Carissimi fratelli e sorelle, carissimi amici nel Signore.
Chiesa tanto amata che vivi in Tortona.
- “… quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6, 14). In queste parole, scritte da san Paolo ai Galati e infiammate da un singolare ardore d’amore, riscopriamo ogni volta anche il segreto della vita di san Francesco. Del Santo di Assisi, di cui oggi celebriamo con gioia la festa liturgica, le parole dell’apostolo sono una mirabile sintesi biografica. Quale altro vanto, infatti, ha conosciuto san Francesco, se non quello dell’amore di Gesù, dal quale è stato letteralmente conquistato?
Il vanto di Paolo e di Francesco è anche il nostro. Lo desideriamo riaffermare, all’inizio di un nuovo anno pastorale: con il cuore traboccante di fede, ricolmo di speranza, infiammato d’amore. E lo riaffermiamo così.
Signore Gesù, tu sei il nostro vero e unico vanto. In Te, crocifisso, morto e risorto è rivelato il volto dell’amore infinito del Padre. Tu sei il nostro Salvatore e Redentore. In Te è vinta la morte e sconfitto il peccato. Tu sei la Misericordia che guarisce ogni nostra miseria. Tu sei la Vita di ogni vita e il Cuore di ogni cuore. Tu sei la Verità che debella ogni errore e smarrimento. Tu sei la Via sicura che conduce alla meta. Tu sei la Luce in ogni nostra oscurità. Tu sei l’Acqua viva in ogni nostro deserto interiore. Tu sei il Pane vivo disceso dal Cielo, che alimenta ogni passo del nostro cammino. Signore Gesù, Tu sei tutto per noi! E noi, ancora una volta, riconosciamo e affermiamo che nulla è meglio di Te. Sì, “nulla è meglio di Gesù Cristo!”.
Il Santo Padre Leone XIV, all’inizio del suo Pontificato, si è espresso con le seguenti parole: “Anche oggi non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto” (Omelia nella Messa celebrata con i Cardinali in Cappella Sistina, venerdì 9 maggio 2025). Il Papa, in tal modo, ha messo in guardia da un pericolo mortale per la fede, che potrebbe riguardare anche noi. Non capita, infatti, di vivere una sorta di ateismo di fatto, quando riduciamo l’esperienza cristiana al “che cosa” a discapito del “Chi”? Intendo dire che può capitare di ridurre l’esperienza della fede alle sue sole conseguenze, perdendo di vista Colui che ne è la ragione, la possibilità e il fondamento. Il Signore, così, viene a identificarsi con un semplice maestro di morale, di saggezza e di virtù, tutt’al più da ascoltare e imitare. Non sia mai! Gesù Cristo è il Figlio del Dio vivente! Gesù Cristo è Dio fatto uomo per noi! Gesù Cristo è il Risorto, vivo in mezzo a noi! In Gesù Cristo è la grazia della nostra nuova vita nello Spirito, la vita dei figli amati da Dio senza misura. Senza di Lui – ricordiamocelo sempre, sono parole Sue – non possiamo fare nulla (cf Gv 15, 5).
È anche per questo che oggi rimaniamo in ascolto di quanto diceva ai suoi discepoli sant’Antonio abate, il padre dei monaci: “Respirate sempre Cristo!” (Atanasio di Alessandria, Vita di Antonio, 91, 3). Lo vogliamo con tutto il cuore. Lo vogliano nella nostra vita personale, nella vita delle nostre famiglie, nella vita delle nostre comunità, nella vita della nostra Diocesi. Che cosa vogliamo, allora, con tutto il cuore? Respirare sempre Cristo!
- Nel corso dell’anno giubilare abbiamo avuto la grazia e la gioia di riscoprire in Gesù le ragioni della nostra speranza. Ciò che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo è stato ed è un grande dono, del quale essere tanto grati al compianto Papa Francesco, che continuiamo a ricordare nella nostra preghiera con sincero affetto.
In merito alla speranza, ho avuto modo, recentemente, di soffermarmi a osservare un’opera d’arte davvero straordinaria. Si tratta del quadro “I primi passi” di Vincent van Gogh, che interpreta, nel suo inconfondibile stile, il dipinto di un altro artista, il pittore francese Jean-François Millet. Nel quadro, un bambino di circa un anno, ancora tenuto in piedi dalla mamma, tende pieno di gioia le braccia verso il papà, che a qualche metro di distanza lo attende, sorridendo e a braccia aperte. Ritengo che l’immagine sia carica di molteplice simbolismo. Ma, allo stesso tempo, penso che un simbolo evidente, di quanto viene raffigurato nel quadro, riguardi proprio la speranza cristiana.
Ed eccone il motivo. La donna rappresenta la madre Chiesa che ci tiene per mano, accompagnando il cammino della nostra crescita umana e spirituale. L’uomo rappresenta il Padre che ci attira a Sé e ci attende gioioso. Nel piccolo bambino siamo rappresentati tutti noi. Quel bambino, infatti, anche se ancora incerto sulle sue gambette, si protende verso l’uomo con slancio. Sa che chi gli è davanti lo aspetta e che con le sue braccia è pronto, non solo ad accoglierlo, ma anche a corrergli incontro, nel caso in cui egli dovesse inciampare e cadere. Così noi, come quel bambino, siamo protesi verso il Signore che è l’Amore, e la nostra speranza è l’attesa certa di una promessa di salvezza e di vita, che riguarda il presente e il futuro, il tempo e l’eternità. Quel bambino – lo possiamo immaginare da come si slancia in avanti – è tanto grato per le braccia aperte che vede davanti a sé, è nella gioia pregustando l’abbraccio d’amore che lo attende, non ha paura per la fiducia incondizionata che ripone in chi lo invita e lo accoglie.
Ecco, dunque, la ragione della nostra speranza: l’amore del Signore per noi, la bontà di Dio che mai viene meno, lo splendore del volto del Padre che in Gesù illumina il mondo e la vita di noi tutti. Per questo, ancora una volta, con il cuore esultante ripetiamo: “È in Gesù Cristo ogni nostra speranza!”.
E lo ripeteremo di nuovo tutti insieme quando, il prossimo 28 dicembre, proprio qui, nella nostra Cattedrale, concluderemo in Diocesi il Giubileo della speranza. Che i mesi giubilari, che ancora rimangono da vivere, ci aiutino a diventare sempre più uomini e donne di speranza, di quella “beata speranza”, come afferma la Liturgia, che fa germogliare in noi i doni della gioia, del rendimento di grazie, del coraggio.
- Respirando sempre Cristo e ancorati alla speranza che Egli ci dona, proseguiamo il nostro cammino di Chiesa locale, insieme e assaporando la bellezza della comunione in Lui.
Qualcuno ha detto, saggiamente: “La concordia è il buon profumo di Cristo, la discordia è il fetore di Satana”. Oggi, dunque, vi chiedo: “Volete essere il buon profumo di Cristo?”. Sono certo di sì! Vero? Sì, lo vogliamo! E poi vi chiedo: “Volete, forse, essere il fetore di Satana?”. Sono certo di no! Vero? No, non lo vogliamo!
Non c’è dubbio: vogliamo essere il buon profumo di Cristo. E per questo siamo chiamati a chiedere con insistenza allo Spirito Santo che faccia di tutti noi, sempre più, un cuore solo e un’anima sola; una famiglia nella quale si compongono in armonia unità e diversità, ci si comprende e perdona, ci si ascolta e si dialoga con dolcezza e rispetto, nella ricerca appassionata della volontà di Dio; una famiglia nella quale si mettono da parte incomprensioni e rancori, e ci si guarda con fiducia e nella speranza; una famiglia nella quale si vive sempre gli uni per gli altri e con gli altri, e mai gli uni senza gli altri o contro gli altri; una famiglia nella quale, avvertendo l’appartenenza all’unico corpo che è la Chiesa, ci si sostiene e ci si aiuta, non si chiacchiera a sproposito o con malizia, e ci si edifica a vicenda anche con la parola. E, finalmente, una famiglia in cui si è buoni, davvero buoni di quella bontà che è dono di Dio, Colui che solo è Buono. Con le stesse parole che un tempo san Paolo rivolse ai Filippesi, anche io vi dico, oggi: “…rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi” (2, 2). Sempre!
Tutti noi sappiamo per esperienza come sia bello entrare in un luogo profumato, come sia accogliente e attraente un luogo profumato. Che meraviglia, allora, l’incontro con un discepolo del Signore, che è profumato a motivo della sua capacità di vivere in comunione con gli altri! Che meraviglia l’incontro con una comunità cristiana, dalla quale emana il buon profumo della comunione! Che meraviglia l’incontro con una Diocesi, nella quale si vive la gioia luminosa della comunione, divenendo campo profumato per tutti! Questa meraviglia della comunione è la prima forma di evangelizzazione, che siamo chiamati a offrire al mondo e che fa breccia in ogni cuore umano. Solo il buon profumo di Cristo conquista e attrae. E il buon profumo di Cristo si espande attorno a noi per la comunione d’amore che viviamo tra noi in Lui. Preghiamo, pertanto, senza mai stancarci, invocando lo Spirito Santo: “Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato…Luce d’eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore”. Sì, perché la nostra comunione è un riflesso dell’amore di Dio Trinità. E per questo che è il buon profumo di Cristo. Lo volete essere il buon profumo di Cristo? Sì, lo vogliamo!
- La comunione in Gesù che risplende nella Chiesa è sempre affettiva ma anche effettiva, riguarda le relazioni personali ma anche la vita delle comunità cristiane e il percorso pastorale che le attende.
Per questo motivo, mi è caro oggi indicare tre ambiti del cammino della nostra Diocesi, per i quali è indispensabile procedere tutti insieme e in comunione.
– Anzitutto l’ambito della convergenza pastorale, che riguarda i nostri vicariati e le nostre comunità pastorali. Tanta strada è stata fatta in questi anni. Ne rendiamo grazie a Dio ed è bello riconoscerlo. Ma è importante anche riconoscere che tanta strada è ancora da fare: senza ripensamenti, senza ritardi, senza paure. Non ripeto ciò che ormai, in molte circostanze, ho avuto modo di dire nei quasi quattro anni del mio episcopato a Tortona, dando seguito a quanto già i miei cari predecessori avevano saggiamente avviato. Ancora una volta, però, ribadisco che il nostro percorso non significa “ritirata”, magari anche un po’ triste, delusa e sconsolata. Significa, piuttosto, “avanzata” in forma nuova e diversa, nel segno di un grande entusiasmo, della gioia appassionata per la missione, che ancora una volta il Signore ci affida, affida alla Sua Chiesa.
Aggiungo, poi, che il prossimo 6 marzo, qui a Tortona in Cattedrale, solennità di san Marziano, inizierò ufficialmente la Visita pastorale alla Diocesi. La Visita avrà un’impostazione un po’ diversa rispetto alle Visite precedenti. Sarà, infatti, non una Visita alle singole parrocchie, ma una Visita ai Vicariati e alle Comunità pastorali. L’intento è quello di dare una spinta ulteriore e davvero significativa al cammino intrapreso, entrando ancora più direttamente nel merito delle problematiche tutt’ora non risolte, da superare insieme.
– Il secondo ambito è quello della formazione alla fede degli adulti. Lo scorso anno abbiamo avviato, al riguardo, una scuola di catechesi, vissuta a livello diocesano all’inizio e proseguita poi, a livello vicariale, e conclusa qui in Cattedrale nella solennità di Pentecoste. Lo stesso percorso di formazione viene riproposto anche quest’anno, secondo le stesse modalità. Se lo scorso anno il tema centrale delle catechesi era stato il mistero di Cristo attraverso i tempi liturgici, quest’anno il tema centrale sarà quello della Chiesa. Il percorso inizierà nuovamente con un incontro aperto a tutti a livello diocesano, per poi proseguire nei singoli vicariati.
Ricordo che l’esigenza di offrire una scuola di catechesi agli adulti, che coinvolgesse l’intera Diocesi, è scaturita dal percorso sinodale in Diocesi. E in questa direzione intendiamo proseguire, anche in seguito alla verifica fatta di ciò che abbiamo vissuto l’anno passato.
– Il terzo ambito è quello del cammino sinodale che, come sappiamo, sta procedendo sul doppio binario della Chiesa universale e della Chiesa in Italia. Siamo ora entrati nella fase detta “attuativa”, quella nella quale, sulla base delle indicazioni già ricevute dal Sinodo dei Vescovi e che prossimamente riceveremo dalla Conferenza Episcopale Italiana, ci è chiesto di provare a percorrere, nel concreto della nostra Diocesi, alcune vie nuove nella logica della sinodalità.
Sarà presto rinnovata l’équipe sinodale diocesana che avrà, tra gli altri, i seguenti compiti: promuovere in Diocesi la riflessione sulla citata fase attuativa, formulare proposte concrete al fine di realizzare gli orientamenti ricevuti dalla Chiesa universale e italiana, riattivare l’Assemblea diocesana annuale, rivedendone le modalità operative.
È importante ricordare che sia la prossima Visita Pastorale alla Diocesi sia il percorso di formazione alla fede per gli adulti fanno parte, a pieno titolo, del cammino sinodale della Chiesa a Tortona.
- La comunione porta sempre con sé una duplice dimensiona missionaria. Già per sé stessa la comunione è missionaria, dal momento che, come ho prima sottolineato, annuncia al mondo la vita nuova della carità, che è dono di Dio alla Sua Chiesa. D’altra parte la comunione è anche in vista della missione, perché consente alla Chiesa di mettersi in un più attento e fecondo ascolto della voce del Signore, rispondendo alle Sue attese nel presente della storia.
Miei cari, diventiamo ancora di più ciò che siamo! Diventiamo di più quel popolo che il Signore ha scelto per far risuonare, sempre e ovunque con audacia e con gioia, la notizia bella del Vangelo, salvezza per tutta l’umanità. Non si assopisca mai in noi lo slancio della missione. Non rimaniamo ripiegati su noi stessi e sui nostri problemi, in preda ai lamenti, dimenticando un mondo che, spesso senza saperlo e in modo confuso, bussa con insistenza alle nostre porte per ascoltare il nome di Gesù, il nome della vera Vita. Non ritiriamoci nelle nostre apparenti sicurezze di piccolo cabotaggio, dimenticando che siamo chiamati dal Signore del tempo e della storia ad andare, senza mai stancarci, nel mare aperto della vita: ad aiutare gli smarriti, soccorrere i naufraghi, recuperare i dispersi, collaborare alla salvezza di tutti. Diventiamo sempre più una Chiesa missionaria!
– A tal proposito rivolgo una parola a voi, carissimi presbiteri e diaconi, a cui ancora una volta va la mia profonda gratitudine e il mio intenso affetto. Essere missionari oggi significa anche ritrovare in pienezza la nostra chiamata a servire incondizionatamente il popolo che il Signore ci ha affidato. Aiutiamoci! Siamo in mezzo al popolo e per il popolo. Il nostro tempo, le nostre energie fisiche e spirituali sono per il nostro popolo. La nostra santificazione si identifica con il dono della vita al nostro popolo. Non viviamo per noi stessi e per i nostri interessi, qualunque essi siano! Viviamo solo per gli interessi di Gesù Cristo, che coincidono con la santificazione del Suo popolo. Nel nostro cuore rimangano custodite, come tesoro inestimabile e orientamento certo della vita ministeriale, le parole che Gesù rivolge al Padre riguardo a Sé: “Per loro io consacro me stesso” (Gv 17, 19). Per loro! Tutto in noi e di noi è per loro, fino al dono della stessa vita. Questa è la fisionomia del Buon Pastore che, in virtù del sacramento dell’Ordine, un giorno ci è stata sorprendentemente donata. E nel vivere questa inestimabile grazia è la nostra vera gioia.
Mentre ringraziamo il Signore per ciò che ha voluto fare di noi e per le grandi opere che Egli compie in noi e per noi ogni giorno, non siamo forse anche chiamati a verificare quanto la nostra vita sia davvero in piena sintonia con il dono ricevuto?
– Una parola la rivolgo anche a voi, carissimi consacrati e consacrate, a cui va tutta la mia stima Una vita che accoglie totalmente Dio in sé, in virtù della specifica chiamata religiosa, non può che presentarsi con i tratti di una bellezza spirituale che il mondo non conosce, con i lineamenti di una compiutezza umana che rende davvero felici. Là dove il Signore regna, infatti, ciò che è umano conosce la sua piena realizzazione, diventando un’anticipazione delle realtà future. “Voi avete già cominciato a essere – come affermava san Cipriano – ciò che noi saremo” (De habitu Virginum, 22). Pensate alla grandezza della vostra chiamata: essere nel mondo il segno della bellezza che investe la nostra umanità, quando si lascia abitare da Dio. E in questo è soprattutto la vostra missionarietà.
Talvolta questo non accade e sembra che la vita consacrata sia mortificante della bellezza spirituale e umana alla quale invece è chiamata. Non sarà importante, allora, cercare la risposta a questa domanda, così vitale per il futuro della vita consacrata e per il suo essere annuncio di Cristo al mondo?
– Una parola, ora, a voi, fedeli laici carissimi e tutti presenti nel mio cuore di pastore. Il Battesimo vi ha resi partecipi pienamente della vita in Cristo e nella Chiesa, chiamati ad accogliere la santità, che è vocazione universale per tutto il Popolo di Dio. Da quel giorno benedetto, insieme al vostro nome di battesimo, avete ricevuto in dono altri due nomi: Teofilo e Teoforo. Ognuno di voi è diventato, infatti, Teofilo, ovvero amico di Dio, e Teoforo, ovvero portatore di Dio. Siatelo sempre di più! Non sia superficiale la vostra amicizia per il Signore: lasciatevi davvero amare da Lui. Non sia povera la vostra vita spirituale: la preghiera sia la vostra gioia quotidiana. Non sia spento il vostro ardore per l’annuncio del Signore risorto: testimoniate la Sua salvezza sempre e a tutti. Sia pieno il vostro inserimento nella vita della Chiesa: vivete con gioia e pazienza la vostra corresponsabilità con il ministero dei pastori. Non rimanete ai margini, in disparte: siate protagonisti della missione ecclesiale che tutti ci coinvolge!
- A tutti voi, infine, rivolgo tre accorate parole, tre inviti parlandovi da cuore a cuore, come amava dire il prossimo dottore della Chiesa, san John Henry Newman.
Anzitutto, la prima parola: “Non sfigurate mai la bellezza del volto del Signore!”. Può accadere che l’esperienza della fede sia vissuta come una sorta di prezzo da pagare, per sentirsi interiormente in pace con sé stessi, o un peso da portare per meritare qualcosa agli occhi di Dio. Dove risplenderebbe, se così fosse, lo splendore del volto di Gesù, il fascino dell’incontro con Lui, la grande gioia per la salvezza che ci è stata donata? Non rendiamo la vita cristiana una caricatura, che fa torto grave alla grandezza dell’amore di Dio! Proprio perché è Dio è l’Amore e il nostro Salvatore, viviamo con gratitudine, stupore ed entusiasmo la grazia della vita nuova che il Signore ci ha donato. Siamo realmente testimoni della bellezza del volto di Gesù! Sia questa la gloria della Chiesa a Tortona: l’amore sorprendente del Signore. Lo volete? Sì, lo vogliamo.
La seconda parola: “Nel cammino che ci attende, abbiate fede, abbiate fiducia! Tanta fede, tanta fiducia!”. Perché? Perché il Signore è con noi, sempre! Oggi, come ieri e come domani. “Gesù Cristo – infatti – è lo stesso, ieri oggi e sempre” (Ebrei 13, 8). Forte è il Suo amore per noi, grande la Sua potenza, fedele la Sua provvidenza, stupenda la Sua grandezza, eterna la Sua gloria. Nulla abbiamo da temere, perché Egli è dalla nostra parte e ci ama. Tutto, nella Sua misericordia infinita, concorre al realizzarsi del Suo progetto di miglior bene sulla nostra vita e sulla vita della nostra Chiesa. Di che cosa, pertanto, avere paura? Nessuna paura. Non facciamo torto al Signore e al Suo amore per noi! Come vorrei che per tutti noi potesse valere ciò che Gesù un giorno disse riguardo al centurione romano, che lo scongiurava di guarire il suo servo malato: “…in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande” (Mt 8, 10). Sia questa la gloria della Chiesa a Tortona: una fede così grande! Lo volete? Sì, lo vogliamo.
E poi, la terza parola, nell’anno in cui ricordiamo gli 800 anni, da quando san Francesco aprì il proprio cuore a Dio, pregando con lo straordinario Cantico delle creature. “Lodate il Signore!”. Proprio come il Santo di Assisi. E la nostra lode sia l’eco fedele della lode commossa di Gesù, di cui oggi ci ha parlato il Vangelo: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra…” (Mt 11, 25). Lodiamo il Signore per tutto, lodiamolo in ogni cosa. Lodiamolo con gioia, lodiamolo con il canto. Lodiamolo con la parola, lodiamolo con la vita. Lodiamolo nel dolore, lodiamolo nel pianto. Lodiamolo nell’oscurità, lodiamolo nella luce. Lodiamolo sempre, lodiamolo senza stancarci. Lodiamolo con cuore esultante, lodiamolo nel perenne rendimento di grazie. Lodiamolo! Perché tutto è grazia, tutto è dono, tutto è segnato dall’Amore, da un Dio che, in Gesù Cristo, è eternamente e infinitamente innamorato di noi e della nostra vita. Sia questa la gloria della Chiesa a Tortona: una lode così palpitante. Lo volete? Sì, lo vogliamo.
Nella fede e nella lode, canta e cammina Chiesa che vivi a Tortona. La gioia per l’amore del Signore, che è Padre e Figlio e Spirito Santo, sia la tua forza. Oggi e sempre! Amen.
E che questo “amen” sia il nostro “sì” al Signore e alla Chiesa all’inizio di un nuovo anno pastorale.