Omelia – Obbedire a Dio è vivere

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Omelia – Obbedire a Dio è vivere

“Deo Gratias”
Roma

Oggi anche a noi il Signore presenta la grande domanda: se mi vuoi seguire ti pongo davanti la via della vita o la via della morte (cfr Dt 30,15-20). Quale decidi di scegliere? Questa è una domanda che accompagna ogni giorno della nostra vita. Ma certamente è importante che la riascoltiamo con un’attenzione del tutto particolare all’inizio del percorso Quaresimale. Ed è soprattutto importante che la ascoltiamo tenendo presente quanto il Signore ci dice a proposito della identità di queste due vie che si aprono davanti a noi. La via della morte è la via che sceglie colui che rivolge il cuore indietro e che non ascolta la voce di Dio; la via della vita è la via che sceglie colui che decide di obbedire alla voce del Signore.

Ecco davanti a noi le due vie: rivolgere il cuore altrove e non ascoltare, o rivolgere il cuore a Dio e obbedire. Ci accorgiamo come queste due vie attraversano la vita di ognuno di noi e addirittura attraversano ogni istante della nostra giornata. In ogni momento si ripropone questa scelta decisiva,

All’inizio della Quaresima noi desideriamo con tutto rivolgere con decisione il cuore a Dio; con la nostra volontà ferma tenere il nostro sguardo fisso e unito a Lui, essere in ascolto di ogni parola che esce dalla sua bocca. Affermiamo di nuovo, con desiderio ardente: Signore, io voglio seguire la via della vita, voglio volgere il cuore a Te, voglio ascoltare con attenzione assoluta Te.

Il salmo responsoriale ci aiuta a cogliere uno dei grandi motivi per i quali volgiamo il cuore a Dio: beato chi spera nel Signore, beato chi confida, chi ama il Signore (cfr. Sal 1). Perché alle volte non ascoltiamo la sua voce? Perché il nostro cuore si volge altrove? Questo succede perché pensiamo che ascoltare la voce di Dio e volgere il cuore a Lui possa toglierci qualche cosa, possa impedirci una felicità vera, proprio quella che noi cerchiamo. Per questo è importante che rinnoviamo il nostro atto di fede e confidiamo in ogni parola che esce dalla sua bocca: parola che è rivolta a noi per il nostro bene, perché corrisponde alla nostra autentica felicità. Quella parola è donata per la gioia del cuore dell’uomo. E’, dunque, per noi anche un riparo, un’alleata e un’amica della nostra felicità.

Se diamo a Dio il nostro cuore facciamo l’esperienza di quanto Egli sia davvero dalla parte della nostra vita, alleato fedele della nostra ricerca di verità, bellezza, bontà, eternità.

Nel santo Vangelo (cf. Lc 9, 22-25) abbiamo ascoltato la parola che è stata all’origine della storia di santità di tanti fratelli e sorelle che ci hanno preceduto: che serve all’uomo possedere il mondo intero se poi perde la propria anima? Ascoltando proprio questa parola san Francesco Saverio lasciò ogni cosa per Dio, diventando il missionario che conosciamo. Questa parola lo trafisse in profondità e mise in movimento il suo cuore, orientandolo  decisamente al Signore.

Lasciamo che questa parola evangelica trafigga anche noi nel periodo quaresimale! Lasciamo che questa parola possa essere all’origine di una decisione radicale nell’amore di Dio e dei fratelli! Certo, la santità è l’orizzonte di ogni nostra giornata; ma ad ogni inizio di Quaresima deve corrispondere un desiderio rinnovato e determinato, che prenda le mosse dal grande interrogativo: a che serve vivere,  a che serve tutto, se poi non perdiamo ciò che davvero conta, se poi perdiamo l’appuntanento con la santità a cui Dio ci chiama?

(trascrizione)