Ripetiamo, oggi, con il ritornello del Salmo responsoriale: “Canterò in eterno l’amore del Signore”. In questo modo siamo aiutati a fare sintesi, nella preghiera, di quanto ascoltato negli Atti degli Apostoli. Li l’apostolo Paolo si rivolge ai giudei ripercorrendo le tappe salienti della storia della salvezza, il cui approdo è il Signore Gesù, il Salvatore atteso. È importante coltivare la memoria delle opere compiute da Dio nella storia. Come anche è importante coltivare la memoria di quanto il Signore ha operato nella nostra piccola storia. Questa, infatti, guardata nella fede, è costellata di grazie che la rendono una vera opera di amore e di Provvidenza. Torniamo, dunque, indietro con il ricordo, ripercorriamo il cammino della vita e ripetiamo spesso, in questa giornata: “Canterò in eterno l’amore del Signore”. La memoria dell’amore di Dio genera amore, gratitudine, speranza e gioia.
Ascoltiamo la parola del Signore dal Vangelo di san Giovanni: “[Dopo che ebbe lavato i piedi ai discepoli, Gesù] disse loro: In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica”. Gesù compie il gesto della lavanda dei piedi, gesto con il quale Egli svela il mistero della Sua vita: un dono d’amore senza riserve. Compiuto il gesto, il Signore invita all’imitazione: la vita del discepolo dovrà essere tutta dono, tutta consegna d’amore. Il servo, dunque noi, vivendo la grazia della comunione di vita con il padrone, Gesù, avremo la capacità di fare della nostra esistenza un’offerta incondizionata. E in questo, così prosegue Gesù, consiste la vera gioia. Questa, infatti, non si trova nella ricerca egoistica di sé, come vorrebbe fare intendere il tentatore, ma esattamente nel dimenticarsi, a favore di Dio e del prossimo.