cristo risorto.

Questa duplice memoria monastica aiuta a ricordare quanto sia significativa, nel tempo liturgico della Quaresima, l’assenza dell’alleluia. E’ esatto, tuttavia, parlare di mancanza dell’alleluia? In realtà non lo è del tutto, perché la Quaresima solo apparentemente è un tempo senza alleluia, mentre è piuttosto un tempo in cui l’alleluia viene custodito nel segreto per essere come purificato, decantato, liberato da ogni scoria, per essere restituito sulle labbra della Chiesa più fulgido e più vero nella nuova Pasqua che il Signore ci darà da vivere e celebrare.

Accade un po’, all’alleluia, quanto accade alle piante nella stagione che precede la primavera. Quei rami ancora spogli che disegnano di trame scure i cristalli dell’alba non sono senza vita. In essi pulsa viva e potente la linfa che va preparando, nella rugosa corteccia, le brecce pronte ad aprirsi per fare esplodere il rigóglio delle gemme nuove e dei fiori. Così non sono mai senza alleluia i cuori che affrontano l’opera quaresimale.

Il cammino di conversione, nel quale prende forma l’opera quaresimale, non è mai, pertanto, un cammino nella tristezza. Pur nella serietà e nell’impegno che la conversione richiede, il cuore cristiano rimane un cuore gioioso e sereno. Anzi, proprio il personale e comunitario lavoro di conversione contribuisce alla sua gioia. Quel lavoro, infatti, conduce a una più intensa esperienza di Dio, a una più intima comunione di amore con Lui. Ogni itinerario di conversione, infatti, non può che approdare a un grido, simile a quello che, nel pomeriggio del Natale del 1886, Paul Claudel emise a sigillo della propria conversione: “E d’improvviso diventi Qualcuno per me!”. La conversione quaresimale è abitata dalla gioia dal momento che il Signore, passo dopo passo, diviene sempre più “Qualcuno per me”, Qualcuno che mi ama senza condizioni e da amare con tutto il proprio cuore.

Alla luce di questo diviene pienamente comprensibile l’invito che accompagna l’inizio della Quaresima e che ne caratterizza l’intero percorso. L’invito a un più prolungato e profondo silenzio, l’invito a un ascolto più attento della parola di Dio, l’invito alla penitenza e alla carità. Si tratta, forse, di semplici esercizi spirituali in vista di una perfezione perseguita con fare volontaristico? No, si tratta di qualcosa di molto più bello e avvincente. E’ la chiamata a purificare il cuore da tutto ciò che può essere impedimento a vivere il Vangelo in piena radicalità, a fare spazio nella propria vita all’amore del Signore, a togliere dal cuore quegli ostacoli che non gli permettono di vivere nella carità stessa del cuore di Cristo.

Scrive san Bernardo: “Stai attento a ciò che ami, a ciò che temi, di che cosa ti rallegri o ti rattristi e troverai sotto l’abito religioso un abito mondano, sotto i panni della conversione un animo perverso. Tutto il cuore infatti è in questi quattro affetti, e credo che a questi si riferisca quello che si dice, di convertirsi con tutto il cuore al Signore. Si converta allora il tuo amore, in modo che non ami più nulla, se non lui, o certamente a causa di lui. Si converta anche il tuo timore, perché è ingiusto ogni timore per il quale tu temi qualcosa oltre lui, o non a causa sua. E così anche la tua gioia, e ugualmente la tua tristezza si convertano a lui. E questo avverrà se non ti rattristerai o ti rallegrerai se non secondo lui” (Sermo in Quadragesima II, 3).

Lui, il Signore Gesù, è dunque il centro del percorso quaresimale. Lui in quanto senso ultimo della nostra vita, ancora da accogliere compiutamente, amare senza riserve, sperare quale eredità che non si corrompe. “Nulla è meglio di Gesù Cristo”, scriveva sant’Ignazio di Antiochia ai cristiani di Magnesia. La Quaresima aiuta a rendere sempre più vera, nella concretezza delle scelte di ogni giorno, questa splendida affermazione di fede. E lo fa nel segno di una santa fretta: “Fratello, non tardare a convertirti al Signore. Ci sono di quelli prossimi a convertirsi; ma lo rimandano di giorno in giorno, quasi ripetendo il verso di un corvo: ‘cras, cras’, cioè: ‘domani, domani…’. Dio non vuole corvi intorno a sé, non vuole questa dilazione; ma vuole la fedele invocazione come il gemito della colomba. Il corvo, fatto uscire dall’arca di Noè, non vi fece ritorno. La colomba, fatta uscire anch’essa, vi fece, invece, ritorno. Per quanto tempo ancora durerà il tuo ‘cras, cras’?” (Esposizione sul Salmo 102, 16).